Il Pensiero Cattolico

16 Novembre 2025

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Don Mario Proietti

Il volto della Chiesa che verrà: povera, santa, libera

Quattordicesimo articolo del ciclo “I papi passano, ma la Curia rimane”

Ogni epoca si interroga sul futuro della Chiesa. In tempi di crisi, di cambiamenti epocali e di apparente declino, questa domanda torna con maggiore intensità: come sarà la Chiesa di domani? Sarà ancora capace di parlare al cuore dell’uomo? Avrà ancora voce nel concerto delle culture e delle nazioni? Riuscirà a essere lievito nel mondo senza diventare parte della massa indistinta?
Molti, nel tentativo di rispondere, si lanciano in previsioni sociologiche, analisi strutturali, studi statistici. Ma la vera risposta non nasce da queste osservazioni parziali. Viene dallo Spirito e si radica nella fedeltà a Cristo. La Chiesa che verrà sarà quella che rimarrà fedele al suo Signore, senza cedere ai compromessi con la mentalità del mondo, senza barattare la propria identità per la rilevanza culturale o politica. E questa fedeltà si incarna oggi in tre tratti fondamentali: la povertà evangelica, la santità concreta e la libertà interiore e profetica.

Una Chiesa povera: non marginale, ma essenziale

Papa Benedetto XVI, in una delle sue riflessioni giovanili, parlava di una “Chiesa che perderà molti privilegi sociali, diventerà più piccola, ma più santa“. Queste parole non suonavano come una profezia catastrofista, bensì come una diagnosi spirituale maturata nel contatto profondo con la Scrittura e la Tradizione. Una Chiesa alleggerita dai pesi del potere mondano, da strutture eccessivamente burocratiche, da compromessi con il potere politico ed economico, può finalmente tornare all’essenziale del Vangelo.
Essere poveri non significa essere irrilevanti, ma liberi. Significa rinunciare al protagonismo nei salotti della società, all’influenza nei media, all’ansia di piacere. Significa testimoniare Cristo senza fronzoli, affidandosi alla forza del Vangelo, non agli strumenti della propaganda. È la povertà che rende i santi credibili e i pastori veri padri. È la povertà di chi si fida solo di Dio e non del proprio prestigio. Come gli Apostoli inviati da Gesù, che camminano senza borsa né bisaccia (cf. Lc 10,4), ma portano nel cuore la pace e la verità.

Una Chiesa santa: perfetta nei suoi mezzi, ma affidata a strumenti umani

La santità è il cuore della Chiesa. Essa è santa non perché immune da scandali o debolezze nei suoi membri, ma perché fondata da Cristo, dotata di tutti i mezzi necessari per la salvezza e sempre abitata dallo Spirito. La Chiesa è perfetta nei suoi strumenti soprannaturali: la Parola, i Sacramenti, la Gerarchia voluta da Cristo. Tuttavia, la sua realtà visibile è affidata a uomini e donne fragili, peccatori, che hanno bisogno di conversione continua.
La Chiesa del futuro sarà riconoscibile non per la quantità delle sue strutture, ma per la qualità della sua testimonianza. Non sarà la Chiesa dei grandi numeri, ma quella dei testimoni silenziosi, degli uomini e delle donne che vivono la santità nel quotidiano. Oggi non abbiamo bisogno di tecnocrati o manager pastorali, ma di anime innamorate di Cristo, capaci di pregare, di soffrire per amore, di perdonare e di servire nel nascondimento. La santità resta la forma più alta di riforma ecclesiale, l’unica che trasforma realmente la Chiesa dal di dentro.

Una Chiesa libera: non in opposizione, ma non omologata

La libertà della Chiesa non si misura con l’indipendenza esterna, ma con la sua fedeltà interiore alla verità del Vangelo. Una Chiesa libera è quella che non ha paura di essere controcorrente, perché sa che la verità non cambia per compiacere la società. La sua voce profetica non si adegua alle mode ideologiche, ma le illumina. Quando la Chiesa accetta il compromesso con lo spirito del tempo, smette di essere luce sul monte. Essere liberi significa poter parlare anche quando costa, correggere con carità ma senza ambiguità, difendere la dignità dell’uomo e la legge morale anche quando ciò comporta l’incomprensione del mondo. È questa la libertà dei santi, dei martiri, dei confessori della fede. La Chiesa non deve cercare l’opposizione sterile, né l’accomodamento opportunista, ma deve vivere nella verità, anche quando la verità ferisce. Così facendo, essa diventa veramente madre e maestra.

La Chiesa che verrà non sarà una Chiesa potente secondo i criteri mondani, ma una Chiesa povera di mezzi umani, ricca solo del Vangelo. Non sarà applaudita da tutti, ma sarà ascoltata da chi cerca davvero la luce. Non sarà perfetta nella sua apparenza, ma trasparente alla grazia. Sarà povera, perché rifiuterà la dipendenza dai poteri forti; sarà santa, perché fondata sulla Parola e sui Sacramenti; sarà libera, perché non avrà padroni se non Cristo.
E noi, oggi, possiamo prepararne le fondamenta non con grandi piani pastorali o documenti programmatici, ma vivendo con radicalità una fede povera, santa e libera. Questo è il contributo più grande che ciascuno può offrire: diventare parte viva e autentica di quella Chiesa che verrà, e che già si sta formando nel silenzio, nella preghiera e nella fedeltà quotidiana.

Prossimo articolo: Conclusione del ciclo: restaurare, non rifondare. Ritrovare l’unità senza settarismi, la fedeltà senza irrigidimenti.

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