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Valerio

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Blog Entries di Valerio

  1. Valerio
    Chiediamo a Dio che ci liberi dalle tentazioni, o non permettendo che siamo tentati, o dandoci grazia di non essere vinti.
    Le tentazioni sono un incitamento al peccato che ci viene dal demonio, o dai cattivi, o dalle nostre passioni.
    Non è certamente peccato avere tentazioni, ma è peccato acconsentirvi o esporsi volontariamente al pericolo d'acconsentirvi.
    Iddio permette che siamo tentati per provare la nostra fedeltà, per far aumentare le nostre virtù e per accrescere i nostri meriti.
    Per evitare le tentazioni dobbiamo fuggire le occasioni pericolose, custodire i nostri sensi, ricevere spesso i santi sacramenti e far uso della preghiera.
  2. Valerio
    Chiediamo a Dio che ci perdoni i nostri peccati, come noi perdoniamo ai nostri offensori.
    I nostri peccati si chiamano debiti perché per essi dobbiamo soddisfare alla divina giustizia o in questa vita o nell'altra.
    Quelli che non perdonano al prossimo non hanno nessuna ragione di sperare che Dio loro perdoni, tanto più che si condannano da se stessi, dicendo a Dio che perdoni loro come essi perdonano al prossimo.
  3. Valerio
    Chiediamo a Dio ciò che ci è necessario in ciascun giorno per l'anima e il corpo.
    Per l'anima domandiamo a Dio il sostentamento della vita spirituale: cioè preghiamo il Signore che ci doni la sua grazia, di cui abbiamo continuamente bisogno.
    La vita dell'anima di nutrisce specialmente col cibo della divina parola e col Santissimo Sacramento dell'altare.
    Per il nostro corpo domandiamo ciò che è necessario al sostentamento della vita temporale.
    Diciamo "dacci oggi il nostro pane", e non piuttosto "dacci oggi il pane", per escludere ogni desiderio della roba d'altri; perciò preghiamo il Signore che ci aiuti nei guadagni giusti e leciti, affinché ci procuriamo il vitto con le nostre fatiche, senza furti ed inganni.
    Diciamo "dacci" invece di "dammi", per rammentarci che, siccome le sostanze ci vengono da Dio, così se Egli ce ne dà in abbondanza, lo fa a questo fine che ne dispensiamo il superfluo ai poveri.
    Aggiungiamo "quotidiano", perché dobbiamo desiderare quello che ci è necessario alla vita, e non l'abbondanza dei cibi e dei beni della terra.
    La parola "oggi" significa che non dobbiamo essere troppo solleciti dell'avvenire, ma domandare quello che ci è necessario al presente.
  4. Valerio
    Santa Bernadette Soubirous, la beata veggente di Lourdes, lasciò questa vita a soli 35 anni, per un grave e dolorosissimo cancro alle ossa. Verso la fine del suo cammino terreno, trovandosi all'estremo della sua sofferenza, recitava un numero sempre maggiore di Rosari, giorno e notte. In particolare raccomandava, in particolare, ad una sua consorella: "Alla sera, quando andate a dormire, prendete la corona e addormentatevi recitandola. Farete come quei bambini che si addormentano chiamando: mamma! mamma!"
  5. Valerio
    Nella terza domanda chiediamo la grazia di fare ogni cosa secondo la volontà di Dio con ubbidire ai suoi santi comandamenti così prontamente, come gli Angeli e i Santi gli ubbidiscono in cielo.
    Chiediamo, inoltre, la grazia di corrispondere alle divine ispirazioni e di vivere rassegnati alla volontà di Dio quando Egli ci manda delle tribolazioni.
    E' necessario eseguire la volontà di Dio quanto è necessario il conseguire l'eterna salute, perché Gesù Cristo ha detto che entrerà nel regno dei cieli soltanto chi avrà fatto la volontà del Padre suo.
    Noi possiamo conoscere la volontà di Dio specialmente per la Sacra Scrittura, la Tradizione Apostolica, il Magistero della Chiesa Cattolica, il Catechismo. Possiamo anche conoscere questa santissima volontà dalle divine ispirazioni e dalle stesse circostanze nelle quali il Signore ci ha posti.
    Nelle cose sia prospere che avverse della vita presente dobbiamo sempre riconoscere anche la volontà di Dio, il quale tutto dispone o permette per il nostro bene.
  6. Valerio
    Per REGNO DI DIO intendiamo un triplice regno spirituale; il regno di Dio in noi, ossia il regno della grazia; il regno di Dio in terra, cioè la santa Chiesa Cattolica; e il regno di Dio nei cieli, ovvero il Paradiso.
    In ordine alla grazia noi chiediamo che Dio regni in noi con la sua grazia santificante per la quale Egli si compiace di risiedere in noi come re nella sua reggia; e di tenerci uniti a Lui con le virtù della fede, della speranza e della carità per le quali regna sul nostro intelletto, sul nostro cuore, e sulla nostra volontà.
    In ordine alla Chiesa chiediamo che questa sempre più si dilati e si propaghi per tutto il mondo a salvezza degli uomini.
    In ordine alla gloria noi chiediamo di potere un giorno essere ammessi nel santo paradiso, per il quale fummo creati, dove saremo pienamente felici.
  7. Valerio
    Nella prima domanda: "Sia santificato il nome tuo" noi chiediamo che Dio sia conosciuto, amato, onorato e servito da tutto il mondo e da noi in particolare.
    Noi intendiamo di chiedere che gli infedeli giungano alla cognizione del vero Dio, gli eretici riconoscano i loro errori, gli scismatici ritornino all'unità della Chiesa Cattolica, che i peccatori si ravvedano e che i giusti siano perseveranti nel bene.
    Prima d'ogni altra cosa domandiamo che sia santificato il nome di Dio, perché la gloria di Dio ci deve stare più a cuore che tutti i nostri beni e vantaggi.
    Noi possiamo procurare la gloria di Dio con la preghiera, col buon esempio, e con l'indirizzare a Lui tutti i pensieri, gli affetti e le opere nostre.
  8. Valerio
    L'orazione vocale più eccellente è quella che Gesù Cristo medesimo ci ha insegnato, cioè il Padre Nostro.
    E' la più eccellente perché l'ha composta e ce l'ha insegnata Gesù Cristo medesimo; perché contiene chiaramente in poche parole tutto quello che possiamo sperare da Dio ed è la regola ed il modello di tutte le altre orazioni. Il Padre nostro è anche la più efficace, perché è la più accetta a Dio, facendo noi orazione con le stesse parole che ci ha dettate il suo divin Figliuolo.
    Il Padre nostro si chiama orazione domenicale, che vuol dire preghiera del Signore, appunto perché ce l'ha insegnata Gesù Cristo di propria bocca.
    Nel principio dell'orazione domenicale chiamiamo Dio nostro Padre per risvegliare la nostra fiducia nella sua infinita bontà, essendo noi suoi figliuoli.
    Noi siamo figliuoli di Dio:
    1. Perché Egli ci ha creato a immagine sua e ci conserva e governa colla sua provvidenza;
    2. Perché ci ha, per ispeciale benevolenza, adottati nel Battesimo come fratelli di Gesù Cristo e coeredi insieme con Lui dell'eterna gloria.
    Chiamiamo Dio Padre nostro e non Padre mio, perché tutti siamo suoi figliuoli e però dobbiamo riguardarci ed amarci tutti come fratelli, e pregare gli uni per gli altri.
    Dio è in ogni luogo; ma diciamo: Padre nostro, che sei ne' cieli, per sollevare i nostri cuori al cielo, dove Dio si manifesta nella gloria a' suoi figliuoli.
  9. Valerio
    San Gerardo Maiella (1726-1755) nacque da un'umile famiglia di Muro Lucano. Fin da ragazzino aveva ardentemente desiderato entrare nell'Ordine dei Redentoristi, ma ebbe molte difficoltà, perché non disponeva di dote. Quando infine ce la fece la sua gioia fu immensa. Accadde, però, dopo qualche tempo, che si trovò a dover affrontare la più grande prova della sua vita. Una certa Nerea Caggiano lo calunniò presso i suoi (di San Gerardo) superiori, accusandolo di avere una morbosa relazione lussuriosa con una certa Nicoletta Cappucci. Lo stesso Sant'Alfonso Maria de' Liguori, fondatore della congregazione, lo convocò per dargli modo di difendersi, ma egli rimase in silenzio.
    Venne, dunque, pesantemente punito con l'interdizione dell'abito religioso (per il quale tanto aveva faticato) e della Comunione.
    Alla fine la calunnia fu ritrattata e sant'Alfonso gli domandò il motivo per cui non si fosse discolpato. San Gerardo rispose limpidamente: “Come avrei potuto farlo se la regola proibisce di scusarsi e vuole che si soffra in silenzio qualunque mortificazione?”
  10. Valerio
    La vera unità dei cristiani si può realizzare solo nella fedeltà alla Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, unica autentica e legittima Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo. Si trovano fuori della vera Chiesa, e quindi dalla comunione dei santi: gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
    Gl'infedeli sono quelli che non hanno il Battesimo e non credono in Gesù Cristo; sia perché credono e adorano false divinità, come gl'idolatri; sia perché, pure ammettendo l'unico vero Dio, non credono in Cristo Messia; né come venuto nella persona di Gesù Cristo, né come venturo, tali sono i maomettani (i mussulmani) ed altri somiglianti.
    Gli ebrei sono quelli che professano la legge di Mosè; non hanno ricevuto il Battesimo e non credono in Gesù Cristo.
    Gli eretici sono i battezzati che ricusano con pertinacia di credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata come di fede dalla Chiesa Cattolica, per esempio gli ariani, i nestoriani, e le varie sette dei protestanti.
    Gli apostati sono coloro che abiurano, ossia rinnegano con atto esterno la fede cattolica, che prima professavano.
    Gli scismatici sono i cristiani che, non negando esplicitamente alcun dogma, si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai legittimi pastori.
    Gli scomunicati sono quelli che per mancanze gravissime vengono colpiti di scomunica dal Papa, o dal Vescovo, e sono quindi, siccome indegni, separati dal corpo della Chiesa, la quale aspetta e desidera la loro conversione.
    La scomunica si deve temere grandemente, perché è la pena più grave e più terribile che la Chiesa possa infliggere a' suoi figli ribelli ed ostinati.
    Gli scomunicati rimangono privi delle preghiere pubbliche, dei sacramenti, delle indulgenze e della sepoltura ecclesiastica.
    Sempre grande è il desiderio che l'unità dei cristiani cresca e si rafforzi sempre di più fino alla fine dei secoli. Gesù stesso ha pregato nell'ora della sua passione e non cessa di pregare il Padre per l'unità dei suoi discepoli: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
    E', dunque, fondamentale che tutti i fedeli cattolici si adoperino per portare giovamento agli scomunicati ed a tutti gli altri che sono fuori dalla vera Chiesa, con salutari avvisi, colle orazioni e colle buone opere, supplicando Iddio che, per sua misericordia, conceda loro la grazia di convertirsi alla fede, di entrare, o rientrare nella Sua Chiesa, nella comunione dei Santi.
    Bisogna pregare sempre per l'autentica unità dei cristiani.
  11. Valerio
    "Dove parvenze di bene ingannano più facilmente parecchi è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti quanti icristiani (o ecumenismo). Si sente ripetere con insistenza che, non solo è giusto, ma doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano da reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta in vincoli di vicendevole carità.... Il lavoro a questo scopo è talmente attivo che in vari luoghi ha guadagnato la pubblica opinione e parecchi fra gli stessi cattolici sono presi dal miraggio e dalla speranza di simile unione, tanto più che essa sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, uno dei cui voti più antichi è di richiamare e ricondurre nel proprio seno i figli che l’han disertata. Eppure sotto codeste attrattive e lusinghe si nasconde un gravissimo errore che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica. Perciò la consapevolezza del Nostro dovere apostolico ci impone di vigilare a che il gregge del Signore non cada vittima di (queste) pericolose fallacie, e contro tanto male sollecitiamo, venerabili fratelli, la vostra diligenza.... Nessuno crediamo, può dichiararsi cristiano senza almeno credere alla istituzione di una Chiesa e di una sola, per opera di Cristo: ma se appena si richiede quale deva essere secondo la volontà del suo fondatore, allora cominciano le divergenze.... Non solamente deve dunque la Chiesa di Cristo sussistere oggi, domani e sempre, bensì deve avere l’identica fisionomia di quella dei tempi apostolici, a meno che non si voglia giungere all’assurdità di ritenere che Gesù Cristo o abbia fallito allo scopo o pur si sia sbagliato quando affermò che le porte dell’inferno non avrebbero mai prevalso contro di essa.... E' evidente che non può la Sede Apostolica prendere parte a queste riunioni (ecumeniche), né è permesso in alcun modo ai cattolici aderire o prestar l’opera propria a tali iniziative; cosi facendo attribuirebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai diversa dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo noi tollerare l’iniquissimo tentativo che la verità, e di più divinamente rivelata, sia oggetto di transazioni? Qui si tratta proprio della difesa della verità rivelata..."
    Papa Pio XI, Mortalium Animos
    Leggasi anche Catechismo della Chiesa Cattolica n. 820:
    L'unità, « che Cristo ha donato alla sua Chiesa fin dall'inizio, [...] noi crediamo che sussista, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno di più sino alla fine dei secoli ». 281 Cristo fa sempre alla sua Chiesa il dono dell'unità, ma la Chiesa deve sempre pregare e impegnarsi per custodire, rafforzare e perfezionare l'unità che Cristo vuole per lei. Per questo Gesù stesso ha pregato nell'ora della sua passione e non cessa di pregare il Padre per l'unità dei suoi discepoli: « ...Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » (Gv 17,21). Il desiderio di ritrovare l'unità di tutti i cristiani è un dono di Cristo e un appello dello Spirito Santo.
  12. Valerio
    L'orazione è un'elevazione della mente a Dio per adorarlo, per ringraziarlo e per domandargli quello che ci abbisogna.
    L'orazione mentale si fa con la sola mente; quella vocale con le parole accompagnate dall'attenzione della mente e dalla divozione del cuore. L'orazione privata è quella che ciascuno fa in particolare, per sé o per altri; quella pubblica è fatta dai sacri ministri, a nome della Chiesa, per la salvezza del popolo fedele, o anche fatta in comune e pubblicamente dai fedeli, come nelle processioni, e nei pellegrinaggi. La speranza di ottenere da Dio le grazie, di cui abbiamo bisogno, è fondata nelle promesse di Dio onnipotente, misericordioso e fedelissimo, e nei meriti di Gesù Cristo.
    Dobbiamo domandare a Dio le grazie di cui abbiamo bisogno, in nome di Gesù Cristo, come Egli medesimo ci ha insegnato e come pratica la Chiesa la quale termina sempre le sue preghiere con queste parole: "per Dominum nostrum Jesum Christum", cioè: per il nostro Signore Gesù Cristo. Dobbiamo farlo, perché essendo Egli il nostro mediatore, solo per mezzo di Lui possiamo avvicinarci al trono di Dio. Spesso le nostre preghiere non sono esaudite, o perché non domandiamo cose che non convengono alla nostra eterna salute, o perché non preghiamo come si deve. Dobbiamo principalmente domandare a Dio la sua gloria, la nostra eterna salute e i mezzi per conseguirla. E' lecito domandare anche beni temporali, con la condizione che siano conformi alla sua santissima volontà e non siano d'impedimento alla nostra eterna salute. Dio sa già tutto ciò che ci necessita, ma pure vuole che noi lo preghiamo, per riconoscerlo come datore d'ogni bene, per attestargli la nostra umile sottomissione e per meritarci i suoi favori. Per rendere efficaci le nostre preghiere dobbiamo essere in stato di grazia, o non essendovi, almeno desiderare di rimettervisi al più presto. Occorrono, inoltre, raccoglimento, umiltà, fiducia, perseveranza e rassegnazione.
    - Raccoglimento vuol dire pregare con rispetto e divozione, evitando il più possibile distrazioni, pensando che siamo in presenza di Dio che ci vede e ci ascolta. 
    - Umiltà vuol dire riconoscere sinceramente la propria indegnità, impotenza e miseria, accompagnando la preghiera con la compostezza del corpo. 
    - Fiducia vuol dire che dobbiamo avere ferma speranza di essere esauditi, se da ciò deriva la gloria di Dio ed il nostro vero bene. 
    - Perseveranza vuol dire non stancarci di pregare, se Iddio subito non ci esaudisce, ma seguitare anzi a pregare con più fervore. 
    - Rassegnazione vuol dire conformarci al volere di Dio, che conosce meglio di noi ciò che è necessario alla nostra eterna salvezza, anche se le nostre preghiere non fossero esaudite.
    Dio esaudisce sempre le orazioni ben fatte, ma nel modo che Egli sa essere più utile alla nostra eterna salvezza, e non sempre secondo la nostra volontà o preferenza.
    L'orazione ci fa riconoscere la nostra dipendenza da Dio supremo Signore in tutte le cose, ci fa pensare alle cose celesti, ci fa progredire nella virtù, ci ottiene da Dio misericordia, ci fortifica contro le tentazioni, ci conforta nelle tribolazioni, ci aiuta nei nostri bisogni, e ci ottiene la grazia della perseveranza finale.
    Noi dobbiamo pregare specialmente nei pericoli, nelle tentazioni e in punto di morte; inoltre dobbiamo pregare frequentemente. Dobbiamo pregare per tutti: per noi stessi, per i nostri parenti, superiori, benefattori, amici e nemici; per la conversione dei poveri peccatori, di quelli che sono fuori della vera Chiesa, e per le anime sante del purgatorio.
  13. Valerio
    "Il disprezzo dei comandamenti di Dio significa empietà e l’empietà conduce alla dannazione eterna di molte anime. Nel suo messaggio in Fatima la Madre di Dio ha indicato i peccati contro la castità e il disprezzo per la santità del matrimonio come la causa più frequente della dannazione eterna delle anime. La Vergine Maria diceva a Santa Giacinta che “i peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne e che saranno introdotte certe mode che molto offenderanno Nostro Signore. Quelli che servono Dio non dovrebbero seguire queste mode. La Chiesa non ha mode: Nostro Signore è sempre lo stesso”.
    Il carattere profetico delle parole della Madonna si è reso talmente evidente ai nostri giorni dal momento che persino nella vita di alcune chiese particolari i peccati della carne e le unioni adulterine sono nella pratica approvati per mezzo della cosiddetta “pastorale” dell’ammissione alla santa Comunione di quelle persone divorziate che intenzionalmente continuano ad avere rapporti sessuali con una persona che non è il loro legittimo coniuge. 
    La Beata Vergine Maria disse a Santa Giacinta: “Se gli uomini sapessero ciò che è l’eternità, farebbero di tutto per cambiare la loro vita. Gli uomini si perdono, perché non pensano alla morte di Gesù e non fanno penitenza”.
    La Madonna ha poi detto ai bambini: “Avete visto l’inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore immacolato”.
    Suor Lucia continua a raccontare poi: “Giacinta continuava seduta sul suo sasso, pensierosa, e domandò: – Quella Signora disse pure che vanno molte anime all’inferno! L’inferno non finisce mai. E neanche il paradiso. Chi va in paradiso non esce più di là. E neppure chi va all’inferno. Non capisci che sono eterni, che non finiscono mai? Facemmo, allora, per la prima volta, la meditazione sull’inferno e sull’eternità. Quel che impressionò di più Giacinta, fu l’eternità” (Suor Lucia, Memorie, 45-46). Giacinta, poco prima che morisse ha detto: “Se gli uomini sapessero ciò che è l’eternità, farebbero tutto il possibile per cambiare la loro vita. Mortificazione e sacrifici piacciono molto al nostro Divino Signore.”
    “La visione dell’inferno le aveva causato tanto orrore, che tutte le penitenze e mortificazioni le sembravano un nulla, per riuscire a liberare di là alcune anime.” Giacinta con frequenza si sedeva per terra o su qualche masso e, pensierosa, cominciava a dire: “L’inferno! L’inferno! Come mi fanno pena le anime che vanno all’inferno!” Rivolgendosi a me e a Francesco diceva: “Francesco! Francesco! Non stai a pregare con me? Bisogna pregare molto per liberare le anime dall’inferno. Tante vanno laggiù, tante!”. Altre volte domandava: «Ma come mai la Madonna non fa vedere l’inferno ai peccatori? Se loro lo vedessero, non peccherebbero più per non andarci. Di’ un po’ a quella Signora che faccia vedere l’inferno a tutta quella gente (si riferiva a quelli che si trovavano a Cova da Iria, al momento dell’apparizione). Vedrai come si convertono”. Qualche volta domandava pure: – Ma che peccati saranno quelli che questa gente fa per andare all’inferno? – Non saprei. Forse il peccato di non andare a messa la domenica, di rubare, di dire parolacce, di augurare il male, di giurare… Come mi fanno pena i peccatori! Se potessi fargli vedere l’inferno! Improvvisamente a volte si stringeva a me e diceva: – Io vado in cielo, ma tu rimani quaggiù. Se la Madonna ti lascia, di’ a tutti com’è l’inferno, perché non facciano più peccati e non vadano più laggiù. Altre volte, dopo essere stata un po’ a pensare, diceva: – Tanta gente che va all’inferno! Tanta gente all’inferno! – Non aver paura, tu vai in cielo! – le dicevo per tranquillizzarla. – Io, sì, ci vado – diceva con calma – ma io vorrei che tutta quella gente ci andassero anche loro.” Dobbiamo lasciarci commuovere e ispirare dall’esempio dei bambini di Fatima per crescere nello spirito d’espiazione e di riparazione per i peccati. I bambini soffrivano sete, però non c’era nemmeno una goccia d’acqua vicino a quel luogo. Invece di lamentarsi Giacinta di sette anni sembrava essere felice. “Come è buono” diceva lei. “Ho sete, ma offro tutto per la conversione dei peccatori.” Lucia, la più grande dei tre bambini, si sentiva responsabile di prendersi cura dei suoi cugini, e così andò ad una casa vicina per chiedere un po’ d’acqua. Suor Lucia racconta: “Diedi la brocca d’acqua a Francesco, e gli dissi che bevesse. “Non voglio bere”, rispose il ragazzo di nove anni; “Voglio soffrire per i peccatori.” – “Bevi tu, Giacinta”. – “Anch’io voglio offrire un sacrificio per i peccatori”. Versai, allora, l’acqua nella fossetta di una roccia, per farla bere alle pecore, e andai a restituire la brocca alla padrona. Il caldo diventava sempre più intenso. Le cicale e i grilli univano il loro canto a quello delle rane del pantano vicino e facevano uno schiamazzo insopportabile. Giacinta, indebolita dalla fiacchezza e dalla sete, mi disse, con quella semplicità che le era naturale: – Dì ai grilli e alle rane che stiano zitti! Mi fa tanto male la testa! Allora, Francesco le chiese: – Non vuoi soffrire questo per i peccatori? La povera bambina, stringendo la testa fra le manine, rispose: – Sì, lo voglio, lasciali cantare”. Commentando l’esempio di Francesco e di Giacinta Suor Lucia diceva: “Molte persone, pensando che la parola penitenza implichi grandi austerità, e sentendo che non hanno la forza per grandi sacrifici, diventano scoraggiati e continuano una vita di tiepidezza e di peccato.” Suor Lucia racconta ciò che Nostro Signore le ha spiegato: “Il sacrificio richiesto di ogni persona consiste nell’adempimento dei propri obblighi di vita e nell’osservanza della Mia legge. Questa è la penitenza che Io adesso cerco e chiedo.”"
  14. Valerio
    Dopo la vita presente ve n'è un'altra o eternamente beata per gli eletti in Paradiso, o eternamente infelice per i dannati all'inferno. Noi non possiamo comprendere la felicità del Paradiso, perché supera le cognizioni della nostra mente limitata, e perché i beni del cielo non possono paragonarsi ai beni di questo mondo.
    La felicità degli eletti consiste nel vedere, amare e possedere per sempre Dio, fonte di ogni bene.
    L'infelicità dei dannati consiste nell'essere sempre privi della vista di Dio e puniti da eterni tormenti nell'inferno.
    I beni del Paradiso ed i mali dell'inferno sono adesso solamente per le anime, perché solo le anime sono adesso in Paradiso o nell'inferno; ma dopo la risurrezione della carne, gli uomini, nella pienezza di loro natura, cioè in anima e in corpo, saranno o felici o tormentati per sempre.
    I beni del Paradiso per i beati, e i mali dell'inferno per i dannati, saranno uguali nella sostanza e nella eterna durata; ma nella misura, ossia nei gradi, saranno maggiori o minori, secondo i meriti, o demeriti di ciascuno.
    La parola Amen in fine delle preghiere significa: Così sia; in fine del Credo significa: Così è; vale a dire: credo essere verissimo tutto quello che in questi dodici articoli si contiene, ed io ne sono più certo che se lo vedessi cogli occhi miei.
  15. Valerio
    Nel febbraio del 1848 il marchese Roberto d’Azeglio, amico personale di Carlo Alberto e senatore del Regno, onorò l’Oratorio di Don Bosco di una sua visita. Il Santo lo accompagnò a visitare tutta la casa. Il marchese espresse la sua viva compiacenza, ma con una riserva. Definì tempo perduto quello occupato a recitare il Rosario.
    — Lasci — disse — di far recitare quell’anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo l’altra.
    — Ebbene — rispose Don Bosco —, io ci tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire che è fondata la mia istituzione; sarei disposto a lasciare tante altre cose pure importanti, ma non questa.
    E con il coraggio che gli era proprio soggiunse:
    — E anche, se fosse necessario, sarei disposto a rinunziare alla sua preziosa amicizia, ma non mai alla recita del S. Rosario.
    A stimolare i giovani ad amare il Rosario era incoraggiato anche dai suoi sogni. Ne citiamo uno. Lo ebbe la vigilia dell’Assunta del 1862. Sognò di trovarsi nella sua borgata natia — oggi Colle Don Bosco — in casa del fratello, con tutti i suoi giovani. Ed ecco che gli si presenta Uno (la solita Guida dei suoi sogni) che lo invita ad andare nel prato attiguo al cortile, e là gli indica un serpentaccio lungo 7-8 metri, di una grossezza straordinaria. Don Bosco inorridisce e vuole fuggire. Ma la Guida lo invita a non aver paura e a fermarsi. Poi va a prendere una corda, ritorna da Don Bosco e gli dice:
    — Prenda questa corda per un capo e la tenga ben stretta; io prenderò l’altro capo e sospenderemo la corda sul serpente.
    — E poi?
    — E poi gliela sbatteremo sulla schiena.
    — Ah! No, per carità! Guai se noi faremo questo. Il serpente si rivolterà inviperito e ci farà a pezzi.
    «Ma la Guida insistette — narra Don Bosco — e mi assicurò che il serpente non mi avrebbe fatto alcun male, e tanto disse che io acconsentii a fare come voleva. Egli intanto alzò la corda e con questa diede una sferzata sulla schiena del rettile. Il serpente fa un salto e volge la testa indietro per mordere ciò che l’ha percosso, ma resta allacciato come in un cappio scorsoio.
    — Tenga stretto — grida la Guida — e non lasci sfuggire la corda. E corse a legare il capo della corda che aveva in mano a un pero vicino; poi legò il capo della corda che tenevo io all’inferriata di una finestra della casa. Frattanto il serpente si dibatteva furiosa mente e dava tali colpi in terra con la testa e con le immani sue spire, che le sue carni si laceravano e ne saltavano i pezzi a grande distanza. Così continuò finché non rimase di lui che lo scheletro spolpato.
    Morto il serpente, la Guida slegò la corda dall’albero e dalla finestra, la raccolse e la chiuse in una cassetta. Dopo qualche istante l’aprì. Con stupore mio e dei giovani che erano accorsi, vedemmo che quella corda si era disposta in modo da formare le parole:
    Ave Maria. La Guida spiegò:
    — Il serpente figura il demonio e la corda l’Ave Maria o piuttosto il Rosario, che è una continuazione di Ave Maria, con le quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell’inferno».
    A questo punto agli occhi di Don Bosco si presentò una scena ben dolorosa: vide giovani che raccoglievano pezzi di carne del serpente e ne mangiavano e restavano avvelenati.
    «Io non sapevo darmi pace — racconta Don Bosco —‘ perché nonostante i miei avvisi, continuavano a mangiare. Io gridavo all’uno, gridavo all’altro; davo schiaffi a questo, pugni a quello, cercando di impedire che mangiassero, ma inutilmente. Io ero fuori di me stesso, allorché vidi tutt’intorno un gran numero di giovani distesi per terra in uno stato miserando».
    Allora Don Bosco si rivolse alla Guida:
    —- Ma non c’è un rimedio a tanto male?
    — Sì che c’è.
    — Quale sarebbe?
    — Non c’è altro che l’incudine e il martello.
    — Come? Debbo forse metterli sull’incudine e batterli col martello?
    — Ecco — rispose la Guida — il martello significa la Confessione, l’incudine la Comunione: bisogna far uso di questi due mezzi.
  16. Valerio
    L'undicesimo articolo del Credo c'insegna che tutti gli uomini risusciteranno, ripigliando ogni anima il corpo che ebbe in questa vita. La risurrezione dei morti avverrà per virtù di Dio onnipotente, a cui nulla è impossibile; avverrà alla fine del mondo, e allora seguirà il giudizio universale. Dio vuole la risurrezione dei corpi, perché, avendo l'anima operato il bene o il male unita al corpo, sia ancora insieme con esso premiata o punita. Vi sarà grandissima differenza tra i corpi degli eletti e quelli dei dannati, perché i soli primi avranno a somiglianza di Gesù Cristo risorto le doti dei corpi gloriosi. Esse sono:
    1° la impassibilità, per cui non potranno più essere soggetti a mali, a dolori di veruna sorta, né a bisogno di cibo, di riposo o d'altro;
    2° la chiarezza, per cui risplenderanno a guisa del sole e d'altrettante stelle;
    3° l'agilità per cui potranno passare in un momento e senza fatica da un luogo all'altro e dalla terra al cielo;
    4° la sottigliezza, per cui senza ostacolo potranno penetrare qualunque corpo, come fece Gesù Cristo risorto.
    I corpi dei dannati saranno privi delle doti dei corpi gloriosi dei Beati, e porteranno l'orribile marchio dell'eterna riprovazione.
  17. Valerio
    Il decimo articolo del Credo c'insegna che Nostro Signore Gesù Cristo ha lasciato alla sua Chiesa la potestà di rimettere i peccati. La Chiesa può rimettere tutti i peccati per quanto siano molti e gravi, perché Gesù Cristo le ha dato piena potestà di sciogliere e legare.
    Coloro che nella Chiesa esercitano la potestà di rimettere i peccati sono in primo luogo il Papa, il quale solo possiede la pienezza di tale potestà; poi i Vescovo, e, sotto la dipendenza dei Vescovi, i sacerdoti.
    La Chiesa rimette i peccati per i meriti di Gesù Cristo, conferendo i sacramenti da esso istituiti a questo fine, principalmente il Battesimo e la Penitenza (Confessione).
  18. Valerio
    “La Messa è sempre Messa, si, ma… l’Efficacia cambia: questa proprio è insopportabile!” (satana)
    Questo mi grida - dice un sacerdote esorcista - il Demonio (per sommi capi) ogni qualvolta costringo qualche “paziente” a venire con me alla S. Messa, ad assistere al Divin Sacrififcio così come tramandato nella Chiesa Cattolica Romana per secoli, così come lo hanno celebrato migliaia di Santi, in modo Tradizionale, secondo il rito di San Pio V (Giovanni XXIII).
    Noto veramente un efficacia maggiore.
    La S.Tradizione è odiata dal Demonio e tutto ciò che è tradizionale (Cattolico) e suona come tale egli cerca di distruggerlo, perché rovina i suoi piani.
    La S.Tradizione è ricca di simboli e riti mirati a tener lontano il Demonio ed a cacciarlo.
    La S.Tradizione ricorda al Demonio le sue sconfitte, (si pensi alle parole che tante volte lo hanno cacciato, al latino, ai canti, alle preghiere recitate da tanti Santi) riaffiorano questi ricordi nella sua “mente” e si sente sconfitto in partenza, sono per lui come dei traumi, ferite che si riaprono.
    Egli stesso ha ammesso queste cose ed il suo odio verso le cose Sacre, verso la Santa Messa Tridentina e tutta la Liturga Tradizionale.
    Cercherò di fare un reso conto dei commenti del Demonio durante una S. Messa “di sempre“: al solo entrare in Chiesa… ” che puzza di morto, di antico, che schifo!”
    Liturgia: "Introibo ad Altare Dei ad Deum qui laetificat juventutem meam"
    Reazione demonio: “altro che letificare qui comincia a venirmi il mal di mare, andiamo via portami via o ti faccio vedere lo spettacolo!”
    Liturgia: "Judica me Deus et discerne causam meam de gente non sancta"
    Reazione: “Judex ego sum…il giudizio l’ho dato già io, mi ha rotto (Dio) e me ne sono andato, e un’altro giudizio è questo: lui (il posseduto) è mio, e tu se non mi porti subito fuori ti faccio volare!”
    Liturgia: "et introibo ad Altare Dei"
    Reazione: “ancora! sempre le stesse cantilene; tanto all’Altare non vi ci faccio arrivare… tranquilli!”
    Liturgia: "Confiteor Deo Omnipotenti, Beatae Mariae semper Virginis, Beato Michaelis Archangelo…"
    Reazione: “nnnnoooooo loro nooo, eh basta”
    Liturgia: "Misereatur vestri… Indulgentiam…"
    Reazione: “tanto lo vedi come siete caduti in basso, altro che indulgenze e assoluzioni, sono io che manovro tutto (riferimento agli scandali)”
    Per questioni di praticità e tempo ho riportato solo questo, ma potete ben immaginare il resto.
    Eruttazioni continue durante tutta la S. Messa, voglia di scappare, diceva che c’erano le pulci, poi le zecche, e un rifiuto secco di inginocchiarsi alla S. Comunione: ma con un po di forza e l’aiuto di Dio ci sono riuscito a inginocchiarlo.. e poi dopo la comunione urla a voce medio alta: “basta mi hai dato il veleno assassino, mi hai fatto prendere il veleno…”
    Invito tutti, sopratutto le persone che non hanno conosciuto il rito antico e non lo praticano a cercare di praticarlo, perché fa davvero terrore a Satana ed anche perché è la ricchezza della nostra Tradizione racchiusa in esso.
    Aggiungo anche che sinceramente non possiamo chiudere gli occhi e non vedere nello stravolgimento del Sacro Rito lo zampino nefasto del Demonio e di tutto l’Inferno che tanto ne godono, nel veder Celebrare i Divini Misteri con tanta sciattezza e prepotenza (Sacerdoti che non vestono adeguatamente le Sacre Vesti e a volte le evitano persino o riducono alla sola Stola, danno di spalle al Santissimo Sacramento e credono di essere loro i padroni della scena così come i laici che invadono i S. Altari con canti e preghiere inappropriati), freddezza (Sacerdote e Fedeli che non si preparano più alla S. Messa), abusi liturgici anche gravi (stravolgimenti liturgici da parte di Clero e laici), sacrilegi (si pensi a quanti fanno la S. Comunione in peccato grave o la ricevono sulle mani senza attenzione e riverenza, il Demonio gode nel vedere la Santissima Comunione sulle nostre lorde non consacrate mani), profanazioni (quanti con facilità oggi riescono a rubare L’Ostia Santa per fare riti e messe nere) e così via.
    Come non vedere l’ opera nefanda dell’astuto ingannatore, in tutta la Liturgia stravolta a partire dai Sacramenti: nel Battesimo si è tolto quasi del tutto l’esorcismo, non sembra quasi più che bisogna purificarsi dal peccato originale e dal conseguente potere che il fomentatore di quel reato esercita da allora sulla stirpe di Adamo. Dappertutto si sono tolte tutte le invocazioni ai Santi, agli Angeli Beati, ogni riferimento al Demonio (prima in tutte le Benedizioni c’era una parte Esorcistica, cioè che allontanava in Nome di Dio il Demonio ed una deprecativa con la quale si chiedeva a Dio di essere Lui il padrone di ogni cosa e che mandasse i Suo Santi Angeli a custodire) , non si recitano più le preci Leonine alla fine della S. Messa, mai abolite come molte cose; ma di fatto cadute in disuso perché ritenute obsolete.
    Anche durante la S. Messa al Confiteor sono stati tolti i Sacri nomi di S. Michele e S. Giovanni; che tanto odia il Demonio.
    Satana propaga ogni moda e modernità in nome della freschezza; quella freschezza falsa e malsana che dopo qualche piccola euforia presto si tramuta in pesantezza e problema, perché non viene da Dio che è l’Unico padrone del Tempo e di tutto ciò che esiste, Egli è l’Unica verità che non muta, che non passa; sempre Antica e sempre Nuova.
    Concludo col dire che nella Santa Messa si rallegra e vi assiste il Cielo tutto, si refrigerano le Santa Anime del Purgatorio, trema e viene debellato tutto l’Inferno.
  19. Valerio
    Secondo la sua esperienza, la piccola Santa Teresa di Lisieux confessa che l'ultimo posto è il meno desiderato in una comunità. Tuttavia è sicuramente proprio lì che si trova Gesù. Per esprimere questo concetto ella prende l'immagine di un insignificante granello di sabbia su una grande spiaggia e dice alle sue novizie: «Soprattutto siamo piccole, così piccole che tutti possano calpestarci, senza neppure che noi mostriamo di sentirlo e soffrirne...» «Quale beatitudine essere nascosta così bene che nessuno pensa a te; essere sconosciuta perfino alle persone che vivono con te!» «Il granello di sabbia non desidera essere umiliato: sarebbe ancora troppo importante, giacché si sarebbe obbligati ad occuparsi di lui; egli non desidera che una cosa: essere dimenticato, non contare nulla! Ma desidera essere visto da Gesù! »
    «Sentii la carità entrarmi nel cuore, il bisogno di dimenticarmi per far piacere e da allora fui felice!»
    Sforziamoci di fare ogni cosa per amore di Dio, senza aspettarci nessuna riconoscenza da parte degli uomini, nella sola gioia che Dio lo veda.
  20. Valerio
    Non appartengono alla comunione dei Santi nell'altra vita i dannati ed in questa coloro che si trovano fuori della vera Chiesa (La Santa Chiesa Cattolica). Questi ultimi sono: gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
    Gl'infedeli sono quelli che non hanno il Battesimo e non credono in Gesù Cristo; sia perché credono e adorano false divinità, come gl'idolatri; sia perché, pure ammettendo l'unico vero Dio, non credono in Cristo Messia; né come venuto nella persona di Gesù Cristo, né come venturo, tali sono i maomettani (i mussulmani) ed altri somiglianti.
    Gli ebrei sono quelli che professano la legge di Mosè; non hanno ricevuto il Battesimo e non credono in Gesù Cristo.
    Gli eretici sono i battezzati che ricusano con pertinacia di credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata come di fede dalla Chiesa Cattolica, per esempio gli ariani, i nestoriani, e le varie sette dei protestanti.
    Gli apostati sono coloro che abiurano, ossia rinnegano con atto esterno la fede cattolica, che prima professavano.
    Gli scismatici sono i cristiani che, non negando esplicitamente alcun dogma, si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai legittimi pastori.
    Gli scomunicati sono quelli che per mancanze gravissime vengono colpiti di scomunica dal Papa, o dal Vescovo, e sono quindi, siccome indegni, separati dal corpo della Chiesa, la quale aspetta e desidera la loro conversione.
    La scomunica si deve temere grandemente, perché è la pena più grave e più terribile che la Chiesa possa infliggere a' suoi figli ribelli ed ostinati.
    Gli scomunicati rimangono privi delle preghiere pubbliche, dei sacramenti, delle indulgenze e della sepoltura ecclesiastica.
    Noi possiamo giovare in qualche modo agli scomunicati e a tutti gli altri che sono fuori della vera Chiesa, con salutari avvisi, colle orazioni e colle buone opere, supplicando Iddio che per sua misericordia conceda loro la grazia di convertirsi alla fede e di entrare nella comunione dei Santi.
  21. Valerio
    Nella Chiesa, per l'intima unione che esiste tra tutti i suoi membri, sono comuni i beni spirituali, sia interni che esterni, che le appartengono. I beni comuni interni sono: la grazia che si riceve nei sacramenti, la fede, la speranza, la carità, i meriti infiniti di Gesù Cristo, i meriti sovrabbondanti della Vergine e dei Santi, e il frutto di tutte le opere buone che in essa Chiesa si fanno. I beni esterni comuni nella Chiesa sono: i sacramenti, il sacrificio della Santa Messa, le pubbliche preghiere, le funzioni religiose e tutte le altre pratiche esteriori che uniscono insieme i fedeli. Nella comunione dei beni interni entrano i cristiani, i quali sono in grazia di Dio; quelli poi che sono in peccato mortale non partecipano di questi beni, perché la grazia di Dio è quella che unisce i fedeli con Dio e tra loro. I cristiani che sono in peccato mortale, tuttavia, hanno ancora qualche vantaggio dai beni interni e spirituali della Chiesa de' quali son privi, in quanto essi conservano il carattere del cristiano che è indelebile, e sono aiutati dalle orazioni e dalle buone opere dei fedeli ad ottenere la grazia di convertirsi a Dio.
    Coloro che sono in peccato mortale possono, inoltre, partecipare dei beni esterni della Chiesa, se pure non siano separati dalla Chiesa con la scomunica.
    I membri di questa comunione di chiamano Santi, perché tutti sono chiamati alla santità e furono santificati per mezzo del Battesimo, e molti di essi sono già pervenuti alla perfetta santità. La comunione dei Santi si estende anche al cielo e al purgatorio, perché la carità unisce le tre Chiese: trionfante, purgante e militante; e i Santi pregano Iddio per noi e per le anime del purgatorio, e noi diamo onore e gloria ai Santi e possiamo sollevare le anime del purgatorio, applicando in loro suffragio Messe, elemosine, indulgenze e altre opere buone.
  22. Valerio
    Il Papa, che noi chiamiamo pure Sommo Pontefice, o anche il Romano Pontefice, è il successore di san Pietro nella Cattedra di Roma, il Vicario di Gesù Cristo sulla terra e il capo visibile della Chiesa.
    E' il successore di san Pietro, perché quest'ultimo, nella sua persona, riunì la dignità di Vescovo di Roma e di capo della Chiesa; stabilì in Roma, per divina disposizione, la sua sede ed ivi morì, perciò chi viene eletto vescovo di Roma è anche erede di tutta la sua autorità. Il Romano Pontefice è il Vicario di Cristo, perché lo rappresenta sopra la terra e ne fa le veci nel governo della Chiesa. E' il capo visibile della Chiesa, perché egli la regge visibilmente coll'autorità medesima di Gesù Cristo, che ne è il capo invisibile. La dignità del Papa è la massima fra tutte le dignità della terra, e gli dà potere supremo ed immediato sopra tutti e singoli i Pastori e i fedeli.
    Il Papa non può errare, ossia è infallibile, nella solenne definizione delle Verità della Fede (Dogmi della Fede Cattolica), nell'esercizio della sua suprema autorità di Maestro di tutti i cristiani, in virtù del sacro Ministero Petrino, cioè, si dice, quando parla "Ex Cathedra" (ma non nei suoi discorsi né omelie comuni, come anche nei pronunciamenti e negli scritti pastorali e non dogmatici, in cui può sbagliare non essendo soggetti all'infallibilità assicurata dall'assistenza dello Spirito Santo).
    Chi non credesse alle solenni definizioni dogmatiche fatte dai Papi, o anche solo ne dubitasse, peccherebbe contro la fede, e se rimanesse ostinato in questa incredulità, non sarebbe più cattolico, ma eretico.
    L'infallibilità del Papa fu definita dalla Chiesa nel Concilio Vaticano Primo, e se alcuno presumesse di contraddire a questa definizione sarebbe eretico e scomunicato.
    La Chiesa, con tale pronunciamento, non ha stabilito una nuova verità di fede, ma ha solo definito, per opporsi a nuovi errori, che l'infallibilità del Papa, contenuta già nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, è una verità rivelata da Dio, e quindi da credersi come dogma o articolo di fede.
    I Vescovi sono i Pastori dei fedeli, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio nelle sedi a loro affidate, sotto la dipendenza del Romano Pontefice. Ognuno nella propria diocesi è il Pastore legittimo, il Padre, il Maestro, il superiore di tutti i fedeli, ecclesiastici e laici, che appartengono alla diocesi stessa. Pastore legittimo, perché il potere che ha di governare i fedeli della propria diocesi, cioè la giurisdizione, gli è stato conferito secondo le norme e le leggi della Chiesa. I Vescovi sono i successori degli Apostoli in ciò che riguarda il governo ordinario della Chiesa. Ogni fedele, ecclesiastico e laico, deve riconoscere, rispettare ed onorare il proprio Vescovo. Ogni Vescovo, nella cura delle anime è aiutato dai sacerdoti, e principalmente dai parrochi, sacerdoti che, sotto la dipendenza del Vescovo, presiedono e dirigono una porzione della diocesi che chiamasi parrocchia.
  23. Valerio
    La parte della Chiesa che ammaestra si chiama docente, ossia insegnante; quella che viene ammaestrata si chiama discente. Questa distinzione nella Chiesa l'ha stabilita Gesù Cristo medesimo. La Chiesa docente e la discente sono due parti distinte di una sola medesima Chiesa, come nel corpo umano il capo è distinto dalle altre membra e tuttavia forma con esse un solo corpo.
    La Chiesa docente si compone di tutti i Vescovi con a capo il Romano Pontefice, sia che si trovino dispersi, sia congregati. La Chiesa discente è composta di tutti i fedeli. L'autorità d'insegnare nella Chiesa (Potestas docendi) l'hanno il Papa e i Vescovi, e sotto la loro dipendenza, gli altri sacri ministri. Tutti siamo obbligati ad ascoltare la Chiesa docente, perché Gesù Cristo disse ai Pastori della Chiesa, nella persona degli Apostoli: "Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me". Oltre all'autorità d'insegnare, la Chiesa ha specialmente il potere di amministrare le cose sante, di far leggi e di esigerne l'osservanza. Il potere che hanno i membri della gerarchia ecclesiastica non viene dal popolo, e sarebbe eresia il dirlo, ma viene unicamente da Dio. L'esercizio di questi poteri spetta unicamente al ceto gerarchico, vale a dire al Papa e ai Vescovi a lui subordinati.
  24. Valerio
    La Chiesa Cattolica è la società di tutti i battezzati che, vivendo sulla terra, professano la stessa fede e legge di Cristo, partecipano agli stessi sacramenti, e riconoscono i legittimi Pastori, principalmente il Romano Pontefice. Per essere membro della Chiesa è necessario esser battezzato, credere e professare la dottrina di Gesù Cristo, partecipare ai medesimi sacramenti, riconoscere il Papa e gli altri legittimi Pastori della Chiesa.
    Il Papa è Pastore universale della Chiesa, perché Gesù Cristo disse a san Pietro, primo Papa: "Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e darò a te le chiavi del regno de' cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato anche in cielo, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche in cielo". E gli disse ancora: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle".
    Tutti coloro che non riconoscono il Romano Pontefice non appartengono alla Chiesa di Gesù Cristo. La vera Chiesa di Gesù Cristo si può facilmente distinguere da tante società o sette fondate dagli uomini, che si dicono cristiane, per quattro contrassegni. Essa è una, santa, cattolica e apostolica.
    Si dice "una", perché i suoi figli sono uniti nella stessa fede, nello stesso culto, nella stessa legge e nella partecipazione agli stessi sacramenti, sotto un medesimo capo visibile, il Romano Pontefice. Non possono esserci più Chiese, perché siccome vi sono un solo Dio, una sola Fede e un solo Battesimo, così non vi è, e non vi può essere che una sola vera Chiesa.
    Si dice "santa", perché santo è il suo capo invisibile, che è Gesù Cristo, santi sono molti suoi membri, santi sono la sua fede, la sua legge, i suoi sacramenti, e fuori di essa non vi è né vi può essere vera santità.
    Si dice "cattolica", che vuol dire universale, perché abbraccia i fedeli di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di ogni età e condizione, e tutti gli uomini del mondo sono chiamati a farne parte.
    Si dice, inoltre, "apostolica", perché rimonta senza interruzione fino agli Apostoli; perché crede ed insegna tutto ciò che hanno creduto e insegnati gli Apostoli; e perché è guidata e governata dai loro legittimi successori.
    La vera Chiesa si chiama anche "romana", perché i quattro caratteri dell'unità, santità, cattolicità ed apostolicità si riscontrano solo nella Chiesa che riconosce per capo il Vescovo di Roma, successore di san Pietro.
    Nella Chiesa possiamo distinguere l'anima e i corpo.
    L'anima consiste in ciò che essa ha d'interno e spirituale, cioè la fede, la speranza, la carità, i doni della grazia e dello Spirito Santo e tutti i celesti tesori che le sono derivati pei meriti di Cristo Redentore e dei Santi.
    Il corpo consiste in ciò che essa ha di visibile e di esterno.
    Per salvarsi non basta affatto essere membro della Chiesa Cattolica, ma bisogna esserne membro vivo, cioè in grazia di Dio. Membri morti sono i fedeli che trovansi in peccato mortale. Esternamente alla Chiesa cattolica, apostolica, romana nessuno può salvarsi, come niuno poté salvarsi dal diluvio fuori dell'Arca di Noè, che era figura di questa Chiesa. Chi,trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all'anima di lei e quindi in via di salute.
    I membri morti della Chiesa, che non mettono in pratica i suoi insegnamenti, non si salvano, perché oltre al Battesimo ed alla Fede, occorrono le opere conformi a quest'ultima. Siamo obbligati a credere tutte le verità di fede che la Chiesa ha sempre insegnato, conformemente alla Tradizione Apostolica ed alla Sacra Scrittura, e Gesù Cristo dichiara che chi si rifiuta di credere è già condannato. Siamo altresì obbligati a fare tutto quello che la Chiesa comanda in conformità a dette verità di fede, nella cui definizione e professione la Chiesa non può sbagliare, perché gode dell'assistenza dello Spirito Santo. Quelli che rifiutano tali definizioni perdono la fede e diventano eretici. La Chiesa può essere perseguitata, ma non distrutta né perire. Ella durerà fino alla fine del mondo, perché sino alla fine del mondo Gesù Cristo sarà con lei, come ha promesso. La Chiesa cattolica è tanto perseguitata, perché fu così perseguitato anche il suo divin Fondatore, e perché riprova i vizi, combatte le passioni e condanna tutte le ingiustizie e tutti gli errori. Ogni cattolico deve avere per la Chiesa un amore illimitato, reputarsi infinitamente onorato e felice di appartenerne, e adoperarsi alla gloria e all'incremento di lei con tutti quei mezzi che sono in suo potere.
  25. Valerio
    Gesù Cristo ha fondato sulla terra una società visibile che si chiama Chiesa Cattolica e tutte le persone che ne fanno parte sono in comunione tra loro. Tutta la santità della Chiesa deriva dallo Spirito Santo, il quale è l'autorità di ogni santità. La parola "Chiesa" vuol dire convocazione o adunanza di molte persone.
    Noi siamo stati chiamati alla Chiesa di Gesù Cristo da una grazia particolare di Dio, affinché col lume della fede e l'osservanza della divina legge gli rendiamo il debito culto e perveniamo alla vita eterna.
    I membri della Chiesa si trovano parte in cielo, e formano la "Chiesa Trionfante"; parte nel purgatorio, e formano la "Chiesa Purgante"; parte sulla terra, e formano la "Chiesa Militante". Queste diverse parti costituiscono una sola Chiesa ed un solo corpo, perché hanno il medesimo capo che è Gesù Cristo, il medesimo spirito che le anima e le unisce, e il medesimo fine che è la felicità eterna, la quale si gode già dagli uni e si aspetta dagli altri.
    Questo nono articolo del Credo si riferisce principalmente alla Chiesa Militante, che è la Chiesa nella quale noi siamo attualmente.
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