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Valerio

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Blog Entries di Valerio

  1. Valerio
    Lo Spirito Santo è la terza Persona della Santissima Trinità, Egli è Dio eterno, infinito, onnipotente, Creatore e Signore di tutte le cose, come il Padre e il Figluolo.
    Procede dal Padre e dal Figliuolo per via di volontà, d'ispirazione e di amore, come da un solo principio.
    Si dice che sono eterne tutte e tre le Persone, perché il Padre ab eterno (dall'eternità) ha generato il Figluolo; e dal Padre e dal Figluolo, sempre ab eterno, procede lo Spirito Santo. A Lui viene attribuita specialmente la santificazione delle anime, perché essa è opera d'amore, e le opere d'amore, anche se tutte e tre le divine Persone ci santificano egualmente, si attribuiscono in modo particolare allo Spirito Santo. Egli discese sopra gli Apostoli nel giorno della Pentecoste, cioè cinquanta giorni dopo la Risurrezione di Gesù Cristo, e dieci dopo la sua Ascensione. Gli Apostoli erano riuniti nel cenacolo in compagnia di Maria Vergine e degli altri discepoli, e perseveravano nell'orazione, aspettando lo Spirito Santo, che Gesù aveva loro promesso. Quando giunse a loro li confermò nella fede, li riempì di lumi, di forza, di carità e dell'abbondanza di tutti i suoi doni. Lo Spirito Santo è stato mandato per ogni anima fedele, per tutta la Chiesa che, come l'anima nel corpo, vivifica con la sua grazia ed i suoi doni; vi stabilisce il regno della verità e dell'amore; e l'assiste perché conduca sicuramente i suoi figliuoli per la via del cielo.
  2. Valerio
    Tommaso da Celano, nella "Vita Prima", così scrive: Nel tredicesimo anno dalla sua conversione, partì per la Siria, e mentre infuriavano aspre battaglie tra cristiani e pagani, preso con sé un compagno, non esitò a presentarsi al cospetto del Sultano (Melek-el-Kamel). Chi potrebbe descrivere la sicurezza e il coraggio con cui gli stava davanti e gli parlava, e la decisione e l’eloquenza con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana? Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l’afferrarono, l’insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’odio brutale di molti, eccolo accolto dal Sultano con grande onore!”
    L'altra testimonianza è quella di frate Illuminato, presente all'incontro tra il Santo ed il Sultano. Egli scrive: “Mentre il beato Francesco era alla corte, il sultano volle mettere alla prova la fede e la devozione che egli mostrava d’avere verso il Signore nostro crocifisso. Un giorno fece stendere nella sala delle udienze uno splendido tappeto, decorato per intero con un motivo geometrico a forma di croce, e poi disse ai presenti: ‘Si chiami ora quell’uomo che sembra essere un cristiano autentico; se per venire fino a me calpesterà con i suoi piedi questi segni di croce intessuti nel tappeto, l’accuseremo di fare ingiustizia al suo Signore; se invece si rifiuta di venire gli domanderò perché commetta questa scortesia di non venire fino a me’. Chiamato, il beato Francesco, che era pieno di Dio e da questa pienezza era bene istruito su quanto doveva fare e su quanto doveva dire, andò dritto dal Sultano. Quegli, ritenendo d’aver motivo sufficiente per rimproverare l’uomo di Dio perché aveva fatto ingiuria al suo Signore Gesù Cristo, gli disse: ‘Voi cristiani adorate la croce, come segno speciale del vostro Dio; perché dunque non hai avuto timore a calpestare questi segni della croce disegnati sul tappeto?’. Rispose il beato Francesco: ‘Dovete sapere che assieme al Signore nostro furono crocifissi anche due ladroni. Noi possediamo la vera croce del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, e questa noi l’adoriamo e la circondiamo della più profonda devozione. Ora, mentre questa santa e vera croce del Signore fu consegnata a noi, a voi invece sono state lasciate le croci dei due ladroni. Ecco perché non ho avuto paura di camminare sui segni della croce dei ladroni. Tra voi non c’è nulla della santa croce.’ Il Sultano sottopose anche un’altra questione: ‘Il vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male, e non dovete rifiutare neppure il mantello a chi vuol togliere la tonaca. Quanto più voi cristiani non dovreste invadere le nostre terre.’ Rispose il beato Francesco: ‘Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Altrove, infatti, è detto: se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E con questo ha voluto insegnarci che se anche un uomo ci fosse amico o parente, o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell’occhio, dovremmo essere disposti a separarlo, allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tenta di allontanarci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla religione di lui quanti più uomini potete. Se invece voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi.’ Il Sultano disse: ‘Raduniamo qui i nostri savi e discutiamo della nostra e della vostra fede.’ Replicò il beato Francesco: ‘La nostra fede è superiore alla ragione e la ragione riesce persuasiva solo per chi crede. Inoltre non potrei prendere argomenti dalla Scrittura, perché loro alla Scrittura non credono. Si faccia piuttosto un fuoco con legna di bosco: io entrerò nel fuoco insieme con i vostri savi; quelli che saranno bruciati, segno che la loro fede è falsa.’ Ma subito i savi del Sultano si ritirarono, tanto che il sultano si mise a sorridere dicendo: ‘Non credo che troverei qualcuno disposto a entrare con voi nel fuoco’."
    Lette queste testimonianze, viene da chiederci il perché san Francesco decise di andare disarmato dal sultano. La risposta è molto semplice ma importante per capire: perché davvero san Francesco voleva convertire il sultano e sapeva benissimo che non era né sarà mai possibile alcuna conversione imposta con le armi. Ciò dimostra come anche il Poverello di Assisi era perfettamente consapevole del fatto che le crociate (così come è attestato dalla storiografia più recente) non scaturissero dal tentativo di imporre la fede con la forza, bensì dall’intenzione di ripristinare il diritto al pellegrinaggio nella Terra Santa.
  3. Valerio
    Il settimo articolo del Credo c'insegna che alla fine del mondo Gesù Cristo, pieno di gloria e maestà, verrà dal cielo per giudicare tutti gli uomini, buoni e cattivi, e per dare a ciascuno il premio o la pena che avrà meritato. Tutti dovremo essere giudicati, per più ragioni: 1° per la gloria di Dio; 2° per la gloria di Gesù Cristo; 3° per la gloria dei Santi; 4° per confusione dei cattivi; 5° finalmente affinché il corpo abbia con l'anima la sua sentenza di premio o di pena. Nel giudizio universale si manifesterà la gloria di Dio, perché tutti conosceranno con quanta giustizia Dio governi il mondo, sebbene ora si vedano qualche volta i buoni in afflizione e i cattivi in prosperità. Si manifesterà la gloria di Gesù Cristo, perché essendo Egli stato dagli uomini ingiustamente condannato, comparirà allora in faccia a tutto il mondo come giudice supremo di tutti. Si manifesterà la gloria dei Santi, perché molti di essi, che sono morti disprezzati dai cattivi, saranno glorificati in presenza di tutto il mondo. Nel giudizio universale la confusione dei cattivi sarà grandissima, massime per quelli che oppressero i giusti e per quelli che si studiarono in vita di essere stimati per uomini di virtù e bontà. vedendo manifestati a tutto il mondo i peccati da loro commessi, anche i più segreti.
  4. Valerio
    Il sesto articolo del Credo c'insegna che Gesù Cristo, quaranta giorni dopo la sua risurrezione, alla presenza de' suoi discepoli, ascese da se stesso al cielo, e che essendo, come Dio, eguale al Padre nella gloria, come uomo è stato innalzato sopra tutti gli Angeli e tutti i Santi, e costituito Signore di tutte le cose. Prima stette quaranta giorni sulla terra per provare, con varie apparizioni, che era veramente risorto, e per istruire sempre più e confermare gli Apostoli nelle verità della fede. E' salito al cielo per prendere possesso del sul regno meritato colla sua morte, per preparare il nostro posto di gloria e per essere nostro Mediatore ed Avvocato appresso il Padre; per mandare, infine, lo Spirito Santo a' suoi Apostoli. La Madre sua, in quanto creatura, sebbene la più degna di tutte, salì al cielo per virtù di Dio e non propria. "Siede alla destra di Dio Padre onnipotente": "siede" indica il pacifico possesso che Gesù Cristo ha della sua gloria; "alla destra di Dio Padre onnipotente" vuol dire che Egli ha il posto d'onore sopra tutte le creature.
  5. Valerio
    Mia cara Madre! Con che cura lei mi aveva preparata, dicendo che avrei detto non ad un uomo, ma al Buon Dio i miei peccati. Ne ero veramente convinta, così che feci la mia confessione con un grande spirito di fede e le domandai perfino se non dovevo dire a don Ducellier che l'amavo con tutto il cuore, visto che avrei parlato al Buon Dio tramite la sua persona... Bene istruita di tutto quello che dovevo dire e fare, entrai nel confessionale e mi inginocchiai; ma don Ducellier aprì la grata e non vide nessuno: ero tanto piccina che la mia testa si trovava al di sotto della tavoletta su cui si appoggiavano le mani. Allora mi disse di stare in piedi. Ubbidii subito, mi alzai, e volgendomi proprio a lui per vederlo bene in faccia, gli feci la mia confessione come una grande e ricevetti la benedizione con molta devozione, perché lei mi aveva detto che in quel momento le lacrime di Gesù Bambino avrebbero purificato la mia anima. Ricordo che la prima esortazione che mi fu rivolta fu l'invito soprattutto alla devozione della Vergine Santa, ed io mi ripromisi di raddoppiare di tenerezza per lei. Uscendo dal confessionale ero tanto contenta e leggera, che mai avevo provato una gioia così grande nell'anima mia. Dopo tornai a confessarmi per tutte le feste grandi, ed era una vera festa per me ogni volta che ci andavo.
    Santa Teresina di Lisieux
    "Poiché Gesù è risalito in Cielo, io non posso che seguirlo sulle tracce che Egli ha lasciato, tracce luminosissime, tracce profumatissime!...Non mi lancio al primo posto, ma all'ultimo; invece di farmi avanti insieme al fariseo, ripeto, piena di fiducia, l'umile preghiera del pubblicano, e soprattutto seguo l'esempio della Maddalena. La sua audacia stupefacente, o piuttosto amorosa, che incanta il Cuore di Gesù, seduce il mio. Si, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi fra le braccia di Gesù, poiché so quanto Egli ami il figliuol prodigo che ritorna a Lui."
  6. Valerio
    Il quinto articolo del Credo c'insegna che l'anima di Gesù Cristo, separata che fu dal corpo, andò al Limbo dei santi Padri, e che nel terzo giorno si unì di nuovo al corpo suo, per non separarsene mai più. Quando si dice: "Discese agli Inferi", s'intende nel Limbo dei santi Padri, cioè quel luogo dove erano trattenute le anime dei giusti aspettando la redenzione di Gesù Cristo. Le anime dei santi Padri non potettero entrare in Paradiso prima della morte del Signore, perché per il peccato di Adamo il Paradiso era chiuso, e conveniva che Nostro Signore Gesù, il quale con la sua morte lo riaprì, fosse il primo ad entrarvi. Il Cristo volle differire sino al terzo giorno la propria risurrezione per manifestare ad evidenza che era veramente risorto. La sua risurrezione non fu simile a quella degli altri uomini risuscitati, perché Egli risuscitò per propria virtù, mentre gli altri furono risuscitati per virtù di Dio.
  7. Valerio
    L'Epifania è la festa istituita per celebrare la memoria di tre grandi misteri, de' quali il primo e principale è l'adorazione de' Magi; il secondo è il Battesimo di Gesù Cristo; il terzo è il suo primo miracolo nelle nozze di Cana in Galilea.
    La festa dell'adorazione dei Magi, del Battesimo di Gesù Cristo e del suo primo miracolo si chiama Epifania, che vuol dire apparizione, o manifestazione, perché in questi misteri chiaramente si manifestò agli uomini la gloria di Gesù Cristo.
    I Magi erano personaggi ragguardevoli dell'Oriente che attendevano allo studio della sapienza. Vennero ad adorare Gesù, perché, essendo comparsa una nuova stella, conobbero per ispirazione divina essere quella indizio della nascita del re de' giudei, salvatore degli uomini. I Magi vennero ad adorare Gesù Cristo in Betlemme. Prima andarono a Gerusalemme, città capitale della Giudea, dove era il tempio santo di Dio, ed ivi seppero dai sacerdoti che il Messia doveva nascere a Betlemme, secondo le profezie. Lì, una volta usciti da Gerusalemme, li condusse la stella già da loro veduta in Oriente, che camminò avanti a loro, e non si fermò finché essi non giunsero al luogo dove era il divin Pargoletto.
    Ritrovato che l'ebbero, lo adorarono, e gli presentarono oro, incenso e mirra, riconoscendolo in tal maniera come vero re, vero Dio e vero uomo.
    Per celebrare degnamente la solennità dell'Epifania secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare quattro cose:
    1. riconoscere nella vocazione de' Magi, che furono i primi pagani chiamati alla cognizione di Gesù Cristo, le primizie della nostra vocazione alla Fede, e ringraziare il Signore d'averci fatti cristiani;
    2. pregar Dio di estendere il gran dono della Fede a quelli che ne sono privi;
    3. eccitarci all'amore di Gesù e risolvere di seguire prontamente le divine ispirazioni;
    4. offrirgli ad esempio de' Magi qualche tributo della nostra divozione colla pratica della limosina, dell'orazione e della mortificazione cristiana.
  8. Valerio
    Il quarto articolo del Credo c'insegna che Gesù Cristo, per redimere il mondo col suo Sangue prezioso, patì sotto Ponzio Pilato governatore della Giudea, e morì sulla croce, dalla quale deposto, fu seppellito.
    La parola "patì" esprime tutte le pene sofferte da Gesù Cristo nella sua passione. Egli patì unicamente come uomo, perchè come Dio non poteva nè patire nè morire. Quello della croce, in quei tempi, era il più crudele e ignominioso di tutti i supplizi. Ponzio Pilato, governatore della Giudea, aveva riconosciuto l'innocenza di Gesù Cristo, ma lo condannò ugualmente ad essere crocifissi, cedendo vilmente alla minacciosa insistenza del popolo di Gerusalemme.
    Nostro Signore avrebbe potuto liberarsi dalle mani dei giudei e di Pilato, ma conoscendo che la volontà del suo Eterno Padre era che Egli patisse e morisse per la nostra salute, vi si sottomise volontariamente, anzi andò Egli stesso incontro ai suoi nemici e si lasciò spontaneamente prendere e condurre alla morte.
    Gesù fu crocifisso sul monte Calvario. Sopra la croce pregò per i suoi nemici; diede per madre al discepolo san Giovanni e, in persona di lui, a noi tutti, la sua stessa madre Maria santissima: offrì la sua morte in sacrificio, e soddisfece alla giustizia di Dio per i peccati degli uomini.
    Se anche fosse venuto un Angelo a soddisfare per noi, non sarebbe stato sufficiente, perché l'offesa fatta a Dio per il peccato originale era, sotto un certo aspetto, infinita, e per soddisfarla si richiedeva una persona che avesse un merito infinito. Bisognava che Gesù Cristo fosse uomo per poter patire e morire, e bisognava che fosse Dio perché i suoi patimenti fossero d'un valore infinito. Era necessario che i meriti di Gesù Cristo fossero d'un valore infinito, perché la maestà di Dio, offesa col peccato, è infinita.
    In realtà sarebbe bastato alla nostra redenzione il minimo dei patimenti del Signore, essendo ciascun suo atto di infinito valore, ma Egli volle patir tanto per soddisfare più abbondantemente alla divina giustizia, per dimostrarci maggiormente il suo amore, e ispirarci il più grande orrore al peccato.
    Alla morte di Gesù si oscurò il sole, tremò la terra, si aprirono i sepolcri e molti morti risuscitarono.
    Il corpo di Gesù Cristo fu sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nella pietra del monte, poco lontano dal luogo dove era stato crocifisso. Nella morte la divinità non si separò né dal corpo né dall'anima, ma solamente si separò l'anima dal corpo.
    Gesù Cristo è morto per tutti, ma non tutti si salvano, perché non tutti lo vogliono riconoscere, non tutti osservano la sua legge, non tutti si valgono dei mezzi di santificazione che ci ha lasciati.
    Per essere salvi non basta affatto che Gesù Cristo sia morto per noi, ma è necessario che siano applicati a ciascuno di noi il frutto ed i meriti della sua passione e morte, il che avviene soprattutto per mezzo dei sacramenti istituiti a questo fine dal medesimo Cristo Signore; e siccome molti o non ricevono i sacramenti o non li ricevono bene, rendono a se stessi inutile la morte di Gesù.
  9. Valerio
    Tra i tantissimi venerabili santi che si sono succeduti nei secoli, ve n'è uno che purtroppo, sovente, è trascurato o sottovalutato, eppure, dopo la Madonna è assolutamente il più grande. Si tratta di San Giuseppe, al quale l'Eterno Padre affidò il suo Figliuolo diletto, lo Spirito Santo la sua purissima Sposa, e Maria Vergine tutti i tesori della sua Verginità. Tali doni supremi egli ha sempre custodito e curato con incomparabile rettitudine e virtù. Il suo cuore era un braciere ardente, che si consumava nell’amore divino. Viveva intensamente la vita spirituale. Si dice che San Giovanni Evangelista fu immensamente fortunato per aver avuto la possibilità, durante l'Ultima Cena, di appoggiare il capo sul petto di Gesù ed ascoltare i divini palpiti. Che dire allora di San Giuseppe che questa fortuna l'ebbe di continuo? Quante volte Gesù, bambino o adolescente, si addormentò tra le sue braccia! Che cosa provava in quei momenti il cuore di San Giuseppe? La sua vita interiore era alimentata dalla presenza reale e visibile di Dio; viveva con Gesù, vero Dio e vero uomo; con Lui lavorava e pregava; con Lui prendeva il cibo e con Lui riposava sotto lo stesso tetto; sopra Gesù fissava lo sguardo, ne ascoltava la voce e a Lui dirigeva gli affetti del cuore. San Giuseppe era beato per tale presenza, poiché nulla c'è di più dolce; la sua vita interiore fu una continua unione con Dio. Bisogna, dunque, avere una grandissima devozione per il Santo Patriarca e tenere sempre presente il suo esempio. Così c'invita a fare proprio la Santa Vergine Maria, da cui Santa Brigida, devota di San Giuseppe, meritò di sentire queste parole in una visione celeste: "Figlia mia, sappi che il mio sposo Giuseppe fu così riservato nelle sue parole, che nessuna gliene uscì di bocca la quale non fosse buona, nessuna oziosa o di mormorarazione. Fu pazientissimo e diligentissimo nella fatica, ubbidiente, forte e costante, testimonio fedele delle meraviglie celesti. Morto alla carne ed al mondo, visse solo per Dio e per i beni celesti, e solo questi desiderava. Fu pienamente conforme alla volontà di Dio e tanto rassegnato ad essa, che sempre ripeteva: ‘Si faccia in me la volontà del Signore!’ Rare volte parlava con gli uomini, ma continuamente con Dio. Per la sua santa vita egli ora gode in Cielo grande gloria. Procura d’imitare anche tu gli esempi del mio Giuseppe, che fu un prodigio di santità."
  10. Valerio
    In prefigurazione della grandezza dell'Immacolata, è scritto nel Libro della Sapienza:
    “Io come la vite gettai profumati germogli e i miei fiori diedero frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del santo amore e del timore e della scienza e della santa speranza. In me è ogni grazia di dottrina e di verità; in me è ogni speranza di vita e di virtù. Accostatevi a me voi che mi bramate e saziatevi dei miei frutti, perché più dolce del miele è il mio ricordo, più del miele del favo il mio possesso. La mia memoria vivrà per tutto il corso della storia. Chi mangia di me avrà ancora fame e chi beve di me avrà ancora sete. Chi mi ascolta non avrà da arrossire e chi conforma la sua condotta al mio insegnamento non farà peccati; chi mi glorifica avrà la vita eterna”.
    Maria Santissima aveva votato a Dio il giglio della sua verginità. Quando l'arcangelo Gabriele le annunciò che sarebbe diventata Madre di Dio, ella turbata domandò come ciò fosse conciliabile con la sua verginità. Il Messaggero celeste la rassicurò dicendole che la divina maternità non avrebbe leso minimamente la verginità, che non fu guastata né prima, né durante, né dopo la nascita di Gesù, che uscì da lei così come vi era entrato, in modo miracoloso. Come un raggio di sole attraversa un cristallo purissimo di una finestra senza romperlo, né appannarlo, ma rendendolo più puro, più luminoso, più terso, la verginità di Maria, unendosi alla divina maternità, non solo non fu menomata, ma fu resa più fulgida. La Chiesa, nel Concilio Lateranense del 649 insegna che Maria fu ed è sempre vergine.
    La donna, quando dà la vita al bambino gli è madre, sebbene non gli dia l'anima, ma solo il corpo. L'anima è creata direttamente da Dio, ma la donna è egualmente madre del figlio, cioè di tutta la persona che nasce da lei. Da Maria Santissima è nato Gesù Cristo, che è Dio, perciò ella è veramente Madre di Dio, perché ha comunicato a Gesù il corpo umano, sebbene l'anima unita ad esso sia stata creata da Dio e il Verbo, che si unì alla natura umana nell'unità di una sola persona, sia disceso dal cielo. Per questo santa Elisabetta, ispirata dallo Spirito Santo, chiamò Maria "madre del Mio Signore", cioè di Dio, e la Chiesa ha definito contro l'eretico Nestorio: "Dio è veramente l'Emmanuele (cioè Dio con noi) e perciò la Santa Vergine Maria è genitrice (Madre) di Dio; ella infatti partorì il Verbo di Dio secondo la carne" (Conc. di Efeso, a. 431; DB 113)
    Il Figlio di Dio venne a noi facendosi figlio di Maria; per andare a Dio e diventare suoi figli, bisogna essere figli spirituali di Maria, seguendo la via che ha scelto il Maestro.
    L'eretico Nestorio insegnava che Maria Santissima è soltanto madre dell'uomo Gesù, e che si può chiamare "Theodochos" (ricettacolo di Dio), non "Theotokos" (Madre di Dio). Contro di lui fu adunato nel 431 il Concilio ecumenico di Efeso, che a nome del Papa di Roma condannò l'eresiarca. Il popolo, durante le sedute conciliari, stava fuori numerosissimo e desideroso che fosse rivendicato l'onore di Maria, calpestato da Nestorio. Il giorno della sentenza conclusiva attese fino a tarda sera. Quando uscirono i vescovi e fu annunciata la sentenza, il popolo delirante di gioia e con grandi luminarie portò trionfalmente i padri conciliari fino alle loro dimore, con canti e segni di grande gioia.
  11. Valerio
    La Circoncisione del Signore è la festa istituita per celebrare la memoria del sangue sparso da Gesù Cristo nei primi giorni della sua vita. La circoncisione, nella legge antica, era un rito istituito dal Signore, per contrassegnare coloro che appartenevano al popolo di Dio, e per distinguerli dalle genti infedeli.
    Gesù Cristo certamente non era soggetto alla legge della circoncisione, perché era fatta per i servi e per i peccatori; e Gesù Cristo è vero Figliuolo di Dio e autore della legge, ed era la medesima santità, ma ha voluto comunque essere circonciso senza esservi obbligato, perché essendosi per amore addossato i nostri peccati, volle portarne le pene e cominciare a lavarli col sangue fino dai primi giorni della sua vita.
    Quando Gesù Cristo fu circonciso gli venne imposto il nome di Gesù, come già l'Angelo aveva ordinato per parte di Dio alla santissima Vergine e a san Giuseppe.
    Il nome di Gesù significa Salvatore; e si diede al Figliuolo di Dio, perché veniva a salvarci e a liberarci dai nostri peccati.
    Per il nome di Gesù si deve avere grandissimo rispetto, perché questo rappresenta il nostro divin Redentore che ci ha riconciliati con Dio, e ci ha meritato alla vita eterna.
    Per celebrare la festa della Circoncisione secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare quattro cose:
    1. adorare Gesù Cristo, ringraziarlo ed amarlo;
    2. invocare con viva fede e con rispetto il suo santissimo Nome, e porre in esso tutta la nostra confidenza;
    3. praticare la circoncisione spirituale, che consiste nel togliere dal cuore il peccato ed ogni affetto disordinato;
    4. consacrare a Dio tutto l'anno che incomincia, e pregarlo di darci grazia di passarlo nel suo divino servizio.
  12. Valerio
    San Francesco di Sales, Vescovo e dottore della Chiesa, era solito trascorrere le ultime ore di ogni anno e le prime di quello successivo in fervente preghiera, operando un attento esame del suo cuore onde, egli diceva, "domandar perdono del passato e disporsi a far meglio per l’avvenire". Ugualmente raccomandava questa santa pratica ai suoi figli spirituali.
    Il 1° gennaio 1613 le Religiose della Visitazione cominciarono a recitare in comune le litanie del S. Nome di Gesù, e il Santo Fondatore, ordinò loro che in principio di tutte le loro lettere mettessero il sacro motto : Viva Gesù!
    Preghiera per iniziare il nuovo anno affidandosi al Signore Gesù Cristo ed alla Santissima Vergine Maria Madre di Dio:
    «O Gesù, riempite il nostro cuore del sacro bal­samo del vostro Divin Nome, affinché la soavità del suo odore si diffonda in tutti i nostri sensi e profumi tutte le nostre azioni. Ma, per rendere capace il nostro cuore di ricevere questo dolce liquore, circoncidetelo e togliete da esso tutto quello che non piace agli occhi vostri santissimi. O Nome glorioso, che la bocca del Divin Padre pronunzia da ogni eternità, siate per sempre scritto sulle anime nostre, onde, siccome voi ne siete il Salvatore, esse siano eternamente salvate. Vergine Santa, che prima fra tutte le creature umane proferiste questo Nome di salute, ispirateci il modo d’invocarlo conve­nientemente, acciocché tutto quello che è in noi goda della salute che il Vostro Parto ci ha apportato».
  13. Valerio
    Il Figliuolo di Dio ha preso un corpo e un'anima, come abbiamo noi, nel seno purissimo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, ed è nato da questa Vergine.
    A formare il corpo e a creare l'anima di Gesù Cristo concorsero tutte le tre Persone divine. Si dice solo: "fu concepito di Spirito Santo", perché l'incarnazione del Figliuolo di Dio è opera di bontà e di amore, e le opere di bontà e di amore si attribuiscono allo Spirito Santo.
    Il Figlio di Dio si fece uomo, senza cessare di esser Dio, Egli è Dio e uomo insieme, perfetto Dio e perfetto uomo.
    In Lui sono due nature: la divina e l'umana, ma un'unica persona, cioè la divina. In Gesù Cristo, inoltre, vi sono due volontà: l'una divina, l'altra umana. Egli aveva volontà libera, ma non poteva fare il male, perché poter fare il male è difetto, non perfezione della libertà.
    Il Figliuolo di Dio ed il Figliuolo di Maria sono la medesima persona, cioè Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
    Maria Vergine è Madre di Dio, perché è Madre di Gesù Cristo, che è vero Dio.
    Maria divenne Madre di Gesù Cristo unicamente per opera e virtù dello Spirito Santo.
    E' verità di fede che Maria Santissima fu SEMPRE Vergine, ed è chiamata la Vergine per eccellenza.
  14. Valerio
    La Messa non è un banchetto, un convito, un'assemblea o un ritrovo festoso, non è un momento di allegria, di svago o intrattenimento. Essa è realmente e sostanzialmente lo stesso Sacrificio della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, che si rinnova incruentemente, ma sostanzialmente, riofferto da Cristo Stesso al Padre, per mezzo del sacerdote, per la nostra salvezza e donato a noi nel Suo Corpo e nel Suo Sangue per la vita eterna.
    L'Eucarestia è stato il centro di tutta la vita di Padre Pio, della cui giornata ogni momento costituiva una continua preparazione e ringraziamento a Gesù Sacramentato, con la preghiera e la sofferenza anche di notte. Nella celebrazione della Messa il santo, facendo la volontà di Dio, fa sua tutta la Passione di Cristo: l'agonia nell'orto, il processo dinanzi a Pilato, il viaggio al Calvario, la Crocifissione. Riportiamo di seguito la fedele trascrizione di domande che furono poste a San Pio da Pietralcina e delle risposte da lui date:
    D. Padre, che cosa è la vostra Messa?
    R. Un pasticciotto sacro con la passione di Gesù. La mia responsabilità è unica al mondo, dice piangendo.
    D. Che cosa debbo leggere nella vostra santa Messa?
    R. Tutto il Calvario.
    D. Padre, ditemi tutto quello che soffrite nella santa Messa.
    R. Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua passione, inadeguatamente, lo soffro anche io, per quanto a umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio demerito e per sola sua bontà.
    D. Agonizzate, Padre, come Gesù nell'orto?
    R. Sicuramente.
    D. Quale «fiat» pronunziate?
    R. Di soffrire e sempre soffrire per i fratelli di esilio e per il suo divin regno.
    D. E allora anche voi siete tutto una piaga dalla testa ai piedi?
    R. E non è questa la nostra gloria? E se non ci sarà più spazio per fare altre piaghe nel mio corpo, faremo piaga su piaga.
    D. Dio mio, questo è troppo! Siete, Padre mio, un vero carnefice di voi stesso!
    R. Non ti spaventare, ma gioisci. Non desidero la sofferenza in se stessa, no; ma per i frutti che mi dà. Dà gloria a Dio e salva i fratelli. Che altro posso desiderare?
    D. Con la coronazione di spine, quali peccati scontò Gesù?
    R. Tutti. In particolare quelli di pensiero, non esclusi quelli vani e inutili.
    D. Le spine, Padre, ce le avete sulla fronte o intorno al capo?
    R. Intorno a tutto il capo.
    D. Padre, è vero che durante la Messa soffrite il supplizio della coronazione di spine?
    R. E lo metti in dubbio?
    D. Durante tutta la Messa?
    R. E anche prima e dopo. Il diadema non si lascia mai.
    D. Nel divin sacrificio, Padre, voi prendete su di voi le nostre iniquità?
    R. Non si può fare diversamente, poiché fa parte del divin sacrificio.
    D. Vi ho visto tremare mentre salivate i gradini dell'altare. Perché? Per quello che dovevate soffrire?
    R. Non per quello che dovevo soffrire, ma per quello che dovevo offrire.
    D. In qual momento del divin sacrificio soffrite di più?
    R. Sempre e in modo crescente.
    D. Nella celebrazione della santa Messa, quale è il momento in cui soffrite di più?
    R. Dalla consacrazione alla comunione.
    D. In qual momento della Messa soffrite la flagellazione?
    R. Dal principio alla fine, ma più intensamente dopo la consacrazione.
    D. Durante la Messa le punture della corona di spine e le ferite della flagellazione sono reali?
    R. Cosa intendi dire con questo? Gli effetti è certo che sono gli stessi.
    D. Perché piangete all'offertorio?
    R. Vorresti strapparmi il segreto? E sia pure. Allora è il momento che l'anima viene separata dal profano.
    D. Durante la vostra Messa, Padre, la folla fa un po' di chiasso!...
    R. E se vi foste trovate sul Calvario dove si sentivano urli, bestemmie, rumori, minacce!? Lì era tutto un fracasso!
    D. I rumori che fanno in chiesa vi distraggono?
    R. Niente affatto.
    D. Perché soffrite tanto, Padre, nella consacrazione?
    R. Sei troppo cattiva!
    D. Ditemelo perché soffrite tanto nella consacrazione.
    R. Perché è proprio lì che avviene una nuova e ammirabile distruzione e creazione.
    D. Perché soffrite tanto nella consacrazione?
    R. I segreti del sommo Re non si svelano senza profanarli. Mi domandi perché soffro? Non lacrimucce, ma torrenti di lacrime vorrei versare! Non rifletti al tremendo mistero? Un Dio vittima dei nostri peccati!... Noi poi siamo i suoi macellai.
    D. L'amarezza del fiele, Padre, la soffrite?
    R. Sì e spesso spesso.
    D. Padre, come vi reggete in piedi sull'altare?
    R. Come si reggeva Gesù sulla croce.
    D. Sull'altare siete sospeso sulla croce come Gesù al Calvario?
    R. E lo domandi pure?
    D. Come fate a reggervi?
    R. Come si reggeva Gesù sul Calvario.
    D. I carnefici capovolsero la croce di Gesù per ribattere i chiodi?
    R. Si capisce!
    D. Anche a voi ribattono i chiodi?
    R. E come!
    D. Pure a voi la capovolgono?
    R. Sì, ma non aver paura.
    D. Padre, recitate pure voi durante la santa Messa le sette parole che Gesù proferì in croce?
    R. Sì, indegnamente, le recito pure io.
    D. E a chi dite: «Donna, ecco tuo figlio»?
    R. Dico a Lei: Ecco i figli del tuo Figlio.
    D. Soffrite la sete e l'abbandono di Gesù?
    R. Sì.
    D. In quale momento soffrite la sete e l'abbandono?
    R. Dopo la consacrazione.
    D. Fino a quale momento soffrite l'abbandono e la sete?
    R. Ordinariamente sino alla comunione.
    D. Gesù crocifisso aveva le viscere consumate?
    R. Di' piuttosto: bruciate!
    D. Di che cosa aveva sete Gesù crocifisso?
    R. Del regno di Dio.
    D. Ditemi cosa potrei fare per alleggerire il vostro calvario.
    R. Alleggerirlo?!... Di' piuttosto per appesantirlo. Bisogna soffrire!
    D. È doloroso assistere al vostro martirio senza potervi aiutare!
    R. Anche l'Addolorata dovette assistere. Per Gesù, certo, era più confortante avere una Madre dolorante, che una indifferente.
    D. Che faceva la Vergine ai piedi di Gesù crocifisso?
    R. Soffriva nel vedere soffrire suo Figlio. Offriva le sue pene e i dolori di Gesù al Padre celeste per la nostra salvezza.
    D. Che cosa è la santa comunione?
    R. È tutta una misericordia interna ed esterna. Tutto un amplesso. Pregate pure Gesù che si faccia sentire sensibilmente.
    D. Che fa Gesù nella comunione?
    R. Si delizia nella sua creatura.
    D. La comunione è una incorporazione?
    R. È una fusione. Come due ceri si fondono insieme e più non si distinguono.
    D. Quando vi unite a Gesù nella santa comunione che dobbiamo chiedere al Signore?
    R. Che sia anche io un altro Gesù, tutto Gesù, sempre Gesù.
    D. Pure alla comunione soffrite?
    R. È il punto culminante.
    D. Dopo la comunione continuano le vostre sofferenze?
    R. Sì, ma sofferenze amorose.
    D. In questa unione, Gesù non vi consola?
    R. Sì, ma non si cessa di stare sulla croce!
    D. Nella santa Messa morite anche voi?
    R. Misticamente nella santa comunione.
    D. È per veemenza d'amore o di dolore che subite la morte?
    R. Per l'uno e per l'altro: ma più per amore.
    D. Nella comunione subite la morte: allora non ci siete più sull'altare?
    R. Perché? Anche Gesù morto era sul Calvario.
    D. Avete detto, Padre, che nella comunione la vittima muore. Nelle braccia della Madonna vi depongono?
    R. Di san Francesco
    D. La santissima Vergine assiste alla vostra Messa?
    R. E credi tu che la Mamma non s'interessi del figlio?
    D. Gli angeli assistono alla vostra Messa?
    R. A torme.
    D. Che fanno?
    R. Adorano e amano.
    D. Padre, chi sta più vicino al vostro altare?
    R. Tutto il paradiso.
    D. Desiderate celebrare più di una Messa al giorno?
    R. Se fosse in mio potere non scenderei mai dall'altare.
    D. Il Signore, Padre, ama il sacrificio?
    R. Sì, perché con questo ha rigenerato il mondo.
    D. Quanta gloria dà a Dio la santa Messa?
    R. Infinita gloria.
    D. Che dobbiamo fare durante la santa Messa?
    R. Compassionare ed amare.
    D. Padre, come dobbiamo ascoltare la santa Messa?
    R. Come vi assistettero la santissima Vergine e le pie donne. Come assistette san Giovanni al sacrificio eucaristico e a quello cruento della croce.
    D. Che benefici riceviamo ascoltandola?
    R. Non si possono enumerare. Li vedrete in paradiso.
  15. Valerio
    "Santa Elisabetta di Ungheria è una dei tanti santi che sono riusciti a raggiungere la perfezione nella vita cristiana appartenendo all’aristocrazia e svolgendo ruoli regali. Era infatti una regina.
    Una regina, però, che scopriva nella fedeltà a Cristo tutto il suo essere e il fine del proprio ruolo: di regina e di moglie.
    Il suo concepire il governo come manifestazione di “servizio” la portava anche a compatire i disagi dei poveri che continuamente decise di assistere e di aiutare.
    Ecco in breve la sua vita.
    Figlia di Andrea, re d’Ungheria e di Gertrude, una nobildonna di Merano, Elisabetta ebbe una vita breve. Nacque nel 1207. Fu promessa in moglie a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia. Si sposò a quattordici anni. Divenne madre di tre figli e restò vedova a soli venti anni. Il marito, Ludovico IV, morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al Terz’ordine Francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.
    Un giorno, l’anziano padre spirituale di santa Elisabetta, Maestro Corrado, chiese alla santa come ella avrebbe fatto allorché lui fosse morto, e la Santa gli rispose che non aveva alcuna preoccupazione per il semplice motivo che sarebbe morta prima lei. E fu così. Difatti, pochi giorni dopo, la Santa cadde ammalata e subito si aggravò. La mattina del 16 novembre il padre spirituale le chiese di disporre delle cose che aveva. Ma la Santa aveva deciso di lasciare tutto ai poveri, mentre per sé conservava solo la tunica che aveva indosso e il logoro mantello di san Francesco nel quale chiedeva di essere avvolta per la sepoltura. In quello stesso giorno fece la sua ultima confessione, si comunicò e rimase assorta in preghiera. Durante la notte disse: “Guardate è giunta l’ora in cui la Vergine partorì il Figlio.” Furono le sue ultime parole. Morì serena e dolce. Era la notte fra il 16 e il 17 novembre. Venne pianta soprattutto dai poveri e dagli infermi.
    Così è scritto nella Bolla di canonizzazione di papa Gregorio IX, anno 1235: “O dolce Elisabetta! Il tuo nome significa saziare e soddisfare Dio; tu, che, saziando i poveri, hai meritato il Pane degli Angeli.”
    Queste sono le grandezze del Cristianesimo: Re e Regine che servono i poveri!"
    Preghiera
    Santa Elisabetta,
    prega affinché ognuno di noi possa distaccarsi da ogni interesse personale,
    per offrirsi totalmente alla realizzazione della volontà del Signore Gesù
    http://itresentieri.it/la-bellezza-del-tempo-19-novembre-s…/
  16. Valerio
    S. Valentino, prete della Chiesa Romana; si era dedicato in modo particolare, assieme a S. Mario e alla propria famiglia, al servizio dei martiri imprigionati sotto l'imperatore Claudio II.
    Valentino nacque a Interamna Nahars attuale Terni da una famiglia patrizia nel 176, fu poi convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni.
    Il suo zelo non poteva passare inosservato ai pagani. Fu cercato ed arrestato.
    I soldati, dopo averlo malmenato, lo condussero al tribunale del prefetto.
    Valentino, cominciò questi, perché sollevi mezza Roma contro l'imperatore e converti i Romani al Cristianesimo?
    Perchè questa è la volontà di Dio, di quel Dio che solo è padrone, creatore del cielo e della terra, unico e vero Dio.
    Ma non conosci i decreti dell'imperatore che bandiscono da Roma i Cristiani e vietano ogni ulteriore predicazione?
    Sì, o prefetto, noi conosciamo tali decreti, ma conosciamo anche le parole dello Spirito Santo : « È necessario ubbidire più a Dio che agli uomini ».
    Suvvia, sacrifica agli dèi e alla gloria dell'imperatore, ed io ti farò sommo sacerdote!
    Le tue lusinghe sono inutili. Io non ti ubbidirò mai in questo!
    Avete sentito? Esclamò indignato il prefetto rivolto ai giudici e agli sgherri. Mi viene ad insultare in casa! Or è ricolma la misura : ti porrò alla scelta due partiti, dopo i quali sarai per sempre o felice o infelice. O subito avanzi e getti incenso sul turibolo posto innanzi al nume. ed allora avrai le divise pontificali, gli onori, i grossi stipendi che loro sono uniti; o se rifiuterai sarai gettato in una botte piena di olio bollente.
    Non temo tormenti di sorta. Pur di non offendere il mio Dio, son pronto a sostenerli!
    Basta! Hai scelto. Sia battuto colle verghe.
    Fu battuto crudelmente per lungo tempo. Siccome il Signore lo sosteneva, non morì sotto i colpi, ma alla fine, esausto di forze, cogli occhi rivolti al cielo esclamò: « Nulla mai mi potrà separare dalla carità di Cristo ».
    Ricondotto, tutto una piaga; dinanzi al prefetto, questi tentò un'ultima lusinga, ma essendo riuscita vana, lo condannò alla decapitazione che fu eseguita dal soldato romano Furius Placidus. Era il 14 febbraio del 270.
    Papa Giulio I fece edificare in suo onore una chiesa presso ponte Milvio, però le sue reliquie si conservarono nella chiesa di S. Prassede.
    PRATICA. Tutta la vita di Gesù Cristo e dei santi Martiri fu un martirio non mai interrotto e voi cercate riposo e consolazioni? Oh quanto vi ingannate, se in questa vita miserabile cercate altro che patire! (Dall'Imitazione di Cristo).
    PREGHIERA. O Signore, per i meriti del tuo santo martire Valentino, concedici, te ne preghiamo, la grazia di sopportare quelle piccole prove che la tua sapienza vorrà mandarci.
    https://www.santodelgiorno.it/san-valentino/
  17. Valerio
    La Fede e una virtù soprannaturale, infusa da Dio nell'anima nostra, per la quale noi, appoggiati all'autorità di Dio stesso, crediamo esser vero tutto quello che Egli ha rivelato, e che per mezzo della Chiesa ci propone a credere.
    Noi sappiamo le verità rivelate da Dio per mezzo della santa Chiesa che, in sè, è infallibile; cioè, per mezzo del Papa, successore di san Pietro, nell'esercizio supremo della sua Autorità di Vicario di Cristo e Sommo Pastore del popolo dei fedeli, e del Sacro Ministero Petrino, e per mezzo dei Vescovi successori degli Apostoli, nell'esercizio del loro Ministero Episcopale e della Potestas Docendi (potestà di insegnare) su di esso fondata, poiché gli Apostoli furono ammaestrati da Gesù Cristo medesimo.
    Di quelle cose che la santa Chiesa c'insegna, noi siamo sicurissimi, perché Gesù Cristo ha impegnato la sua parola, che la Chiesa non si sarebbe mai ingannata.
    La Fede si perde con negare o dubitare volontariamente anche di un solo articolo propostoci a credere.
    La Fede perduta si riacquista con pentirsi del peccato commesso e con credere di nuovo tutto quello che crede la santa Chiesa.
  18. Valerio
    Un buon cristiano, la mattina appena svegliato, deve fare il segno della santa Croce ed offrire il cuore a Dio, dicendo queste o altre simili parole: Mio Dio, io vi dono il mio cuore e l'anima mia.
    Levandosi dal letto e vestendosi, si dovrebbe pensare che Dio è presente, che quel giorno può esser l'ultimo della nostra vita; e alzarsi e vestirsi con ogni possibile modestia.
     
    Un buon cristiano, appena levato e vestito, deve mettersi alla presenza di Dio, e inginocchiarsi, se può, innanzi a qualche divota immagine, dicendo con devozione:
    Vi adoro, mio Dio, e vi amo con tutto il cuore;
    vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte;
    vi offerisco tutte le mie azioni, e vi prego di preservarmi in questo giorno dal peccato, e di liberarmi da ogni male. Così sia.
    Reciti quindi il Pater Noster, l'Ave Maria, il Credo e gli atti di Fede, di Speranza e di Carità, accompagnandoli con vivo affetto del cuore.
     
    Il cristiano, potendolo, dovrebbe ogni giorno:
    assistere con divozione alla santa Messa;
    fare una visita, anche brevissima, al SS. Sacramento;
    recitare la terza parte del santo Rosario.
    Prima di lavorare, si deve offrire il lavoro a Dio, dicendo di cuore: Signore vi offerisco questo lavoro: datemi la vostra benedizione.
    Si deve lavorare per la gloria di Dio e per fare la sua volontà.
    Prima di prender cibo, stando in piedi, conviene fare il segno della santa Croce e poi dire con devozione: Signore Iddio, date la vostra benedizione a noi e al cibo che ora prenderemo per mantenerci nel vostro servizio.
    Finito di prender cibo conviene fare il segno della santa Croce, e dire: Signore vi ringrazio del cibo che mi avete dato; fatemi degno di partecipare alla mensa celeste.
    Quando uno si accorge di qualche tentazione dovrebbe invocare con fede il SS. Nome di Gesù , o di Maria , o dire fervorosamente qualche giaculatoria, come p. e. «datemi grazia, o Signore, che non vi offenda giammai», oppure fare il segno della Croce; evitando però che da segni esterni si accorgano gli altri delle sue tentazioni.
    Quando alcuno conosce o dubita d'aver peccato, deve fare subito un atto di contrizione, e procurare di confessarsene al più presto. 
    Quando, fuori da una chiesa, si sente il segno dell'elevazione dell'ostia alla Messa solenne, o della benedizione del SS. Sacramento si deve fare, almeno col cuore, un atto di adorazione dicendo per esempio: «Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e divinissimo Sacramento».
    Al suono delle campane a mezzogiorno ed alle 6 del pomeriggio, il buon cristiano recita l'Angelus Domini, ripetendo per tre volte l'Ave Maria. 
    La sera prima del riposo, conviene mettersi, come al mattino, alla presenza di Dio, recitare devotamente le stesse orazioni, fare un breve esame di coscienza e domandare perdono a Dio dei peccati commessi nella giornata.
    Prima di addormentarsi si farà il segno della santa Croce, si penserà di poter morire in quella notte, e si darà il cuore a Dio, dicendo: «Signore e Dio mio, io vi dono tutto il mio cuore; Santissima Trinità, datemi grazia di ben vivere e di ben morire; Gesù, Giuseppe e Maria, io raccomando a voi l'anima mia».
    Nel corsa della giornata si può pregare Iddio frequentemente con altre brevi orazioni che si chiamano giaculatorie. Ad esempio:
     
    Signore aiutatemi
    Signore sia fatta la vostra santissima volontà
    Gesù mio, io voglio essere tutto vostro
    Gesù mio, misericordia
    Dolce Cuor del mio Gesù, fa ch'io t'ami sempre più.
    È cosa utilissima dire durante il giorno molte orazioni giaculatorie, e si possono dire anche col cuore senza proferir parola, camminando, lavorando, ecc.
    Oltre a questo il cristiano dovrebbe anche esercitare la mortificazione, ovvero rinunciare, per amore di Dio, a qualcosa che piace ed accettare quello che dispiace ai sensi ed all'amor proprio.
    Non si deve mai dimenticare, avendone notizia, di pregare per gli infermi, per i moribondi e per i defunti, per questi ultimi in particolare, con un De Profundis o un Eterno Riposo, e rinnovare il pensiero della morte.
     
  19. Valerio
    A Santa Teresina non bastava sapere che la sofferenza veniva dall'Amore di Dio, ma voleva anche conoscere cosa Egli intendeva realizzare mediante questa sofferenza, per poter meglio entrare nei Suoi amabili disegni.
    Nella sofferenza ella trovò tre scopi principali:
    1) La prova del suo amore per Dio, quello più grande, puro e autentico, perché "non si può amare senza soffrire". Amava, dunque, gioire per poter, sotto il torchio della sofferenza, provare a Dio il suo amore in un modo, si può dire, divino. La misura del nostro amore per qualcuno è proporzionale alla nostra volontà di soffrire per lui, per cui questo è il primo obiettivo che Dio desidera perseguire mandandoci la sofferenza: "che le nostre anime possano darsi a Lui solo" e che "le Sue spine, nel momento in cui ci lacerano, lascino esalare il profumo del nostro amore";
    2) L'unione con Dio. La sofferenza è l'unico mezzo per disporci a conoscere Dio come Egli conosce Se stesso, e per divinizzare noi mediante la grazia santificante. "Oh! che cosa vedremo allora? Che sarà mai quella vita che non avrà più fine? Dio sarà l'anima delle nostre anime. Mistero insondabile! L'occhio dell'uomo non ha mai veduto la luce increata, il suo orecchio non ha mai udito le celesti armonie, e il suo cuore non può presentire ciò che Dio riserva a coloro che Egli ama". Le sofferenze ottengono questo fine, perché ci conformano a Cristo Crocifisso, perché "le prove ci aiutano molto a distaccarci dalla terra. Ci fanno guardare più in alto, al di là di questo mondo". La vita e le pene sono brevi, "Domani, in un'ora, saremo in porto"; anzi, "già fin d'ora Dio ci vede nella gloria e gioisce della nostra beatitudine eterna! Adesso capisco perché ci lascia soffrire";
    3) La salvezza delle anime. "Gesù ha per noi un amore così incomprensibile che vuol farci partecipare insieme con Lui alla salvezza delle anime". Come? "Da quando ha innalzato lo stendardo della Croce, tutti devono combattere e riportare vittoria alla Sua ombra. Dio vuole affermare il Suo Regno sulle anime tramite la persecuzione e la sofferenza, più che attraverso brillanti predicazioni".
    Comprendendo questo triplice valore della sofferenza, Santa Teresina considerava ogni croce come una "miniera d'oro da sfruttare"; ed essendo sommersa di croci, diceva: "Gesù ci colma dei Suoi favori come ha fatto coi più grandi santi... Che sorte invidiabile. I Serafini in Cielo invidiano la nostra felicità".
    E noi capiamo quale tesoro si cela in ogni sofferenza?
  20. Valerio
    "Mentre Gesù dormiva sulla barca, che i discepoli spingevano per attraversare il lago di Genezaret, si scatenò una violenta tempesta, che rendeva inutili i loro sforzi vigorosi e metteva in pericolo la loro vita. Spaventati, gli apostoli svegliarono il Signore, implorando il suo aiuto. Il Maestro, alzatosi, comandò ai venti e al mare e si fece una gran bonaccia" (Mt 8, 23-27).
    Il vento e il mare obbediscono alla voce di Cristo perché Egli, come Dio, è l'unico padrone e signore assoluto di tutte le cose.
    Signore significa "padrone" e indica colui che comanda e non riceve ordini da nessuno (San Tommaso, "Contro i gentili", III, 120). L'artista è padrone del quadro che ha dipinto, il falegname del mobile che ha fabbricato.
    Dio è Signore e padrone assoluto delle cose, perché la ha create e continua a esercitare il suo potere conservandole e governandole per via delle leggi naturali e morali.
    La Sacra Scrittura ad ogni passo afferma che Dio è Signore universale: Tuoi sono i cieli e tua la terra; Tu hai fondato il mondo e la sua grandezza (Sal 88,12); Egli è il Re dei re, e il Dominatore dei dominanti (1 Tm 6, 15).
    Perciò noi con la Chiesa crediamo che Dio è il Signore del cielo e della terra (Conc. Vat. I, Sess. 3, c. 1; DB 1782).
    RIFLESSIONE
    Dio è Signore della nostra persona e di tutti i nostri atti, che, perciò, devono essere conformi alla sua volontà e tendere a Lui come a fine unico, come il cammino del viandante tende alla meta. La santità consiste nel conformare tutti i nostri atti alla volontà del Signore.
    ESEMPIO
    Il potente re danese San Canuto disse alle onde del mare che gli lambivano i piedi sulla spiaggia: "Onde del mare, vi comando di ritirarvi!" e, continuando esse il loro moto, rivolto ai cortigiani, che spesso l'adulavano proclamandolo il re più potente della terra, disse: "Vedete la mia illimitata potenza? Solo Dio è veramente potente".
  21. Valerio
    Santa Teresina prediligeva le croci nascoste. "Conosco un'altra sorgente - scrisse - quella dove, dopo aver bevuto, si ha ancora sete, ma d'una sete che non tormenta, anzi al contrario, è piena di dolcezza, perché ha sempre di che soddisfarsi. Questa sorgente è la sofferenza conosciuta da Gesù solo!". Perciò cantava: "Quant'è soave il saper velare il dolore! Si, voglio patire e non dirlo, perché Gesù si consoli: che m'è gioia il vederLo sorridere quando il mio cuore è in esilio".
    Riguardo alle sue pesanti prove interiori, scrisse: "Per cinque anni è stata questa la mia via, ed ero la sola a conoscerla. Ecco appunto il fiore ignorato che volevo offrire a Gesù, quel fiore il cui profumo non esala che per la regione del Cielo". Perché quest'amore speciale per le croci nascoste? "Esiste forse, o mio Dio, una gioia più grande che soffrire per amor Vostro? Più la sofferenza è intima, più è nascosta agli occhi delle creature, e tanto più Vi rallegra, o Dio mio!".
    Perciò, "Dio non disprezza quelle lotte contro noi stesse, le quali proprio perché sono nascoste, sono tanto ricche di meriti...Con i nostri piccoli atti di carità praticati nell'ombra, noi convertiamo gli infedeli, aiutiamo i missionari e otteniamo per loro aiuti abbondanti, per costruire dimore materiali e spirituali al nostro Eucaristico Signore".
    Anche nel tempo della sua agonia, amara e lunga, santa Teresina preferiva stare sola durante la notte: "Mi stimo felicissima di trovarmi in una cella abbastanza appartata per non essere udita dalle mie consorelle (a causa della tosse fortissima). Sono contenta di soffrire da sola, perché appena mi sento compatita e colmata di attenzioni, non godo più".
    Ella vedeva bene la debolezza dell'anima che non trova riposo fino a quando non gode l'umana consolazione di sapere che altri conoscono le sue pene, com'è evidente da un suo rimprovero ad una novizia: "Lei sente tanto maggiormente la sua stanchezza perché essa non è nota alle altre. Desiderare che altri conoscano i nostri dolori e le nostre sofferenze è un sentimento troppo umano. Dare spazio a simili sentimenti è agire da codardi". Santa Teresina, dunque, nascondeva le sue sofferenze con un sorriso, tanto che si giunse a pensare che fosse insensibile al dolore.
    E noi nascondiamo le nostre sofferenze?
  22. Valerio
    Dio è in Cielo, in terra e in ogni luogo: Egli è l'Immenso.
    Immenso è ciò che non è misurato e non può esserlo. Si possono misurare soltanto le cose estese nello spazio o nel tempo con misure lineari, di capacità, di peso, di tempo: minuti, ore anni, secoli.
    Dio, però, è infinito, quindi al di sopra dello spazio, eterno, quindi al di sopra del tempo, è semplicissimo, inesteso e quindi non può essere misurato. Nel Simbolo Atanasiano diciamo: "Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo; ma non sono tre immensi, bensì un solo immenso. Parlando dell'immensità divina la Scrittura dice che Dio è più alto dei cieli... più profondo dell'inferno... La sua misura è più lunga della terra e più larga del mare.
    Il cielo, la terra, tutto lo spazio e il tempo sono pieni di Dio, ma non lo limitano in modo che sia in un posto e non in un altro, prima e non dopo. Dio, creando e conservando le cose si rende presente in esse con la sua potenza, senza di cui nulla può esistere; con la sua presenza con cui conosce tutto ciò che crea e governa; con la sua essenza, inseparabile dalla sua potenza e dalla sua scienza che s'identificano con Lui.
    Nell'uomo giusto Dio è presente in modo ancora più intimo e sublime mediante la grazia che ci fa partecipi della divina natura. In Cristo Dio è presente tanto più intimamente che la natura assunta è unita al Verbo in una sola persona.
    Riflessione: Ricorda che Dio è presente, sempre e dappertutto, e non peccherai!
    Esempio:
    Dio talvolta fa "sentire" la sua presenza in modo più vivo, specialmente alle anime favorite dal dono della contemplazione. Santa Margherita Maria Alacoque attesta: "Io vedevo il mio Dio e lo sentivo vicinissimo a me. Udivo la sua voce, e tutto ciò molto meglio che con i sensi corporali. Infatti avrei ben potuto distrarmi dall'impressione dei sensi, ma non potevo opporre alcun impedimento a queste altre sensazioni, che mi s'imponevano in modo irresistibile. Quando ero sola non osavo sedermi per la presenza di questa Maestà.
  23. Valerio
    Per accedere al grande mistero della Croce di Nostro Signore è indispensabile una preparazione. Per questo, durante la prima parte della Messa, la Chiesa unisce alla lode alcune preghiere per suscitare l'umiltà e la contrizione interiore, per poi nutrire la nostra fede con i testi che ci propone di meditare.
    La prima parte della Messa, chiamata Messa dei catecumeni, è consacrata alla lode, alla compunzione, ma soprattutto all'insegnamento. Essa si riassume nel Credo.
    E' utile che la Santa Messa sia occasione d'insegnamento, di comunicazione del Verbo di Dio "che illumina ogni uomo che viene in questo mondo" (Gv. 1,9). Questa prima parte della Messa deve essere a sua volta la sorgente dello zelo nel manifestare Nostro Signore alle anime.
    Il segno di croce
    Il celebrante: "In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. (Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.
    Il segno di croce, simbolo del Sacrificio di Nostro Signore, ricorda per quale mezzo l'ordine, fondato da Dio all'origine e distrutto dal peccato, è stato ristabilito.
    Noi crediamo che in Dio ci sono tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Siamo stati battezzati nel nome di queste tre Persone e, nel fare il nostro segno di croce, diciamo sempre: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E' un credo che è entrato nella nostra vita ed è un principio fondamentale della vita cristiana.
    La Croce fa pensare alla SS. Trinità. In effetti, è il Figlio che è inchiodato alla Croce e lo è per l'amore a suo Padre e dunque ripieno di Spirito Santo. Le tre Persone della SS. Trinità circondano la Croce che è l'espressione più profonda, più ammirabile di ciò che ha fatto per noi Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
    E' nel momento in cui Egli è morto che l'ordine è stato ristabilito, che il demonio è stato vinto, che Dio è stato servito come doveva essere.
    Ogni grazia viene dalla Croce, dal Calvario, dal Cuore di Gesù Cristo trafitto, da cui sono sgorgati sangue e acqua. Il sangue rappresenta il Sacrificio della Messa e l'acqua rappresenta il battesimo che lava i peccati. Di conseguenza, è con il Sacrificio di Nostro Signore che abbiamo acquistato la redenzione dai nostri peccati. Questo dobbiamo tenerlo sempre presente alla mente.
  24. Valerio
    Dio è sempre stato e sempre sarà: Egli è l'Eterno.
    Tutti gli esseri viventi, composti di materia, nascono e finiscono con la morte, che è la disgregazione delle parti che li compongono.
    L'uomo muore quando l'anima spirituale si separa dal corpo.
    I viventi materiali sono mortali; quelli spirituali, essendo semplici, non possono disgregarsi nelle loro parti e quindi morire. L'angelo, dopo che è stato creato, non può morire e cessare di esistere. Lo spirito, che comincia ad esistere con la creazione, non finisce più, è immortale. Sono esseri immortali gli angeli e l'anima dell'uomo, che hanno principio, ma non fine.
    Dio è spirito purissimo da ogni limite, e non avrà mai fine; è perfettissimo ed esiste necessariamente, e non può avere né principio, né fine. Ciò che esiste senza fine e senza principio è "eterno". Perciò nel Simbolo Atanasiano diciamo di Dio: "Eterno è il Padre; eterno il Figlio; eterno lo Spirito Santo; tuttavia non sono tre eterni, ma un solo eterno".
    La Sacra Scrittura attesta: Prima che si formassero i monti e che fossero fatti la terra e il mondo, dal principio alla fine tu sei Dio (Sal 89, 2).
    Riflessione. - Gli astronomi calcolano che l'universo abbia avuto inizio circa due miliardi e mezzo di anni fa. Che cos'è la nostra esistenza terrena in confronto dell'età del mondo? e che cos'è questa di fronte all'Eterno?
    Esempi: 1. Il fratello di san Gregorio Nazianzeno, risparmiato miracolosamente con la sua casa da un terremoto che aveva distrutto tutta la città, propose di costruirsi una casa che non potesse venir distrutta in eterno, e si ritrasse nella solitudine a servire Dio con più impegno.
    2. La moglie di san Tommaso Moro s'era recata dal marito chiuso in carcere per indurlo a rinnegare la fede cattolica per aver salva la vita. Alla prospettiva di aver ancora una ventina d'anni di vita felice e onorata il santo esclamò: "E vuoi che per una ventina d'anni perda l'eternità beata?".
    3. Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, che si rifiutava di scrivere le grazie ricevute perché non le ricordava, disse: "Io sono la memoria eterna del Padre, nel quale l'avvenire e il passato sono presenti".
     
  25. Valerio
    L'inchino al Gloria Patri
    C - Glòria Patri et Fìlio et Spirìtui Sancto.
    S - Sicut erat in princìpio et nunc et semper, et in saecula saeculòrum. Amen.
    C - Introìbo ad altàre Dei.
    S - Ad Deum Qui laetìficat iuventùtem mèam.
    C - Adjutòrium nostrum in nòmine Dòmini.
    S - Qui fècit caelum et terram.
    C - Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
    S - Come era nel principio, e ora, e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.
    C - Mi accosterò all'altare di Dio.
    S - A Dio che allieta la mia giovinezza.
    C - Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
    S - Egli ha fatto cielo e terra.
    Voi dite alla fine del salmo: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto... et in saecula saeculorum. Amen. E' la più bella preghiera che fate, non dimenticatelo! E' la conclusione della preghiera dei salmi. La Chiesa ha voluto mettere questa preghiera alla fine dei salmi perché é come la conclusione, il risplendere di tutta la preghiera. Non potremmo pregare meglio che dicendo: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto... et in saecula saeculorum. Amen. E' la più bella preghiera che noi possiamo fare. E se, dicendo questa preghiera vi inchinate davanti alla Santissima Trinità, è per adorarla, perché non c'è niente di più grande, di più sublime, di più bello che adorare la Santissima Trinità.
    La fede ci rivela che Dio Padre genera il Verbo. Scoprire questo è meraviglioso, straordinario! Dio Padre non è solo. Genera nel suo amore il Verbo di Dio, una persona assolutamente uguale a Lui. E il Verbo ama suo Padre di un amore uguale a lui stesso. E l'amore, col quale il Padre e il Figlio si amano mutuamente, genera una terza Persona che è lo Spirito Santo. E' una scoperta che ci fa comprendere la vita intima di Dio nell'eternità prima dell'inizio del mondo e che ci fa cogliere come Dio abbia comunicato il suo amore alle creature.
    Il Buon Dio ha sempre avuto questa vita intensa d'amore, che oltrepassa tutto ciò che noi possiamo concepire e immaginare. Se il Verbo è assolutamente uguale al Padre è perché il Padre non tiene nulla per sé del suo amore: dà tutto al Verbo, la sua propria vita e tutto il suo Essere, restando comunque se stesso, certamente! La sola differenza tra il Padre e il Figlio è che uno genera e l'altro è generato. Fuori da questa relazione di paternità e figliolanza, sono esattamente uguali. Non vi sono più qualità, più potere, più intelligenza nel Padre che nel Figlio. Ed è così da tutta l'eternità. Da tutta l'eternità, Dio Padre genera suo Figlio e l'amore del Padre e del Figlio genera quella terza Persona che è lo Spirito Santo. Il Padre e il Figlio sono co-principio dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è l'amore con il quale si amano. E' il grande mistero!
    Il mistero dell'Incarnazione e il mistero della Redenzione sono certamente dei grandi misteri che mostrano l'amore del Buon Dio nei nostri confronti. Ma non esistono che a causa della Santissima Trinità. Se non ci fosse stata la Santissima Trinità, non ci sarebbe stata né l'Incarnazione né la Redenzione. Così il grande mistero che ci rallegrerà per tutta l'eternità sarà soprattutto il mistero della Trinità.
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