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SEM IPC

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Blog Entries di SEM IPC

  1. SEM IPC
    Le vesti sacre si configurarono in Oriente e Occidente tra il V e il XII secolo. La Chiesa comprese che per il Servizio divino non si potevano usare quelle da lavoro o militari, perché il sacerdote è un ministro che svolge la funzione di mediatore tra il divino e l'umano, continuando l'opera di Gesù Cristo.
    Lo splendore dei paramenti è a gloria e onore del Signore e non del sacerdote che li riveste, lo insegnano gli Orientali.
    Irridendo i merletti, si dimostra una doppia ignoranza: teologica ed ecumenica. Inoltre si espone ancora una volta al disprezzo e al ridicolo il ministero petrino .Anche attraverso il corpo, il sacerdote deve trasmettere una cosa: è stato reso degno di stare alla presenza del Signore. Quando siamo davanti ad altri più importanti di noi, non badiamo a come presentarci? Non lo faremo per il Servizio di Dio? Le vesti speciali che il sacerdote indossa significano che egli è una nuova creatura, è chiamato a compiere un'azione sublime e divina, che esige l'insieme di virtù simboleggiate dai singoli paramenti da indossare magari con brevi formule di preghiera, presenti nel Messale romano del 1962. Lo fanno anche gli Ortodossi. La sacra liturgia non è fatta di simboli? Allora, anche i merletti sono un simbolo.
  2. SEM IPC
    La Chiesa fa l'Eucaristia e l'Eucaristia fa la Chiesa: un assioma medievale rilanciato da Henri De Lubac. Che dire dell'altro slogan ripetuto nei documenti liturgici che invoca la coerenza tra liturgia e vita? Non devono valere per chi favorisce in vari modi l'aborto, specialmente attraverso la politica?
    Molti sono gli errori sulla natura dell'Eucaristia, sull'appartenenza alla Chiesa e sulla interconnessione tra le due. 
    Va detto chiaro, che l'Eucaristia non è un cibo comune, ma un farmaco speciale che produce l'immortalità, la risurrezione finale del nostro essere; ma, come ogni farmaco, se non si conoscono le controindicazioni, diventa un veleno che fa ammalare e porta alla "morte seconda", la dannazione eterna(cfr 1 Cor,11,30).Qualcuno altrimenti deve spiegare perché i padri della Chiesa fossero così severi col peccato d'aborto: vent'anni di penitenza imponeva Basilio, prima di riammettere alla Comunione che è inscindibilmente ecclesiale e sacramentale. Questo perché il Signore non gradisce un culto in contrasto con la vita, come attestano Antico e Nuovo Testamento.
    Oggi però tra i laici e i pastori, non si conosce o si hanno idee confuse sulla dottrina eucaristica cattolica, nonostante Giovanni Paolo II abbia promulgato l'enciclica Ecclesia de Eucharistia(2003), dove riafferma che la Comunione eucaristica presuppone come esistente la comunione ecclesiale, per consolidarla e portarla a perfezione(35). San Tommaso annotava che l'Eucaristia è il cantiere in cui si costruisce la Chiesa.
    Uno dei vincoli visibili della comunione ecclesiale è quello che unisce il fedele al proprio vescovo.
    Nancy Pelosi, speaker della Camera statunitense, è stata interdetta dall'arcivescovo della sua diocesi, Salvatore J.Cordileone, d'accostarsi alla Comunione, perché pubblica sostenitrice dell'aborto, ma non ha riconosciuto quel vincolo e, infrangendolo pubblicamente in san Pietro il 29 giugno scorso, ha ricevuto indegnamente il Sacramento, quindi "la propria condanna"(1Cor 11,29).  
    S.Tommaso lo ricorda nella sequenza del Corpus Domini: Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. "L’Eucaristia non deve essere profanata ricevendola indegnamente, - mi ricorda d.Alberto Strumia - perché in questo modo, oltre ad offendere il Signore, si fa del male a se stessi e al mondo intero. Non è per moralismo e arretratezza che si prendono decisioni censorie, ma in forza di una concezione dell’uomo e della realtà che agisce come se Dio non esistesse, tenendo conto che partendo dalla negazione di Dio e dal rifiuto della vera dottrina di Cristo si è costruito un mondo invivibile". 
    Se qualcuno privatamente ha incoraggiata la speaker a farlo, o l'omelia di papa Francesco pubblicamente le ha fatto intendere che tutti vanno accolti nella Chiesa senza bisogno di convertirsi da tale condotta, è stato contraddetto il Signore Gesù e ci si è fatti complici di tale peccato. Il Signore sedeva a mensa con i peccatori, ma per portarli a conversione; all'Eucaristia invece ammise i riconciliati, i puri e richiamò nell'Ultima Cena chi non lo era, Giuda in primis (cfr Gv 13,10 e 17,12).
    Il papa nell'intervista a Reuters osserva che la Chiesa, un vescovo, quando perde la sua natura pastorale causa un problema politico. Cosa vuol dire? E' sant'Ambrogio che ha causato un problema politico, non ammettendo l'imperatore Teodosio in chiesa, chiedendogli di fare prima penitenza, o piuttosto è l'imperatore che ha costretto il vescovo di Milano a usare il "senso pastorale" perché con la strage di Tessalonica aveva provocato un "problema politico"? L'arcivescovo di San Francisco si è mosso con vero "senso pastorale".
    Nessun vescovo, che non sia quello diocesano, può cancellare un interdetto, in specie concernente la dottrina eucaristica cattolica, senza venir meno al vincolo collegiale che unisce i vescovi tra loro e implica la comunione nella dottrina degli Apostoli che è costitutiva della Chiesa come sacramento di salvezza. Non si pensi che ciò sia "giuridismo" che ostacola la misericordia. Ammettendo alla Comunione una persona pubblica come la Pelosi, si reca scandalo ai piccoli e ai semplici nella Chiesa. Lo può consentire il "senso pastorale"? Non ha affermato più volte papa Francesco che bisogna riconoscere la carne di Cristo nei poveri? Ebbene, i primi poveri sono i cristiani, membra della Chiesa corpo di Cristo. L'arcivescovo Cordileone ha rivelato grande senso pastorale innanzitutto verso l'anima della Pelosi, avvertendola del rischio di dannazione eterna, quindi verso le anime a lui affidate, preservandole dalla profanazione della Comunione. Di questo ogni pastore dovrà rendere conto davanti al Rex tremendae maiestatis.
    Se esiste il diritto nella Chiesa affinché essa sia giusta, la grave frattura che si è prodotta tra un vescovo che interdice e uno che accoglie, il vescovo di Roma - il papa privilegia questo suo titolo - favorisce l'allontanamento di pastori e fedeli dall'insegnamento cattolico(apostasia) e fomenta la divisione(scisma), contraddicendo peraltro il "cammino sinodale". Molti fedeli nel mondo si augurano non sia vero quanto egli avrebbe dichiarato il giorno del suo compleanno nel 2017: "non è escluso che io passerò alla storia come colui che ha diviso la Chiesa ..."
    Se è vero che Cordileone ha dichiarato di seguire il Catechismo della Chiesa cattolica che anche il papa dovrebbe seguire, vuol dire che ha fatto come Paolo quando affrontò Pietro: il papa aveva timidamente alluso a lui ma l'arcivescovo gli si è rivolto direttamente. Salvatore Joseph Cordileone - nomen est omen - ha testimoniato non solo il senso pastorale ma il carattere sacrale del Sacramento, secondo l'insegnamento di Benedetto XVI: sacramento da credere, da celebrare, da vivere (Sacramentum Caritatis, 70).
     
  3. SEM IPC
    Il tempo nella sua ampia concezione si carica di diversi significati in base a modelli interpretativi filosofici, scientifici, spirituali, religiosi e psicologici secondo il contesto storico e culturale.
    Nella sua accezione psicologica e spirituale assume un valore fondamentale sull’esistenza umana.  L’essere immerso   nel tempo risponde all’imperativo del senso del fluire della vita nel susseguirsi degli eventi e delle vicende che investono la maturazione del vissuto della persona. La relazione tra il tempo, percepito come successione di avvenimenti, e il carattere impresso nella coscienza al valore della vita assume un significato unico che solo l’uomo nella sua individualità può scoprire.
    Tale significato non è univoco in senso assoluto così da renderlo quasi inesplicabile in senso reale fino a sconfinare nel mistero.
    Gli approcci disciplinari psicologici e scientifici non sono concordi nella relativa definizione, tuttavia non può sfuggire la sua portata nelle implicazioni nella vita di ogni uomo. 
    Gli interrogativi, con voce più o meno sommessa, gravano spesso sulla vita umana sia singolarmente che nell’ambito sociale. L’esito dei progetti e delle aspettative non sono sempre in rapporto con gli sforzi profusi e le risorse impegnate quando gli imprevisti e le sventure accidentali paiono congiurare contro le attese più ottimistiche.
    Il senso di impotenza può pregiudicare le certezze riposte nell’avvenire fino a dissipare le speranze di un futuro propizio nel proprio operato.
    I dubbi pessimistici portano l’impronta del malessere con cui convivere forzatamente nella quotidianità fino ai limiti di una tolleranza che sconvolge il quieto vivere.
    A tal punto resta quasi impellente il desiderio di abbattere le barriere del tempo pur di conoscere cosa riserva il futuro.
    La   civiltà umana ha mostrato nel suo evolversi del tempo l’imprevedibile assetto del proprio destino.
    Un esempio di tale evoluzione viene offerto dagli sviluppi dell’era atomica in seguito alla scoperta dell’equivalenza tra massa ed energia.
    Sorge l’interrogativo: chi abbia guidato il percorso della storia per scoprire quali forze dominanti hanno segnato il decorso del tempo?
    Da una attenta osservazione appare inevitabile citare chi meglio abbia impersonato:
     la paziente lungimiranza di Ghandi, lo spirito eroico di Giovanna d’Arco; il coraggioso spirito critico di Solgenitsin;   l’insegnamento teologico  e morale di Pio XII;
    quali mirabili esempi in un clima politico e culturale nel tempo così vissuto pervaso da ideologie materialistiche negazioniste degli autentici valori umani.
    Il tempo ha rappresentato un problema da investigare nella speculazione filosofica   dalle varie correnti di pensiero fino a proporre varie interpretazioni e soluzioni. Il tempo nella filosofia antica veniva definito come "ordine oggettivo misurabile del movimento".
    Aristotele giunse a definire il tempo come "numero del movimento secondo il prima e il poi". Aristotele riconosceva il principio pitagorico dell’ordine cosmico quale riferimento oggettivo per misurare il tempo ma si riferiva anche alla dottrina platonica nel distinguere il mondo dal primo motore immobile che è fuori dal tempo.
    Sant’Agostino risolse il problema diversamente definendo il tempo come “misura dell’estensione dell’anima”. Nell’anima stessa l’uomo riesce a misurare la fuggevolezza del tempo, identificato come entità lineare: il futuro non c'è ancora ma permane  nell'anima la sua attesa; il passato non c'è più ma nell'anima resta la memoria di esso. Il presente resta privo di durata e trapassa in ogni momento ma rimane nell'anima l'attenzione per le cose presenti. Pertanto il tempo, inteso come fluire, passaggio, trova la sua realtà nell'anima, nel ricordo, nell'attenzione, nell'attesa.
    Il tempo, concepito nei limiti del finito, è giustificabile nel dispiegarsi della vita umana per cogliere, nel suo sviluppo, il rapporto di intimità e comunione con Dio smarrito nella caduta del peccato originale. Pertanto il tempo nella sua finitezza riassume il valore per proiettare la vita umana nell’infinito.
    Il tempo nella sacra scrittura
    Il tempo è stato oggetto di riflessione principalmente nei testi sapienziali; è un ritornello tipico quello che “ogni cosa ha il suo tempo”: un albero porta frutto “a suo tempo” (Sal 1,3); “Tu fai spuntare la costellazione a suo tempo” (Gb 38,32); “una parola a suo tempo com'è deliziosa” (Pr 15,23). Il Siracide offre una impostazione teologica sul tempo, affermando che Dio si mostra come Provvidenza, predisponendo ogni cosa a suo tempo per il bene dell’uomo, e che di conseguenza è prerogativa dell’uomo saggio l’accorgersi di tutto questo (Sir 39,16.33-34):
    Quanto sono belle tutte le opere del Signore, e ciascuno dei suoi ordini si realizza a suo tempo.
    Non deve dirsi: "perché questo? perché quello?" Perché ogni cosa avrà la sua soluzione a suo tempo (cf. v. 21.31).
    le opere del Signore sono tutte buone, egli provvede a suo tempo ad ogni necessità.
    Non deve dirsi: «Questo è peggiore di quello», perché tutto sarà riconosciuto giusto a suo tempo.  
    Citando il Qohelet è possibile scorgere  una visione apparentemente semplice e ottimistica a colui che si trova nella prova o nello sconforto, assumendo in questa condizione lo smarrimento  del senso delle cose al punto che il male sembra prevalere; forse è indirettamente anche una risposta di tipo apologetico a chi, sempre tra gli scrittori ebraici, con maggiore realismo prende atto della complessità insita nella realtà, e della incapacità dell’uomo di venirne a capo completamente.
    Il compimento del tempo nel Nuovo Testamento
    Il significato del compimento del tempo viene espresso dall’apostolo Paolo nella lettera ai Galati associandolo alla venuta di Cristo  : Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).
    La  consapevolezza del tempo che passa negli avvenimenti della vita umana alimenta la saggezza nel discernimento rivolto a svelare il senso del mondo dalla visione trascendente.
     
    La  visione del mondo formulata nel documento del Concilio Vaticano II “Gaudium et Spes”
    viene espressa nel brano seguente “scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possano rispondere ai continui interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico.”
    In tale citazione si scopre il fondamento nel vangelo di Luca:
    «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: «Arriva la pioggia», e così accade. 55E quando soffia lo scirocco, dite: «Farà caldo», e così accade. 56Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? (Lc 12,54-55)
    I “segni dei tempi” si riconoscono nell’intervento dell’opera divina nella storia per indirizzare, mediante Cristo risorto, gli uomini oltre la storia verso il destino dell’eternità.
     
  4. SEM IPC
    Possibile che anche in occasione del Corpus Domini,il leit-motiv debba essere i poveri e l'ambiente? Non è la festa di quel  Sacramento che solo può togliere la fame di Dio,che è la radicale povertà dell'uomo?Eppure lo ricorda all'inizio la Sequenza Lauda Sion: Laudis thema specialis/ panis vivus et vitalis/ hodie proponitur (Il tema speciale della lode odierna è il Pane vivo che dà la vita).Allora, annunciamo e inneggiamo a quel Dio che si è fatto carne e poi pane vivo per nutrirci in questo mondo e grazie a ciò risuscitarci nell'altro. Sono sempre di più quelli che non sanno nulla di Gesù Cristo, mentre dei poveri, dei migranti, degli ucraini ecc. ne sentono parlare a iosa. Non ha Lui assicurato che i poveri li avremo sempre con noi, ma non sempre avremo Lui? Parola misteriosa: ma ci ricorda che Egli non è venuto a risolvere il problema della povertà, o a portare la pace universale, ma a rendere presente Dio nel mondo. Per questo dobbiamo onorarlo, sì, anche con drappi e ori e lumi, perché egli è il Signore e il Re dell'universo! Giovanni Crisostomo richiama a non disgiungere l’onore dato a Cristo nella liturgia e l’onore dato a Cristo nel povero: "Vuoi onorare il corpo di Cristo? “Ebbene, non tollerare che egli sia nudo; dopo averlo onorato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia per il freddo e la nudità. … Dico questo non per vietarti di onorare Cristo con tali doni, ma per esortarti a offrire aiuto ai poveri insieme a quei doni, o meglio a far precedere ai doni simbolici l’aiuto concreto … Mentre adorni la chiesa, non disprezzare il fratello che è nel bisogno: egli infatti è un tempio assai più prezioso dell’altro."(Giovanni Crisostomo, Commento alla seconda lettera ai Corinti, Omelia 20,3, PG 61,540). Unum facere et aliud non omittere. Non citiamo a metà. In quale parrocchia cattolica non ci si prende cura del povero? La presenza di Gesù Cristo nel povero è morale; mentre quella nel Sacramento è vera, reale, sostanziale. Una bella differenza! Al Corpus Domini, quindi, prendiamoci cura di Lui. E non disturbiamo la preghiera processionale con didascalie sociologiche e commenti ideologici che non aiutano ad adorare. Soprattutto ricordiamoci che la processione è un sacramentale, ovvero deve aiutare tanti che sono lontani, ad avvicinarsi a Dio, a coglierne la Presenza. Per questo, san Tommaso invita ad osare quanto più possibile nella lode al Sacramento(tantum audes quantum potes).Come potrebbero i tanti giovani e adulti essere almeno incuriositi e, come Zaccheo, alzarsi dai tavolini e dagli smartphone a cui sono intenti, se il Santissimo, zigzagando tra le isole pedonali della città -  viene portato quasi furtivamente, senza nemmeno una lampada che lo illumini, una tromba che ne annunci il passaggio? Chi se ne accorge che passa il Signore dei signori e il Re dei re(Gregorio di Nissa)?Dove son finiti i simboli amati dai liturgisti? Poi, la processione dovrebbe essere accompagnata dalle litanie, parola greca che sta a ricordare appunto la particolare forma breve ripetuta di preghiera nata per le antiche stationes, ossia i percorsi processionali da una chiesa all'altra. Invece delle intenzioni intellettualistiche, se non ideologiche e quindi stucchevoli, si recitino le litanie del Santissimo Sacramento. E litanie della Madonna e quelle dei Santi: perché no? il Signore, in Cielo non vive da solo, ma con Maria, gli Angeli e i Santi, e in terra opera con la loro intercessione. Orientales docent. Sul repertorio di canti sacri(sic!), si rimanda ai giudizi severi del benedettino Anselmo Susca, di Domenico Bartolucci e...di Riccardo Muti, per non risalire a quelli nichilisti di Nietzsche: "vorrei canti di gente salvata".  Infine, che ci faceva un gazebo di Protestanti nella strada principale attraversata dalla processione, in cui hanno continuato la loro assemblea senza manco diminuire il volume dell'altoparlante? Sapessero o meno che c'era la processione del Corpus Domini, almeno il rispetto, non dico... l'ecumenismo! Dunque, se il mondo si corrompe, non lamentiamoci: il sale del cristianesimo è diventato insipido. E le nostre liturgie, come se Egli non fosse presente e ascoltasse: danze vuote intorno al vitello d'oro che siamo noi stessi. Siamo noi chierici a favorire la secolarizzazione: la pagheremo cara, disse Giovanni Paolo II! E lo vediamo. Per non metterci in ginocchio davanti a Cristo, ci stiamo inginocchiando davanti al mondo. "Quanti padroni finiscono per avere quelli che rifiutano l'unico Signore"(S.Ambrogio)  
  5. SEM IPC
    Sia lodato Gesù Cristo. Nel Vangelo (Gv 6,56-59), Gesù richiama l'episodio dell'Antico Testamento quando, nel deserto, gli ebrei affamati, non avendo possibilità di confezionare il pane, videro cadere dal Cielo un alimento simile al pane che suscitò in loro la domanda Man hu? - cos'è questo? Di qui viene il termine manna. 
    Quindi, la questione di come potesse Gesù apprestare un pane celeste, se l’erano già posta gli israeliti, non riuscendo a comprendere come dal cielo potesse scendere qualcosa di simile al pane; grazie a quell'alimento, gli ebrei sopravvissero per quarant'anni dopo la liberazione in Egitto, finché non giunsero alla Terra Promessa. Questo fatto è simbolo di che cosa? Della nostra traversata, della nostra vita; a volte viviamo più di quarant'anni, ma non è molto diverso: ogni giorno è una traversata del deserto, con tutte le tentazioni che il deserto riserva. Nel posto di lavoro, nella famiglia, nel mondo: le opinioni più variopinte cui sei sottoposto sono spesso tentazioni e, per poter resistere ad esse, il Signore ci dà un pane, disceso dal cielo che, a guardarlo, sembra banale. Infatti, l'ostia che noi riceviamo nella Comunione, in apparenza, non dice quasi nulla, eppure il Signore ha detto - e qui si è giocato tutto perché come sappiamo, molti dei suoi discepoli se ne andarono dopo averlo ascoltato – “Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita”. Il discorso che l'evangelista Giovanni riporta nel capitolo sesto, riprende e approfondisce le parole del Signore: per oltrepassare la morte, bisogna nutrirsi di Lui; chi non mangia di questo Corpo e di questo Sangue rimarrà nella morte ovvero risusciterà per la dannazione eterna. Chi, invece, se ne nutrirà, Egli lo risusciterà per la Vita Eterna; qui la promessa del Signore ha raggiunto il culmine. 
    Ma, non è altro che la conseguenza ultima del fatto che Dio è venuto nel mondo, si è fatto carne, è entrato nella nostra condizione umana; quindi, la Carne e il Sangue assunti da Dio, non sono come la carne e il sangue nostri: sono la Carne e il Sangue divinizzati da Dio. In definitiva, quando noi assumiamo questa Carne e questo Sangue, noi immettiamo la divinità in noi e questa divinità pian piano ci trasforma e ci farà resuscitare nel giorno del Giudizio. Pensate un po': come si può superare la morte!  
    Giustamente, i Santi e i dottori che hanno riflettuto su queste parole di Cristo, su questa promessa di Cristo, hanno definito la Carne e il Sangue del Signore farmaco d’immortalità. E’ un alimento che estende a tutto il nostro essere l’immortalità, non solo l’anima ma anche il corpo. Pertanto, come tutti i farmaci speciali che noi in questo mondo assumiamo quando siamo malati, dobbiamo stare molto attenti: i farmaci, si chiamano così perché derivano dalla parola greca pharmakon che vuol dire veleno - anche se noi oggi la intendiamo come rimedio curativo. 
    Naturalmente, può accadere che un farmaco diventi veleno. Lo dicono le avvertenze del foglietto illustrativo. Bisogna stare attenti quando si assume. Ci sono delle condizioni affinché faccia effetto. Analogamente il Sacramento Eucaristico che Cristo ha istituito ha i suoi effetti: l'effetto fondamentale è che ci trasforma pian piano in Lui medesimo. Quindi ci fa passare pian piano quasi senz’accorgercene dalla morte alla vita, già in questo mondo, a condizione che ci lasciamo trasformare e non resistiamo o addirittura assumiamo questo Sacramento in situazioni controindicate che finiscono per trasformarlo in veleno, come dice San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, dopo aver descritto come egli ha ricevuto questo Sacramento e come lo trasmette. L'Apostolo, è come se dicesse: non sono il padrone del Sacramento, non lo posso manipolare, in nessun senso: come l'ho ricevuto così lo devo trasmettere. Ricorda le parole che Gesù ha detto sul pane sul vino: “questo è il mio Corpo”, “questo è il mio Sangue” e poi aggiunge: “state attenti a come lo ricevete, perché se lo riceverete in modo indegno”, cioè in stato di peccato, “assumerete la vostra condanna. Ed è per questo che tra voi molti sono malati e tanti muoiono” (11,29-30). Allora, non è un pane qualsiasi, non è una bevanda usuale: è qualcosa di inusitato, di divino, anche se a noi si presenta sotto l'apparenza abbastanza semplice, del pane e del vino. 
    La sequenza che abbiamo cantato, composta da San Tommaso d'Aquino, Lauda Sion, in una strofa lo dice con chiarezza:  “sotto quello che vedi si nasconde qualcosa di sublime”. Poi, sta’ attento, perché l'esito di chi assume la stessa Comunione è opposto: se la assume il malvagio, l’esito è cattivo, se la assume il buono, l’esito è salutare. Quindi non prenderlo come se fosse un pezzo di pane comune; non appena è un alimento, è “panis vivus et vitalis”, cioè rimedio alla morte, appunto un farmaco: può avere un effetto negativo se tu lo assumi in condizioni negative, in disgrazia di Dio, non hai confessato i tuoi peccati, non hai fatto penitenza, quindi non sei riconciliato con Lui. Un esempio ricorrente: mentre assisti alla Messa, il tuo cellulare squilla e corri fuori per rispondere. Che hai fatto? Hai interrotto il tuo ascolto, il tuo colloquio col Signore per rispondere ad un’altro. Questo è uno dei peccati più gravi che si possa fare: peccato d’idolatria - contro il primo comandamento: “Io sono  il Signore Dio tuo, non altri”. Noi, invece, abbiamo anteposto l’uomo a Dio! Il contrario di ciò che prescrivono Cipriano e Benedetto. Non ci accorgiamo che abbiamo messo Dio sotto i piedi. E quindi diamo spazio all'umano, che è ciò che ci conduce alla morte e alla dannazione. L'idolatria, di cui i profeti spesso accusavano gli israeliti, è qualcosa di terribile perché si attacca a noi senza accorgersene, perché viviamo condizionati dal materialismo e dall’edonismo e quindi si è attaccato a noi questo virus che, giorno dopo giorno, ci corrode fino a che non moriamo; anche se apparentemente viviamo, siamo  ‘biologici’, esistiamo fisicamente, come zombies; non siamo ‘zoofori’ cioè anime viventi e portatori di vita: ecco il dramma della società contemporanea, da cui dobbiamo stare in guardia, se vogliamo salvare la nostra anima. 
    Gesù Cristo ha voluto giungere al supremo Sacrificio di sé per farci comprendere a cosa dobbiamo rinunciare, se vogliamo vivere. Dobbiamo rinunciare al nostro io se vogliamo che Dio viva in noi ma, se andremo dietro al nostro io, volessimo salvare il nostro io, allora noi moriremo, ma non della morte temporanea, quella che viene quando chiudiamo gli occhi, ma della morte eterna: la dannazione dell’inferno. Sono le parole del Signore che condanna chi mangia la Carne e beve il Sangue in maniera indegna. 
    Cari fratelli e sorelle, questa festa del Corpus Domini, come sapete, è nata dall’atto di un incredulo, di un prete - guardate un po’ -, uno potrebbe dire: “i preti sono increduli?” Beh, è accaduto e accade che siamo i primi che non hanno fede. Non c'è da stupirsi. Il sacerdote boemo, Pietro da Praga, aveva dubbi sulla presenza reale; mentre celebrava la Messa, quei dubbi lo assalirono, nel momento culminante, quando il celebrante dice le parole di Cristo. Non sono parole sue: sono parole di Cristo, noi semplicemente prestiamo a Cristo la voce, niente altro; a quelle parole i dubbi di quel prete sulla reale possibilità che il pane fosse la Carne di Cristo e che il vino fosse il suo Sangue, lo assalirono. Però accadde l'imprevisto: vide nelle sue mani l’ostia sanguinare e macchiare il corporale - il lino quadrato che si ripiega in quattro parti e si mette sotto le sacre specie, e i gradini dell’altare e il pavimento. Era il 1263. Mensa e Corporale si ammirano a Bolsena e a Orvieto, nello stupendo duomo edificato oltre vent’anni dopo nel 1290, e che costituisce una sorta di grande reliquiario. 
    La notizia si diffuse e, secondo la tradizione, il sacerdote che, spaventato, aveva avvolto tutto nel corporale per nascondere l’accaduto, si recò dal papa Urbano IV che si trovava a Orvieto in quel momento; questi mandò il vescovo a Bolsena per verificarlo. Così si constatò il miracolo eucaristico e, per celebrarlo - non era il primo e non è stato nemmeno l'ultimo – ma il più celebre, un anno dopo, con Bolla dell’11 agosto 1264, il papa estese alla Chiesa universale la festa del Corpus Domini. Papa Urbano IV incaricò Tommaso D’Aquino, di comporre la Messa e l'Ufficio del Corpus Domini. Egli non era solo un grande teologo, ma anche un uomo di grande fede, di mistica devozione, che faceva teologia in ginocchio, cioè in adorazione. 
    In conclusione, ricordiamoci che noi non viviamo per noi stessi, ma per Uno che è morto e risorto per noi, come dice l’Apostolo. E che il senso della nostra vita e il nostro destino dipende dal nostro dire “Tu” a Gesù Cristo. Se noi impareremo a dire “Tu” a Gesù Cristo e a trarne le conseguenze, la nostra vita cambierà, metteremo da parte tante cose dietro cui andiamo ogni giorno, che sono frutto spesso di psicologismi, capricci, velleità: niente altro che le tentazioni del demonio; da quel momento, cominceremo a vivere non appena in modo ‘biologico’ ma ‘zooforico’: avvertiremo, avendo messo da parte il nostro io, che comincia in noi a vivere Cristo, esattamente come è successo a san Paolo. Questi, era stato un persecutore dei cristiani, e giunse ad affermare: “vivo, ma non io, vive invece Cristo in me… che mi ha amato e ha sacrificato sé stesso per me” (Gal 2,20). E’ il vertice a cui deve giungere la nostra fede. Se non arriviamo a questo vertice, stiamo perdendo tempo. La morte incombe - non importa quanti anni vivremo -  e si rischia la dannazione. Ma se apriamo gli occhi in tempo, convertiremo la nostra vita dicendo ogni giorno “Tu” a Gesù Cristo, luce e vita del mondo. Sia lodato Gesù Cristo.
  6. SEM IPC
    E' noto che in tutti i partiti ci sono politici che si ritengono cattolici, nel centro-destra e nel centro-sinistra, ma il centro in realtà non esiste o è solo un ricordo del partito dei cattolici che non c'è più e stava a significare che in medio stat virtus. Chi è la virtus, ossia la forza?  Dio, Cristo Redemptor hominis "centro del cosmo e della storia", come affermò Giovanni Paolo II: senza di lui non si può governare veramente l'umana società. Senza questo "centro" non v'è alleanza durevole, anche se in tutta fretta si sta cercando di metterla su, ma è solo un'alleanza elettorale, a destra e a sinistra, ma non sarà al "centro", che puntualmente si infrangerà dal giorno dopo le elezioni, sullo scoglio di chi deve essere il primo, poi su quelli dei temi etici, non appena bisognerà prendere posizione decisa sul progressismo nichilista: dall’uso dei pronomi fluidi nelle scuole alla cancel culture, dalle unioni alle adozioni gay, all’aborto e all’attivismo transgender. Ci sarà chi vorrà mettere la sordina per timore di perdere consensi, perchè sarebbe ritenuto omofobo. Non ci si illuda: senza la verità morale  non v'è cultura politica. Certo, i veri cattolici usano il pensiero senza intenzione di offendere, ma rischiando di farlo, perché la verità fa male, soprattutto quando si critica il politicamente corretto. La vita è una lotta, e bisogna combattere senza abbattersi e affrontare le difficoltà. Bisogna usare il principio di realtà, collegato a una visione verticale dell’esistenza, specialmente per chi ha la fede, visione fondata sulla Rivelazione biblica che illumina ciò che accade nel mondo. Ne segue che la conversione,  non appena la legalità, è necessaria per tutti, se si vuole una società giusta; che l’orgoglio in qualsiasi campo, quindi anche gay, è un peccato e non una ragione di vita; che gli interventi chirurgici per cambiare sesso sono criminali, soprattutto quando lo si sfoggia (si pensi alle decisioni catastrofiche in materia, prese da adolescenti immaturi). La carne dell’uomo non è carne da macello, perché è chiamata alla risurrezione; risorgeremo secondo il sesso datoci alla nascita, anche se - sottratti alla concupiscenza come gli angeli - non ne useremo. Ancora, chi è cattolico non ha paura di dire che vanno esaminate le ragioni storiche, culturali e politiche dei conflitti internazionali, prima di schierarsi a testa bassa. Né ha timore di dire ai musulmani che devono rispettare il cristianesimo perchè appartiene all’identità europea. Soprattutto bisogna combattere la forma strisciante di totalitarismo, che Benedetto XVI chiamò "dittatura del relativismo". Il fuoco che in questa estate divampa qui e là, è metafora del castigo a cui gli europei sono sottoposti, dopo la pandemia e la guerra, per aver trasformato in “diritti civili” i loro capricci. L'apparente dissesto della natura, solo in minima parte - e transitoria - va addossato all’incuria dell’uomo; la natura invece geme e soffre anch’essa per i peccati degli esseri umani: la natura è troppo potente per essere condizionata dall'uomo che, quando la deturpa, percepisce ciò come un solletico. Formandosi un giudizio culturale, i cattolici in politica contribuiranno a salvare l’Occidente dalla follia. Dovrebbero dunque gli onorevoli politici che si ritengono cattolici riflettere su tutto ciò ora, e verificare se i partiti nei quali militano, condividono il pensiero cattolico altrimenti è bene non ritenersi tali e non chiedere il consenso agli elettori cattolici e ai laici sanamente razionali.
    Per realizzare dunque una vera alleanza che duri, non solo in funzione elettorale, si deve aderire alla virtus che sta al centro, la Verità che è Dio. E per questo, ci vogliono azioni necessarie alla piena conversione, che sono almeno quattro: la contrizione, la rinuncia, la confessione, la riparazione. Altrimenti l'orgoglio prenderà il sopravvento e la cosiddetta coalizione naufragherà sugli scogli degli egoismi individuali e di partito. Dunque, si consiglia ai politici che vogliono essere cattolici, a cominciare dai capi partito, una "giornata di ritiro" con confessione e Santa Messa, prima di dichiarare alleanze e programmi.
    Infine, in questo tempo di confusione causata da una profonda crisi dottrinale, bisogna osservare che gli elettori consapevoli di cosa significhi essere cattolici, ritengono impensabile di dare il consenso ai partiti che cambiano le leggi sulla famiglia naturale, ai candidati favorevoli alla pace ma anche all'aborto e alle unioni civili; invece daranno il voto a chi sostiene la vita dal concepimento alla morte ,a chi è per la libertà di educazione.
    Se qualcuno, a questo punto, osservasse che la politica è laica, risponderemo che la laicità non è autonoma dalla legge morale, tant'è vero che dinanzi a corruzione e immoralità a livello pubblico e privato, tutti si affannano ad invocare  "codici etici". In verità ne esiste già uno e immutabile: il Decalogo dato da Dio a Mosè e confermato da Cristo. Qui c'è la verità e la libertà di ogni uomo e della vera politica.
    I politici cattolici diano testimonianza col far conoscere questi pensieri a quei colleghi che cercano la verità e ai capi partito che si accingono ad allearsi, se non vogliono concorrere ad allontanare ancor più tanti dalla politica.
     
  7. SEM IPC
    Il metodo che possiamo imparare da san Giovanni Paolo II, per convincere a fare il suo stesso percorso anche l’uomo di oggi – che ha distrutto la stessa nozione di verità frammentandola in tante opinioni – è quello di procedere come in una dimostrazione matematica per assurdo. Ti faccio vedere che la negazione della “tesi” cristiana-cattolica porta alle contraddizioni che tu stesso puoi constatare nella realtà della società di oggi. Se la società e la tua vita sono divenute invivibili, la causa non è forse nell’aver rifiutato il cristianesimo e con esso la stessa nozione di “verità oggettiva”?
    Diagnosi. Hai distrutto la Verità, pur di liberarti della fede in Cristo: tocca con mano le conseguenze. La vita è divenuta invivibile, la società, prima viene resa disumana (i regimi), poi anarchica e ingovernabile (fallimento delle democrazie senza una cultura della verità  comune a tutto il popolo). Chiediti perché! Le cause, non sono solo materiali, strutturali, economiche, sociali (analisi marxista), o solo psicologiche (psicologia, psicanalisi), o giuridico-legali (legalismo, giustizialismo). Scava dentro l’uomo lasciandoti guidare dalla Rivelazione. Questo ti dice l’autentico pensiero della Chiesa!
    Terapia. E se avessimo gettato il Bambino con l’acqua sporca, eliminando il cristianesimo e con esso la verità? Se la negazione di Cristo e della verità è stata fallimentare non ha forse senso pensare che sia giusto, al contrario, tornare a prendere in seria considerazione Cristo e la verità? Questa è stata la sfida al mondo lanciata da san Giovanni Paolo II e proseguita da Benedetto XVI. Il mondo l’ha rifiutata, e oggi ne paga le conseguenze! Se la Chiesa non ricomincia a lanciare questa sfida che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno lanciato, finisce per perdere tempo e basta!
    per l'approfondimento: 
     
  8. SEM IPC
    Nelle analisi condotte nei diversi ambiti (socio-politico, economico, psicologico, ecc.) inevitabilmente ci si
    ferma ad una lettura “orizzontale” dei fatti, ma una “lettura” più profonda delle “cause”, aiuterebbe a capire la
    radice dei problemi. Una chiave di lettura “seria” della nostra epoca si trova in un’affermazione di
    Benedetto XVI (riportata da Francesco ai Vescovi polacchi) : questa è l’epoca del peccato contro Dio
    Creatore!». Essa sintetizza l’attualità della dottrina del peccato originale di san Tommaso d’Aquino che
    definisce il peccato originale come «mancanza della giustizia originale (carentia originalis iustitiae)» (De malo,
    q. 4 a. 2co). L’umanità, soprattutto nei nostri tempi, ha rifiutato il “modo giusto” di impostare il rapporto con
    Dio Creatore. Inizialmente rifiutando l’esistenza di Dio (ateismo positivo), poi ignorandolo (ateismo pratico,
    agnosticismo, indifferentismo: “Dio se c’è non c’entra con la vita reale”), infine mettendo l’uomo al posto di
    Dio (idolatria antropocentrica), fino al punto di “addomesticarlo” costruendo caricature di Dio e di Cristo da
    usare a proprio piacimento, capovolgendo gli insegnamenti e la dottrina della Chiesa. La “giustizia” senza il
    “modo adeguato” di rapporto con Dio Creatore è diventata, prima, esclusivamente una questione “sociale”
    (socialismo, marxismo), poi “legale” a scopi politici (giustizialismo), infine un “comandamento” mondiale al
    quale attenersi per avere diritto di cittadinanza (pensiero unico, culto pagano dell’ambiente, ecc.). L’uomo,
    liberatosi del “giusto rapporto” con Dio Creatore, si auto-colpevolizza con una caricatura pagana del peccato
    originale, sentendosi nemico della natura, degli animali, dell’ambiente, del pianeta. Obbligandosi in tal modo ad
    auto-eliminarsi limitando le nascite (contraccezione, aborto), accelerando le morti (eutanasia), moltiplicando le
    guerre. La radice profonda di tutto quanto accade è rinvenibile in un “modo non giusto” nel rapporto tra l’uomo
    e Dio Creatore che segna i singoli come l’umanità intera, rendendo invivibile il mondo. Questa comprensione
    “culturale” rimuove ogni idea favolistica del peccato originale e aiuta a riconoscere nei Comandamenti (Legge
    Naturale) il complesso delle regole universali stabilite dal Creatore affinché gli esseri umani sappiano governare
    bene se stessi. Sono “leggi di natura” come le leggi del mondo fisico. Capovolgerle disumanizza la vita degli
    esseri umani, singolarmente e comunitariamente. Questo dato di fatto la Chiesa ha il dovere di spiegarlo a tutti,
    non essendo una questione solo di fede, ma prima di tutto un dato che non temerei di definire “scientifico”. Pena
    il danneggiarsi con le proprie mani. Solo Cristo con la Sua Passione, Morte e Risurrezione è stato in grado di
    riaprire agli esseri umani l’accesso alla “giustizia originale”, già in questa vita con il Battesimo e la vita
    cristiana, e in pienezza nella vita eterna.
    Per approfondire
     
     
  9. SEM IPC
    Quantum potes tantum aude, invita San Tommaso nella sequenza Lauda Sion, composta per la festa del Corpus Domini: devi osare tutto ciò che puoi, per tributargli la lode dovuta. Non è roba da Medioevo; san Giustino, nel II secolo, attesta che il sacerdote "celebra l'Eucaristia con tutta la forza di cui dispone". La processione interpreta la storia: indica il nostro pellegrinaggio in questo mondo, verso la Terra Promessa dell'Eternità. Per questo è un solenne gesto di adorazione: il Signore si è inginocchiato davanti a noi per lavarci i piedi e noi non ci inginocchieremo davanti a Lui per entrare in quell'amore, che non rende schiavi ma trasforma? Dinanzi alle guerre e alle nefandezze umane nel mondo, come si fa a restare in piedi, sostenendo che siamo già risorti e che non siamo più schiavi? L'Eucaristia è in sostanza la risposta al problema della morte, perché è nutrendoci di essa che risorgeremo. E questo costituisce il vero motivo della festa cristiana, quindi della festa del Corpus Domini. La processione è finalizzata a manifestare la fede nella Presenza reale, anzi nella transustanziazione delle specie del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Signore, che il miracolo di Bolsena ha attestato grandiosamente. La processione, spostata alla domenica d'estate, sfila ormai in città deserte. A chi serve, se non incontra gli uomini, anche se indaffarati nel loro lavoro? Perché non riportarla al giovedì? Che ne dicono gli esperti di pastorale?
  10. SEM IPC
    Il prof. Don Alberto Strumia  ci ha provocato con una riflessione magistrale  nel suo articolo  pubblicato su "Il Pensiero Cattolico"  𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 é 𝐥’𝐞𝐩𝐨𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐞𝐜𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐃𝐢𝐨 𝐂𝐫𝐞𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞 . Trovo questa riflessione molto importante e credo meriti ulteriori contributi . Don Strumia propone quattro passaggi con cui il “poveruomo “ intende  peccare contro Dio Creatore. I quattro passaggi che descrive sono  i seguenti .  Il  primo consiste nel  rifiuto della esistenza di Dio . Il secondo nel voler ignorare l’esistenza di Dio. Il terzo nel mettere l’uomo al posto di Dio . Il quarto nel  costruire caricature di Dio . Aggiungerei un quinto  passaggio molto attuale e  finale , conseguenza della filosofia transumanista , che  consiste nel  creare il “metaverso” per confermare che è l’uomo a fabbricare Dio . ( “non serviam” )
    Questo passaggio è molto attuale , tra poco ci verrà imposto ovunque e utilizzando ogni mezzo , perché verrà proposto quale soluzione alle crisi  create dall’uomo stesso. Le crisi sono infatti l’unica cosa che l’uomo sa creare quando  ignora Dio e viola le leggi naturali della Creazione .  Il metaverso è  Internet  che si  “incarna”  nell’uomo. Ciò  sta avvenendo  con una certa naturalezza dopo aver proposto  il concetto filosofico biologico detto Postumanesimo che dovrebbe averci  convinto che si possa trasformare in meglio la creatura umana integrando cervello e macchina , producendo un ibrido postumano (appunto). Ma il Postumanesimo ha generato il Transumanesimo , che è pensiero molto più scientifico che filosofico , con cui si vuole dimostrare che la condizione umana possa essere rivoluzionata con scienza e tecnica .Solo la scienza e non Dio migliora l’umanità ( e migliora pure  il pianeta che l’uomo, cancro della natura , sta distruggendo ) .Ecco quindi la premessa per  il quinto passaggio che segue  e forse completa i quattro proposti da don Strumia : il concetto di Dio Creatore danneggia l’umanità, va pertanto sostituito   con una nuova “RIVELAZIONE “, udite , udite : quella transumanista . Ma questa  “rivelazione”  , che in pratica   ci racconta  che Internet “  è Dio”  , sta preparando una sorpresina ,” l’incarnazione  di Internet “ grazie al <metaverso > che sostituirà la religione  dei nostri padri . Naturalmente son necessari    sacerdoti per questa nuova religione , e questi sacerdoti  usciranno dai “seminari” di teologia di Silicon Valley . Questi sacerdoti annunceranno la nuova verità , liberando così l’uomo dai vincoli biologici e morali, soprattutto dal “sacro”  .  Quando tutti , saranno convinti che questo rappresenta la soluzione a tutti problemi dell’umanità,  si scoprirà  anche  che la volontà  e la libertà  umana è stata trasformata  escludendo così  le scelte personali . Ma non sarà certo troppo tardi , perchè  Dio Creatore non si è fatto  certamente deformare da un algoritmo.
    Vorrei anche proporre un secondo commento allo scritto  di don Strumia  e  si riferisce alla sua splendida descrizione di come l’uomo modifica il suo giusto rapporto con Dio  e  si autocolpevolizza . Desidero proporre  di considerare anche che , modificando il rapporto  con  Dio , l’uomo nega la Genesi  Divina e la sostituisce con una  genesi umana . Le tre raccomandazioni della Genesi Divina sono (recito  a memoria )  : “Uomo e donna li creò…disse loro: andate e moltiplicatevi,  soggiogate la terra ,  sottomettete ogni essere vivente …
    La nuova genesi umana invece dice : “ …li lasciò scegliere  il sesso ( gender) … e disse loro :  -andate, .. ma siate malthusiani ( non siate conigli) ,- adorate la terra ( ambientalismo ),  – considerate ogni animale simile a voi…( animalismo ) “
  11. SEM IPC
    Ma chi lavora scientificamente su questi sistemi complessi sa che le cose non stanno così…
    Sorprendente è il confronto tra gli scritti sul tema dell’autocoscienza di due autori italiani che sono vissuti a
    distanza di più di sette secoli l’uno dall’altro: il primo, dottore della Chiesa, vissuto quando non si poteva
    neppure immaginare l’odierna tecnologia; il secondo, oggi abbastanza affascinato dall’Oriente, ideatore e
    costruttore di quell’odierna tecnologia, che tutti noi utilizziamo quotidianamente, il soft touch che permette di
    comandare il telefonino con il tocco di un dito; e di molto altro.
    Il primo testo (1255-59). «Bisogna tenere conto che si possono avere due modi di conoscenza della mente da
    parte di un soggetto conoscente, come dice Agostino nel IX libro del De Trinitate.
    – Il primo è quello per cui la mente di ciascuno viene conosciuta solamente per le sue proprietà individuali.
    – Il secondo è quello che conosce la mente in ciò che essa ha in comune con tutte le altre menti. […]
    La conoscenza della mente che uno ha della propria mente, è la conoscenza che ne ha ciascuno individualmente.
    [auto-coscienza] […]
    Per percepire l’esistenza della mente, e per accorgersi che essa agisce in se stessa, non occorre alcuna
    competenza: è sufficiente lo sola essenza dell’anima, che è presente alla mente. Da questa, infatti, emergono
    quegli atti nei quali essa si percepisce in azione. È secondo questo modo che si sa di avere una mente, mentre
    nell’altro modo si viene a conoscere che cosa è la mente in se stessa, e quali siano i suoi caratteri propri. Come
    dice Aristotele nel IX libro dell’Etica, “noi sentiamo di sentire, capiamo di capire, e dal fatto di sentire capiamo
    che esistiamo”. [San Tommaso d’Aquino, De Veritate, q. 10, a. 8co]
    Secondo testo (2019). «Il mio pensiero è che la vera intelligenza richiede coscienza, e che la coscienza è
    qualcosa che le nostre macchine digitali non hanno, e non avranno mai. La maggior parte degli scienziati crede
    che siamo solo macchine: sofisticati sistemi di elaborazione delle informazioni basati su software. Ecco perché
    pensano che sarà possibile realizzare macchine che supereranno gli esseri umani. Credono che la coscienza
    emerga solo dal cervello, che sia prodotta da qualcosa di simile al software che funziona nei nostri computer.
    Pertanto, con un software più sofisticato, i nostri robot finiranno per essere consapevoli. Ma ciò è davvero
    possibile? Bene, cominciamo con il definire cosa intendiamo per coscienza. Io so, dentro di me, di esistere. Ma
    come faccio a saperlo? Sono sicuro che esisto perché lo sento dentro di me».
    Ciò vale non solo per la conoscenza immediata che la mente ha di sé (auto-coscienza), ma anche per la
    percezione che la mente ha dei segnali provenienti dai sensi.
    «Quindi, è il sentire il portatore della conoscenza. La capacità di sentire è la proprietà essenziale della coscienza.
    Quando annuso una rosa, sento l’odore. Ma attenzione! La sensazione non è l’insieme dei segnali elettrici
    prodotti dai recettori olfattivi all’interno del mio naso. Questi segnali elettrici portano informazioni oggettive,
    ma tali informazioni sono tradotte nella mia coscienza in una sensazione soggettiva: cioè il profumo che quella
    rosa mi fa sentire. Dove mai si nasconde il profumo nei segnali biochimici ed elettrici? […] Ma il robot si ferma
    ai segnali elettrici […]
    Noi facciamo molto di più perché sentiamo l’odore della rosa, e attraverso quella sensazione ci colleghiamo in
    modo speciale a quella rosa, e al significato che le rose hanno nella nostra vita≫ (F. Faggin, Silicio, Milano
    2019).
    (per approfondire rinvio al mio video Autoreferenza e autocoscienza
     
     
  12. SEM IPC
    L’uomo fin dalle origini ha espresso nella dimensione relazionale l’inclinazione a comunicare con i propri simili
    evidenziando l’stanza di stabilire legami stabili e duraturi.
    Il termine in latino communis non esprime semplicemente il comunicare ma assume un significato esteso come funzione, inteso in termini essenziali, il carattere di chi o ciò che svolge l’ incarico in una situazione condivisa, insieme agli altri.
     
    Il significato di communitas emerge quindi come rapporto di comunanza civile e socievole, legame di partecipazione e gruppo insieme.
    In senso comune la “comunità” si può riconoscere in un gruppo che richiama in sé il senso di appartenenza pur senza giungere a discernere il valore autentico della comunità. Ogni singolarità che si riconosce in un carattere comune rivolta nella stessa direzione da corpo e sostanza alla comunità.
     
    Chi può garantire il senso di appartenenza, la stabilità dei rapporti e la pacifica convivenza del gruppo secondo ordinate regole sociali se non una gerarchia al vertice del quale si trova un capo riconosciuto che riassume i caratteri e i principi basilari della convivenza sociale.
    La storia ha mostrato numerosi esempi di comunità riconosciute e affermate comunemente come regni e nazioni.
    Il riconoscimento immediato di tali “comunità” è avvenuto spesso propriamente attraverso il relativo regnante.  
    La relativa figura può assumere un carattere simbolico fonte talvolta di ispirazione letteraria.
    In letteratura la figura del principe ha ispirato Machiavelli.
    Il principe di Machiavelli riassume i caratteri della virtù in quanto bene però inteso lontano dalla morale.
    La virtù consiste nel conseguimento  di un obiettivo con qualsiasi mezzo anche disdicevole al regnante  o per giunta  spregiudicato o immorale.
    Nella sua analisi Machiavelli configura un principe in grado di mantenere il potere per governare.  Non potendo ignorare la strategia del principe sarebbe possibile comprendere gli accadimenti del mondo e le cause che incidono nella sfera personale, famigliare ed economica della vita sociale.
    Sotto un certo aspetto, che assume un carattere totalizzante del potere, può essere fatto un confronto con 
    una figura alquanto controversa sotto il profilo morale messa in risalto nell’opera di Robert Hugh Benson (1867 – 1914) “Il padrone del Mondo”.  Il personaggio presentato come filantropo democratico, politico carismatico, fautore della pace mondiale sotto la cui figura si cela l’Anticristo che contende a Dio il dominio dell’universo. Egli è un fautore di un mondo ispirato a un nuovo umanesimo che propugna la tolleranza universale annullando le distinzioni tra le religioni. Pertanto la Chiesa cattolica viene perseguitata fino alla sua eliminazione.
    Il libro presenta delle assonanze  col mondo  attuale.
    Volgendo lo sguardo al mondo contemporaneo è riscontrabile la strategia materialistica   mirata ad una offensiva senza precedenti rivolta alla famiglia e  alla religione. Senza un esame critico di tale strategia sarebbe impossibile   scorgere nelle scelte politiche ed economiche una ideologia negazionista dei principi inviolabili   della vita umana.
    Le scelte politiche della civiltà attuale hanno assimilato le ideologie del neoumanesimo disconoscendo il vero ruolo dei responsabili della sorte dei popoli non più al servizio del bene dell’uomo in contrasto con la realtà trascendente.
    Pertanto come può essere riconosciuto l’artefice del  rinnegamento del bene autentico dell’uomo se non attraverso i frutti dell’opera del Maligno presenti nella figura dell’Anticristo che ha preso piede da tempo nella nostra società.
    Non può disconoscersi inoltre in questa figura la proposta di una nuova religione.
    Il 15 settembre 2003 lo scrittore Michael Crichton tenne un discorso al Commonwealth Club di San Francisco dal titolo “L’ambientalismo è una religione”. Dichiarando: “Oggi, una delle religioni più potenti del mondo occidentale è l’ambientalismo. E’ la religione  degli atei urbanizzati. C’è un Eden iniziale, un paradiso, uno stato di grazia e unità con la natura, c’è la caduta dalla grazia in uno stato di inquinamento risultato dell’aver mangiato dall’albero della conoscenza e c’è un giorno del giudizio che verrà per tutti noi. Siamo tutti peccatori di energia, destinati a morire, a meno che non cerchiamo la salvezza, che ora si chiama ‘sostenibilità’. La sostenibilità è la salvezza nella chiesa dell’ambiente. Proprio come il cibo biologico è la sua comunione”.
    A dare maggiore risalto in un'altra direzione risulta la richiesta di sostenibilità come espressi dai dati storici impietosi del malessere sociale.
    Attualmente il globo terrestre è abitato da 8 miliardi di persone (nel 1969 eravamo 3,3 miliardi e nel 2050 saremo 10 miliardi). Attualmente il numero degli stati corrisponde a  194, dei quali ben 70 sono in guerra fra di loro, coinvolgendo 2 miliardi di persone, che corrisponde al 60% di tutta la popolazione mondiale nel 1969.
     Il 20% della popolazione mondiale detiene l’80% del Pil. 26 persone posseggono le ricchezze   di   3,8 miliardi di persone e 8 uomini possiedono la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone.
    Circa 900 milioni di persone soffrono la fame.
    Un bambino su 4, sotto i 5 anni, soffre di malnutrizione cronica: in totale sono oltre 200 milioni
     L’OMS dichiara che “in tutto il mondo troppe persone soffrono o muoiono a causa di malattie   croniche.
    Le organizzazioni non governative si sentono talvolta portavoce di associazione e movimenti emanazione di categorie sociali che denunciano la loro discriminazione. 
    Le lettura di questi dati nell’ambito ecclesiale viene frequentemente interpretata in termini politici attribuendo ai vertici governativi la responsabilità di intervenire per ristabilire una giustizia sociale in cui la risposta al malessere sociale va ricercata nel risolvere gli squilibri tra ricchi e poveri, nel risanamento ecologico, nella inclusione sociale dei diversi in termini religiosi e di identità di “genere” …. ponendo in secondo ordine il rinnegamento dei principi etici  a monte del malessere.  
    Da una lettura attenta della missione ecclesiale emerge l’urgenza di mobilitare coraggiosamente le risorse per proclamare i valori morali del bene dell’uomo e della giustizia             
    Pertanto le aperture ad un sano discernimento, nell’attuale contingenza, pongono degli interrogativi 
    dettati da una inquietudine sulle previsioni del futuro su cui gravano pesanti incognite.
    Le incertezze non vengono sanate fintanto che la visione storica viene affidata alla profezia.
     
    Spesso le circostanze inducono a rivelare nel carisma profetico il significato profondo che trova espressione nella mediazione del rapporto tra Dio e l’uomo. In tale rapporto il profeta si pone al servizio delle Verità, per contro l’Anticristo, disconoscendo tale rapporto, si pone al servizio della menzogna.
    La funzione del profeta è legata alle particolari vicende che segnano la storia dell’umanità.
    La sua missione è sempre stata frequente quanto opportuna in situazioni inconsuete di sconvolgimento della convivenza umana oppressa da discriminazioni politiche,  economiche e sociali  
    generando un diffuso malessere in paesi dominati prevalentemente dai regimi totalitari. 
    Nella comune percezione la sofferenza se diventa un male da estirpare nella condizione umana assume, invece un valore   di catarsi   nella profezia.
    Al riguardo non può essere disconosciuta la vita ascetica di profeti segnata da patimenti e sofferenze tale da contraddistinguere la loro stessa figura, ma l’identità del profeta non può giungere al riconoscimento se non  nel fine che trova giustificazione nella sua missione.
    Alla scoperta del significato etimologico il profeta nel suo termine, di derivazione latina proveniente dal greco, letteralmente assume il significato di “colui che parla davanti” oltre a “colui che parla per, al posto di”.
    Intrinsecamente contiene il senso di parlare al pubblico, in nome di Dio, di parlare prima in anticipo nel futuro.
    La funzione del profeta si spiega nel Nuovo Testamento come riferito nel Vangelo di Marco 1:1-13 che definisce Giovanni Battista “la voce di uno che grida”. La voce della Parola esprime valore in seguito all’incontro con Dio per averne fatto esperienza.  
    La voce del profeta è autentica e credibile in quanto è conforme alla Parola che annuncia, dal messaggio rivolto alla realtà. Si evince che il carattere del profeta è quello di una persona chiamata ad attuare una missione, di cogliere un fatto nella sua integrità e lo spiega alla luce della fede, inoltre trasmette un messaggio che ha ricevuto con libertà e intelligenza.
    I segni che accompagnano l’attività del profeta assumono un carattere simbolico secondo gli esempi  citati nel Antico Testamento in Ezechiele, Geremia che contenevano un messaggio di cui poi il profeta svelerà al popolo il senso pieno.
    La storia lascia spazio ad una risonanza di ammonimento morale nel messaggio profetico riguardante particolare crisi della convivenza sociale scossa da sconvolgimenti bellici e politici.
    La figura del profeta, che assume un significato religioso, non può essere significata in senso riduttivo come semplice operante di previsione in quanto rischia di oscurare da causa originaria della profezia.
    È possibile scoprire la figura del profeta riconoscendo la sua missione religiosa in riferimento agli esempi della sacra scrittura che annunciano un messaggio di purificazione dall’idolatria per entrare in un rapporto autentico col Trascendente per vivificare l’essere quale immagine del Creatore.
    Scoprire nella persona la propria missione significa riconoscere in sé la figura del  profeta e in senso comunitario nella totalità del popolo di Dio.
    In una società pervasa da messaggi ispirati ad un paganesimo materialista in cui la “tecnocrazia “ lascia spazio ad una figura umana fino ad assumere un carattere idolatrico per il potere di interagire  nelle leggi della fisica e della biologia.
    Quale insegnamenti può offrire  la Chiesa in una realtà che ha espropriato i principi autentici in cui si regge la vita umana.
    In  riferimento alla citazione ripresa dal libro “Salute o salvezza” don Nicola Bux Afferma che …. «l’insegnamento è riconosciuto nella prerogativa della propria dimensione quale  “Chiesa della profezia” orientata in senso missionario, perché la Chiesa è profezia realizzata nel mondo risorto; grazie al suo essere corpo di Cristo, diffonde nel mondo l’esperienza della fede. Questo è il vero proselitismo raccontato negli Atti degli Apostoli.»>
    Ogni cristiano nella propria fede può vivere e trasmettere al prossimo il valore della Fede nel proclama delle beatitudini per realizzare il messaggio evangelico della salvezza.
    Quali condizioni nella mutazione culturale del tempo bisogna considerare nella comunicazione della missione profetica se non porsi gli interrogativi sul fine ultimo dell’esistenza.
    A tal punto resta inevitabile proporre all’individualità intrisa di agnosticismo la causa del mistero della vita dono dell’Ente Supremo che esige una risposta di senso a cui la ragione non può sfuggire. 
    I segni che accompagnano il profeta sono la coerenza della Fede manifestata nei gesti liturgici al centro del culto divino fonte di grazie.
    Dove passa il messaggio del profeta? Quale direttiva assume la profezia?
    Alla base della profezia è presente la consapevolezza di essere depositari di un messaggio di salvezza indirizzato al prossimo a cui viene annunciato.
    Essere depositari del messaggio passa prioritariamente nell’intimo nel proprio essere nell’assunto del fondamento: Rivelazione, vocazione missione.
    All’umanità smarrita nel labirinto dell’ateismo e dell’agnosticismo il profeta vuole smascherare l’inganno di una visione pagana della vita in una prospettiva di ravvedimento alla scoperta di un rapporto vitale con Trascendente.
                                                               
                                                                                                                
     
     
  13. SEM IPC
    Ho molto apprezzato l’intervento di Roberto De Mattei A proposito del mea culpa di papa Francesco in Canada del 27 u.s. e mi permetto qualche riflessione aggiuntiva. Sul viaggio di papa Francesco in Canada, chiederei un giudizio articolato; non può esserne ignorata, oltre allo slancio di carità, una sapienza politica (lo ha osservato persino il vaticanista di una TV italiana al seguito del viaggio). È stato tolto di mano, o almeno spuntato, al Primo Ministro Trudeau e al suo anticattolicesimo lo strumento infamante della Chiesa sempre inumana, razzista ecc. Bene. Ma quello che dispiace, al solito, è il disinteresse del papa per una verità delle cose che non sia quella dei media. Disinteresse non solo dovuto (come dirò) alla considerazione che le verità che non arrivano ai media, anche non ostili, sono comunque troppo complicate (si presume) da argomentare; non ce ne possiamo occupare. Nel nostro caso le verità complicate sono ad es. le prassi ottocentesche di assimilazione attraverso la scolarizzazione delle popolazioni non urbane (ovunque, anche di quelle rurali europee), ovvero delle sacche di ‘primitivi’ illetterati culturalmente estranee allo stato nazionale, all'ethos pubblico. Prassi ‘emancipatrici’ generalmente promosse e approvate.  In più, vi sono i rapporti particolari con le culture indiane in tutto il continente americano (del Nord, ma anche nel Messico e altrove in America Latina dopo le rivoluzioni anti-spagnole e 'borghesi'); poi, per il Canada e la questione delle scuole residenziali, i problemi emergenti, dalla qualità del personale e delle strutture, alle epidemie. Al centro di tutto, insomma, la domanda: come e cosa è successo di quanto si afferma? Quali sono i dati, i documenti? Le metodologie e i dati esibiti dal Final Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada (accessibile online digitando questo titolo) appaiono, curiosamente, non meno labili di quelli dei Reports tedesco e francese sugli abusi del clero sui minori: mescolanza di qualitativo e quantitativo, casualità negli spogli archivistici, assenza di contraddittorio all’interno dei comitati, troppi apriori.  In più la deduzione di ‘fosse comuni’ da foto aree è mera ipotesi (non sarebbero comunque ‘fosse comuni’) senza riscontri.  Il lavoro di Scott Hamilton (2014-2015) resta su questo il più completo e cauto (online, digitare Where are buried children?).  Come, per la varietà del quadro storico-ecclesiastico, la monografia di Goulet sui pensionnats indiens dei Missionari Oblati nel Québec, citata da De Mattei.
    Dobbiamo sempre diffidare delle alleanze recenti e non, tra stati e organizzazioni indigeniste (da una di queste è nata la ‘denuncia’ pubblica del 27 marzo u.s. e il battage mondiale, cfr. ad es. Terry O'Neil, ‘Mass grave’ narrative misses need for answers and action: researcher online), poiché i partiti progressisti al potere cercano consensi a buon prezzo sul terreno delle emancipazioni e riconciliazioni, e l’intelligencija indigenista (ovunque nel mondo) vi cerca visibilità, potere politico e denaro. Tutto legittimo, ma senza riguardo ai mezzi, come in questo caso, dove si rasenta il falso. Un falso, o un quadro grossolano e tendenzioso (quello del massacro di generazioni di bambini nativi), che le formule penitenziali del santo Padre finiscono, al contrario, per autenticare. La consueta svendita progressista del passato della Chiesa. 
    Si possono deprecare (comunque col senno di poi) le campagne di de-etnicizzazione, sentite come civilizzatrici dai governi coloniali specialmente delle culture anglosassoni (naturalmente nel XIX secolo, i governi canadesi non erano più coloniali, come non era coloniale il governo federale degli Stati Uniti), ovunque; ma non si devono accettare descrizioni affrettate e distorte, 'politiche', dei fatti e delle loro ragioni. La vocazione cattolica alla scuola operò estesamente; sappiamo veramente, nel caso particolare delle residential schools, come, in che condizioni, con quali risorse con quali idee? Che ne è oggi degli eredi dei nativi alfabetizzati e cristianizzati per legge? Insomma, non è assolutamente secondaria la questione cui si applica De Mattei con preziose indicazioni di cose da sapere e pagine da leggere prima di agitarsi scompostamente, come è avvenuto a qualche deputato cattolico e qualche vescovo canadese, caratteri e intelligenze evidentemente tenuti sotto scacco dalla aggressività governativa e, nel caso, dall’impostura decoloniale, come la definisce Taguieff.
    Papa Bergoglio non ha mai e su nessun terreno sentito questo problema, ovvero che le (auto)condanne quindi le “richieste di perdono” non debbono, pure nel loro slancio sincero, ignorare il principio dell'accertamento della verità, come la accerterebbe un giudice, non come la maneggia l’ideologo. Il fustigarsi dei 'progressisti' è eredità diretta della autocritica ecclesiale (qualsiasi, pur che fosse) delle culture critiche e riformatrici degli anni Sessanta. Si trattava, allora, di indebolire l'istituzione per ‘aprire nuovi spazi’ alla fede, e di più all’azione. E, come avviene ai riformatori entusiasti e poco accorti (la maggior parte), fu alla fine un "avvelenare i pozzi"; funziona così anche ora. Purtroppo la dipendenza mimetica dei cattolici (e teologi e vescovi) 'critici' dalla critica e politica anticattolica, anticlericale, anticristiana, è ora come allora vistosa quanto poco avvertita; o, se cosciente, è ritenuta coraggiosa, 'laica'.
    Questa dipendenza mimetica si mescola alla retta volontà di contrastare con viaggi e atti pubblici (che fu anche la prassi politica di s. Giovanni Paolo) ciò che i media mondiali propongono sul loro terreno; e tale mescolanza, assieme alla fretta e all'individualismo delle decisioni, finisce per inquinare l'azione generosamente deliberata. E la carità impedisce di criticare per l'ennesima volta i cedimenti di papa Francesco di fronte alla mitologia (di invenzione occidentale) del Nativo in arcadica comunione con la Natura. Il tutto appare la cifra immodificabile di questo pontificato.
  14. SEM IPC
    -Ci si sta domandando da più parti  se la Chiesa debba pronunciarsi  sull’ uso etico e responsabile  della Intelligenza Artificiale . Leggendo fra le righe  il suo Magistero, si può scoprire che  la Chiesa ha indirettamente  già  fatto sentire la sua voce , chiedendo un nuovo capitalismo sostenibile ed inclusivo . Che sia voluto, capito  o meno, questo nuovo capitalismo significa, di fatto "digitale ".  Il bene degli esseri umani e  dell’ambiente  sarà grazie al digitale. Così è stato deciso
    -Infatti  sostenibilità e inclusione si traducono in questa  parola < digitalizzazione>  che è un vero  progetto, una concreta  idea . E’ il progetto voluto e supportato dal “mondo intero “ , è la base chiave del nostro avvenire , poiché sarà grazie alla Intelligenza Artificiale  che il  progetto di  digitalizzazione   si compirà per salvare il mondo intero, permettendo la crescita economica ( senza natalità naturalmente ), la fine delle diseguaglianze  e soprattutto  permettendo la protezione del pianeta .
    -Ma l’Intelligenza Artificiale è uno strumento , di per sé neutro,  di un'altra  vera scelta strategica riguardante la nostra civiltà: il  Transumanesimo , cioè  quel pensiero filosofico scientifico che è convinto che la condizione umana possa esser migliorata solo dalla scienza. Solo la scienza può migliorare l’umanità. L’Intelligenza Artificiale è solo lo strumento con cui rafforzare dette facoltà umane.  Ma essendo l’ Intelligenza Artificiale un <algoritmo> non può , in sé , esser  valutato moralmente, lo deve esser solo il pensiero filosofico-scientifico  che la utilizza .
    -La chiesa dovrebbe pertanto semmai occuparsi di questo .  Prima che anche lei possa esser disintermediata  da nuovi  attori digitali come sta succedendo a quasi tutte le istituzioni sociali cui siamo abituati . Amazon  sta sostituendo gli acquisti nei centri commerciali . Facebook  sta sostituendo gli incontri  sociali al bar. Google sta sostituendo la lettura dei giornali.  Netflix  sta sostituendo le sale cinematografiche , ecc.  Magari “qualcuno”  (che magari  viene  anche a far visita in Vaticano )  sta pensando anche alla sostituzione della Chiesa e delle sue funzioni con qualche  soluzione di “Metaverso”, anch’esso  frutto del digitale , che è una sorte di  “creazione”  fatta dall’uomo, una specie di “incarnazione “ di internet .
    -Se all’interno della chiesa non si rifletterà adeguatamente  e si reagirà   soprannaturalmente ,  l’Intelligenza Artificiale  potrebbe  diventare  la nuova “eucarestia”  in una religione relativizzata e spenta dove i sacerdoti saranno  neo-tecnocrati digitali , che ha fatto il “seminario” in Silicon Valley… .
     
     
     
  15. SEM IPC
    Questo intervento è strettamente collegato al mio precedente su “Il pensiero cattolico”  (Il metodo di san Giovanni Paolo II) essendone come un approfondimento.
    Nelle analisi di vario genere, condotte secondo il taglio proprio dei diversi ambiti (socio-politico, economico, psicologico, ecc.) inevitabilmente – o talvolta anche volutamente – ci si ferma quasi sempre e solo ad una lettura “orizzontale” dei fatti, quando, invece, una “lettura” più profonda delle “cause” dei problemi dell’umanità che popola il mondo di oggi, diciamo pure una “lettura teologica”, aiuterebbe a capire le radici “serie” dei problemi. Credo che la chiave di lettura della nostra attuale epoca storica si debba trovare nella lapidaria affermazione di Benedetto XVI, emersa in una conversazione privata con Francesco e da lui riportata (ai Vescovi polacchi, Cracovia, 27 luglio 2016), che così suona: «Questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!». In questa frase si sintetizza tutta l’attualità della dottrina del peccato originale che troviamo in san Tommaso d’Aquino che definisce nella sua essenza – non fermandosi al problema del genere letterario dei due soli passi biblici che ne parlano esplicitamente (Gen 3 e Rm i5,12-14) – il peccato originale come «mancanza della giustizia originale (carentia originalis iustitiae)» (De malo, q. 4 a. 2co). L’umanità dei nostri tempi, più che in ogni altra epoca ha infranto, perduto, rifiutato il “modo giusto” di impostare il rapporto tra se stessa e Dio Creatore. In un primo momento rifiutando la stessa esistenza di Dio (ateismo positivo), poi ignorandolo (ateismo pratico, agnosticismo, indifferentismo: Dio se c’è non c’entra con la vita reale degli esseri umani), infine mettendo l’uomo al posto di Dio (idolatria antropocentrica), fino al punto di “addomesticarlo” costruendo caricature di Dio e di Gesù Cristo da usare a proprio piacimento, fino a capovolgerne gli insegnamenti e la dottrina tradizionalmente custodita dalla Chiesa. Così la “giustizia” senza il “modo adeguato” di rapporto con Dio Creatore è diventata, prima, esclusivamente una questione sociale di semplice ripartizione dei beni materiali (socialismo, marxismo), poi un legalismo gestito a scopi politici (giustizialismo), infine un “comandamento” (imperativo categorico) mondiale al quale tutti devono attenersi per avere diritto di esistere socialmente (pensiero unico, culto pagano dell’ambiente, della natura, ecc.). Curiosamente l’uomo, liberatosi di Dio, del “giusto rapporto” con Dio Creatore, del “peccato originale”, oggi si colpevolizza da se stesso con una sorta di sostituto pagano del peccato originale, sentendosi nemico della natura, degli animali, delle piante, dell’ambiente e del pianeta, del cosmo intero. Obbligandosi in tal modo ad auto-eliminarsi limitando le nascite (contraccezione, aborto), accelerando le morti (eutanasia), moltiplicando le guerre, apparentemente locali, ma di portata planetaria. La radice profonda di tutto quanto accade è rinvenibile in un “modo non giusto” (“peccato”) nel rapporto tra l’uomo-umanità e Dio Creatore che segna i singoli esseri umani e l’umanità nella sua totalità. Questa comprensione “culturale” del peccato originale rimuove ogni visione ingenua e favolistica dalla nostra immaginazione e aiuta a riconoscere nei Comandamenti, nella Legge Naturale, il complesso delle leggi universali stabilite dal Creatore affinché gli esseri umani sappiano governare bene se stessi. Essi sono dati come “leggi di natura” così come lo sono le leggi del mondo fisico e biologico. Non rispettarle, rifiutarle, manipolarle o addirittura capovolgerle disumanizza la vita degli esseri umani, singolarmente e comunitariamente. Questo dato di fatto la Chiesa ha il dovere di spiegarlo a tutti, credenti e non credenti, non essendo una questione solo di fede, ma prima di tutto un dato di ragione, un dato che non temerei di definire “scientifico”. Come la legge di gravità governa il moto dei corpi celesti, così i Comandamenti sono le leggi date per regolare la vita degli uomini. Non rispettarli equivale a danneggiarsi con le proprie mani. Siamo liberi di farlo, a differenza dei corpi celesti che non sono liberi di opporsi alla legge di gravità, ma se lo facciamo finiamo per auto-distruggerci. Gli avvenimenti che accadono nel nostro mondo ogni giorno ne sono la documentazione più schiacciante. La Rivelazione, che in Cristo trova la sua pienezza e il suo compimento, aiuta a comprendere quanto tutto questo sia vero e offre all’essere umano la via di riparazione della “giustizia originale” compromessa e perduta. Se gli uomini non arriveranno a comprenderlo in tempo, toccherà a Dio stesso condurli non solo con l’evidenza degli avvenimenti negativi che essi si infliggeranno, ma con una manifestazione positiva diretta della Sua azione provvidenziale sulla creazione. Solo Cristo con la Sua Passione, Morte e Risurrezione è stato in grado di riaprire agli esseri umani l’accesso alla “giustizia originale”, già in questa vita con il Battesimo e la vita cristiana, e in pienezza nella vita eterna. Se la Chiesa non ricomincia a lanciare questa sfida che Benedetto XVI ha lanciato, finirà per continuare a perdere tempo e basta!
    fonte:  http://www.albertostrumia.it/rapporto con Dio Creatore
  16. SEM IPC
    L’inflazione , soprattutto quella che attualmente  ci preoccupa, come fenomeno economico può e deve  esser valutata nella sua “moralità”, pertanto va adeguatamente capita. Domandatevi come si può cancellare  un debito consistente di un privato, pari per esempio a molte annualità di reddito. La risposta può prevedere l’ipotesi di non pagarlo affatto dichiarando fallimento, oppure “tirando la cinghia", spendendo e consumando meno, oppure cercando di, o guadagnare di più in futuro, oppure  ancora,  grazie alla inflazione che riduce nel tempo  il debito reale. Inflazione(dal latino inflatio, gonfiatura) generalmente nasce da un aumento dei prezzi dovuto alla crescita dei costi di materie prime o all'aumento della domanda dei consumi. L’inflazione provoca riduzione del potere di acquisto e modifica ogni valore economico numerario (debito, credito, trasferendo valore dal debitore al creditore...) o reale (mobiliare o immobiliare). L’inflazione che stiamo vivendo oggi  è di carattere straordinario, dovuta a Covid e Guerra in Ucraina, ed  è sostanzialmente dovuta a crescita straordinaria dei costi delle Materie Prime (energetiche soprattutto, ma anche molte altre necessarie alle nuove produzioni  “sostenibili” ).Questa avrà un effetto elevato perché  penalizzerà enormemente il risparmio, i redditi,  i consumi  e pertanto la ripresa economica. In pratica questa inflazione  fa assorbire  il costo Covid e War  soprattutto al risparmio.  L’inflazione è infatti uno strumento, gestito per assorbire debiti pubblici elevati (una inflazione al 10% all’anno, in dieci anni cancella, di fatto, il debito).Ma  se  detta inflazione non verrà controllata subito e bene, potrà produrre crescita salariale e nuova inflazione, potrà produrre aumento dei tassi di interesse e freno alla crescita economica, potrà produrre tentazioni di svalutazione dell’Euro e nuova inflazione. I governi infatti per risolvere i problemi Covid e War stanno creando  disavanzo (debito), il disavanzo  viene sottoscritto dalle banche centrali  creando inflazione, l’inflazione riduce il Debito/Pil permettendo di fare nuovo disavanzo. E come  lo  si pagherà se non con l’inflazione generata?
    In pratica tutto ciò potrà produrre decrescita economica felice. Quella prevista dai neomalthusiani per dissuadere la crescita della popolazione e proteggere l’ambiente dall’uomo “cancro della natura". Questa è inflazione immorale.
  17. SEM IPC
    A furia di affermare  e portare testimonianze che l’uomo non è una macchina , la macchina non sarà mai “umana” e il robot non ha vita  perché  non si può riprodurre artificialmente la vita, si sta provocando e forzando reazioni  contrarie. In due sensi. Un primo senso per cercare di dimostrare il contrario (cioè che il robot può arrivare a “pensare” )   ed un secondo  senso per dimostrare che sarebbe molto auspicabile  integrare uomo macchina poiché solo la scienza e tecnica possono valorizzare l’uomo ( non Dio), visti i risultati della debole ragione umana . 
    Infatti, negli ultimi tempi soprattutto,  grandi sforzi son stati fatti  sia  per dimostrare che il “libero arbitrio”  umano  non funziona perché irrazionale, sia per  per dimostrare (con il metaverso) che l’uomo può  dare vita alla macchina (entrando in una forma di simbiosi con lei) .  Sono  sotto gli occhi di tutti  gli attacchi alla religione cattolica che sostiene il libero arbitrio,“ avversario ” del transumanesimo , che lo nega . Ma il problema  della creatura ( l’uomo) che diventa creatore  non sarà facile farlo finire qui.
    In un bel libro di Francesco Agnoli ( “10 lezioni di filosofia” – F&C -Guidolin), nella V lezione Agnoli , per difendere la Creazione ed il Creatore, tratta il tema della Intelligenza Artificiale  facendo spiegare da scienziati che i robot non sono vita  e l’uomo non è “creatore” che di macchine , sofisticate , ma sempre macchine.  Riferisce che persino Karl Popper esclude che si possa creare la vita artificialmente  e riporta le considerazione di un altro grande filosofo-scienziato Noam Chomsky , che spiega che i robot  mancano di autocoscienza , consapevolezza, creatività ,  emozioni , esperienze , non sono  liberi  ma son  solo un oggetto non cosciente, ecc.  Ma queste considerazioni  sembrano aver accelerato, in questi tempi di crisi economica  universale, l’affermazione del transumanesimo , che di fatto tenta di sostituire la scienza a Dio  con una nuova “Rivelazione” quindi. Ma  anche tenta di andare oltre immaginando l’uomo  stesso “creatore” con la  creazione del metaverso , cioè della “incarnazione “ di internet.
    Agnoli riporta anche una intervista  del 2015 del fisico e scienziato   Roberto Cingolani , attuale Ministro della Transizione ecologica nel (ex?) governo Draghi il quale dichiara di “annusare la trascendenza“ analizzando in veste di scienziato il genio di portata illimitata  di un ipotetico Creatore. Così come dichiara di trascendere anche quando ( sempre in veste di scienziato) pensa all’ esistenza di un infinito insondabile pre Big-Bang , irraggiungibile alla mente ( Avvenire ,19giugno2015). Insomma, non tutti gli scienziati  ammettono solo l’immanente escludendo il trascendente . Conseguentemente questi scienziati saranno piuttosto prudenti con l’imposizione transumanista del metaverso . O no ?
  18. SEM IPC
    Marco Sgroi, avvocato amministrativista, commenta la recente sentenza della Corte USA in materia di aborto offrendoci alcuni spunti  interessanti
    Tra gli effetti prodotti dalla nota sentenza della Corte Suprema Usa in materia di aborto, vi è anche
    quello – secondario, ma non trascurabile – di aver aggiunto un elemento chiarificatore circa la crisi
    nella quale si dibatte la società, ma anche (noi diciamo: soprattutto) la Chiesa.
    Come si sa, la sentenza non pone alcun divieto di aborto: essa si limita a negare che abortire sia un
    diritto, sicché questo inesistente diritto non può godere, negli USA, di tutela costituzionale.
    Nell’ordinamento italiano la questione si è posta, si pone e si porrebbe in termini parzialmente
    diversi – ma non è su questo tema che desidero soffermarmi.
    Vorrei piuttosto sottolineare che negare o affermare il “diritto di abortire” implica non solo due
    diverse concezioni di diritto soggettivo e di ordinamento giuridico, ma anche due concezioni
    antropologiche che sono totalmente incompatibili e insuscettibili di sintesi. Sul “diritto di aborto”
    si scontrano l’antropologia cristiana e una diversa antropologia, che possiamo ancor oggi, nel XXI
    secolo, definire pagana: è una vera e propria weltanschauung neopagana quella che emerge dal
    successo dell’ideologia abortista.
    A fronte di ciò, possiamo considerare che, negli ultimi decenni, la Chiesa ha tentato di costruire un
    positivo rapporto con la cultura contemporanea sul presupposto che l’incontro e la sintesi tra
    cattolicesimo e modernità potessero/dovessero collocarsi proprio sul piano antropologico. Ancor oggi
    assistiamo allo sforzo drammatico di convergere su una visione antropologica condivisa, che
    consenta alla Chiesa – lungi dal condannarli o anche solo dal sospendere il giudizio – di approvare
    positivamente i capisaldi dell’antropologia mainstream, anche se essi implicano, appunto, il diritto
    di aborto (come la normalizzazione dell’omosessualità, l’accettazione dell’eutanasia e così via…).
    Non mi stupirei, dunque, se un approfondito studio delle dinamiche socioculturali dimostrasse che
    proprio questo approccio della Chiesa ha favorito, in concreto, il diffondersi della mentalità
    anticristiana che oggi vuol farsi sempre più palesemente totalitaria. Mi scandalizza, però, che
    davanti all’eclatante evidenza del fallimento di quell’approccio, vi si insista addirittura, anche ai
    vertici della Chiesa, tanto da ammettere pubblicamente e orgogliosamente ai sacramenti proprio i
    campioni dell’asservimento del cattolicesimo alla dominante antropologia neopagana. Se
    ripensando all’ormai risalente tentativo di realizzare l’irenismo antropologico si può dire
    serenamente errare humanum est, di fronte all’attuale ostinazione in tal senso non
    riusciamo a non pensare che perseverare autem diabolicum.
  19. SEM IPC
    Probabilmente  mai come oggi  sentiamo offendere la nostra fede  cattolica sentendola descrivere come intollerante. Certo siamo distratti da altre offese che riteniamo più rilevanti e urgenti per una reazione.  Ma non sottovaluterei l’accusa di intolleranza. Spiego almeno due perché.
    Primo: Perché  implicitamente  sentiamo  persino lasciar confermare questa accusa  dalla stessa autorità morale che su questo punto indirettamente da ragione a chi ha interesse a farlo ( proprio oggi ), essendo la chiesa cattolica la più ascoltata  autorità morale al mondo da duemila anni. E pertanto non può esser oggi intollerante  con chi la pensa diversamente nel mondo globale oppure con chi sta cercando di fare il bene dell’uomo secondo criteri non previsti dalla religione cattolica ( si  pensi al transumanesimo o al metaverso) .
    Secondo: Perché   l’accusa di intolleranza potrebbe esser  un riferimento chiave per capire oggi come  bene e male si stanno confondendo e perché , e vale la pena parlarne e riflettere su cosa significa oggi esser tollerante o intollerante , su che .    
    Il grande maestro che ha insegnato , riferendosi  sul tema tolleranza e intolleranza , implicitamente ed esplicitamente alla chiesa cattolica , è stato un “gigante” sacro e intoccabile   della filosofia : Karl Popper,  filosofo della scienza e della politica , nato esattamente 120anni fa ( 28luglio 1902 – morto nel 1994).
    L’intolleranza della chiesa cattolica Popper la descrive indirettamente  nel suo "Paradosso della Tolleranza"  dove spiega che : < noi tolleranti dovremmo proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti > ( che dovrebbero , appunto , esser i cattolici ).
    Nella sua grande opera (una quasi bibbia ) : “La Società Aperta”, auspica appunto una società  tollerantissima , aperta a tutti i valori , visione filosofiche, politiche , e soprattutto religiose , aperta a tutte le idee, ideali, esperienze. Popper invece biasima ( dimenticandosi il principio di tolleranza)  la “società chiusa” a quei valori che lei considera negativi ,  chiusa ai corruttori delle idee , chiusa a ideali che considera negativi. Così schiaccia l’individuo. La società aperta  non teme il confronto perché  rappresenta una sfida alle capacità umane di realizzare  al massimo  le potenzialità dell’uomo. Così valorizza l’individuo. Chi frena l’espressione di queste capacità, è  la  società chiusa, che è chiusa perché pretende di possedere le verità ultime ed assolute e impone conseguenti comportamenti agli altri . E’  naturalmente  la  fede  cattolica l‘esempio di massima intolleranza, lo sapevate?? Magari Popper avrebbe apprezzato un capo della chiesa che affermasse che    la chiesa non ha nulla da insegnare , bensì tutto da apprendere da tutti. Ma Popper ha lasciato questa terra nel 1994...  Popper però  ha lasciato  una eredità  che mi pare sia stata ben compresa. Lasciò intendere  infatti,  indirettamente naturalmente,  come distruggere la chiesa intollerante . Spiegò  che le  “Istituzioni” sono come le Fortezze. Resistono se la guarnigione è forte e fedele. Per abbattere la fortezza non c’è  sempre bisogno di assalirla, se ci si riesce,  basta corrompere la guarnigione .
    Seguace di Popper  è George Soros , fondatore della Open Society Foundation . Magnate esemplare  per la sua intolleranza verso le monete deboli  su cui speculare e per la sua intolleranza nei confronti di chi ha un credo religioso.  
  20. SEM IPC
    Ha fatto notizia due settimane fa una dichiarazione di Blake Lemoine, ingegnere informatico di Google nonché studioso di etica, secondo la quale il sistema di intelligenza artificiale di Google LaMDA (acronimo che sta per Language Model for Dialogue Applications), è diventata senziente: in altre parole, non sarebbe più una macchina, ma una persona. Lo scienziato, infatti, in un post online ha affermato che in alcune conversazioni con LaMDA sono emersi argomenti di religione e personalità e l’intelligenza artificiale, ad un certo punto, ha espresso un livello sorprendente di auto-coscienza al punto da sembrare umana, arrivando  persino ad affermare: “Voglio che tutti capiscano che io sono, a tutti gli effetti, una persona”.
    Google non si è detta affatto d’accordo con Lemoine sul fatto che LaMDA sia senziente: dopotutto, secondo l’azienda, i sistemi di intelligenza artificiale come LaMDA attingono da miliardi e miliardi di parole, scritte da esseri umani, per produrre risposte alle domande. Google ha messo in guardia contro l' “antropomorfizzazione” di tali modelli semplicemente perché si sentono intervistati come veri e propri umani.
    Il tema delle intelligenze artificiali senzienti ha affascinato le menti degli scrittori di fantascienza per decenni, ispirando spesso storie sulle conseguenze delle loro azioni malvagie, come ad esempio il celebre Hal 9000 di 2001: Odissea nello spazio (1968), ma anche i pensieri di autorevoli scienziati come il fisico Stephen Hawking che, poco prima di morire, disse alla BBC nel 2014: “Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe significare la fine della razza umana”.
     Ma LaMDA è davvero senziente? Non c’è modo di rispondere a questa domanda al momento, principalmente perché, come ha sottolineato lo stesso Lemoine, "non esiste una definizione scientifica accettata di ciò che è senziente".
    Dal punto di vista del giudizio cattolico, vale la pena chiedersi se la Chiesa abbia detto qualcosa sull’intelligenza artificiale: in effetti, papa Francesco e il dicastero competente, la Pontificia Accademia per la Vita, hanno spesso affrontato l’argomento negli ultimi anni.
    Nel novembre 2020, papa Francesco ha invitato i cattolici di tutto il mondo a pregare affinché la robotica e l’intelligenza artificiale rimangano sempre al servizio degli esseri umani, piuttosto che il contrario. Ancor prima, nel febbraio del 2020, la Pontificia Accademia per la Vita aveva firmato una dichiarazione, la Rome Call for AI Ethics, sottoscritta dal governo italiano e anche giganti della tecnologia come Microsoft e IBM, in cui si chiedeva un uso etico e responsabile dell'intelligenza artificiale.
    Essa include sei principi etici che dovrebbero guidare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale:
     Trasparenza: i sistemi di intelligenza artificiale devono essere comprensibili a tutti.
     Inclusione: questi sistemi non devono discriminare nessuno perché ogni essere umano ha pari dignità.
     Responsabilità: deve esserci sempre qualcuno che si assuma la responsabilità di ciò che fa una macchina.
     Imparzialità: i sistemi di intelligenza artificiale non devono seguire o creare pregiudizi.
     Affidabilità: l’intelligenza artificiale deve essere affidabile.
     Sicurezza e privacy: questi sistemi devono essere sicuri e rispettare la privacy degli utenti.
     La dichiarazione ha anche formulato diverse raccomandazioni concrete: per esempio, che le persone dovrebbero essere consapevoli se stanno interagendo con una macchina; che la tecnologia basata sull'intelligenza artificiale dovrebbe essere utilizzata per l’empowerment (cioè, l’emancipazione), non per lo sfruttamento; e che l’intelligenza artificiale dovrebbe essere impiegata nella protezione del pianeta.
     Mentre sembra chiaro, secondo l’insegnamento della Chiesa, che l’intelligenza artificiale deve rispettare la dignità e il valore degli esseri umani, nulla si dice però della intelligenza artificiale che arrivi a identificarsi come una “persona”: un argomento che la Chiesa cattolica dovrà, prima o poi, approfondire, per poi far sentire la sua voce.
     
    Nicola Lorenzo Barile è nato a Bari nel 1970 e si è laureato presso l’Università di Bari in Lettere moderne con una tesi in storia medievale. Si occupa di storia delle istituzioni e della società dell’Italia fra basso medioevo e prima età moderna (secoli XI-XVI) e delle relazioni fra etica cristiana e mondo dell’economia e del commercio (business ethics), con particolare riferimento alla proibizione canonica dell’usura. Ha lavorato presso l’Archivio di stato di Bari e presso le Università di Bari, Lecce, Padova e l’Università di California in Berkeley. È membro della Società italiana degli storici medievisti e della Renaissance Society of America.  
    Fra i suoi ultimi lavori: Perché furono proibite assolutamente? Usura e contraccezione secondo John T. Noonan, Jr, in “Anthropotes”, 34 (2018), pp. 473-490; Rethinking “The Two Italies”. Circulation of Goods and Merchants between Venice and the “Regno” in the Late Middle Ages, in Comparing Two Italies. Civic Tradition, Trade, Networks, Family Relationships between Italy of Communes and the Kingdom of Sicily, ed. by P. Mainoni and N. L. Barile, Turnhout 2019.
  21. SEM IPC
    Filosofo:  Caro economista, le propongo di riflettere su cosa è oggi antropologia, cioè la scienza che studia l’uomo fisicamente, moralmente , socialmente, culturalmente.  Mi domando cosa sia  o cosa stia diventando e cosà sarà domani , considerando che ormai mi pare stia dimostrando di essere  “antimetafisica “ visto che analizza l’uomo e persino  la sua coscienza prescindendo dal fatto che abbia o no un anima. Oggi antropologia potrebbe esser ridefinita “post-antropologia”  seguendo il post-umanesimo , pertanto. E che fa l’economista per soddisfare i bisogni di  un’uomo che non ha un anima ?
    Economista:  Caro filosofo, fino a ieri pensavo effettivamente  che per fare buona economia fosse sufficiente conoscere come soddisfare i bisogni dell’uomo, supponendo di sapere cosa è l’uomo.  Ma effettivamente oggi mi chiedo quali siano o  stiano diventando i bisogni dell’uomo e chi lo decida .Ovviamente decidendo anche come soddisfarli.  Ma lei pone un tema che mi mette in difficoltà, perché prima  dei bisogni  lei chiede chi sia oggi l’uomo . Ed implicitamente si chiede  quale sia  la sua libertà che gli viene concessa , se gli si riconosce o no libero arbitrio, se gli si concede di esprimere la sua volontà. Io speravo che questa risposta potesse darla il filosofo, ma riconosco che i filosofi  son  troppo impegnati  a mettere la religione contro la scienza per aver tempo per pensarci. Io temo che, nel contesto transumanista, all’uomo sia negato il libero arbitrio perché soggettivo e non razionalizzabile secondo i nuovi imperativi “scientifici”.  Pertanto non gli si riconosce ( più )  libertà , perché con la libertà che gli è stato concesso di esercitare  negli ultimi tempi , ha provocato disastri, crisi  irreparabili.  In sintesi, per la gnosi filosofica dominante oggi, è il libero arbitrio che è responsabile dei problemi che stiam cercando di risolvere . Perciò il libero arbitrio, soggettivo e irrazionale, va sostituito con  una adeguata forma di determinismo scientifico-tecnologico, che è invece razionale, farà il bene dell’uomo e della intera umanità e  dell’ambiente, riequilibrando  così i disastri fatti dall’uomo, influenzato  ancora oggi dal concetto di “sacro”, da  religioni- superstizioni , non scientifiche .
    Filosofo: si direbbe curiosamente che  l’uomo di oggi si ama e si odia, rifiuta il trascendente, ma  neppure intende l’immanente. Si relativizza confrontandosi con l’animale,  de-gerarchizza il suo ruolo nella natura, nel Creato, e si sente responsabile degli effetti dei cicli naturali ambientali, si considera scienziato ma non sa analizzare le cause limitandosi agli effetti. E per gestirli inventa utopie e gli economisti diventano utopisti.  Dovrebbe esser pertanto compito dell’economista spiegare  la differenza, oggi, tra scienza, scientismo e tecnologia . Invece lasciate che lo si  intenda grazie a  qualche trasmissione televisiva tipo quella di Piero Angela .  Questa è la fine del pensiero umano voluto dal Creatore. O no ?
    Economista:  è estremamente difficile  oggi per una creatura umana saper esercitare la propria volontà e libertà, i mezzi per condizionarla sono infiniti e l’economia  è certo la prima,  perché fa prendere  paura , paura di perdere ciò che sia ha, se non si obbedisce.  Oggi viviamo in una “infrastruttura”  da cui non si può uscire, è una infrastruttura tecnologica ( digitale ), economica (lavoro),  sanitaria e  sociale,  dove l’esercizio della libertà umana è limitato, ma ancora non totalmente cancellato. E’ limitato perché  non abbiam coraggio, non siamo consapevoli, abbiam paura e soprattutto manchiamo di guida, di maestri.  Faccio un esempio, questa tecnologia che  sembra  condizionarci così tanto l’abbiamo inventata noi, il nostro genio, come possiamo  pensare  che non  possa esser  gestita da qualcuno  e di non poterla pertanto  noi stessi contro-gestire?  La tecnologia non è altro che la  nostra applicazione pratica ( secondo convenienza e capacità)  di criteri scientifici che son spiegati dalla logica della  Creazione . E’ assolutamente vero che l’idea di questo nuovo capitalismo inclusivo e sostenibile , che non è altro che l’ultimo Reset, è un modo per aggirare la soluzione vera ai problemi  ed è certo orientato a decostruire l’essere umano  al fine di imporre  una forma di post-antropologia cancellando così il valore dell’uomo.  E’ l’eterno “non serviam” … stavolta condito con Intelligenza Artificiale. Ma scusi, filosofo, ma l’Autorità Morale perché non si sente più intervenire? Come mai si occupa solo di economia, confondendo  però cause con effetti ?
    Sacerdote . Scusate se intervengo. Vedete caro filosofo e caro economista, l’uomo di questo secolo ha una solo vero bisogno da soddisfare ed è ciò che da senso alla vita, ma non sa come soddisfarlo perché nessuno più glielo insegna o lo stimola a cercarlo.  E ciò è anche colpa di noi sacerdoti, mia, ma non della Santa Chiesa di Cristo.  E’ vero che la metafisica è ignorata, è vero che il libero arbitrio è negato e la libertà limitata, è vero che viviamo in una “infrastruttura” che ci impone comportamenti.  Ma riflettete, la supposta razionalità tecnico-scientifica del post e transumanesimo  porta  di fatto solo  a non contar su Dio .
    Ma come si fa a fare i conti se non si sa contare su chi realmente ”conta” ? Cerchiamo di esser realisti, ma soprannaturalmente realisti . Nessun umano ci può togliere  quello che è divino, solo chi ha creato una creatura può modificarla perché solo lui la conosce.
    Però è vero, dobbiamo reagire. Dobbiamo smettere la scelta del silenzio vile e colpevole di fronte a ciò che avviene. Questa è l‘ora del fare, dell’agire, dell’insegnare che l’utopia transumanista, che  ha più di 400 anni di storia,  oggi crede di poter affermarsi solo grazie alla Intelligenza Artificiale.  Appunto,  “artificiale”,  cioè contrapposta a ciò che è naturale.  L’artificiale è  realizzato  dalla creatura, il naturale è realizzato  dal Creatore. Amici , torniamo a fare  ed insegnare .Secondo l’esempio e insegnamento di Cristo. Ciò che è l’artificiale e algoritmico nel transumanesimo  deve farci  ridere, è  solo l’ultima utopia, da non sottovalutare naturalmente, ma  è solo una utopia.
    Concepite piuttosto  una scuola per insegnare cosa sono le utopie che possono diventare eresie  ed insegnare le straordinarie e affascinanti Verità che si vuole  sembrino esser scientisticamente  impossibili .  
  22. SEM IPC
    A proposito dei due precedenti contributi sulla rottura della giustizia tra l’uomo/umanità e Dio Creatore (qualcuno ci ha preceduti di anni…)
     
    Leggendo il secondo capitolo (della Genesi vediamo che l’edificio della creazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’uomo non è qualcosa; è qualcuno, e per questo merita un rispetto assoluto. Il secondo pilastro è il rapporto tra uomo e donna, che è sacro. Tra l’uomo e la donna. Perché la creazione trova la sua completezza quando Dio crea la donna. Al punto che, dopo aver creato la donna, la Bibbia dice che Dio si è riposato.
    Cosa vediamo oggi? Due eventi terribili. In primo luogo, la legittimazione dell’aborto. Cioè, l’aborto è diventato un diritto soggettivo della donna. Il “diritto soggettivo” è una categoria etica, e quindi siamo nell’ambito del bene e del male; si sta dicendo che l’aborto è un bene, che è un diritto. La seconda cosa che vediamo è il tentativo di equiparare i rapporti omosessuali e il matrimonio. Satana sta tentando di minacciare e distruggere i due pilastri, in modo da poter forgiare un’altra creazione. Come se stesse provocando il Signore, dicendo a Lui: “Farò un’altra creazione, e l’uomo e la donna diranno: qui ci piace molto di più”.
    L'intervista completa la trovate qui
     
  23. SEM IPC
    Diane Montagna - pubblicato il 22/05/17
    La veggente di Fatima gli disse: "Verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia"
    CITTÀ DEL VATICANO – Le parole profetiche di Suor Lucia sullo “scontro finale” tra il Signore e Satana, che avrebbe riguardato il matrimonio e la famiglia, “si stanno adempiendo oggi”, ha dichiarato ad Aleteia il Cardinale Carlo Caffarra.
    Nel pomeriggio di venerdì 19 maggio il cardinale italiano è intervenuto al quarto incontro del “Roma Life Forum“, un appuntamento annuale che riunisce più di 100 esperti su vita e famiglia da oltre 20 nazioni per discutere su come difendere e rafforzare la vita coniugale e familiare nel mondo.
    Il cardinal Caffarra è Arcivescovo emerito di Bologna e presidente fondatore del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. È attualmente membro del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, del Pontificio consiglio per la famiglia e della Pontificia accademia per la vita.
    È stato creato cardinale da Papa Benedetto XVI nel marzo 2006. Il cardinal Caffarra è stato uno dei 45 delegati scelti da Papa Francesco per partecipare al Sinodo Ordinario sulla Famiglia nel 2015.
    In quest’intervista esclusiva, rilasciata prima del suo discorso, il cardinal Caffarra descrive anche come Satana stia tentando di distruggere i due pilastri della creazione, in modo da modellare la propria “anti-creazione”, spiegando perché, in questa battaglia, la donna è “l’essere umano che deve essere difeso maggiormente”.
    Sua Eminenza, cosa può dirci della lettera che ha ricevuto da Suor Lucia mentre lei stava lavorando per fondare il PontificioIstituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia a Roma?
    Nel 1981 papa Giovanni Paolo II fondò l’Istituto per studi su matrimonio e famiglia. I primi anni (1983-1984) sono stati molto difficili. L’Istituto non era benvoluto.
    Chi non lo voleva?
    Era malvisto sia dentro che fuori della Chiesa, a causa della visione che proponeva. Ne ero molto preoccupato. Senza averlo chiesto a nessuno, pensai: “Scriverò a Suor Lucia”.
    Come le è venuto in mente?
    Mi è venuto e basta. Ma come sapete, fin dall’inizio la patrona dell’Istituto è stata Nostra Signora di Fatima. È contenuto nella Costituzione Apostolica, in cui il Papa ha affidato istituto al patrocinio della beata Vergine di Fatima. Al punto che – e spero che sia ancora così – entrando nell’istituto, alla fine del corridoio, c’è una statua di Nostra Signora di Fatima, e la cappella dell’Istituto è dedicata a Nostra Signora di Fatima.
    E così, ho pensato di scriverle. Le ho scritto dicendole semplicemente: “Il Papa ha voluto questo Istituto. Stiamo attraversando un momento molto difficile. Ti chiedo solo di pregare”. E ho aggiunto: “Non mi aspetto una risposta”. Le sue preghiere mi sarebbero bastate.
    Come sapete, per avere qualsiasi contatto con Suor Lucia, anche per lettera, bisognava passare per il suo vescovo. Così ho inviato la lettera al vescovo, che l’ha consegnata a Suor Lucia.
    Con mia gran sorpresa, dopo non più di due o tre settimane, ho ricevuto una risposta. Era una lunga lettera scritta a mano. Era il 1983, o il 1984. La lettera finiva così: “Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna aver paura, perché la Madonna gli ha già schiacciato la testa”.
    Questo è rimasto inciso nel mio cuore, e tra tutte le difficoltà che abbiamo incontrato – e ce ne sono state così tante – queste parole mi hanno sempre dato una grande forza.
    Quando ha letto le parole di Suor Lucia, ha pensato che lei stesse parlando di quel momento storico?
    Qualche anno fa ho cominciato a pensare, dopo quasi trent’anni: “Le parole di Suor Lucia si stanno adempiendo”. Questa battaglia decisiva sarà il tema del mio discorso di oggi. Satana sta costruendo un’anti-creazione.
    Un’anti-creazione?
    Leggendo il secondo capitolo della Genesi vediamo che l’edificio della creazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’uomo non è qualcosa; è qualcuno, e per questo merita un rispetto assoluto. Il secondo pilastro è il rapporto tra uomo e donna, che è sacro. Tra l’uomo e la donna. Perché la creazione trova la sua completezza quando Dio crea la donna. Al punto che, dopo aver creato la donna, la Bibbia dice che Dio si è riposato.
    Cosa vediamo oggi? Due eventi terribili. In primo luogo, la legittimazione dell’aborto. Cioè, l’aborto è diventato un diritto soggettivo della donna. Il “diritto soggettivo” è una categoria etica, e quindi siamo nell’ambito del bene e del male; si sta dicendo che l’aborto è un bene, che è un diritto. La seconda cosa che vediamo è il tentativo di equiparare i rapporti omosessuali e il matrimonio. Satana sta tentando di minacciare e distruggere i due pilastri, in modo da poter forgiare un’altra creazione. Come se stesse provocando il Signore, dicendo a Lui: “Farò un’altra creazione, e l’uomo e la donna diranno: qui ci piace molto di più”.
    Le Scritture dicono che il diavolo è il padre della menzogna, che si presenta come un angelo di luce…
    Nel mio discorso, spiegherò le parole di Gesù su Satana: “Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Giovanni 8:44). E così secondo me – e non so se Giovanni Paolo II lo avesse già previsto – in questo tipo di situazione l’essere umano che deve essere difeso di più è la donna. Infatti nel suo pontificato scrisse Mulieris Dignitatem. Lì volle sviluppare una teologia della femminilità, perché capì che questo fosse un punto delicato.
    La donna è quindi il campo di battaglia?
    Nella Bibbia c’è un dettaglio che mi ha sempre colpito. Dopo il peccato originale, Dio affronta il serpente e dice: “Io porrò inimicizia tra te e la donna”. Dio ha posto una particolare inimicizia tra la donna e il male, come se la donna avesse una sorta di istinto per il bene. Dio ha posto questa inimicizia proprio tra la donna e il male. Il testo continua: “Tra la tua stripe e la sua stirpe”, e qui i teologi vedono la predizione del Figlio di Maria. Pertanto, la donna ha un particolare coinvolgimento che ha conseguenze per la cultura, la società e la famiglia.
    Stiamo commemorando il centenario delle apparizioni della Madonna ai bambini di Fatima. Qual è il messaggio oggi?
    Per me, l’originalità di Fatima è questa: a Fatima, la Madonna ha profetizzato. In altre apparizioni, non ha profetizzato, bensì esortato. Come a Lourdes: fate penitenza, pregate, dite ai sacerdoti di costruire una cappella in questo posto. Esorta e ricorda le forti esortazioni di Gesù alla penitenza e alla preghiera. Ma a Fatima profetizza; questo vuol dire che si introduce negli eventi umani e gli interpreta. Non l’aveva mai fatto prima.
    Anche Suor Lucia ha profetizzato?
    Sì, l’ha pienamente indirizzata [la profezia della Madonna] e ci ha lasciato le sue Memorie. Alcuni sono molto sconvolgenti. Sentì che questo fosse il compito che la Madonna le aveva dato, cioè diffondere e interpretare questa profezia.
    E anche le parole di Suor Lucia sulla “battaglia decisiva” sono state una profezia?
    Si assolutamente. Ciò che Suor Lucia mi ha scritto si sta adempiendo oggi.
    Fonte: Aleteia
     
  24. SEM IPC
    Qual è stato il metodo di San Giovanni Paolo II per stare pienamente di fronte alla Verità?
     
    «Io sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6). Gesù dice di sé di essere “La Verità”. La sfida che lancia è tra coloro che intendono prendere sul serio, letteralmente, questa affermazione e coloro che non intendono farlo, attribuendole un valore sfumato o nullo. Giovanni Paolo II si è collocato, da credente, addirittura da santo, tra quelli della prima categoria, ed è stato chiamato ad essere maestro di quelli della prima categoria, e sfida per gli altri, perché prendano atto dell’inadeguatezza della loro posizione e la cambino.
    Per giungere a farlo (questo è il metodo) si è confrontato con tutto il pensiero e tutta la storia, cristiana e non cristiana, che lo ha preceduto; con il patrimonio culturale (filosofia, scienza, arte) della tradizione cristiana e precristiana. E ha attuato una sorta di “metodo scientifico”, per realizzare una sorta di “verifica sperimentale” del cristianesimo nella sua personale esperienza di vita. Se Cristo è vero, com’è, Egli “spiega” e fa “vivere” l’uomo, la famiglia, il lavoro, la società, la storia, insuperabilmente meglio di tuti gli altri. Questa è la “verifica del cristianesimo”, che è divenuta, di conseguenza, anche una “sfida” lanciata a quel mondo (esterno ed interno alla stessa Chiesa) che ha “liquidato la verità”, pur di addomesticare Cristo. È il mondo di oggi, dominato dal “relativismo”.
    Nel suo insegnamento e nella sua testimonianza è come se Giovanni Paolo II avesse detto: “Se le ideologie del mondo hanno fallito, allora solo Cristo resiste e io vi sfido a fare la prova”.
    È molto utile riprendere in mano il cap. IV della sua enciclica Fides e ratio (1998), a questo proposito, per vedere come egli ha compreso il “percorso”, il “lavoro culturale” elaborato nei secoli dal pensiero cristiano e come questo è stato progressivamente demolito da una sorta di “peccato originale” di orgoglio intellettuale degli uomini, compreso anche quello di alcuni pensatori credenti.
    Per Giovanni Paolo II, Cristo, con tutto ciò che da Lui deriva, è stato il “criterio di giudizio”, il “criterio culturale”, la “chiave ermeneutica” per comprendere e valutare se stesso, la condizione umana, la storia, l’uomo nelle sue caratteristiche (“antropologia”), la famiglia (si possono riprendere in mano le sue udienze generali del mercoledì su “Amore, matrimonio e famiglia” per rendersene conto).
    Questo “metodo” è diventato il suo metodo di “annuncio cristiano”, un metodo che aveva portato la Chiesa ad essere “in anticipo” sui tempi (con una funzione “profetica”) nella storia, rispetto alle ideologie del mondo, che si sono dimostrate prima o poi insufficienti, anzi dannose, per l’uomo.
    Il vero umanesimo è cristiano: non può essere marxista (illusione della teologia della liberazione), non individualistico-materialista-edonista (illusione del mondo occidentale), non gnostico-pagano (illusione di oggi dell’ecologismo panteista), ecc. Con lui la Chiesa si è dimostrata “in anticipo sui tempi” e non in ritardo come molti, anche tra i credenti, la ritenevano fino a poco prima.
    Lui aveva fatto l’esperienza di due “dis-umanesimi” totalitari e ne aveva vissuto il fallimento sociale e antropologico nell’Est europeo, prima di noi in Occidente. Anche grazie a questo è stato “più avanti”, e per questo è stato in larga misura non capito in Occidente. Adesso, poi, è stato censurato, dimenticato e quando se ne parla viene manipolato.
     
    Ho conosciuto un’altra persona che aveva avuto la stessa intuizione e lanciato lo stesso metodo per essere cristiani, riscoprendo quelle dimensioni del cristianesimo che chiamava “cultura”, “carità” e “missione”, e insegnava a prendere Cristo come “criterio di giudizio” su se stessi e sulla storia. Ed era don Luigi Giussani, al quale Giovanni Paolo II disse (cito a memoria): «Il mio metodo è molto simile al suo; anzi è lo stesso» (cfr. Tempi,  26 aprile 2014).
    Come poté Giovanni Paolo II fare tutto questo, prima da semplice sacerdote, da docente universitario, da Vescovo e Cardinale in Polonia, e poi da Papa nel mondo intero?
    Egli seppe fare due cose. E qui entro più direttamente nel suo metodo.
    La prima cosa. Seppe imparare a “leggere l’esperienza” degli uomini (in senso profondo e non appena psicologistico o modernista; non dobbiamo farci rubare una parola come “esperienza”, solo perché è stata deformata dal modernismo; mentre era stata impiegata correttamente già da Aristotele e poi da san Tommaso d’Aquino, ma dobbiamo riappropriacene). Giovanni Paolo II seppe leggere la sua esperienza umana e quella degli altri, andando in profondità, e non limitandosi agli aspetti superficiali, puramente esteriori, psicologici e sociologici, che non vanno di certo trascurati, ma piuttosto unificati sapendo ripercorrere quella catena di effetti e di cause che hanno un fondamento via via più essenziale per l’uomo.
    Per questo gli fu certamente utile anche lo studio della filosofia, dell’antropologia, della fenomenologia (Max Scheler fu uno dei suoi autori di riferimento, a questo scopo). Ma non si accontentò di fermarsi alle spiegazioni dell’uomo che i fenomenologi, davano, che rimanevano ad un livello per lui insoddisfacente, e finivano per rimettere in gioco come fondamenti quegli stessi principi che inizialmente avevano cercato di criticare come inadeguati (come, ad esempio, in Husserl la visione cartesiana, criticata prima [penso alla Crisi delle scienze europee], ma rimessa in gioco poi per mancanza di alternative).
    La seconda cosa è consistita nell’individuazione del Fondamento più solido del pensiero moderno, ritrovato come “più avanti” della stessa modernità. Giovanni Paolo II, invece, andò a pescare i fondamenti razionali, filosofici, antropologici nel pensiero cristiano, per comprendere fino in fondo l’esperienza dell’uomo. San Tommaso d’Aquino, soprattutto, attingendo alla metafisica (che oggi si poteva, e doveva rimettere in gioco, riscoprendola come una “teoria dei fondamenti” delle scienze perché iscritta nella realtà). E alimentandosi spiritualmente dei mistici (come San Giovanni della Croce), oltre che dei poeti della sua Polonia (come Norwid), divenendo lui stesso poeta, e interprete come attore nelle piccole rappresentazioni teatrali che realizzava, da giovane, con i suoi amici.
    La sua grande opera filosofica Persona e atto sintetizza il suo percorso filosofico:
    i) Si trattava di leggere e comprendere l’esperienza dell’uomo;
    ii) trovando la “spiegazione” di chi è l’uomo e di come funziona (“antropologia”), attraverso i principi fondamentali e irrinunciabili che regolano l’Essere di tutte le cose (metafisica). Ed è in queste che egli ha trovato e proposto le “ragioni” che stanno alla base della “morale” naturale e di quella cattolica, così che queste si dimostrino indispensabilmente necessarie agli uomini e non come imperativi moralistici. Come dicevano i medievali: praeceptum quia bonum e non, kantianamente, bonum quia praeceptum.
     
    È curioso che da un secolo a questa parte chi si occupa del problema dei fondamenti, in ambito seriamente scientifico, si trovi a fare i conti con la necessità di compiere, in fondo, lo stesso tipo di percorso. A questo proposito, proprio lui ebbe a scrivere e a dire: «Una grande sfida ci aspetta […] quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza; […] è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge» (Fides et ratio, n. 81, 14-9-1998; al Giubileo degli scienziati, 25-5-2000).
     
    È il percorso dei pensatori cristiani, cattolici, dai Padri della Chiesa a sant’Agostino e san Tommaso. Il cristianesimo ha guidato la ragione a completare, ripulire approfondire ciò che c’era di vero e di meglio nel pensiero pre-cristiano. Come ebbe a dire il Card. J. Ratzinger poco prima di divenire Benedetto XVI: «Una delle funzioni della fede, e non tra le più irrilevanti, è quella di offrire un risanamento alla ragione come ragione» (Fede, Verità, Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 142).
     
    Come possiamo, recuperando gli aspetti attuali del suo metodo, vivere bene il presente in questa detronizzazione della Verità?
    Rispondo. Cercando di fare allo stesso modo, di seguire lo stesso metodo. Studiando, pregando, facendoci aiutare da chi ne ha seguito la strada. Oggi fare questo significa marciare controcorrente (anche negli ambienti di Chiesa!), ed è urgente farlo… Esemplifichiamo: partiamo da questa domanda ineludibile: Che cos’è la verità?
    Che cosa aveva detto il pensiero filosofico (e teologico) cristiano e pre-cristiano lungo i secoli, in risposta alla domanda: Che cos’è la verità?
    Aveva colto due aspetti:
    1) Quello della Verità come “svelamento”. Per i Greci la Verità veniva rappresentata come una splendida figura femminile, mentre è svelata, resa senza veli. Il concetto di Verità che si svela da se stessa, poi, è la base della nozione cristiana di Rivelazione. La Rivelazione “svela” agli occhi della fede e al tempo stesso “vela di nuovo” per chi rifiuta la fede (ri-velata, svelata prima, e velata di nuovo poi). E svela solo in parte, anche per chi ha fede, lasciando ancora “il più” alla visione finale eterna.
    2) E poi quello della Verità come “corrispondenza” alla realtà. Oggi con la verità si è liquidata anche la “realtà” oggettiva delle cose. E tutto sta smettendo di funzionare. La verità veniva intesa come “corrispondenza” della conoscenza (la nostra, ma prima di tutto quella creatrice che è di Dio) alla realtà.
     
    Partiamo dall’Alto, da Dio. Dio è la Verità. Dio è tutto, la pienezza dell’Essere: Dio è l’“Essere perfettissimo” (Catechismo san di Pio X). Cristo dicendo «Io sono la Verità» dichiara di essere Dio.
    Il Vero, nella sua pienezza è Dio che si offre alla nostra conoscenza (la quale si ottiene con l’esperienza e l’intelligenza: quaerere, chiedere per sapere);
    Come il Bene, nella sua pienezza è Dio che si offre, alla nostra volontà/affettività, come ciò che è “desiderabile” (appetitum, san Tommaso; petere, chiedere per ottenere), Colui del quale non si può non avere “nostalgia” fino a che non si appartiene liberamente a Lui (Sant’Agostino, Confessioni, «Il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te», L. I, 1.4).
    La conoscenza “porta dentro di noi” (immaterialmente) le cose che sono fuori di noi.
    La volontà/affettività, in modo complementare ci “fa muovere verso le cose”, verso le persone, per averle e per essere sempre con loro (Aristotele, Tommaso).
    Così l’Uno, nella sua pienezza è Dio che si dimostra come “principio unificante” che origina, governa e compie tutto ciò che esiste. L’“unità della persona” si sperimenta solo riconoscendo di appartenere a Dio. Sono i famosi “trascendentali”: ente, vero, bene, uno.
     
    = E il Bello (Gloria di Dio) è tutto questo insieme, che si manifesta a tutto il nostro essere. Il Bello è il Bene che si fa vedere dagli occhi, e per analogia è il Vero che si offre all’intelligenza, all’anima.
     
    Siamo partiti da Dio. Scendiamo verso il basso, alle creature
    La “verità”, in ogni cosa creata particolare, è la “corrispondenza” tra la cosa creata e il “come” Dio Creatore pensa e vuole che essa sia. E qui c’è di mezzo la nostra limitata intelligenza e la nostra libertà. La nostra conoscenza è vera se “corrisponde” a come la pensa, la vuole Dio Creatore.
    Prima di tutto c’è la Verità come “autenticità” (verità ontologica): l’essere creato è autentico quando è come Dio lo vuole. Se noi lo manipoliamo contro la sua natura lo snaturiamo, lo priviamo della verità, dell’autenticità, abbruttendolo di conseguenza.
    Poi c’è la Verità “nella conoscenza” (nel giudizio): la conoscenza è vera (verità logica) se c’è “corrispondenza” tra essa e le cose come stanno, in se stesse, davanti a Dio Creatore. Una “corrispondenza” tra la conoscenza nella nostra mentee la conoscenza in Dio.
    Se pretendiamo di servirci della nostra libertà per imporre alla realtà un giudizio discorde dalla mente del Creatore, il giudizio è falso, è menzogna, è ideologia.
    Un uomo che pretende, in nome della sua libertà, di pensarsi e di vivere solo come corpo, come materia, non corrisponde a come lo vuole Dio Creatore e prima o poi la sua vita non funzionerà, perché la sua concezione della vita cozza contro la realtà dei fatti («Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!», Gv 7,24). È quanto succede nel mondo di oggi.
    Per questo, nella morale occorre riscoprire la “legge morale naturale” (I Dieci Comandamenti), e nel diritto occorre ritrovare come base l’autentico “diritto naturale”. Diversamente la legge diviene impostura del potere di turno, diviene una corruptio legis. È la questione dei “principi non negoziabili”, che sono irrinunciabili perché una società funzioni, sia umanamente vivibile.
    Infine c’è la Verità come “consapevolezza” di “conoscere la verità”, di essere nella verità (verità formale). Una consapevolezza che è offerta alla nostra ragione, non tanto per merito nostro, ma perché è “svelata” nella Rivelazione in Cristo, pienezza della Rivelazione. In terra, questa, è “accessibile” mediante la fede in Cristo, nella Chiesa. Oltre questa condizione terrena è “manifesta” nella visione diretta di Dio.
    Ma anche la “ragione umana” può (anche se non tutti ci riescono facilmente) raggiungere questo grado di consapevolezza certa, almeno in merito a quei principi che si mostrano come “irrinunciabili”, non negoziabili. Gli antichi dicevano addirittura “evidenti”. Su tutto il resto abbiamo delle teorie ipotetiche, o delle opinioni. Per questo è indispensabile l’aiuto della Rivelazione.
    Lo diceva già Platone: «Non c’è altro da fare: […] varcare a proprio rischio il gran mare del’esistenza, a meno che uno non abbia la possibilità di far la traversata con più sicurezza e con minor rischio su una barca più solida, cioè con l’aiuto di una rivelazione divina» (Fedone, XXV).
     
    Riassumendo
    Il metodo di Giovanni Paolo II che possiamo imparare da lui, per “costringere” a fare questo percorso anche l’uomo di oggi – che ha distrutto la stessa nozione di verità frammentandola in tante opinioni – è quello di procedere come in una dimostrazione matematica per assurdo. Ti faccio vedere che la negazione della “tesi” cristiana-cattolica porta alle contraddizioni che tu stesso puoi constatare nella realtà della società di oggi. Se la società e la tua vita sono divenute invivibili, la causa non è forse l’aver rifiutato il cristianesimo e con esso la stessa nozione di “verità oggettiva”?
    Diagnosi. Hai distrutto la Verità, pur di liberarti della fede in Cristo: tocca con mano le conseguenze. La vita è divenuta invivibile, la società, prima è stata resa disumana (i regimi), poi anarchica e ingovernabile (fallimento delle democrazie senza una cultura della verità  comune a tutto il popolo). Chiediti perché! Le cause, non sono solo materiali, strutturali, economiche, sociali (analisi marxista), o solo psicologiche (psicologia, psicanalisi), o giuridico-legali (legalismo, giustizialismo). Scava dentro l’uomo lasciandoti guidare dalla Rivelazione. Questo ti dice l’autentico pensiero della Chiesa!
    Terapia. E se avessimo gettato il Bambino con l’acqua sporca, eliminando il cristianesimo e con esso la verità? Se la negazione di Cristo e della verità è stata fallimentare non ha forse senso pensare che sia giusto, al contrario, tornare a prendere in seria considerazione Cristo e la verità? Questa è stata la sfida al mondo lanciata da san Giovanni Paolo II e proseguita da Benedetto XVI. Il mondo l’ha rifiutata, e oggi ne paga le conseguenze!
     
     
     
    Testo 1
    «In questo sembra consistere l’atto principale del dramma dell’esistenza umana contemporanea, nella sua più larga ed universale dimensione. L’uomo, pertanto, vive sempre più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti, naturalmente non tutti e non nella maggior parte, ma alcuni e proprio quelli che contengono una speciale porzione della sua genialità e della sua iniziativa, possano essere rivolti in modo radicale contro lui stesso; teme che possano diventare mezzi e strumenti di una inimmaginabile autodistruzione, di fronte alla quale tutti i cataclismi e le catastrofi della storia, che noi conosciamo, sembrano impallidire. Deve nascere, quindi, un interrogativo: per quale ragione questo potere, dato sin dall'inizio all'uomo, potere per il quale egli doveva dominare la terra, si rivolge contro lui stesso, provocando un comprensibile stato d’inquietudine, di cosciente o incosciente paura, di minaccia, che in vari modi si comunica a tutta la famiglia umana contemporanea e si manifesta sotto vari aspetti?» (Redemptor Hominis, n. 15, 4-3-1979).
     
    Testo 2
    «Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione» (Discorso di inizio del pontificato, 22 ottobre 1978, n. 5).
     
    Testo 3
    «Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna» (Discorso di inizio del pontificato, 22 ottobre 1978, n. 5).
     
    • Proviamo a costruire la vita «come se Dio esistesse» (Benedetto XVI, ai giornalisti, 7-10-2010), dopo averla costruita come se non esistesse o fosse irrilevante, o come se ognuno potesse farselo in casa come un idolo.
     
    • Oggi la famiglia viene disgregata e deformata, deformando l’amore. Proviamo ad impostarla come prevede il piano del Creatore e come Cristo ha insegnato a fare. (Familiairis consortio).
    «Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così”» (Mt 19,8).
     
    • Oggi il lavoro è in crisi o manca del tutto, perché lo si è concepito solo in funzione del profitto, o lo si è statalizzato penalizzando il merito nell’impegno dei singoli. Proviamo a viverlo tenendo conto di Dio Creatore del quale l’uomo che lavora è collaboratore (Laborem exercens).
     
    La catena delle cause
    Giovanni Paolo II, a nome della Chiesa, giuda un passo dopo l’altro a percorrere la catena delle cause delle contraddizioni. C’è una perdita del “modo giusto” di concepire e di vivere. Bisogna ritrovarlo.
     
    Testo 4
    «In seguito a quel misterioso peccato d’origine, commesso per istigazione di Satana, che è “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44), l’uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (cf 1 Ts 1,9), cambiando “la verità di Dio con la menzogna” (Rm 1,25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi ad essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo (cf. Gv 18, 38), egli va alla ricerca di una illusoria libertà al di fuori della stessa verità». (VS, 1).
     
    Che cos’è il «misterioso peccato d'origine?». È la “perdita della giustizia”, del giusto rapporto con se stessi, con gli altri, con tutte le cose, derivante dal rifiuto del giusto modo di rapportarsi con Dio Creatore.
     
    Occorre liberare la morale dal moralismo (praeceptum quia bonum, non bonum quia praeceptum)
    Con la sua impostazione che fonda la morale sull’antropologia, l’antropologia sulla metafisica Giovanni Paolo II libera la morale dal moralismo, dal formalismo kantiano. La morale, per non essere moralismo, va fondata su un’antropologia; l’antropologia per non essere narcisistica (l’uomo che adora se stesso) va fondata su una concezione di tutto, dell’essere, una metafisica, una metafisica della verità e del bene.
    Una ragione onesta se ne rende conto. La Rivelazione (che in Cristo ha la sua pienezza) guida la ragione a capire l’uomo, la storia, la realtà
     
    Allora questi non sono solo astratti principi filosofici e teologici, ma sono criteri esistenziali necessari per una vita che sia degna di essere vissuta.
     
    Terza domanda: Nella ricerca della Verità ci si scopre non da soli ma in compagnia: amicizia e Verità, la comunione dei Santi
    «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Siamo importanti gli uni per gli altri, al di là delle simpatie personali che, comunque sono un aiuto, perché gli altri sono, per analogia, come il pane dell’Eucaristia che è indispensabile perché Cristo si renda realmente presente nel Sacramento. In questo senso è detto, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium del Vaticano II: «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento (veluti sacramentum), ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (n. 1).
    Fonte:  http://www.albertostrumia.it/Metodo-Giovanni-Paolo-II
  25. SEM IPC
    Marco Sgroi, avvocato amministrativista, sulla recente "Dichiarazione" della Santa Sede 
    Lo scorso 21 luglio è stata pubblicata un’inusuale “Dichiarazione” della Santa Sede – non firmata, non ascrivibile ad alcun Dicastero, non si sa bene ispirata da chi – che ha suscitato notevole interesse perché, secondo le interpretazioni prevalenti, avrebbe intimato una sorta di altolà al Synodale Weg della Chiesa tedesca, ormai lanciato inarrestabilmente lungo i binari del progressismo più radicale.
     
    Questa lettura della Dichiarazione mi sembra decisamente troppo ottimistica. A ben vedere, infatti, nello stringato testo romano non v’è nulla che concerna, nemmeno implicitamente, il merito dei temi e delle proposte dibattute nel Sinodo tedesco. A Roma ci si preoccupa piuttosto del metodo. Se è vero che la dichiarazione esordisce dicendo che «il “Cammino sinodale” in Germania non ha facoltà di obbligare i Vescovi ed i fedeli ad assumere nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale», sembra che un simile caveat voglia evitare fughe in avanti, piuttosto che porre paletti dottrinali; mentre la facoltà di obbligare – o, almeno, orientare – Vescovi e fedeli parrebbe riservata «al percorso sinodale che sta percorrendo la Chiesa universale»: cioè al Sinodo sulla Sinodalità che si svolgerà in Vaticano il prossimo anno, sotto diretto controllo pontificio. È in quella sede che si auspica confluiscano «le proposte del Cammino delle Chiese particolari in Germania (...) per un reciproco arricchimento e una testimonianza di quella unità con la quale il corpo della Chiesa manifesta la sua fedeltà a Cristo Signore».
     
    Come si vede, la Dichiarazione non pare ispirata dalla preoccupazione per gli esiti del Synodale Weg, il cui carattere tragicamente rivoluzionario è ormai ben chiaro a tutti, né sembra opporsi alla rivoluzione; al contrario, auspica che essa si riversi nel Sinodo dei Vescovi, e coinvolga, così, tutta la Catholica: ma non come espressione del movimentismo indisciplinato dell’episcopato tedesco, bensì senza sfuggire al ferreo dominio dei vertici della Chiesa universale, anzi essendone ben saldamente pilotata ed implementata, come se la rivoluzione stessa dovesse farsi espressione del potere centrale e strumento del suo consolidamento.
     
    Non stupisce, dunque, che la Chiesa tedesca non l’abbia presa bene: anche i Presidenti del Synodale Weg hanno emesso una “Dichiarazione sulla Dichiarazione della Santa Sede” (sic), nella quale leggiamo che «fin dall’inizio del Cammino sinodale, il Presidio ha cercato di trovare canali diretti di comunicazione con le autorità romane. (…) Purtroppo il Presidio sinodale non è stato invitato ancora a una discussione. Siamo irritati e ci rammarichiamo che questa comunicazione diretta non sia avvenuta finora. Secondo la nostra comprensione, una Chiesa sinodale funziona in modo diverso! Questo vale anche per il tipo di comunicazione di oggi, che ci stupisce. Non è una buona comunicazione all’interno della Chiesa pubblicare dichiarazioni che non siano firmate per nome».
     
    Che conclusioni trarre da tutto ciò? Questa è la mia impressione: che la vicenda, piuttosto che costituire un rassicurante episodio nella lotta tra ortodossia ed eterodossia, segnando un punto a favore della prima, vada collocata entro lo schema della “eterna” lotta intrarivoluzionaria tra trotskismo (tedesco) e leninismo (romano). Il che aggiungerebbe, ahimè, un ulteriore motivo di sconcerto ai tanti altri che ci turbano ormai da diversi anni.
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