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Valerio

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Blog Entries di Valerio

  1. Valerio
    Perfettissimo significa che in Dio è ogni perfezione, senza difetto e senza limiti, ossia che Egli è potenza, sapienza e bontà infinita.
    I due ciechi di Gerico, come dice il Vangelo, erano infelici per la mancanza della vista, e quando passò vicino Gesù gli gridarono: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di noi". Il Salvatore ne fu commosso e li guarì. Colui al quale manca qualcosa che hanno tutti gli uomini normali é imperfetto. L'uomo è imperfetto quando gli mancano qualità a lui proprie, ma non se gliene manca qualcuna non appartenente alla natura umana, come ad esempio le ali. Le creature possono essere perfette, ma non perfettissime, perché non possono avere tutte le perfezioni e nessuna nel massimo grado.
    Solo Dio è perfettissimo perché:
    1) ha tutte le perfezioni degli esseri creati. - Nelle creature ci sono molte qualità e perfezioni, come la bellezza, la bontà, la scienza, la potenza, ma è stato Dio a darle loro, possedendole in origine;
    2) in Lui vi sono tutte le perfezioni possibili. - Dio può creare infiniti uomini e mondi più perfetti di quelli esistenti. In Lui vi sono, dunque, tutte le perfezioni che potrebbe dare agl'infiniti esseri creabili.
    Nessuna creatura ha una perfezione o una qualità infinita, sono sempre limitate nel tempo e nel grado di perfezione, come bontà e pazienza. La scienza del maestro non è infinita, egli non sa tutte le cose, più studia più si rende conto di ciò che ancora non conosce e deve continuare a studiare e a leggere per accrescere le sue cognizioni e non dimenticare quello che ha imparato.
    Se una creatura avesse anche una sola perfezione infinita sarebbe infinita essa stessa e dunque come Dio. Le perfezioni di Dio solamente sono senza difetto e senza limiti. Se gliene mancasse anche una sola o la possedesse in grado imperfetto, non sarebbe infinito, e quindi non sarebbe Dio. Egli non solo possiede tutte le perfezioni, ma è Egli stesso tutte e ciascuna delle sue perfezioni. Non solo è buono, sapiente, potente, cioè ha bontà, sapienza e potenza, ma è proprio la stessa bontà, la stessa sapienza, la stessa potenza e ciascuna delle sue perfezioni, che s'identificano con Lui. Egli è infinito e infinite sono anche le sue perfezioni, ma ai nostri occhi ne risplendono di più alcune, maggiormente impresse nelle creature, come la potenza creatrice di tutte le cose, la sapienza che le ordina e la bontà che le conserva e le governa.
  2. Valerio
    Santa Teresina, pensando a Dio che le mandava delle sofferenze, ne aveva un'idea molto delicata e consolante.
    Dio non è affatto insensibile né tanto meno crudele, ma è il più amorevole dei padri. Tutto viene dal suo infinito e perfetto Amore.
    Scriveva Santa Teresina: "Lungi dal lamentarmi con Gesù della croce che ci manda, non arrivo a comprendere l'amore infinito che L'ha portato a trattarci così". E ancora: "Questa pena è una tenera predilezione da parte di Gesù. Che privilegio ci ha concesso Gesù, inviandoci un dolore così grande! Ah, l'eternità non sarà lunga abbastanza per ringraziarLo!". Che pensiero sublime.
    Teresina era, tuttavia, anche umana e si chiedeva: "Come mai il buon Dio, Che ci ama così tanto, può essere felice quando noi soffriamo?". E si rispondeva gioiosamente con incredibile dolcezza: "No, non è la nostra sofferenza che Lo rende felice, ma questa sofferenza è necessaria. Allora Egli la permette, come voltando il capo... Vi assicuro che Gli costa moltissimo abbeverarci di amarezza". E con profonda sensibilità di cuore giungeva a questa amabile conclusione: "Il buon Dio è abbastanza dispiaciuto, Egli Che ci ama tanto, di essere obbligato a lasciarci sulla terra a compiere il nostro tempo di prova, senza che noi veniamo ad ogni istante a ridirGli che ci stiamo male; non bisogna aver l'aria di accorgersene!". Per questo nobilissimo sentimento un giorno rimproverò una novizia che, piangendo, diceva: "D'ora in poi le mie lacrime saranno solo per Dio. Confiderò le mie angosce a Lui, Che può capirmi e consolarmi". Le rispose la Santa: "Piangere davanti al buon Dio! Guardatevi dal farlo. Dovete apparire meno triste davanti a Lui che davanti alle creature... Il nostro Divin Maestro viene a noi in cerca di riposo per dimenticare le incessanti proteste dei Suoi amici nel mondo, che, invece di apprezzare il valore della Croce, molto spesso la ricevono con gemiti e lacrime. Vorreste essere come le anime mediocri? Sinceramente, questo non è amore disinteressato. Siamo noi a dover consolare Gesù e non Lui noi. Il Suo Cuore è così amabile che, se voi piangete, Egli asciugherà le vostre lacrime; ma poi se ne andrà triste, dato che non Gli avete permesso di riposare tranquillamente in voi. Gesù ama i cuori gioiosi, i bambini che Lo salutano con un sorriso. Quando imparerete a nasconderGli le vostre sofferenze, e Gli direte, cantando, che siete felice di soffrire per Lui?".
    Quando saremo capaci anche noi di fare lo stesso?
  3. Valerio
    Dio è l'essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra.
    Mosè disse a Dio: "Ecco, io andrò dai figli d'Israele e dirò loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma se essi mi diranno: Qual è il suo nome? che cosa risponderò loro?". Dio disse a Mosè: "Io sono COLUI CHE SONO... Così dirai ai figli d'Israele: IO SONO mi ha mandato a voi" (Es 3, 13-14).
    Per poter comprendere pienamente e totalmente chi è Dio dovremmo avere un'intelligenza infinita ed essere Dio noi stessi, per cui non ci è possibile. Le cose che vediamo hanno l'essere, un'essenza, una sostanza, ma non sono l'essere stesso, che cioè ha in se stesso la causa della sua esistenza senza essere scaturito da un'altra origine.
    Dalla piccola formica all'angelo splendente, tutte le cose esistono perché Dio ha dato loro l'essere, l'esistenza, le perfezioni; hanno l'essere, la bontà, la bellezza, cioè esistono, sono belle e buone, ma non sono l'essere, la bellezza e la bontà, che invece hanno ricevuto da Dio. Su tutte le cose finite deve esistere Qualcuno (che noi chiamiamo Dio), che non solo possiede l'essere, la bellezza, la bontà e le perfezioni, ma è l'Essere, la Bellezza, la Bontà, la Potenza, la Sapienza e tutte le altre Perfezioni.
    Dio, Essere perfettissimo, non riceve nulla da nessuno; quello che è lo è per se stesso, mentre tutto il resto riceve tutto ed è creato da Lui. Per questo Egli è il Maestro, la Via, la Verità e la Vita, cioè il modello, la fonte e il termine di tutte le cose perfette, vere e viventi.
    Gesù disse a Santa Caterina da Siena: "Tu sei colei che non è; io sono Colui che solo è". Dio è il Tutto e noi siamo nulla. Tutto ciò che abbiamo e siamo lo abbiamo da Lui. A Dio dobbiamo umiltà e riconoscenza illimitata, perché gli siamo debitori di tutto.
  4. Valerio
    Ci ha creato Dio.
    Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" (Gn 1,26). Il Signore Dio formò l'uomo dal fango e soffiò sulla sua faccia la vita, cosicché divenne una persona vivente. Disse anche il Signore: "Non è bene che l'uomo sia solo: facciamogli un aiuto simile a lui". Dio fece addormentare Adamo gli tolse una costola e la trasformò nella donna. Adamo diede a sua moglie il nome Eva, perché era la madre di tutti i viventi.
    Dalla Sacra Scrittura, ispirata divinamente, apprendiamo con certezza che Dio creò direttamente Adamo ed Eva, i progenitori del genere umano di cui Egli è principio, modello e fine ultimo. Creare significa fare qualcosa dal nulla servendosi di nulla, pertanto solo Dio può creare, perché onnipotente. Gli uomini non creano, ma fabbricano e costruiscono dalla materia già esistente. Dio creò l'anima di Adamo ed Eva e formò il loro corpo, mentre degli altri uomini crea direttamente l'anima e forma il corpo per via dei genitori.
    Dio ci ha creati, per cui è il nostro Signore assoluto, dal quale veniamo, nel quale siamo come il viandante nella via, al quale dobbiamo tornare con la conoscenza l'amore e il servizio.
    ESEMPIO
    Un ateo domandò all'astronomo Atanasio Kircher S. J. chi avesse fatto il bel mappamondo posto sul suo tavolo. - Nessuno - rispose lo studioso; - si è fatto da sé. - Che sciocchezza! Via! non sono un bambino... - Tu non credi che questo mappamondo si è fatto da sé. Perché dunque dici che il mondo non é creato da Dio, ma si è fatto da solo?
  5. Valerio
    La sofferenza è caratteristica della condizione umana macchiata dal peccato originale. Il Signore Gesù ce ne ha rivelato il senso, mostrandocelo in prima persona col farsi l'"Uomo dei dolori", per essere nostro Modello e nostra Via. Come ulteriore monito ed incoraggiamento ci ha dato mirabili esempi di persone elevate che lo hanno seguito, in modo eroico, nell'accogliere ed amare il dolore come strumento di santificazione per sé e per il prossimo, e dimostrazione del distacco dalle gioie del mondo per ritrovare l'unica vera felicità nell'Amore di Dio e nel servirlo secondo la Sua Volontà.
    Tra essi spicca quello di una meravigliosa fanciulla, Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, che fu sollecita nel non fuggire dalla sofferenza, e, invece, nell'abbracciarla con il cuore. Anche se non si direbbe a guardare il suo viso sorridente mentre stringe il bel Crocifisso coperto di rose, ella ha sofferto tantissimo nella sua vita. Nell'approssimarsi ai suoi ultimi giorni, mostrando un bicchiere contenente una pozione rossa, splendida a vedersi, disse alla sua interlocutrice: "Lo vede questo bicchierino? Si direbbe pieno di un liquore delizioso, mentre, invece, non prendo niente di più amaro di questa pozione. Ebbene essa è l'immagine della mia vita: agli occhi altrui, la mia vita è apparsa rivestita dei più ridenti colori; parve che io bevessi un liquore squisito, ed invece non era che pieno di amarezza! Io dico amarezza, e nondimeno la mia vita non é stata amara, perché d'ogni amarezza ho saputo fare la mia gioia e la mia delizia".
    Santa Teresina, verso la fine della sua esistenza terrena, era consapevole che il suo aspetto gioioso avrebbe potuto ingannare, per questo insistette perché si facesse conoscere quanto realmente ella avesse sofferto. "Ci sono, infondo all'anima mia - disse -, gioia e trasporti di felicità. Ma questo non incoraggerebbe le anime se credessero che io non abbia molto sofferto. Oh! se solo sapessero quanto soffro! Ho sofferto molto quaggiù: bisognerà farlo sapere alle anime!".
    Santa Teresina, il piccolo grandissimo fiore profumato del giardino di Dio, è stata pronta per amor Suo ad essere eroicamente generosa nell'immolazione di sé, per appartenere alle sue "Legioni di piccole vittime del Divino Amore", ed è oggi la guida luminosa di quanti vogliono fare lo stesso e seguirla nella gloria attraverso la gioia nella sofferenza.
  6. Valerio
    Novissimi sono chiamate nei Libri santi le cose ultime che accadranno all'uomo.
    Essi sono 4:
     
    Morte,
    Giudizio,
    Inferno,
    Paradiso.
    Si dicono cose ultime dell'uomo, perché la Morte è l'ultima cosa che ci accade in questo mondo; il Giudizio di Dio è l'ultimo fra i giudizi che dobbiamo sostenere; l'Inferno è l'estremo male che avranno i cattivi; il Paradiso il sommo bene che avranno i buoni.
    È bene pensare ai Novissimi ogni giorno, e massimamente nel fare orazione alla mattina subito svegliati, alla sera prima di andare a riposo e tutte le volte che siamo tentati a far male, perché questo pensiero è validissimo a farci evitare il peccato.
  7. Valerio
    Il vizio è una cattiva disposizione dell'animo a fuggire il bene e a fare il male, causata dal frequente ripetersi degli atti cattivi.
    Tra peccato e vizio v'è questa differenza, che il peccato è un atto che passa, mentre il vizio è la cattiva abitudine contratta di cadere in qualche peccato.
    I vizi che si chiamano capitali sono sette:
    Superbia;
    Avarizia;
    Lussuria;
    Ira;
    Gola;
    Invidia;
    Accidia.
    I vizi capitali si vincono con l'esercizio delle virtù opposte. Cosi la superbia si vince con l'umiltà; l'avarizia con la generosità; la lussuria con la castità; l'ira con la pazienza; la gola con l'astinenza; l'invidia con l'amor fraterno; l'accidia con la diligenza e col fervore nel servizio di Dio.
    Questi vizi si chiamano capitali, perché sono la sorgente e la causa di molti altri vizi e peccati.
     
    I peccati contro lo Spirito Santo sono sei:
    disperare di salvarsi;
    presumere di salvarsi senza merito;
    impugnare la verità conosciuta;
    invidia della grazia altrui;
    ostinazione nei peccati;
    impenitenza finale.
    Questi peccati si dicono in particolare contro lo Spirito Santo, perché si commettono per pura malizia, la quale è contraria alla bontà, che si attribuisce allo Spirito Santo.
     
    I peccati che gridano vendetta nel cospetto di Dio sono quattro:
    omicidio volontario;
    peccato impuro contro l'ordine della natura;
    oppressione dei poveri;
    non pagare il giusto compenso agli operai.
    Questi peccati si dicono gridare vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi.
  8. Valerio
    Vi sono due tipi di peccati: il peccato originale ed il peccato attuale. Il primo è quello coi quale tutti nasciamo, e che abbiamo contratto per la disubbidienza del nostro primo padre Adamo. I suoi danni sono: la privazione della grazia, la perdita del paradiso, l'ignoranza, l'inclinazione al male, la morte e tutte le altre miserie. Il peccato originale si cancella col santo Battesimo.
    Il peccato attuale è quello che l'uomo, arrivato all'uso della ragione, commette con la sua libera volontà. Ci sono due tipi di peccato attuale: il mortale ed il veniale. Il primo è una trasgressione della legge divina, per la quale si manca gravemente ai doveri verso Dio, verso il prossimo, verso noi stessi. Si dice mortale perché dà morte all'anima, col far perdere la grazia santificante, che è la vita dell'anima, come l'anima è la vita dal corpo.
    Il peccato mortale priva l'anima della grazia e dell'amicizia di Dio, le fa perdere il paradiso, la priva dei meriti acquistati, e la rende incapace di acquistarne dei nuovi, la fa schiava del demonio, le fa meritare l'inferno, ed anche i castighi di questa vita.
    Oltre la gravità della materia per costituire un peccato mortale si richiede la piena avvertenza di tale gravità e la deliberata volontà di commettere il peccato.
    Il peccato veniale è una lieve trasgressione della divina legge, per la quale si manca solo leggermente a qualche dovere verso Dio, verso il prossimo e verso noi stessi. Si chiama veniale perché è appunto leggero rispetto al peccato mortale, non ci fa perdere la divina grazia; e perché Dio più facilmente lo perdona.
    Non sono, nondimeno, da trascurare e sottovalutare i peccati veniali, perché contengono sempre un'offesa a Dio e danneggiano non poco l'anima.
     
    Il peccato veniale, infatti:
    indebolisce e raffredda in noi la carità;
    ci dispone al peccato mortale;
    ci rende meritevoli di grandi pene temporali in questo mondo o nell'altro.
     
  9. Valerio
    Le opere buone delle quali ci sarà domandato conto particolare nel giorno del Giudizio sono le opere di misericordia, quelle con cui si soccorre ai bisogni corporali o spirituali del nostro prossimo. Le opere di misericordia corporali sono: 1. Dar da mangiare agli affamati. 2. Dar da bere agli assetati. 3. Vestire gl'ignudi. 4. Alloggiare i pellegrini. 5. Visitare gli infermi. 6. Visitare i carcerati. 7. Seppellire i morti. Le opere di misericordia spirituali sono: 1. Consigliare i dubbiosi. 2. Istruire gli ignoranti. 3. Ammonire peccatori. 4. Consolare gli afflitti. 5. Perdonare le offese. 6. Sopportare pazientemente le persone moleste. 7. Pregare Dio per i vivi e per i morti.
  10. Valerio
    Venerdì 20 settembre del 1918, poco prima della fine della Prima Guerra Mondiale, Padre Pio, trovandosi da solo nel coro della piccola chiesa di San Giovanni Rotondo, mentre faceva il ringraziamento subito dopo aver celebrato Messa, ricevette il dono delle Sacre Stimmate. Queste sante ferite d'amore, continuamente sanguinanti, come in un'inesauribile cascata, gli procuravano atroci dolori che da soli lo avrebbero fatto morire, se Dio non avesse sostenuto il suo cuore, ma lo univano in una maniera unica e straordinaria a Nostro Signore Gesù Cristo nella Sua Passione redentrice.
    Così scrisse il Santo nella sua cella, raccontando l'accaduto:
    "Non so cosa ho visto. Chi ho visto. Ma era lì. E incuteva rispetto e timore, e sembrava che riempisse tutto lo spazio, irradiando onde come fosse fuoco. Il suo viso… non l’ho guardato. Ma l’arma che teneva in mano, quella sì. Una lunga lancia, la punta affilata che mandava bagliori. Michele Arcangelo, in un dipinto, aveva una lancia come quella. Lucida e scintillante, pronta per essere scagliata. E l’essere venuto dal Cielo, lì di fronte a me, la sua arma l’ha scagliata davvero. Rapido e forte, uno strappo violento dal suo braccio. L’arma diretta verso di me.
    Non ho mai gridato come allora. Ma senza che la mia voce lasciasse la gola. Un urlo silenzioso, muto. Più che un dolore della carne, molto di più. Dentro, più a fondo. Oltre le ossa e il sangue. La punta strappava e perforava la mia essenza e la spremeva senza però riuscire a finirla. Così lo strazio non smetteva e, dal fianco colpito, esplodeva in continuazione come i cerchi nello stagno quando si getta un sasso. Non ha più smesso.È uno squarcio e seguita a sanguinare.
    Ne sento anche il suono, il rumore del sangue che esce e si versa. Ogni istante penso che sia l’ultimo per me ma non è così. Mi dissanguo senza morire. Sono spaventato ma qualcosa, sul fondo della mia miseria di uomo, canta di gioia e alza lodi a Dio."
    Quel misterioso personaggio altri non era che lo stesso Signore Gesù piagato.
    Terminata la visione Padre Pio si rese conto che le sue mani e i suoi piedi erano perforati e copiosamente sanguinanti, mentre il costato era squarciato fino all'osso, dandogli un dolore accecante.
    Carponi si trascinò dal coro alla cella, percorrendo tutto il lungo corridoio, con gli altri frati che in quel momento erano assenti. Messosi a letto pregò di rivedere Gesù, ma guardando le piaghe si sciolse in un pianto di preghiera e ringraziamento.
    Nella solitudine e nel silenzio di quel giorno, si era manifestato, nella sua carne, l'Infinito Amore del Signore Gesù nel Suo Sacrificio di salvezza, a cui il Santo di Pietrelcina sarà unito intimamente e materialmente per tutta la vita.
    Valerio Duilio Carruezzo.
  11. Valerio
    Le Beatitudini evangeliche sono otto:
    1. Beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno de' cieli;
    2. Beati i mansueti, perché questi possederanno la terra;
    3. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati;
    4. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati;
    5. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia;
    6. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio;
    7. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio;
    8. Beati quelli che soffrono persecuzioni per amor della giustizia, perché di essi è il regno de' cieli;
    Gesù Cristo ci ha proposto le Beatitudini per farci detestare le massime del mondo, e per invitarci ad amare e praticare le massime del suo Vangelo.
    Il mondo chiama beati quelli che abbondano di ricchezze e di onori, che vivono allegramente, e che non hanno alcuna occasione di patire. I poveri di spirito, invece, secondo il Vangelo, sono quelli che hanno il cuore distaccato dalle ricchezze; ne fanno buon uso, se le posseggono; non le cercano con sollecitudine, se ne sono privi; ne soffrono con rassegnazione la perdita, se loro vengono tolte.
    I mansueti sono quelli che trattano il prossimo con dolcezza, e ne soffrono con pazienza i difetti e i torti che da essi ricevono, senza querele, risentimenti o vendette.
    Quelli che piangono, eppure sono detti beati, sono coloro che soffrono rassegnati le tribolazioni, e che si affliggono per i peccati commessi, per i mali e per gli scandali che si vedono nel mondo, per la lontananza dal paradiso e per l pericolo di perderlo.
    Quelli che hanno fame, e sete della giustizia sono coloro che desiderano ardentemente di crescere sempre più nella divina grazia e nell'esercizio delle opere buone e virtuose.
    I misericordiosi, sono quelli che amano in Dio e per amor di Dio il loro prossimo, ne compassionano le miserie sia spirituali che corporali, e procurano di sollevarlo secondo le loro forze e il loro stato.
    I mondi di cuore sono quelli che non hanno veruno affetto al peccato e ne stanno lontani, e schivano sopratutto ogni sorta d'impurità.
    I pacifici sono quelli che conservano la pace col prossimo e con se stessi, e procurano di mettere la pace tra quelli che sono in discordia.
    Quelli che soffrono persecuzione per amore della giustizia sono coloro che sopportano con pazienza le derisioni, i rimproveri e le persecuzioni per causa della fede e della legge di Gesù Cristo.
    I diversi premi promessi da Gesù Cristo nelle Beatitudini significano tutti, sotto diversi nomi, la gloria eterna del cielo.
    Le Beatitudini non ci procurano solo l'eterna gloria del paradiso, ma sono anche i mezzi per condurre una vita felice, per quanto è possibile, in questo mondo. Coloro che seguono le Beatitudini, infatti, ne ricevono già qualche ricompensa in questa vita, perché già godono un' interna pace e contentezza, che è principio, benché imperfetto, della eterna felicità.
    Quelli che seguono le massime del mondo, invece, non sono felici, perché non hanno la vera pace dell'anima, e corrono pericolo di dannarsi.
  12. Valerio
    I doni dello Spirito Santo sono sette:
    1. il dono della Sapienza;
    2. dell'Intelletto;
    3. del Consiglio;
    4. della Fortezza;
    5. della Scienza;
    6. della Pietà;
    7. del Timor di Dio.
    Servono a stabilirci nella Fede, nella Speranza e nella Carità; e a renderci pronti agli atti delle virtù necessarie per conseguire la perfezione della vita cristiana.
    La Sapienza è un dono col quale noi alzando la mente da queste cose terrene e fragili, contempliamo le eterne, cioè l'eterna Verità che è Dio, gustando ed amando Lui, nel quale consiste ogni nostro bene.
    L'Intelletto è un dono col quale ci viene facilitata, per quanto si può da uomo mortale, l'intelligenza delle verità della Fede e dei divini misteri.
    Il Consiglio è un dono col quale nei dubbi ed incertezze dell'umana vita conosciamo ciò che torna più alla gloria di Dio, alla nostra salvezza ed a quella del prossimo.
    La Fortezza è un dono che c'ispira valore e coraggio per osservare fedelmente la santa legge di Dio e della Chiesa, superando tutti gli ostacoli e gli assalti dei nostri nemici.
    La Scienza è un dono col quale giudichiamo rettamente delle cose create, e conosciamo il modo di ben usarle e indirizzarle all'ultimo fine che è Dio.
    La Pietà è un dono col quale veneriamo ed amiamo Dio, e i Santi, e conserviamo un animo pio e benevolo verso il prossimo per amor di Dio.
    Il Timor di Dio è un dono che ci fa riverire Dio e temere di offendere la sua divina Maestà, e ci distoglie dal male incitandoci al bene.
  13. Valerio
    Nel 1240 Federico II di Svevia fece guerra alla Chiesa attaccando lo Stato Pontificio, e a tale scopo assoldò circa 20000 saraceni, a cui dette la città di Lucera.
    Essi si mossero da lì e misero a ferro e fuoco molte città e castelli, uccidendo, facendo prigionieri, profanando chiese e macchiandosi di orribili sacrilegi. Nel mese di settembre arrivarono alle porte di Assisi e ormai varcati i confini del monastero delle Clarisse, esse, come ci racconta Tommaso da Celano nella "Vita di Santa Chiara Vergine": "Corsero a santa Chiara che era gravemente inferma e, con molte lacrime, le dissero come quella gente pessima avevano rotte le porte del monastero. Ed essa le confortava che non temessero […] ma armate di fede ricorressero a Gesù Cristo. E giacendo santa Chiara sulla paglia, inferma, si fece portare una cassettina d’avorio dove era il Santo Corpo di Cristo consacrato e si fece portare incontro a quella mala gente. E orando devotamente […] “Pregoti, Signor mio, che ti piaccia che queste tue poverelle serve, le quali tu, Signore, hai nutricate sotto la mia cura, che non mi siano tolte né tratte di mano, acciò che non vengano nelle mani e alla crudeltà di questi infedeli e pagani; onde pregoti, Signor mio, che tu le guardi, che io senza di te guardarle non posso e massimamente ora in questo amaro punto”. A questo priego, dalla cassettina che aveva dinnanzi reverentemente, si uscì una voce, come di fanciullo e, udendola tutte le suore, disse: “Io per tuo amore guarderò te e loro sempre” […]». (Vita di santa Chiara vergine, Opusc. I,21-22, in FF 3201, pp. 1915-1916)."
    Gli islamici, dunque, scapparono sentendosi come scacciati da una forza misteriosa e così rinunciarono all'assedio.
    Nel 1241, tuttavia, l'Imperatore, che nel frattempo era stato scomunicato, per l'ostilità nei confronti della città di Assisi, a causa della sua fedeltà al Papa, preparò un nuovo attacco.
    Dinanzi a questa minaccia incombente, Santa Chiara radunò le sue consorelle e comandò un giorno di digiuno, dopo di che, con il capo coperto di cenere, in atto di profonda umiltà e penitenza, si prostrarono in adorazione dinanzi al Santissimo Sacramento. La mattina del 22 giugno, allora, un violento temporale costrinse le truppe nemiche alla ritirata.
    Il Monastero e la città furono nuovamente salvi grazie a questi straordinari Miracoli Eucaristici, procurati dalla sconfinata fede di Santa Chiara nell'Eucaristia, nel Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, dalla sua fervente preghiera, insieme alle consorelle, e dai suoi altissimi meriti. Tutto ciò ch'ella, infatti, desiderava, era difendere Cristo, le sue figlie e la città, essendo unita totalmente a Gesù ed intimamente a sorella povertà, per portare la salvezza a tante anime, trovando la sua unica ricchezza, il suo solo bene, nella Santissima Trinità.
  14. Valerio
    Le virtù cardinali sono la Prudenza, la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza e si chiamano così perché sono il fondamento delle virtù morali.
    La Prudenza dirige ogni azione al giusto fine, e cercando i mezzi convenienti affinché l'opera sia in tutto ben fatta, e quindi accetta al Signore.
    La Giustizia è la virtù per cui diamo a ciascuno quello che gli si deve.
    La Fortezza ci rende coraggiosi per non temere alcun pericolo, neppure la morte, pur di servire Dio.
    La Temperanza è la virtù per la quale freniamo i desideri disordinati dei piaceri sensibili, e usiamo con moderazione dei beni temporali.
  15. Valerio
    Per i suoi altissimi meriti San Francesco d'Assisi, in una notte del 1216, ricevette da Dio la grazia di una straordinaria indulgenza plenaria che, nel corso dei secoli, ha santificato miriadi di anime, secondo l'auspicio del santo che ebbe a dire, annunciandola alle persone radunatesi alle Porziuncola: "“Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.
    Riportiamo il racconto di come tutto ciò avvenne e le condizioni richieste per lucrare l'indulgenza, dal mezzogiorno dell'1 Agosto alla mezzanotte del 2.
    (Da “Il Diploma di Teobaldo”, FF 3391-3397).
     
    "Una notte dell’anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l’altare Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore! Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: “Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”. “Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”. E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: “Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”. Francesco scattando rispose: “Padre Santo, non domando anni, ma anime”. E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: “Come, non vuoi nessun documento?”. E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”.
    E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”."   Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell’Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l’indulgenza plenaria. Tale indulgenza è lucrabile, per sé o per le anime del Purgatorio, da tutti i fedeli quotidianamente, per una sola volta al giorno, per tutto l’anno in quel santo luogo (Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola) e, per una volta sola, da mezzogiorno del 1° Agosto alla mezzanotte del giorno seguente, oppure, con il consenso dell’Ordinario del luogo, nella domenica precedente o successiva (a decorrere dal mezzogiorno del sabato sino alla mezzanotte della domenica), visitando una qualsiasi altra chiesa francescana o basilica minore o chiesa cattedrale o parrocchiale. 
    CONDIZIONI RICHIESTE: 1) Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l’indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
    2) Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
    3) Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
    4) Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un’”Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice. Le intenzioni universali del Romano Pontefice in qualità di Vicario di Cristo e detentore del sacro Ministero Petrino sono:
    1. L’esaltazione della Chiesa.
    2. La propaganda della fede.
    3. L’estirpazione delle eresie.
    4. La conversione dei peccatori.
    5. La concordia dei governanti cristiani.
    6. Il bene del popolo cristiano.
    5)Disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
    Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
  16. Valerio
    La Carità è una virtù soprannaturale, infusa da Dio nella nostra anima perché possiamo amarLo per se stesso sopra ogni cosa, e il prossimo come noi stessi per Suo amore.
    Noi dobbiamo amare Dio perché Egli e il sommo bene, infinitamente buono e perfetto, ci ricolma di benefici, ci ama infinitamente e ci ha creati perché lo amassimo a nostra volta, questo è il primo e più importante dei comandamenti, per cui è il fine principale della nostra stessa esistenza.
    Dio si deve amare sopra tutte le cose, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima e con tutte le forze, preferendolo a tutte le creature più care e più perfette ed essendo disposti a perdere tutto piuttosto che offenderlo e cessare di amarlo.
    Amare Iddio con tutto il cuore vuoi dire consacrare a Lui tutti i nostri affetti.
    Amare Iddio con tutta la mente vuoi dire indirizzare a Lui tutti i nostri pensieri.
    Amare Iddio con tutta l'anima vuol dire consacrare a Lui l'uso di tutte le potenze della nostra anima.
    Amare Iddio con tutte le nostre forze vuoi dire crescere sempre più nell'amore per Lui e fare in modo che tutte le nostre azioni abbiano per motivo e per fine il suo amore ed il desiderio di piacergli.
    Parimenti dobbiamo amare il nostro prossimo, perché questo è il secondo comandamento fondamentale di Dio, direttamente conseguente al primo, e perché ogni uomo è immagine del Signore.
    Siamo obbligati ad amare anche i nostri nemici e le persone a noi sgradite, ed a pregare per coloro che ci perseguitano, perché così ci è stato espressamente ordinato da Gesù Cristo.
    Amare il prossimo come noi stessi vuol dire desiderare per lui e fargli, per quanto si può, quel bene che dobbiamo desiderare per noi, e non augurargli né fargli alcun male.
    Noi amiamo noi stessi nella maniera dovuta, quando cerchiamo di servire Dio e mettere in Lui ogni nostra felicità.
    La Carità si perde con qualunque peccato mortale e si riacquista facendo atti di amor di Dio, pentendosi e confessandosi come si deve.
  17. Valerio
    Santa Brigida nacque nel giugno del 1303, a Uppsala, nel castello di Finsta. Era figlia di Birgen Persson, governatore della regione dell'Upplan, e di Ingeborga, anch'ella di nobile famiglia.
    All'età di 12 anni, dopo la scomparsa di sua madre, fu mandata dalla zia Caterina Bengtsdotter per completare la sua educazione. In quel periodo ebbe un intenso colloquio mistico con Nostro Signore Gesù, durante il quale, vedendone le piaghe, gli domandò: “O mio caro Signore, chi ti ha ridotto così?”, le fu risposto: “Tutti coloro che mi dimenticano e disprezzano il mio amore!”. Questo incontro rimase profondamente impresso nella mente della bambina, che decise fermamente di amare Gesù per sempre con tutto il suo cuore.
    Avrebbe avuto il desiderio di consacrarsi al Signore, ma quando aveva 14 anni si sposò con Ulf Gudmarsson figlio del governatore del Västergötland, per disposizione di suo padre, che ella accettò benevolmente, poiché vi vide la volontà di Dio.
    Il giovane sposo, benché il suo nome significasse Lupo, era un uomo umile, di indole pacata e di retta fede.
    Per un paio d'anni i due vissero come fratelli, nella preghiera, dopo, però, si aprirono alla procreazione ed ebbero otto figli, quattro maschi e quattro femmine, tra cui Santa Caterina di Svezia.
    Nel 1330 Ulf fu nominato governatore di Narke, grazie soprattutto all'aiuto ed all'incoraggiamento di sua moglie nello studio. Successivamente i coniugi divennero anche terziari francescani. Brigida non si vantò mai del suo ruolo di principessa di Narke, ma si dedicava, con grande umiltà, ai lavori domestici insieme alle persone alle sue dipendenze, creando con esse un rapporto familiare.
    Dava aiuto e sistemazione alle ragazze disagiate, per evitare che cadessero nella prostituzione, e inoltre creò un ospedale, dove si recava ogni giorno per assistere amorevolmente gli ammalati.
    Quando nel 1335 il re di Svezia Magnus II, di cui lei era lontana cugina, si sposò con Bianca di Dampierre, Brigida fu invitata a trasferirsi a Stoccolma ed a risiedere a corte per aiutare la giovane regina. Riuscì ad esercitare una grande e benefica influenza sui due regnanti, e in quel periodo Svezia furono emanate buone leggi ed abolite altre ingiuste. Furono, inoltre, ridotte le tasse. Col tempo, tuttavia, la sovrana iniziò a manifestare un'eccessiva frivolezza e la vita di palazzo diventò troppo mondana. Brigida allora se ne allontanò, anche per via della morte del figlio Gudmar, nel 1338, e ritornò a casa sua, ritrovando l'affetto della sua famiglia. Nel 1341, per il venticinquesimo anniversario di matrimonio, si recò col marito in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Durante il viaggio di ritorno Ulf ricevette una grazia prodigiosa venendo salvato da morte certa, ed allora i due presero la decisione condivisa di abbracciare entrambi la vita religiosa.
    Ulf entrò nel monastero cistercense di Alvastra, dove poi morì nel 1344, assistito da sua moglie. Brigida si trasferì presso un edificio annesso allo stesso monastero, dove visse fino al 1346.
    Iniziò, dunque, il periodo mistico che l'accompagnò fino alla morte. Dopo aver molto meditato la Passione e i dolori e le gioie della Santa Vergine, cominciò a ricevere le rivelazioni private da Gesù, ed in una visione Egli la elesse "sua sposa" e "messaggera del Gran Signore".
    Cristo la incoraggiava ad agire per il bene della Chiesa, della sua nazione e dell'Europa. Lei, allora, andò a Stoccolma per riferire al re ed alla regina il volere del Signore e i suoi avvertimenti. Scrisse, poi, ai sovrani di Francia ed Inghilterra perché ponessero fine alla Guerra dei Trent'anni. Esortò, inoltre, il Papa Clemente VI a correggere alcune sue importanti mancanze, a indire un Giubileo per l'anno 1350 ed a riportare la Sede Papale da Avignone a Roma.
    Lì si recò anche lei nell'autunno del 1349, per l'Anno Santo, ma anche per sollecitare il Pontefice, quando vi avesse fatto ritorno, a concedere l'approvazione per l'ordine religioso che ella intendeva fondare, che, però, venne data solo vent'anni dopo dal Papa Urbano V.
    L'ordine del Ss. Salvatore, secondo il progetto di Brigida, ispirandosi alla Chiesa primitiva riunita nel Cenacolo attorno alla Madonna, prevedeva la creazione di monasteri doppi, cioè con monaci e suore che vivessero separatamente, incontrandosi solo in chiesa per la preghiera comune, tutti sotto la guida di una Madre Badessa, rappresentante la Santa Vergine Maria, e di un solo confessore generale.
    Le religiose dovevano essere 60, i religiosi 25, di cui 13 sacerdoti, come gli Apostoli con in più San Paolo, due diaconi e due suddiaconi, ad indicare i primi 4 Padri della Chiesa, e otto frati. Le 60 suore con i 12 monaci non sacerdoti avrebbero rappresentato i 72 discepoli.
    Roma non piacque a Brigida, la trovava sporca e trascurata, in cui il clero si mostrava corrotto e dissoluto. Veramente si sentiva la mancanza del Papa da lungo tempo e lei, nelle sue lettere gli descriveva la decadenza della città, incitandolo a farvi ritorno quanto prima.
    Come tutti i santi del suo tempo sognava di vedere l'Europa unita in pace sotto il governo dell'Imperatore e la guida spirituale del Papa.
    Dopo andò in pellegrinaggio in vari Santuari italiani: ad Assisi, Ortona, Benevento, Salerno, Amalfi, sul Gargano ed a Bari.
    A Napoli compì una grande opera di risanamento morale, conducendo la regina Giovanna a riqualificare i suoi comportamenti e le consuetudini di corte.
    A Farfa venne raggiunta dalla figlia Caterina, rimasta vedova nel 1350, che da allora non se ne separò più e l'accompagnò condividendo totalmente la sua missione.
    Quando Brigida ritornò a Roma, continuò ad incitare i nobili ed il popolo a condurre una vita più cristiana, ma non venne purtroppo ascoltata, anzi fu duramente osteggiata, fino a venire chiamata "la strega del nord". Cadde così nell'indigenza, e fu costretta anche a chiedere l'elemosina alle porte delle chiese.
    Nel 1367 il Papa Urbano V tornò per un breve periodo a Roma, ma poco dopo andò nuovamente in Francia, nonostante i richiami di Brigida e la sua predizione di dipartita nel caso in cui l'avesse fatto. Quando arrivò ad Avignone, infatti, morì. Durante la sua permanenza romana, però, il Pontefice concesse l'approvazione per l'Ordine del Ss. Salvatore, di cui Caterina divenne la prima Superiora Generale.
    Brigida, dunque, ormai settantenne, volle fare il suo ultimo pellegrinaggio, il più desiderato, quello in Terra Santa.
    Verso la fine del 1371 si mise in viaggio accompagnata da altre undici persone, compresi i figli Caterina, Birger e Karl.
    Nel Maggio del 1372 arrivò a Gerusalemme e nei successivi quattro mesi ebbe la possibilità di visitare i luoghi della vita terrena di Gesù, e di meditarla, portando poi con sé una miriade di dolcissimi ricordi, emozioni e tesori spirituali.
    Lì, tuttavia, si ammalò e poco tempo dopo il suo ritorno a Roma, il 23 luglio 1373 morì con accanto la figlia Caterina, non senza prima ricevere il velo dell'Ordine che aveva fondato.
    Venne proclamata Santa il 7 ottobre 1391, da Papa Bonifacio IX. E' Patrona di Svezia dal 1 ottobre 1891 ed è stata proclamata compatrona d'Europa il 1 ottobre del 1999 dal Papa Giovanni Paolo II.
    La vita e l'opera compiuta da Santa Brigida costituiscono un esempio straordinario sia per i laici, sposi e genitori, che per i consacrati, suore e religiosi. Ella ha agito instancabilmente per procurare gloria a Dio e beneficare il prossimo, nel corpo, ma soprattutto nell'anima, spingendolo verso la salvezza eterna. Si è adoperata sollecitamente per le necessità della propria nazione e dell'Europa intera, promuovendo in essa la pace e la santità, come fa un autentico apostolo del Signore, senza temere scomodità, ostilità o ripercussioni su di sé.
    Ha lavorato alacremente per la Santa Chiesa di Dio, contrastandone la corruzione ed il degrado interno, e coltivandone l'unità e la purezza. A tale scopo ha anche continuato fino alla fine a richiamare il Papa al suo dovere di ristabilire la Santa Sede a Roma. L'ineffabilità di tutte le azioni che ella ha condotto è confermata dalle visioni mistiche che ha ricevuto, durante tutta la vita, nelle sue numerosissime estasi, avendo con Nostro Signore un rapporto di intima confidenza personale, proprio delle anime più elevate. Le "Rivelazioni" avute da Lui in dono, costituiscono un tesoro inestimabile per la Chiesa e per la santificazione delle anime.
    E' di imprescindibile necessità riscoprire ed imitare fedelmente l'esempio di questa grandissima Santa, in particolare nei tempi odierni di gravissima immoralità e depravazione, di degrado spirituale e sociale, di profonda crisi di fede e di virtù, che ha colpito la Chiesa e le Nazioni. Bisogna far riscoprire ad esse la grandezza della Verità, della Bontà e della Giustizia di Dio, la bellezza e la forza della Sua Grazia, nel compimento della Sua Volontà, nel vivere secondo la Sua Parola ed i Suoi Comandamenti, nel Suo Amore.
  18. Valerio
    La Speranza è una virtù soprannaturale, infusa da Dio nella nostra anima, per la quale desideriamo ed aspettiamo la vita eterna che Dio ha promesso ai suoi servi, e gli aiuti necessari per ottenerla.
    Noi dobbiamo sperare da Dio il paradiso e gli aiuti necessari per conseguirlo, perché Dio misericordiosissimo, per i meriti di N. S. Gesù Cristo, Io ha promesso a chi lo serve di cuore; ed essendo fedelissimo ed onnipotente, mantiene sempre la sua promessa.
    Le condizioni necessarie per ottenere il paradiso, sono la grazia di Dio, l'esercizio delle buone opere e la perseveranza nel santo amore di Lui fino alla morte.
    La Speranza si perde ogni volta che si perde la Fede e, inoltre, quando si cade nel peccato di disperazione o in quello di presunzione. La si può riacquistare, invece, pentendosi, rinnovando e rafforzando la propria fiducia nella bontà divina.
  19. Valerio
    Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1830, mentre in Francia c'era grande timore per la possibilità di una nuova rivoluzione, a Parigi, in rue du Bac, nella cappella della Casa Madre della Compagnia delle Figlie della Carità, fondata San Vincenzo de Paoli nel 1633, Santa Caterina Labouré, allora ancora novizia, ricevette la prima apparizione della Beata Vergine Maria, rimanendo in colloquio con lei per più di due ore. Ad essa ne seguirono altre, di cui la più importante e nota avvenne il 27 ottobre dello stesso anno. In seguito a questi straordinari eventi, la veggente, compiendo la missione affidatale da Dio, fece coniare quella che dopo venne chiamata la "Medaglia Miracolosa", diffondendone la devozione che poi si è affermata in tutto il mondo. Da essa, quale sorgente inesauribile di ineffabili tesori di grazia e di conversione, per la gloria del Signore e la salvezza delle anime, sono scaturiti frutti inimmaginabili.
    In questa prima apparizione, in particolare, la Santa Vergine preannunciò tempi molto dolorosi per la Francia. Disse che il trono sarebbe caduto, che nel clero e nelle comunità religiose ci sarebbero state persecuzioni e numerose vittime, che penose tribolazioni si sarebbero abbattute su tutto il mondo.
    Parlando di questi avvenimenti Maria Santissima piangeva amaramente, mostrando in volto una profonda sofferenza, ma nondimeno assicurò la sua vicinanza costante e il suo sostegno con la sua intercessione, promettendo di spandere abbondanti grazie sulla comunità e su tutti coloro che le avessero chieste con fede e fervore, presentandosi ai piedi dell'altare. Invitò, dunque, tutti ad avere sempre totale fiducia in lei.
    La prima profezia si avverò appena una settimana dopo questa prima visione, allorché Carlo X fu costretto a lasciare il trono e Parigi, per lo scoppio della rivoluzione del 27 luglio 1830.
    Nel 1848 poi fu proclamata la Seconda Repubblica Francese e il Vescovo dovette fuggire.
    40 anni dopo ebbe luogo la guerra franco-prussiana dal 1870 al 1871, con una grave carestia, per cui le suore si privarono di tutte le loro provviste per darle ai poveri, e lasciarono per sé solo poche minuzie.
    La Francia fu sconfitta e subito dopo colpita anche da una dura guerra civile, che sparse molto sangue per le vie della capitale, come era stato predetto dalla Madonna.
    Molti sacerdoti e religiosi morirono, e con loro anche il Vescovo. La paura attanagliava la popolazione, ma Caterina continuò con fiducia incrollabile a curare i feriti e i poveri. Appese diverse Sacre Medaglie Miracolose alle porte ed alle finestre del Convento, incoraggiando le consorelle a credere nel sostegno costante della Santa Vergine, che mai venne meno.
    Come Ella aveva promesso 40 anni prima, infatti, la comunità non fu danneggiata.
    Si riporta di seguito il racconto di questa prima apparizione, scritto dalla stessa Santa Caterina Labourè sul suo Diario, nel 1834:
    "Alle undici e mezzo mi sentii chiamare per nome: ‘Suor Labouré! Suor Labouré!’. Svegliatami, guardo dalla parte da dove proveniva la voce, che era dal lato del passaggio del letto.
    Tirai la tenda e vidi un bambino vestito di bianco, dai quattro ai cinque anni, il quale mi disse: ‘Venite in cappella, la Santa Vergine Vi aspetta’. Immediatamente mi venne da pensare: ‘Mi sentiranno!’. Ma quel bambino rispose pronto: ‘State tranquilla: sono le undici e mezzo e tutti dormono profondamente. Venite che Vi aspetto!’.
    Mi affrettai a vestirmi e seguii il bambino che era restato in piedi senza spingersi oltre la spalliera del letto.
    Il fanciullo mi seguì - o meglio, io seguii lui dovunque passava - tenendosi sempre alla mia sinistra. I lumi erano accesi dappertutto dove noi passavamo, il che mi sorprendeva molto.
    Rimasi però assai più meravigliata all’ingresso della cappella, quando la porta si aprì, appena il bambino l’ebbe toccata con la punta di un dito. La meraviglia poi fu ancora più completa quando vidi tutte le candele e tutte le torce accese, come alla Messa di mezzanotte.
    Però non vedevo ancora la Madonna.
    Il bambino mi condusse nel presbiterio, accanto alla poltrona del Signor Direttore, dove io mi posi in ginocchio, mentre il bambino rimase tutto il tempo in piedi.
    Poiché mi sembrava che passasse molto tempo, ogni tanto guardavo per timore che le suore vegliatrici passassero dalla tribuna.
    Finalmente giunse il sospirato momento. Il bambino mi avvertì, dicendomi: ‘Ecco la Santa Vergine, eccola!’. Sentii un rumore, come il fruscio di vesti di seta, venire dalla parte della tribuna, presso il quadro di san Giuseppe, e vidi la Santa Vergine che venne a posarsi sui gradini dell’altare dal lato del Vangelo ...
    Il bambino mi disse: ‘Ecco la Madonna!’.
    Dire ciò che provai in quel momento e ciò che succedeva in me, mi sarebbe impossibile.
    Guardando la Santissima Vergine, spiccai allora un salto verso di Lei, ed inginocchiandomi sui gradini dell’altare, appoggiai le mani sulle ginocchia della Santa Vergine.
    Quello fu il momento più dolce della mia vita.
    La Madonna mi spiegò come dovevo comportarmi col mio direttore spirituale e parecchie cose che non debbo dire.
    Mi insegnò il modo di regolarmi nelle mie pene e, mostrandomi con la sinistra i piedi dell’altare, mi disse di andarmi a gettare ai piedi dell’altare ad espandervi il mio cuore, aggiungendo che là avrei ricevuto tutti i conforti di cui ho bisogno.
    La Madonna mi disse: ‘Figlia mia, il buon Dio vuole affidarVi una missione. Essa sarà per Voi fonte di molte pene, ma soffrirete volentieri pensando che si tratta della gloria del buon Dio.
    Avrete la grazia; dite tutto quanto in Voi succede, con semplicità e confidenza.
    Vedrete certe cose, sarete ispirata nelle Vostre preghiere; rendetene conto a chi è incaricato della Vostra anima’.
    A questo punto la Madonna aggiunse con un’espressione molto triste:
    ‘I tempi, figlia mia, sono molto tristi.
    Gravi sciagure stanno per colpire la Francia.
    Il trono sarà rovesciato; tutto sarà sconvolto da disgrazie d’ogni specie (dicendo questo la Madonna aveva l’aspetto molto addolorato).
    Ma venite ai piedi di questo altare! Qui le grazie saranno sparse su tutti... Sopra tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore, sui piccoli e sui grandi... Figlia mia, io mi compiaccio di spandere le mie grazie sulla Comunità ...
    Sopraggiungeranno grandi mali; il pericolo sarà grande, ma non temete! Io stessa sarò con voi, ho sempre vegliato su di voi; vi accorderò molte grazie...
    VERRÀ UN MOMENTO IN CUI IL PERICOLO SARA' GRANDE E TUTTO SEMBRERÀ' PERDUTO, MAI IO SARÒ' CON VOI; ABBIATE FIDUCIA!
    In altre Comunità vi saranno vittime (la Santissima Vergine aveva le lacrime agli occhi dicendo questo); vittime ci saranno nel clero di Parigi e lo stesso Arcivescovo morirà (di nuovo la Madonna versò lacrime).
    Figlia mia, la Croce sarà disprezzata; per le vie scorrerà il sangue; il mondo intero sarà nell’afflizione (qui la Vergine Santa non poteva più parlare: un gran dolore le era dipinto sul volto)’.
    Quanto tempo restai con la Madonna, non saprei dirlo.
    Tutto quello che so è che se ne andò, scomparendo come un’ombra che svanisce, dirigendosi verso la tribuna, dalla parte da cui era venuta.
    Alzatami dai gradini dell’altare, rividi il bambino, là dove l’avevo lasciato, il quale mi disse: ‘Se ne è andata!’.
    Rifacemmo lo stesso cammino, trovando sempre tutti i lumi accesi e tenendosi quel bambino sempre alla mia sinistra. Credo che quel bambino fosse il mio Angelo Custode, resosi visibile per farmi vedere la Santa Vergine; io infatti l’avevo molto pregato di ottenermi un tal favore. Era vestito di bianco e portava con sé una luce prodigiosa, ossia era sfolgorante di luce.
    Tornata a letto, sentii suonare le due e non ripresi più sonno”.
  20. Valerio
    La Tradizione è la parola di Dio non scritta, ma comunicata a viva voce da Gesù Cristo dagli Apostoli, e giunta inalterata, di secolo in secolo per mezzo della Chiesa fino a noi.
    I suoi insegnamenti si trovano principalmente nei decreti dei Sacri Concili, negli scritti dei Santi Padri e Dottori della Chiesa, negli atti ufficiali solenni della Santa Sede, nelle parole e negli elementi costitutivi della Sacra Liturgia Cattolica.
    La Tradizione deve essere considerata fonte della Rivelazione divina allo stesso modo della Sacra Scrittura, e ad essa indissolubilmente legata per leggerla e comprenderla correttamente.
  21. Valerio
    Articolo di Paolo Risso, pubblicato su "Il Settimanale di Padre Pio" nel novembre del 2016.
    "La “dichiarazione dei diritti dell’uomo”, promulgata in base ai principi di “libertà, uguaglianza e fraternità” senza Dio e contro Dio, a Parigi il 26 luglio 1789, all’inizio della Rivoluzione francese, condusse subito alla proibizione di offrire a Dio i voti e alla soppressione degli Ordini religiosi. Secondo i rivoluzionari, non può essere libero chi si consacra a Dio con i voti – sicuramente vi è stato costretto – ed è pertanto compito della “Nazione” liberarlo. E se non vuole essere liberato, sia ammazzato, perché la società dev’essere di liberi e di uguali!
    Le Priore di tre Monasteri Carmelitani francesi, a nome degli altri, inviarono all’assemblea nazionale il loro proclama: «Alla base dei nostri voti c’è la libertà più grande: nelle nostre case regna la più perfetta uguaglianza; noi confessiamo davanti a Dio che siamo davvero felici». Si rispose loro, da parte dell’Assemblea nazionale, mandando alle porte dei Monasteri uno stuolo di ufficiali per offrirsi loro come liberatori!
    “Qui vogliamo vivere e morire”
    Gli ufficiali della Rivoluzione giunsero anche al Carmelo di Compiègne dove vivevano sedici Monache guidate dalla Priora Madre Teresa di Sant’Agostino. Esse furono convocate una ad una, per dichiarare “liberamente” di voler uscire dal Monastero. Un segretario verbalizzava le loro risposte, per cui la loro singolare avventura è documentata con scrupolo dagli stessi persecutori.
    La Priora dichiarò di «voler vivere e morire in questa santa casa». La più anziana disse: «Sono 56 anni che sono Suora e vorrei averne ancora altrettanti per consacrarli tutti al Signore». Un’altra spiegò: «Mi sono fatta religiosa di mio pieno gradimento e conserverò il mio abito anche a costo del sangue». Così, con parole simili, ripeterono tutte, fino alla più giovane professa da pochi mesi: «Nulla mi indurrà ad abbandonare il mio Sposo Gesù».
    Veramente le Monache erano solo 14, due erano solo delle collaboratrici laiche, ma in quel frangente dichiararono che anch’esse volevano condividere con le “sorelle” la stessa passione e la stessa gloria. Dunque, si tratta sostanzialmente di sedici Carmelitane.
    Intanto la Rivoluzione continuava, volendo separare il Clero e i Cattolici di Francia dal Papa di Roma, iniziando presto la persecuzione più cruenta contro coloro che non accettavano di giurare secondo i suoi “princìpi”. Nella Pasqua del 1792, la Priora di Compiègne propose alle consorelle di offrirsi con lei «in olocausto per placare la collera di Dio e in modo che la sua pace sia restituita alla Chiesa e allo Stato».
    Nel 1792, in un massacro durato tre giorni, si contarono 1.600 vittime, tra cui 250 Preti massacrati a Parigi. Il 12 settembre, le Carmelitane di Compiègne ebbero l’ordine di lasciare il Monastero, subito requisito. Andarono a vivere in gruppetti in quattro casette vicine nello stesso quartiere, riuscendo a comunicare tra loro e ad osservare il più possibile la loro santa Regola di preghiera e di lavoro, in intimità con il Signore Gesù, pronte a ogni evenienza.
    Tra l’ottobre 1793 e l’estate 1794, i senza-Dio scatenarono “il grande Terrore”, che doveva portare alla scristianizzazione totale. Ogni giorno funzionava la ghigliottina, le cui vittime più numerose e più innocenti furono Sacerdoti, Religiosi, credenti, sotto l’accusa di “fanatismo”: in realtà in odio alla Fede. Proprio di “fanatismo” vennero accusate le Suore di Compiègne: furono arrestate e destinate a morire soppresse. Non restava loro che prepararsi al martirio.
    Il 13 luglio 1794, Madre Teresa di Sant’Agostino e le consorelle giunsero a Parigi e furono gettate nella Concergierie, il carcere della morte. Il 16 luglio 1794, festa della Madonna del Carmelo, le Monache composero un nuovo canto, come loro abitudine, alla loro Patrona. Riscrissero la Marsigliese, cambiando l’inno della Rivoluzione in un inno di dedicazione a Gesù.
    Al patibolo cantando
    L’indomani, 17 luglio 1794, comparvero al tribunale accusate di “ribellione”, “sedizione”, “oppressione” del popolo francese, cose incredibili per donne inermi e dedite soltanto alla preghiera. Risposero che non volevano accuse generiche, confuse e mescolate alla politica. Quando l’accusatore, il “cittadino” Fouquier-Tinville, le definì “fanatiche”, Suor Enrichetta Pelres domandò: «Vorreste, voi illustre cittadino, spiegarci che cosa significa fanatismo?».
    Fouquier-Tinville s’infuriò e rispose: «È quella vostra affezione a credenze puerili, quella vostra sciocca pratica religiosa». Suor Enrichetta a nome di tutte, lo ringraziò; poi rivolta alle consorelle disse: «Avete udito che ci condannano per l’affetto che portiamo alla nostra santa Religione. Siano rese grazie a Colui che ci ha precedute sulla via della Croce! Che felicità e che consolazione poter morire per il nostro Gesù!».
    Erano le sei di sera, quando, condannate a morte, con le mani legate dietro la schiena, salirono su due carrette per essere condotte alla ghigliottina. In mezzo alla folla che si assiepava ai margini della via, lungo il loro ultimo viaggio, cantarono Compieta come in Monastero al tramonto di ogni giornata. Tra lo stupore e il silenzio, la gente allibita e muta, sentì innalzarsi con voce dolcissima l’inno Te lucis ante terminum, quindi il Miserere e la Salve Regina, come se quelle andassero a una festa lungamente attesa e preparata.
    Ai piedi del palco, la Priora chiese di morire per ultima, per assistere le sue Figlie come vera madre. Nelle sue mani, le Monache rinnovarono i voti e baciarono la medaglia della Madonna. A quel punto, Madre Teresa intonò il Veni Creator Spiritus, mentre la più giovane saliva per prima al patibolo.
    Mentre si continuava a cantare l’inno allo Spirito di Cristo e il canto si faceva sempre più flebile, le loro teste cadevano una per una sotto la lama. Ultima salì la Priora... Sulla piazza, nel caldo del sole di luglio, tra l’odore del sangue, era sceso un silenzio solenne, mai visto, come se il cielo si fosse squarciato ad accogliere quelle sante Anime.
    Uno dei commissari di polizia, vedendole cadere, disse loro: «Il popolo non ha bisogno di serve!». Le superstiti risposero: «Ma ha bisogno di Martiri e questo è un servizio che ci possiamo assumere». «Noi cadiamo soltanto in Dio».
    Non trascorse un anno che, il 6 maggio 1795, il nuovo tribunale rivoluzionario di Parigi condannò a morte Fouquier-Tinville e tre antichi giudici, sei giurati e altre sei persone che avevano collaborato con quelli all’esecuzione delle Carmelitane di Compiègne. In tutto sedici, come erano le sante Monache.
    Il 27 maggio 1906 Papa san Pio X beatificò le Martiri carmelitane di Compiègne, Madre Teresa di Sant’Agostino e Compagne martiri, fissandone la festa al 17 luglio. Basterebbe, amici, questa pagina di storia, per proclamare senza paura di smentita che il Cattolicesimo è divino!"
  22. Valerio
    Estratto dalla conferenza tenuta da Mons. Athanasius Schneider il 7 ottobre del 2017 nel Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero, Livorno, in occasione del decimo pellegrinaggio del Coordinamento toscano Summorum Pontificum.
    Il tema principale trattato da sua Eccellenza è stato il valore inestimabile del messaggio profetico dato dalla Santa Vergine Maria nelle apparizioni di Fatima, con la fondamentale importanza della preghiera e dei sacrifici da offrire per la conversione dei peccatori, come hanno fatto meravigliosamente i tre pastorelli veggenti. Essi hanno risposto perfettamente all'invito della Madonna e con il loro mirabile esempio esortano tutti noi a fare altrettanto.
    Ecco le parole del Vescovo Athanasius Schneider:
    "La Chiesa ai nostri giorni deve di nuovo proclamare con vigore la verità Divina sulla realtà della condanna eterna e sull’inferno per salvare le anime immortali che altrimenti si potranno perdere per tutta l’eternità. L’esistenza di un inferno eterno è una verità della fede definita nei documenti del Magistero. La Madonna di Fatima ha considerata questa verità talmente importante e pastoralmente efficiente, che ha mostrato ai piccoli bambini l’inferno. Suor Lucia racconta: “Questa visione è durata solamente un attimo, grazie alla nostra buona Madre Celeste, che nella sua prima apparizione aveva promesso di portarci in paradiso. Senza questa promessa, credo che saremmo morti di terrore e spavento” La Madonna ha poi detto ai bambini: “Avete visto l’inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore immacolato”.
    Suor Lucia continua a raccontare poi: “Giacinta continuava seduta sul suo sasso, pensierosa, e domandò: – Quella Signora disse pure che vanno molte anime all’inferno! L’inferno non finisce mai. E neanche il paradiso. Chi va in paradiso non esce più di là. E neppure chi va all’inferno. Non capisci che sono eterni, che non finiscono mai? Facemmo, allora, per la prima volta, la meditazione sull’inferno e sull’eternità. Quel che impressionò di più Giacinta, fu l’eternità” (Suor Lucia, Memorie, 45-46). Giacinta, poco prima che morisse ha detto: “Se gli uomini sapessero ciò che è l’eternità, farebbero tutto possibile per cambiare la loro vita. Mortificazione e sacrifici piacciono molto al nostro Divino Signore.”
    L’esempio di Santa Giacinta, mostrato nella seguente citazione, dovrebbe commuoverci profondamente, e in primo luogo ogni sacerdote e ogni fedele, spingendo loro alle concrete parole e azioni: “La visione dell’inferno le aveva causato tanto orrore, che tutte le penitenze e mortificazioni le sembravano un nulla, per riuscire a liberare di là alcune anime.” Giacinta con frequenza si sedeva per terra o su qualche masso e, pensierosa, cominciava a dire: “L’inferno! L’inferno! Come mi fanno pena le anime che vanno all’inferno!” Rivolgendosi a me e a Francesco diceva: “Francesco! Francesco! Non stai a pregare con me? Bisogna pregare molto per liberare le anime dall’inferno. Tante vanno laggiù, tante!”. Altre volte domandava: «Ma come mai la Madonna non fa vedere l’inferno ai peccatori? Se loro lo vedessero, non peccherebbero più per non andarci. Di’ un po’ a quella Signora che faccia vedere l’inferno a tutta quella gente (si riferiva a quelli che si trovavano a Cova da Iria, al momento dell’apparizione. Vedrai come si convertono”. Qualche volta domandava pure: – Ma che peccati saranno quelli che questa gente fa per andare all’inferno? – Non saprei. Forse il peccato di non andare a messa la domenica, di rubare, di dire parolacce, di augurare il male, di giurare… Come mi fanno pena i peccatori! Se potessi fargli vedere l’inferno! Improvvisamente a volte si stringeva a me e diceva: – Io vado in cielo, ma tu rimani quaggiù. Se la Madonna ti lascia, di’ a tutti com’è l’inferno, perché non facciano più peccati e non vadano più laggiù. Altre volte, dopo essere stata un po’ a pensare, diceva: – Tanta gente che va all’inferno! Tanta gente all’inferno! – Non aver paura, tu vai in cielo! – le dicevo per tranquillizzarla. – Io, sì, ci vado – diceva con calma – ma io vorrei che tutta quella gente ci andassero anche loro.”
    Un significato particolarmente importante del messaggio di Fatima consiste nel ricordare la Chiesa e gli uomini del nostro tempo della realtà del peccato e delle sue catastrofiche e deleterie conseguenze. Perché il peccato possiede intrinsecamente una tale gravità e tragedia? Perché il peccato offende Dio, offende la Sua infinita maestà, e la Sua infinitamente santa e saggia volontà. Questo è precisamente la causa dell’inconcepibile malizia del peccato. La Madonna diceva ai bambini in Fatima: “Gli uomini si devono pentire dei loro peccati, emendare la loro vita e chiedere perdono per i loro peccati. Loro non devono offendere il Signore che è già troppo offeso”. Suor Lucia scrisse: “La parte dell’ultima apparizione che più ha colpito il mio cuore è la richiesta della nostra Madre celeste di non offendere più Dio che è già troppo offeso.” La Madonna ha detto a Suor Lucia: “Il buon Dio si lascia placare, ma si lamenta dolorosamente del numero limitatissimo di anime in grazia, disposte a rinunciare a tutto ciò che l’osservanza della Sua legge da loro esige.” È conosciuta un’affermazione di Papa Pio XII, dove dice: “Il peccato più grande nel mondo d’oggi consiste forse nel fatto che gli uomini hanno cominciato a perdere il senso del peccato”. (Radio messaggio ai partecipanti del “National Catechetical Congress of the United States in Boston”, 26 ottobre 1946). Uno dei principali appelli del messaggio di Fatima e dell’esempio commovente di San Francesco e di Santa Giacinta può essere espresso nella seguente domanda: “Sto correndo verso l’eternità. Sono veramente pronto ad apparire davanti al tribunale di Dio? Sono nello stato di peccato?”
    La realtà del peccato esige necessariamente penitenza e riparazione. Ciò appartiene anche alle parti centrali del messaggio dato dalla Madre di Dio a Fatima per il nostro tempo. Già nel 1916 l’Angelo parlava ai bambini nello stesso spirito, nel quale parlerà la Madonna nel 1917. L’Angelo diceva ai bambini: “Offrite senza interruzione preghiere e sacrifici all’Altissimo. In tutto ciò in cui vi è possibile offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati da cui è offeso, e in atto di supplica per la conversione dei peccatori. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi invierà.” Il 13 di luglio di 1917 la Madonna ha detto: “Continuate a venire qui. A Ottobre dirò chi sono, quel che voglio e farò un miracolo che tutti possano vedere per credere. Sacrificatevi per i peccatori, e dite spesso, specialmente facendo qualche sacrificio: O Gesù, è per vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria”.
    Dobbiamo lasciarci commuovere e ispirare dall’esempio dei bambini di Fatima per crescere nello spirito d’espiazione e di riparazione per i peccati. I bambini soffrivano sete, però non c’era nemmeno una goccia d’acqua vicino a quel luogo. Invece di lamentarsi Giacinta di sette anni sembrava essere felice. “Come è buono” diceva lei. “Ho sete, ma offro tutto per la conversione dei peccatori.” Lucia, la più grande dei tre bambini, si sentiva responsabile di prendersi cura dei suoi cugini, e così andò ad una casa vicina per chiedere un po’ d’acqua. Suor Lucia racconta: “Diedi la brocca d’acqua a Francesco, e gli dissi che bevesse. “Non voglio bere”, rispose il ragazzo di nove anni; “Voglio soffrire per i peccatori.” – “Bevi tu, Giacinta”. – “Anch’io voglio offrire un sacrificio per i peccatori”. Versai, allora, l’acqua nella fossetta di una roccia, per farla bere alle pecore, e andai a restituire la brocca alla padrona. Il caldo diventava sempre più intenso. Le cicale e i grilli univano il loro canto a quello delle rane del pantano vicino e facevano uno schiamazzo insopportabile. Giacinta, indebolita dalla fiacchezza e dalla sete, mi disse, con quella semplicità che le era naturale: – Dì ai grilli e alle rane che stiano zitti! Mi fa tanto male la testa! Allora, Francesco le chiese: – Non vuoi soffrire questo per i peccatori? La povera bambina, stringendo la testa fra le manine, rispose: – Sì, lo voglio, lasciali cantare”.
    Commentando l’esempio di Francesco e di Giacinta Suor Lucia diceva: “Molte persone, pensando che la parola penitenza implichi grandi austerità, e sentendo che non hanno la forza per grandi sacrifici, diventano scoraggiati e continuano una vita di tiepidezza e di peccato.” Suor Lucia racconta ciò che Nostro Signore le ha spiegato: “Il sacrificio richiesto di ogni persona consiste nell’adempimento dei propri obblighi di vita e nell’osservanza della Mia legge. Questa è la penitenza che Io adesso cerco e chiedo.”"
    https://www.icrss.it/…/11/22/conferenza-di-ser-mons-schnei…/
  23. Valerio
    Le verità che Dio ha rivelato si contengono nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. La Prima è la collezione dei libri scritti dai Profeti ed Agiografi, dagli Apostoli, e dagli Evangelisti per ispirazione dello Spirito Santo, e ricevuti dalla Chiesa come ispirati. Essa, inoltre, si divide in due parti: l'Antico e il Nuovo Testamento.
    Il Primo contiene i libri ispirati, scritti prima della venuta di Gesù Cristo. Il Nuovo quelli scritti dopo la venuta di Gesù Cristo.
    La Sacra Scrittura si chiama comunemente col nome di Sacra Bibbia, che significa "collezione di libri santi", è il libro per eccellenza, il libro dei libri, quello ispirato da Dio.
    Nella Sacra Scrittura non ci può essere nessun errore, perché, essendo tutta ispirata, è proprio Dio l'autore di tutte le sue parti. Nelle copie e traduzioni di essa, tuttavia, può essere stato commesso qualche sbaglio o dei copisti o dei traduttori. Nelle edizioni rivedute ed approvate dalla Chiesa cattolica, però. non ci può essere errore in ciò che riguarda la fede o la morale.
    La lettura della Bibbia non è strettamente necessaria a tutti i cristiani, quando si fanno istruire correttamente dalla Chiesa, ma è molto utile e raccomandata a tutti. Si possono leggere solamente quelle traduzioni volgari della Bibbia, che sono riconosciute fedeli dalla Chiesa cattolica, e sono accompagnate da spiegazioni approvate dalla Chiesa medesima, perché essa sola è legittima custode della Bibbia.
    Il vero senso delle Sacre Scritture noi possiamo conoscerlo solo per mezzo della Chiesa, perché solo la Chiesa non può sbagliare nell'interpretarle.
    Se ad un cristiano venisse offerta la Bibbia da un protestante, o da qualche emissario dei protestanti, egli dovrebbe rigettarla con orrore, perché proibita dalla Chiesa; se, poi, l'avesse ricevuta senza badarvi, dovrebbe subito gettarla alle fiamme, o consegnarla al proprio parroco.
    La Chiesa, infatti, proibisce le Bibbie protestanti perché o sono alterate e contengono errori, oppure, mancando della sua approvazione e delle note esplicative dei sensi oscuri, possono nuocere alla Fede.
  24. Valerio
    Santa Teresina del Bambin Gesù ci insegna come ogni persona sia unica e preziosa davanti a Dio, per quanto possa essere limitata o apparire insignificante rispetto alle altre. Ma Lui la ama infinitamente per come ella è, e l'ha stabilita in tale modo come elemento fondamentale del suo disegno d'amore, del suo giardino, in cui ogni fiore è diverso da tutti gli altri e contribuisce in modo essenziale ed insostituibile alla sua bellezza e al suo profumo.
    5 –Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura,
    ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non
    rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero
    essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di
    infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi
    Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si
    debbono contentare d’essere margherite o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand’egli
    si degna d’abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell’essere come vuole lui.
    6 –Ho capito anche un’altra cosa: l’amore di Nostro Signore si rivela altrettanto bene nell’anima più
    semplice la quale non resista affatto alla grazia, quanto nell’anima più sublime; in realtà, è proprio
    dell’amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi Dottori, i quali hanno rischiarato la Chiesa
    con i lumi della loro dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza per
    raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si esprime soltanto con strilletti deboli
    deboli; ha creato il selvaggio il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge naturale per
    regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori selvatici che lo rapiscono perché sono
    tanto semplici.
    7 –Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente grande. Allo stesso modo in cui il sole
    illumina i grandi cedri ed i fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così Nostro Signore
    si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la sola ad esistere; e come nella natura le
    stagioni tutte sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile, così tutto
    risponde al bene di ciascun’anima."
  25. Valerio
    Maria Goretti salì al Cielo il 6 luglio del 1902, all'età di dodici anni, con la Corona di vergine e di martire, uccisa per aver voluto proteggere la sua castità.
    Il Papa Pio XII la canonizzò il 24 giugno del 1950 davanti ad una moltitudine di fedeli che gremiva Piazza San Pietro e che comprendeva anche la madre della piccola, i suoi fratelli e persino il suo assassino pentito.
    Riportiamo alcuni estratti del discorso tenuto dal Sommo Pontefice in quell'occasione:
    "Venerabili Fratelli e diletti figli,
    Per un amoroso disegno della Provvidenza divina l'esaltazione suprema di una umile figlia del popolo è stata celebrata in questo vespro luminoso con una solennità senza pari e in forma sin qui unica negli annali della Chiesa...la piccola e dolce Martire della purezza: Maria Goretti. Perché, diletti figli, siete accorsi in così sterminato numero alla sua glorificazione? Perché, ascoltando o leggendo il racconto della sua breve vita, così somigliante a una limpida narrazione evangelica per semplicità di linee, per colore di ambiente, per la stessa fulminea violenza della morte, vi siete inteneriti fino alle lacrime? Perché Maria Goretti ha conquistato così rapidamente i vostri cuori, fino a divenirne la prediletta, la beniamina? Vi è dunque in questo mondo, apparentemente travolto e immerso nell'edonismo, non soltanto una sparuta schiera di eletti assetati di cielo e di aria pura, ma folla, ma immense moltitudini, sulle quali il soprannaturale profumo della purezza cristiana esercita un fascino irresistibile e promettente: promettente e rassicurante....
    Nella purezza era l'affermazione più elementare e significante del dominio perfetto dell'anima sulla materia; nell'eroismo supremo, che non s'improvvisa, era l'amore tenero e docile, obbediente ed attivo verso i genitori; il sacrificio nel duro lavoro quotidiano; la povertà evangelicamente contenta e sostenuta dalla fiducia nella Provvidenza celeste; la religione tenacemente abbracciata e voluta conoscere ogni dì più, fatta tesoro di vita e alimentata dalla fiamma della preghiera; il desiderio ardente di Gesù Eucaristico, ed infine, corona della carità, l'eroico perdono concesso all'uccisore: rustica ghirlanda, ma così cara a Dio, di fiori campestri, che adornò il bianco velo della sua prima Comunione, e poco dopo il suo martirio....
    A distanza di quasi cinquant'anni, tra la spesso insufficiente reazione dei buoni, la congiura del malcostume, valendosi di libri, di illustrazioni, di spettacoli, di audizioni, di mode, di spiagge, di associazioni, tenta di scalzare in seno alla società e alle famiglie, a danno principalmente della fanciullezza anche tenerissima, quelli che erano i presidi naturali della virtù. O giovani, fanciulli e fanciulle dilettissimi, pupille degli occhi di Gesù e dei Nostri, - dite - siete voi ben risoluti a resistere fermamente, con l'aiuto della grazia divina, a qualsiasi attentato che altri ardisse di fare alla vostra purezza?...
    Ed ora, o voi tutti che Ci ascoltate, in alto i cuori! Sopra le malsane paludi e il fango del mondo si stende un cielo immenso di bellezza. È il cielo che affascinò la piccola Maria; il cielo a cui ella volle ascendere per l'unica via che ad esso conduce: la religione, l'amore di Cristo, la eroica osservanza dei suoi comandamenti."
    Papa Pio XII
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