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Valerio

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Blog Entries di Valerio

  1. Valerio
    Nel corso della sua vita Santa Maria Maddalena de Pazzi (1566-1607), nata da una nobile famiglia fiorentina e divenuta carmelitana all'età di 16 anni, ha ricevuto numerose e lunghe estasi ed immense grazie come lo scambio del suo cuore con quello di Gesù, le stigmate invisibili e i colloqui con la Santissima Trinità. Nonostante tutto ha sempre continuato a svolgere con umiltà e zelo instancabile i suoi doveri di monaca, nella quotidianità, conducendo una vita nascosta di preghiera, abnegazione e penitenza. Durante le estasi i suoi gesti e le sue parole esprimevano in vari modi il caldo invito a ricambiare l'Amore di Cristo per gli uomini e dimostrato con la Passione. Al tempo delle visioni è seguito poi quello delle malattie, o del "nudo soffrire", come ella affermava, che è durato fino alla sua morte.
    Ella è stata devotissima del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo, offrendolo numerose volte al giorno a Dio, e donandosi come vittima per allontanare i castighi dall'umanità ed ottenere misericordia per i peccatori.
    Un giorno le apparve Gesù ed alla di lei richiesta di poter soffrire le sue stesse pene rispose: "Il mio Sangue non cerca vendetta come quello di Abele, ma soltanto misericordia. Esso lega le mani alla Giustizia Divina!".
    Così lei Gli disse: "Mi coprirò col Tuo Sangue, o Gesù, e Dio non vedrà i miei peccati".
    Pur con la sua vita nascosta, accettando le sofferenze che Dio le ha mandato, Santa Maria Maddalena de Pazzi ha procurato la salvezza a moltissime anime.
  2. Valerio
    Non è possibile per noi comprendere tutte le verità della Fede, perché alcune di esse sono misteri, ovvero verità superiori alla ragione in cui bisogna credere anche se non si è grado di capirle pienamente.
    Lo si deve fare, perché li ha rivelati Dio stesso, che essendo Verità e Bontà infinita non può ingannarsi né ingannare.
    I misteri sono superiori, ma non contrari alla ragione; è anzi la stessa ragione che ci persuade ad ammettere i misteri, questo perché è lo stesso Dio che ci ha dato il lume della ragione e rivelato i misteri, ed Egli non può contraddirsi.
  3. Valerio
    Nel giorno ventiquattro di giugno la Chiesa celebra la festa della Natività di S. Giovanni Battista.
    S. Giovanni Battista fu il precursore di Gesù Cristo, perché fu mandato da Dio per annunciare Gesù Cristo agli ebrei e prepararli a riceverlo. La Chiesa con una festa speciale onora la nascita di S. Giovanni Battista, perché questa fu santa, ed apportò al mondo una santa allegrezza.
    S. Giovanni Battista non nacque in peccato come gli altri uomini, perché fu santificato nel seno di sua madre santa Elisabetta, alla presenza di Gesù Cristo e della santissima Vergine. Il mondo si rallegrò della nascita di S. Giovanni Battista, perché questa gli indicava prossima la venuta del Messia.
    Iddio fece conoscere S. Giovanni Battista, fino dalla sua nascita, come precursore di Cristo con vari miracoli, e principalmente con questo, che suo padre Zaccaria, il quale aveva perduta la favella, la ricuperò prorompendo nel pio cantico Benedictus Dominus Deus Israel, col quale ringraziò il Signore per l'adempimento della promessa fatta ad Abramo di mandare il Salvatore, e si rallegrò col proprio figliuolo, che ne fosse il precursore.
    S. Giovanni Battista sino dalla giovinezza si ritirò nel deserto, dove passò la maggior parte della sua vita, e unì costantemente all'innocenza de' costumi un'austerissima penitenza. Fu decapitato per ordine di Erode Antipa, a cagione della santa libertà con cui aveva ripreso la vita scandalosa di questo principe.
    In S. Giovanni Battista dobbiamo imitare:
    1. L'amore alla ritiratezza, all'umiltà e alla mortificazione;
    2. lo zelo di far conoscere ed amar Gesù Cristo;
    3. la fedeltà verso Dio nel preferire agli umani rispetti la sua Gloria e la salvezza del prossimo.
  4. Valerio
    ATTO DI FEDE
    Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia fede.
    ATTO DI SPERANZA
    Mio Dio, spero dalla tua bontà, per le tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io possa goderti in eterno.
    ATTO DI CARITÀ
    Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per amore tuo amo il prossimo come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, che io ti ami sempre più.
  5. Valerio
    La virtù è una qualità dell'anima, per la quale si ha propensione, facilità e prontezza a conoscere ed operare il bene. Le principali virtù soprannaturali sono sette: cioè tre teologali e quattro cardinali.
    Le virtù teologali sono: la Fede, la Speranza e la Carità. Si chiamano virtù teologali, perché hanno Dio per oggetto immediato e principale, e ci sono infuse da Lui. Hanno Dio per oggetto immediato, perché con la Fede noi crediamo in Dio, e crediamo tutto ciò che Egli ha rivelato; con la Speranza speriamo di possedere Dio; con la Carità amiamo Dio e in Lui amiamo noi stessi e il prossimo.
    Iddio per sua bontà ci infonde nell'anima le virtù teologali quando ci adorna della sua grazia santificante, e perciò quando ricevemmo il Battesimo fummo arricchiti di queste virtù, e con esse, dei doni dello Spirito Santo.
    Per salvarsi, tuttavia, per chi ha l'uso della ragione, non basta aver ricevuto nel Battesimo le virtù teologali; ma è necessario farne spesso gli atti.
    Noi tutti siamo obbligati a fare gli atti di Fede, di Speranza e di Carità:
    1. giunti all'uso della ragione;
    2. spesse volte nel decorso della vita;
    3. in pericolo di morte.
  6. Valerio
    Per contrarre validamente il matrimonio cristiano è necessario esser libero da ogni impedimento matrimoniale dirimente, e prestare liberamente il proprio consenso al contratto del matrimonio dinanzi al proprio parroco o ad un sacerdote da lui delegato, e a due testimoni.
    Per contrarre lecitamente il matrimonio cristiano è necessario esser libero dagli impedimenti matrimoniali impedienti, essere istruito nelle cose principali della religione, ed essere in stato di grazia, altrimenti si commetterebbe un sacrilegio.
    Gli impedimenti matrimoniali sono tali circostanze che rendono il matrimonio o invalido, o illecito. Nel primo caso si dicono impedimenti dirimenti, nel secondo impedimenti impedienti.
    Impedimenti dirimenti sono, per esempio, la consanguineità fino al quarto grado, la parentela spirituale, il voto solenne di castità, la diversità di culto tra battezzati e non battezzati, ecc...
    Impedimenti impedienti sono, per esempio, il tempo proibito, il voto semplice di castità, ecc...
    I fedeli sono obbligati a manifestare all'autorità ecclesiastica gli impedimenti matrimoniali che conoscono; ed è perciò che dai parroci si fanno le pubblicazioni. Solamente la Chiesa ha la podestà di stabilire impedimenti e di giudicare della validità del matrimonio fra i cristiani, come la Chiesa sola può dispensare da quelli impedimenti che essa ha stabiliti, perché nel matrimonio cristiano non potendosi dividere il contratto dal sacramento, anche il contratto cade sotto la potestà della Chiesa, alla quale sola Gesù Cristo conferì il diritto di far leggi e decisioni nelle cose sacre.
    Il vincolo del matrimonio cristiano non può essere sciolto dall'autorità civile, perché questa non può ingerirsi in materia di sacramenti, e separare ciò che Dio ha congiunto.
    Il matrimonio civile non è altro che una formalità prescritta dalla legge al fine di dare e di assicurare gli effetti civili ai coniugati e alla loro prole. Per un cristiano, non basta fare il solo contratto civile, perché questo non è sacramento, e quindi non è vero matrimonio.
    Se gli sposi convivessero tra loro col solo matrimonio civile sarebbero in stato di continuo peccato mortale, e la loro unione resterebbe sempre illegittima innanzi a Dio e alla Chiesa. Si deve fare anche il matrimonio civile, perché sebbene questo non sia sacramento, pur tuttavia serve per garantire ai contraenti e ai loro figliuoli gli effetti civili della società coniugale; e però di regola generale dall'autorità ecclesiastica non si permette il matrimonio religioso se non quando siano iniziati gli atti prescritti dalla legge civile.
  7. Valerio
    La santissima Trinità si onora dalla Chiesa in ogni giorno dell'anno e principalmente nelle domeniche; ma se ne fa una festa particolare nella prima domenica dopo la Pentecoste, affinché comprendiamo che il fine dei misteri di Gesù Cristo e della discesa dello Spirito Santo, è stato di condurci a conoscere la Trinità santissima, e ad onorarla in spirito e verità.
    Santissima Trinità vuol dire: Dio uno in tre persone realmente distinte: Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Dio è purissimo spirito; ma le tre Persone divine si rappresentano con certe immagini per far conoscere alcune proprietà od azioni che loro si attribuiscono, od il modo in cui qualche volta sono apparse.
    Dio Padre si rappresenta in forma di vecchio per significare così l'eternità divina, e perché Egli è la prima Persona della santissima Trinità e il principio delle altre due Persone.
    Il Figliuolo di Dio si rappresenta in forma di uomo, perché Egli é anche vero uomo, avendo assunta l'umana natura per la nostra salvezza.
    Lo Spirito Santo si rappresenta in forma di colomba, perché in questa forma discese sopra Gesù Cristo quando fu battezzato da S. Giovanni.
    Nella festa della santissima Trinità dobbiamo fare cinque cose:
    1. adorare il mistero di Dio Uno e Trino;
    2. ringraziare la santissima Trinità di tutti i benefici temporali e spirituali che riceviamo;
    3. consacrare tutti noi stessi a Dio, e assoggettarci interamente alla sua divina provvidenza;
    4. pensare che nei Battesimo siamo entrati nella Chiesa, e divenuti membri di Gesù Cristo per l'invocazione e per la virtù del nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo;
    5. risolvere di far sempre con devozione il segno della Croce, che esprime questo mistero, e di recitare con fede viva e con intenzione di glorificare la santissima Trinità quelle parole che la Chiesa ripete così sovente: Sia gloria al Padre, al Figliuolo e allo Spirito Santo.
  8. Valerio
    I ministri di questo sacramento sono gli stessi sposi, che vicendevolmente conferiscono e ricevono il sacramento.
    Questo sacramento, conservando la natura di contratto, si amministra dagli stessi contraenti col dichiarare alla presenza del loro parroco, o di un suo delegato, e di due testimoni di unirsi in matrimonio. La benedizione che il parroco dà agli sposi non è necessaria per costituire il sacramento, ma si dà per sanzionare a nome della Chiesa la loro unione, e per chiamare sempre più sopra di essi le benedizioni di Dio.
    Chi contrae matrimonio deve avere l'intenzione:
    - di fare la volontà di Dio, che lo chiama a tale stato;
    - di operare in esso la salute dell'anima propria:
    - di allevare cristianamente i figliuoli, se Dio concede di averne.
    Gli sposi, per ricevere con frutto il sacramento del Matrimonio devono:
    - raccomandarsi di cuore a Dio per conoscere la sua volontà, e per ottenere da lui quelle grazie, che sono necessarie in tale stato;
    - consultarsi coi propri genitori prima di farne la promessa, come lo esige l'ubbidienza e il rispetto dovuto ai medesimi;
    - prepararsi con una buona confessione, anche generale, se fa bisogno, di tutta la vita;
    - schivare ogni pericolosa familiarità di tratto e di parola nel conversare insieme.
    Le persone congiunte in matrimonio devono:
    - custodire inviolata la fedeltà coniugale e comportarsi sempre cristianamente in tutto;
    - amarsi scambievolmente, sinceramente e profondamente, sopportandosi a vicenda con pazienza, e vivere in pace e concordia;
    - se hanno dei figliuoli, pensare seriamente a provvederli secondo il bisogno; dar loro una cristiana educazione; e lasciare ad essi la libertà di scegliere lo stato a cui sono chiamati da Dio.
  9. Valerio
    Il Matrimonio e un sacramento, istituito da nostro Signore Gesù Cristo, che stabilisce una santa ed indissolubile unione tra l'uomo e la donna, e dà loro la grazia di amarsi l'un l'altro santamente e di allevare cristianamente i figli.
    Il Matrimonio fu istituito da Dio stesso nel paradiso terrestre, e nel nuovo Testamento fu elevato da Gesù Cristo alla dignità di sacramento. Il sacramento del Matrimonio significa, in modo speciale, l'indissolubile unione di Gesù Cristo con la santa Chiesa sua sposa e nostra amantissima madre.
    Si dice che il vincolo del matrimonio è indissolubile ossia che non si può sciogliere se non per la morte di uno dei coniugi, perché così ha stabilito Dio fin da principio, e così ha solennemente proclamato Gesù Cristo Signor nostro.
    Fra i cristiani non vi può essere vero matrimonio che non sia sacramento, per tale ragione il solo matrimonio civile non è un vero matrimonio, in quanto non possiede valore sacramentale.
    Il sacramento del Matrimonio:
    - dà l'aumento della grazia santificante;
    - conferisce la grazia speciale per adempiere fedelmente tutti doveri matrimoniali.
  10. Valerio
    L'Ordine Sacro è il sacramento che dà la potestà di esercitare i sacri ministeri che riguardano il culto di Dio e la salute delle anime, e che imprime nell'anima di chi lo riceve il Carattere di ministro di Dio. Si chiama Ordine perché consiste in vari gradi, l'uno subordinato all'altro, dai quali risulta la sacra Gerarchia.
    Supremo tra essi è l'Episcopato, che contiene la pienezza del sacerdozio; quindi il Presbiterato o Sacerdozio semplice, poi il Diaconato, e gli Ordini che si dicono minori.
    Gesù Cristo ha istituito immediatamente i due gradi superiori dell'Ordine Sacro, che sono l'Episcopato e il Sacerdozio semplice; per mezzo degli Apostoli poi istituì il Diaconato, dal quale derivano gli altri Ordini inferiori.
    Gesù Cristo ha istituito l'Ordine Sacerdotale nell'ultima Cena, quando conferì agli Apostoli e ai loro successori la potestà di consacrare la SSma Eucaristia. Il giorno poi della sua resurrezione conferì ai medesimi il potere di rimettere e di ritenere i peccati, costituendoli cosi i primi sacerdoti della nuova legge in tutta la pienezza della loro potestà.
    Il ministro del sacramento dell'Ordine è unicamente il Vescovo.
    La dignità del Sacerdozio cristiano è grandissima per la doppia potestà che ad esso ha conferito Gesù Cristo sul suo Corpo reale e sul suo Corpo mistico, che è la Chiesa; e per la divina missione affidata ai sacerdoti di condurre tutti gli uomini alla vita eterna. Il Sacerdozio cattolico è necessario nella Chiesa; perché senza di esso i fedeli sarebbero privi del santo sacrificio della Messa e della maggior parte dei sacramenti, non avrebbero chi li ammaestrasse nella fede, e resterebbero come pecore senza pastore in balia dei lupi, a dir breve non esisterebbe più la Chiesa come Gesù Cristo l'ha istituita.
    Il Sacerdozio cattolico, non ostante la guerra che gli muove contro l'inferno, durerà fino alla fine dei secoli; avendo Gesù Cristo promesso che le potestà dell'inferno non prevarranno giammai contro la sua Chiesa. Disprezzare ed insultare un sacerdote è peccato gravissimo, perché il disprezzo e le ingiurie che si rivolgono contro i sacerdoti, ricadono sopra Gesù Cristo stesso, il quale ha detto ai suoi Apostoli: chi disprezza voi, disprezza Me.
    Il fine di chi abbraccia lo stato ecclesiastico deve essere unicamente la gloria di Dio e la salute delle anime.
    Per entrare nello stato ecclesiastico è necessaria, prima di tutto, la vocazione divina. Per sapere se Dio chiama allo stato ecclesiastico si deve:
    - pregare con fervore il Signore che manifesti qual è la sua volontà;
    - prendere consiglio dal proprio Vescovo o da un savio e prudente direttore;
    - esaminare con diligenza se si abbia l'abilità necessaria agli studi, ai ministeri, ed agli obblighi di questo stato.
    Chi entrasse nello stato ecclesiastico senza vocazione divina farebbe un grave male e si metterebbe in pericolo di perdizione. I genitori che per motivi temporali, inducono i figliuoli ad abbracciare senza vocazione lo stato ecclesiastico, commettono essi pure gravissima colpa, perché con ciò usurpano il diritto che Dio ha riservato a sé solo di scegliere i suoi ministri, e mettono i figliuoli in pericolo di eterna dannazione.
    I fedeli devono:
    - lasciare ai loro figliuoli e dipendenti piena libertà di seguire la vocazione di Dio;
    - pregar Iddio che si degni di concedere alla sua Chiesa buoni pastori e zelanti ministri, essendo anche a tal fine istituiti i digiuni delle quattro tempora;
    - avere un singolare rispetto verso tutti quelli che sono, per mezzo degli Ordini, consacrati al servizio di Dio.
  11. Valerio
    La liturgia dei tre ultimi giorni della Settimana Santa è tutta pervasa del ricordo della redenzione. Nelle ufficiature, che sono tra le più belle dell'anno, la Chiesa ricorda i grandi avvenimenti che hanno caratterizzato gli ultimi giorni di vita del Salvatore e ci fa celebrare il mistero della nostra redenzione.
    Meravigliosa celebrazione, in cui la passione ci è resa misteriosamente presente affinché rinnoviamo la nostra vita alle sorgenti stesse da cui è scaturita.
    Il Giovedì Santo è consacrato al ricordo vivo dell'istituzione dell'Eucaristia e del Sacerdozio. Alla vigilia della sua morte, il giovedì, celebrando la Pasqua coi suoi discepoli, Gesù, gran sacerdote della nuova legge, trasformò il banchetto rituale dei Giudei in un banchetto ancora più sacro, in cui Lui stesso, autentico agnello pasquale, si diede in nutrimento a coloro che doveva riscattare con la sua morte di croce.
    Lo stesso giorno il vescovo procede alla benedizione degli olii santi: è così manifesto che i sacramenti, di cui gli olii sono, in parte la materia, hanno la loro sorgente in Cristo, rappresentato dal vescovo, e attingono la loro fecondità nel mistero pasquale della salvezza. Inoltre oggi si svolge, nella Messa Vespertina, la cerimonia del "Mandatum": ricordo commovente del gesto pieno di umiltà e di carità col quale Gesù volle contrassegnare il "comandamento nuovo" dell'amore fraterno.
    MESSA VESPERTINA IN COENA DOMINI
    Nel momento stesso in cui si tramava la sua morte, il Salvatore istituiva il mezzo di perpetuare il suo sacrificio e di continuare tra noi la sua presenza. Nel ricordo della cena, la Chiesa celebra oggi il santo sacrificio con gioia raggiante: essa riveste i suoi ministri con paramenti di festa e canta il Gloria in excelsis, mentre suonano tutte le campane.
    Generalmente in ogni chiesa c'è una sola Messa, alla sera; tutto il clero vi partecipa e vi si comunica. Ciò vuol significare, nel giorno anniversario dell'istituzione dell'eucaristia, che non vi è che un sacerdozio, incaricato da Gesù stesso di rinnovare perpetuamente il suo sacrificio. Nelle preghiere del Canone della Messa, al Communicantes e al momento della Consacrazione, la Chiesa ci fa pensare con commozione a Gesù che istituisce e celebra il sacrificio di ringraziamento, la vigilia della sua passione.
    PROPRIO DELLA S.MESSA
    INTROITUS
    Gal 6:14.- Nos autem gloriári opórtet in Cruce Dómini nostri Iesu Christi: in quo est salus, vita et resurréctio nostra: per quem salváti et liberáti sumus ~~ Ps 66:2- Deus misereátur nostri, et benedícat nobis: illúminet vultum suum super nos, et misereátur nostri. ~~ Nos autem gloriári opórtet in Cruce Dómini nostri Iesu Christi: in quo est salus, vita et resurréctio nostra: per quem salváti et liberáti sumus
    Gal 6:14.- Quanto a noi non sia mai che ci gloriamo d'altro se non della croce del Signor nostro Gesù Cristo; in Lui è la salvezza, la vita e la resurrezione nostra; per mezzo suo siamo stati salvati e liberati. ~~ Ps 66:2- Dio abbia pietà di noi e ci benedica; faccia splendere su di noi il suo sguardo e ci usi pietà. ~~ Quanto a noi non sia mai che ci gloriamo d'altro se non della croce del Signor nostro Gesù Cristo; in Lui è la salvezza, la vita e la resurrezione nostra; per mezzo suo siamo stati salvati e liberati.
    Gloria
    Durante il canto del Gloria si suonano le campane che poi rimarranno mute fino al Gloria della Notte di Pasqua.
    ORATIO
    Orémus.
    Deus, a quo et Iudas reatus sui poenam, et confessiónis suæ latro praemium sumpsit, concéde nobis tuæ propitiatiónis efféctum: ut, sicut in passióne sua Iesus Christus, Dóminus noster, diversa utrísque íntulit stipéndia meritórum; ita nobis, abláto vetustátis erróre, resurrectiónis suæ grátiam largiátur: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.
    Preghiamo.
    Dio, da cui Giuda ricevette il castigo del suo delitto e il ladrone il premio del suo pentimento, fa a noi sentire l'effetto della tua pietà, affinché, come nella sua Passione Gesù Cristo Signor nostro diede all'uno e all'altro il dovuto trattamento, cosi tolte da noi le aberrazioni dell'uomo vecchio, ci dia la grazia della sua risurrezione. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
    LECTIO
    Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios.
    1 Cor 11:20-32.
    (In questo racconto dell'ultima cena, tramandato da S. Paolo, si inseriscono precetti riguardanti la carità fraterna. Non è forse questo il comandamento nuovo che Gesù diede ai suoi discepoli in questo giorno? E il sacrificio della Messa, realizzazione sacramentale, come la cena, del sacrificio della Croce, non è il fattore principale dell'unità cristiana?)
    Fratres: Conveniéntibus vobis m unum, iam non est Domínicam coenam manducáre. Unusquísque enim suam cenam præsúmit ad manducándum. Et alius quidem ésurit: álius autem ébrius est. Numquid domos non habétis ad manducándum et bibéndum? aut ecclésiam Dei contémnitis, et confúnditis eos, qui non habent? Quid dicam vobis? Laudo vos? In hoc non laudo. Ego enim accépi a Dómino quod et trádidi vobis, quóniam Dóminus Iesus, in qua nocte tradebátur, accépit panem, et grátias agens fregit, et dixit: Accípite, et manducáte: hoc est corpus meum, quod pro vobis tradétur: hoc fácite in meam commemoratiónem. Simíliter et cálicem, postquam coenávit, dicens: Hic calix novum Testaméntum est in meo sánguine: hoc fácite, quotiescúmque bibétis, in meam commemoratiónem. Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc et cálicem bibétis: mortem Dómini annuntiábitis, donec véniat. Itaque quicúmque manducáverit panem hunc vel bíberit cálicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini. Probet autem seípsum homo: et sic de pane illo edat et de cálice bibat. Qui enim mandúcat et bibit indígne, iudícium sibi mandúcat et bibit: non diiúdicans corpus Dómini. Ideo inter vos multi infirmi et imbecílles, et dórmiunt multi. Quod si nosmetípsos diiudicarémus, non útique iudicarémur. Dum iudicámur autem, a Dómino corrípimur,ut non cum hoc mundo damnémur.
    Fratelli; quando vi adunate in sacra adunanza, non vi comportate come chi deve prepararsi a mangiare la Cena del Signore, poiché ciascuno pensa a consumare la propria cena tanto che uno patisce la fame e l'altro si ubriaca. Ma non avete le vostre case per mangiare e bere? O avete in disprezzo l'assemblea di Dio e desiderate far arrossire coloro che non hanno nulla? Che " devo dirvi? forse lodarvi? In questo certamente no, Quello infatti che io vi ho insegnato me l'ha comunicato il Signore, e cioè: II Signore Gesù la notte in cui fu tradito, prese il pane e, dopo aver reso le grazie a Dio, lo spezzò e disse: «Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo, che sarà dato a morte per voi; fate questo in memoria di me». E similmente, dopo aver cenato, prese anche il Calice, dicendo: «Questo Calice è il nuovo Patto nel mio Sangue: fate questo tutte le volte che ne berrete in mio ricordo», Quindi ogni qualvolta mangerete questo Pane e berrete questo Calice annunzierete la morte del Signore, finché Egli non venga. Chiunque dunque mangerà questo Pane o berrà il Calice del Signore indegnamente sarà reo del Sangue e del Corpo del Signore. Ognuno pertanto esamini se stesso e poi mangi di quel Pane e beva di quel Calice; perché chi ne mangia e ne beve indegnamente, non pensando che quello è il Corpo del Signore, mangia e beve la sua condanna. Ecco perché tra voi ci sono molti malati e deboli, e parecchi ne muoiono. Se ci esaminassimo bene da noi stessi, non saremmo condannati; invece se siamo giudicati dal Signore, Egli deve castigarci per non condannarci col mondo
    GRADUALE
    Phil 2:8-9
    Christus factus est pro nobis oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis
    V. Propter quod et Deus exaltávit illum: et dedit illi nomen, quod est super omne nomen.
    Il Cristo si è fatto per noi obbediente fino alla morte e morte di croce.
    V. Perciò Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome, che è sopra ogni altro nome.
    EVANGELIUM
    Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Ioánnem.
    Ioann 13:1-15
    (Avendo già riportato nell'Epistola l'istituzione dell'eucaristia, la liturgia ci parla ora della grande lezione di aiuto fraterno di cui Gesù, durante la cena, volle dare un indimenticabile esempio ai suoi discepoli.)
    Ante diem festum Paschae, sciens Iesus, quia venit hora eius, ut tránseat ex hoc mundo ad Patrem: cum dilexísset suos, qui erant in mundo, in finem diléxit eos. Et cena facta, cum diábolus iam misísset in cor, ut tráderet eum Iudas Simónis Iscariótæ: sciens, quia ómnia dedit ei Pater in manus, et quia a Deo exivit, et ad Deum vadit: surgit a cena et ponit vestiménta sua: et cum accepísset línteum, præcínxit se. Deinde mittit aquam in pelvim, et coepit laváre pedes discipulórum, et extérgere línteo, quo erat præcínctus. Venit ergo ad Simónem Petrum. Et dicit ei Petrus: Dómine, tu mihi lavas pedes? Respóndit Iesus et dixit ei: Quod ego fácio, tu nescis modo, scies autem póstea. Dicit ei Petrus: Non lavábis mihi pedes in ætérnum. Respóndit ei Iesus: Si non lávero te, non habébis partem mecum. Dicit ei Simon Petrus: Dómine, non tantum pedes meos, sed et manus et caput. Dicit ei Iesus: Qui lotus est, non índiget nisi ut pedes lavet, sed est mundus totus. Et vos mundi estis, sed non omnes. Sciébat enim, quisnam esset, qui tráderet eum: proptérea dixit: Non estis mundi omnes. Postquam ergo lavit pedes eórum et accépit vestiménta sua: cum recubuísset íterum, dixit eis: Scitis, quid fécerim vobis? Vos vocátis me Magíster et Dómine: et bene dícitis: sum étenim. Si ergo ego lavi pedes vestros, Dóminus et Magíster: et vos debétis alter altérius laváre pedes. Exémplum enim dedi vobis, ut, quemádmodum ego feci vobis, ita et vos faciátis.
    Prima della festa di Pasqua, Gesù sapendo che per lui era venuta l'ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine: e fatta la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figliuolo di Simone Iscariota, il disegno di tradirlo: sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani, e ch'era venuto da Dio e a Dio se ne tornava: si leva da tavola, depone il mantello e, preso un asciugatoio, se Io cinge. Poi versa dell'acqua nel bacino, e si mette a lavare i piedi ai discepoli e a rasciugarli con l'asciugatoio. Viene dunque a Simon Pietro; e Pietro gli dice: Signore, tu lavare i piedi a me? Gesù gli rispose: «Quel che io faccio, tu adesso non lo sai; ma lo capirai dopo». Pietro gli dice: Tu non mi laverai i piedi, mai! E Gesù gli risponde: «Se io non ti laverò, non avrai parte con me». E Simon Pietro gli dice: Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo! E Gesù gli dice : «Chi è stato lavato, non ha bisogno di lavarsi, se non i piedi, ma è interamente mondo. E voi siete mondi, ma non tutti». Siccome sapeva chi era colui che l'avrebbe tradito, per questo disse: «Non tutti siete mondi». Come dunque ebbe loro lavato i piedi, ed ebbe ripreso il mantello, rimessosi a tavola, disse loro: « Lo capite quel che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Orbene, se io, che sono il Signore e il Maestro , vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi l'uno all'altro. Poiché vi ho dato un esempio, affinché cosi come ho fatto io, facciate anche voi».
    Credo
    OFFERTORIUM
    Ps 117:16 et 17.
    Déxtera Dómini fecit virtútem, déxtera Dómini exaltávit me: non móriar, sed vivam, et narrábo ópera Dómini.
    La destra del Signore ha mostrato la sua potenza; la destra del Signore mi ha esaltato: non morrò, ma vivrò e narrerò le opere del Signore.
    SECRETA
    Ipse tibi, quaesumus, Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus, sacrifícium nostrum reddat accéptum, qui discípulis suis in sui commemoratiónem hoc fíeri hodiérna traditióne monstrávit, Iesus Christus, Fílius tuus, Dóminus noster: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.
    O Signore santo, Padre onnipotente, eterno Dio, ti renda accetto questo nostro sacrificio quegli stesso, che con l'odierna istituzione insegnò ai suoi discepoli di offrirlo in sua memoria, Gesù Cristo, Figlio tuo, Signore nostro; il quale con te vive e regna. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
    PRÆFATIO DE SANCTA CRUCE
    Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui salútem humáni géneris in ligno Crucis constituísti: ut, unde mors oriebátur, inde vita resúrgeret: et, qui in ligno vincébat, in ligno quoque vincerétur: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem maiestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admítti iúbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes
    È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Che hai procurato la salvezza del genere umano col legno della Croce: così che da dove venne la morte, di là risorgesse la vita, e chi col legno vinse, dal legno fosse vinto: per Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtù celesti e i beati Serafini la celebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo
    INFRA ACTIONEM
    Communicántes et diem sacratíssimum celebrántes, quo Dóminus noster Iesus Christus pro nobis est tráditus: sed et memóriam venerántes, in primis gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: sed et beati Ioseph, eiusdem Virginis Sponsi, et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Iacóbi, Ioánnis, Thomæ, Iacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Ioánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Iungit manus. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
    Uniti in una stessa comunione celebriamo il giorno santissimo nel quale nostro Signore Gesù Cristo fu consegnato per noi; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e di quella del beato Giuseppe, Sposo della medesima Vergine e dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.
    Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quam tibi offérimus ob diem, in qua Dóminus noster Iesus Christus trádidit discípulis suis Córporis et Sánguinis sui mystéria celebránda: quaesumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi et in electórum tuórum iúbeas grege numerári. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
    Ti preghiamo, dunque, o Signore, di accettare placato questa offerta di noi tuoi servi e di tutta la tua famiglia, che ti offriamo per il giorno in cui nostro Signore Gesù Cristo affidò ai suoi discepoli di celebrare i misteri del Corpo e del Sangue: ti preghiamo, o Signore, fa che i nostri giorni scorrano nella tua pace e che noi veniamo liberati dall’eterna dannazione e annoverati nel gregge dei tuoi eletti. Per Cristo nostro Signore. Amen.
    Quam oblatiónem tu, Deus, in ómnibus, quaesumus, bene ☩ díctam, adscríp ☩ tam, ra ☩ tam, rationábilem acceptabilémque fácere dignéris: ut nobis Cor ☩ pus, et San ☩ guis fiat dilectíssimi Fílii tui, Dómini nostri Iesu Christi.
    La quale offerta Tu, o Dio, degnati, te ne supplichiamo, di rendere in tutto e per tutto benedetta, ascritta, ratificata, ragionevole e accettabile affinché diventi per noi il Corpo e il Sangue del tuo dilettissimo Figlio nostro Signore Gesù Cristo.
    Qui prídie, quam pro nostra omniúmque salúte paterétur, hoc est hódie, accépit panem in sanctas ac venerábiles manus suas, et elevátis óculis in coelum ad te Deum, Patrem suum omnipoténtem, tibi grátias agens, bene ☩ dixit, fregit, dedítque discípulis suis, dicens: Accípite, et manducáte ex hoc omnes.
    HOC EST ENIM CORPUS MEUM.
    Il Quale nella vigilia della Passione, cioè oggi, preso del pane nelle sue sante e venerabili mani , alzati gli occhi al cielo, a Te Dio Padre suo onnipotente rendendoti grazie, lo benedisse, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli, dicendo: Prendete e mangiatene tutti: QUESTO È IL MIO CORPO.
    Il resto del Canone è come al solito. All’ Agnus Dei si risponde tutte e tre le volte “miserere nobis”. Non si dà il bacio di pace e si omette l’orazione “Domine Iesu Christe qui dixisti”.
    COMMUNIO
    Ioann 13:12, 13 et 15.
    Dóminus Iesus, postquam coenávit cum discípulis suis, lavit pedes eórum, et ait illis: Scitis, quid fécerim vobis ego, Dóminus et Magíster? Exemplum dedi vobis, ut et vos ita faciátis.
    Il Signore Gesù, come ebbe cenato con i suoi discepoli, lavò loro i piedi, e disse: comprendete quel che io, Signore e maestro ho fatto a voi? Io vi ho dato l'esempio, perché cosi facciate anche voi.
    POSTCOMMUNIO
    Orémus.
    Refécti vitálibus aliméntis, quaesumus, Dómine, Deus noster: ut, quod témpore nostræ mortalitátis exséquimur, immortalitátis tuæ múnere consequámur. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
    Preghiamo.
    O Signore Dio nostro, ristorati da questi vitali alimenti, concedici di conseguire, col dono della tua immortalità, ciò che celebriamo durante la nostra vita mortale. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
  12. Valerio
    I racconti della Passione si susseguono nel corso di questa settimana; oggi abbiamo quello di S. Luca.
    Le due letture dell'Antico Testamento sono prese dal profeta Isaia. Tutte due si riferiscono alla missione redentrice del Messia sofferente. Così, accostata alle profezie che l'annunciano, la Passione di Gesù appare ancora più chiaramente come il compimento dei disegni eterni di Dio per la salvezza del mondo.
    In questa Messa in cui quasi tutti i testi ci parlano delle sofferenze del Salvatore, il pensiero della redenzione che si compie rimane predominante: "Dio, che hai voluto che il tuo Figliuolo subisse per noi il supplizio della Croce...accorda a noi tuoi servi di conseguire la grazia della resurrezione".
    Antifona all'Introito
    Nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra, e nell'inferno, perché il Signore si fece obbediente fino alla morte, e alla morte in croce; perciò Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
    Salmo. Ascolta, o Signore, la mia preghiera e il mio grido giunga a Te. - Nel nome.
    Prima lettura da Isaia
    (Quadro impressionante della vittoria finale sui nemici, presentato sotto forma di dialogo tra un profeta ed il Messia, che ritorna vittorioso dal combattimento.)
    Questo dice il Signore Dio: "Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo Salvatore viene! Il prezzo della tua vittoria l'accompagna. Chi è dunque colui che viene da Edom, da Bosra con gli abiti macchiati di rosso? colui che è così magnificamente vestito e che cammina mostrando la pienezza della forza? "Sono io, che opero con giustizia e spiego la mia forza per salvare!"
    "E perché il tuo abito è rosso e ti vesti come uno che pigi il vino nella tinozza?"
    "Nella tinozza fui solo a pigiare; nessuno, tra i popoli, si mosse ad aiutarmi; allora, nella mia ira, li ho pigiati; li calpestai nel mio furore. Il loro sangue sprizzò sulle mie vesti e ogni mio indumento ne fu intriso. Poiché avevo in cuore un giorno di vendetta e l'anno della mia redenzione era sopraggiunto. Guardai intorno: nessun aiuto! ne fui sgomento: nessuno che mi sostenesse! Allora il mio braccio mi soccorse e il mio furore mi sostenne. Stroncai i popoli nella mia collera, li stritolai nel mio furore e feci scorrere sul terreno il loro sangue!".
    Voglio celebrare le grazie del Signore, i prodigi del Signore per tutto ciò che fece per noi, Egli, il Signore Dio nostro.
    Graduale
    Non nascondere il tuo volto al tuo servo, perché sono immerso nella tribolazione: esaudiscimi presto!
    Salvami, o Dio, perché le acque sono penetrate fino alla mia anima; sono sprofondato in un vortice di fango e nulla vi è di consistente.
    Seconda lettura da Isaia
    (Isaia descrive con tale esattezza certi tratti della Passione da essere paragonato agli evangelisti.)
    In quei giorni: Disse Isaia: "O Signore, chi mai crederà ciò che udiamo? e la potenza del Signore a chi mai fu svelata?". Come un virgulto egli è cresciuto dinanzi a noi, come radice da terra arida. Senza bellezza né splendore (noi lo abbiamo veduto) e senza sembianze piacevoli, oggetto di disprezzo e rifiuto dell'umanità, uomo di dolore e visitato dalla sofferenza, come coloro dinanzi ai quali ci si copre il viso Egli era disprezzato e vilipeso. Erano le nostra sofferenze che Egli sopportava e i nostri dolori che lo affliggevano. E noi, noi credemmo che Egli fosse punito, colpito e umiliato da Dio! Egli fu trafitto a motivo dei nostri peccati, schiacciato per i nostri delitti. L'espiazione che ci valse la pace ha gravato su Lui e grazie alle sue ferite noi fummo sanati. Tutti noi, come pecore, eravamo sbandati, ciascuno seguendo la propria strada. E il Signore fece ricadere su Lui i delitti di tutti noi. Spietatamente trattato, Egli si umiliò, Egli non aprì bocca. Come agnello condotto al macello, come dinanzi ai tosatori una pecora muta e che non apre la bocca. Con cattura e condanna Egli è stato preso; chi si dà pensiero della sua causa? Si! Egli fu strappato dalla terra dei viventi; per i peccati del mio popolo Egli fu colpito a morte. La sua sepoltura fu relegata tra gli empi e la sua tomba coi ricchi, mentre Egli non ha mai compiuto ingiustizia né la sua bocca ha mai proferito menzogna. Il Signore si è compiaciuto nello stroncarlo con la sofferenza. Se offre la sua vita in espiazione, Egli vedrà una posterità, Egli prolungherà i suoi giorni e ciò che piace al Signore si compirà mediante Lui. Dopo le prove della sua anima, Egli vedrà la luce e sarà sazio. Per le sue sofferenze il mio Servitore giustificherà molti addossando a sé la loro iniquità. Per questo gli darò in mano le folle e spartirà coi potenti i trofei, perché Egli stesso si è abbandonato alla morte ed è stato annoverato tra i peccatori; Egli ha espiato i peccati di molti e ha interceduto per i peccatori.
    Tratto
    Signore, esaudisci la mia preghiera e il mio grido giunga fino a Te! Non nascondermi il tuo volto nelle ore di angoscia e ascoltami! Quando Ti invoco sii sollecito ad esaudirmi! Perché i miei giorni dileguano come fumo e le mie ossa sono riarse come brace. Sono stato tagliato come fieno, il mio cuore è inaridito e mi sono dimenticato persino di mangiare il mio pane. Tu sorgerai, o Signore, mosso a pietà per Sion: perché é tempo, é ormai giunta l'ora di usare compassione.
    Passione secondo San Luca
    (Particolarmente sensibile alla bontà del Salvatore, S. Luca ha rilevato, nel racconto della Passione, lo sguardo di Gesù a Pietro dopo il suo rinnegamento, le parole di sventura alle donne di Gerusalemme, il perdono ai carnefici, la promessa fatta al buon ladrone. S. Luca è l'evangelista della misericordia e del perdono)
    In quel tempo, Gesù uscì e andò secondo il solito al monte degli Ulivi, seguito dai suoi discepoli. E, come fu giunto, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si staccò da loro quanto un tiro di pietra e, inginocchiatosi, pregava dicendo: "Padre, se vuoi, allontana da Me questo calice; però non la mia volontà sia fatta, ma la tua".
    Allora Gli apparve un Angelo dal cielo che Lo confortava. In preda all'angoscia, più intensamente pregava; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che scorrevano in terra. E levatosi, poi, dalla preghiera, venne presso i suoi discepoli e li trovò addormentati a causa della tristezza, e disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate per non entrare in tentazione". Mentre ancora parlava sopravvenne gente, preceduta da colui che era chiamato Giuda, uno dei Dodici, il quale si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'Uomo?". Quelli che Gli stavano intorno, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?". E uno di essi colpì il servo del gran sacerdote e gli spiccò l'orecchio destro. Ma Gesù intervenne: "Smettete, basta!". E toccato l'orecchio, lo sanò. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di Lui, gran sacerdoti, capi delle guardie del tempio ed anziani: "Come contro un brigante siete usciti, con spade e bastoni! Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani su di Me! Ma questa è l'ora vostra, il potere della tenebra". Lo arrestarono, Lo portarono via e Lo condussero nella casa del sommo sacerdote. Pietro seguiva a distanza.
    Accesero un fuoco in mezzo al cortile e si sedettero intorno. Pietro sedette in mezzo a loro. Una serva, vedutolo seduto presso la fiamma e guardatolo fisso, disse: "Anche questi era con Lui". Ma egli negò, dicendo: "Non Lo conosco, donna". Poco dopo, lo vide un altro e diceva: "Anche tu sei di quelli". Ma Pietro rispose: "Uomo, non lo sono". Passata un'ora circa, un altro insisteva: "Certamente anche costui era con quello; infatti, è anche galileo!". Ma Pietro disse: "Uomo, non so quello che dice!". All'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò fisso Pietro; e Pietro si ricordò della parola del Signore, che gli aveva detto: "Prima che il gallo canti oggi, mi rinnegherai tre volte". E, uscito fuori, pianse amaramente.
    Frattanto gli uomini che tenevano Gesù Lo schernivano e Lo percotevano; e, bendatolo, Lo interrogavano: "Fa il profeta! Chi ti ha percosso?". E molte altre contumelie dicevano contro di Lui. Appena si fece giorno, si radunò l'assemblea degli anziani del popolo, gran sacerdoti e scribi, e Lo tradussero nel loro sinedrio, dicendo: "Se Tu sei il Messia, dillo a noi".
    Disse loro: "Se ve lo dico non Mi credete; se vi interrogo, non rispondete, né Mi rilasciate. Ma da adesso il Figlio dell'Uomo sarà seduto alla destra della potenza di Dio". Allora tutti dissero: "Tu, dunque, sei il Figlio di Dio?". Ed Egli rispose: "Voi lo dite: Lo sono". E quelli: "Che bisogno abbiamo ancora di una testimonianza? Noi stessi l'abbiamo udito dalla bocca di Lui!".
    E alzatasi tutta la loro numerosa adunanza, Lo condussero a Pilato. Si misero allora ad accusarlo dicendo: "Abbiamo trovato costui che sovvertiva la nostra nazione e proibiva di pagare i tributi a Cesare, e diceva di essere il Messia re". Pilato Lo interrogò: "Tu sei il re dei Giudei?". Gli rispose Gesù: "Tu lo dici". Pilato, allora, disse ai gran sacerdoti e alle folle: "Non trovo nulla di colpevole in questo uomo". Ma quelli insistevano: "Solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dalla Galilea, dove ha cominciato, fino a qui". Udito ciò, Pilato chiese se quell'uomo era Galileo; e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, Lo mandò ad Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
    Erode, alla vista di Gesù si rallegrò molto, perché da gran tempo desiderava vederlo, per quello che aveva sentito dire di Lui, e sperava di vedergli fare qualche miracolo. Gli rivolgeva molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. Intanto, i gran sacerdoti e gli scribi stavano lì ad accusarlo con veemenza. Erode, con i suoi soldati, Lo vilipese e Lo burlò, vestendolo con una veste smagliante, e Lo mandò a Pilato. E quel giorno Erode e Pilato divennero amici; perché prima c'era inimicizia tra loro.
    Pilato, poi, convocati i gran sacerdoti, i notabili e il popolo, disse loro: "Mi avete condotto quest'uomo come un sobillatore del popolo, ed ecco io, esaminandolo dinanzi a voi, non ho trovato in quest'uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate. Ma neppure Erode: difatti, ce Lo ha rimandato. Insomma, nulla è stato da Lui commesso che sia degno di morte. Castigatelo, dunque, Lo rilascerò". Ora, in occasione della festa, Pilato era tenuto a rilasciare loro uno. Tutta la folla insieme gridò: "A morte costui! Rilasciaci Barabba!". Questi era stato messo in prigione per una rivolta avvenuta nella città e un omicidio. Pilato, avendo l'intenzione di liberare Gesù, parlò loro di nuovo. Ma quelli continuavano a gridare: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". E per la terza volta Pilato disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in Lui nulla che sia degno di morte; Lo castigherò, dunque, e Lo rilascerò". Ma quelli insistevano nel chiedere con alte grida che fosse crocifisso; e le loro voci si facevano più forti. Allora Pilato deliberò che fosse fatto ciò che chiedevano: rilasciò quello che era in carcere per rivolta e omicidio, e che avevano richiesto, e consegnò Gesù alla loro volontà.
    Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, e lo caricarono della Croce perché la portasse dietro a Gesù. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che facevano cordoglio e lamento su di Lui. Ma, volgendosi ad esse, Gesù disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di Me; ma su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché, ecco, vengono giorni in cui si dirà: "Beate le sterili e i grembi che non han generato e le mammelle che non hanno nutrito". Allora cominceranno a dire ai monti: "Cadete su di noi!" e alle colline: "Copriteci!" perché se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco?".
    Ed erano condotti anche altri due malfattori, per essere giustiziati con Lui. E, come vennero al luogo chiamato Cranio, lì crocifissero Lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. E Gesù diceva: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Dividendosi, poi, le sue vesti, le tirarono a sorte. E il popolo stava a guardare; ed anche i notabili lo beffeggiavano dicendo: "Ha salvato altri, salvi se stesso se costui è il Messia, l'eletto di Dio!". Anche i soldati Lo deridevano: si avvicinavano, Gli porgevano aceto e dicevano: "Se Tu sei il re dei Giudei salva Te stesso!". C'era anche sopra di Lui una scritta in caratteri greci, latini ed ebraici: "Questi è il re dei Giudei". Uno dei malfattori appesi Lo insultava dicendo: "Non sei Tu il Messia? Salva Te stesso e noi!". Ma l'altro lo rimproverava e diceva: "Neppure temi Dio, Tu che subisci la stessa condanna? Per noi è giustizia, perché riceviamo quel che meritano le nostre azioni, ma costui non ha fatto nulla di male". E diceva a Gesù: "Signore, ricordati di me quando verrai nella tua maestà regale". E Gesù gli disse: "In verità ti dico: oggi sarai con Me nel paradiso".
    Era già circa l'ora sesta quando venne la tenebra su tutta la terra fino all'ora nona, essendosi il sole eclissato. E il velo del tempio si squarciò nel mezzo. E Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio".
    Ciò detto spirò.
    (Qui ci si inginocchia e si fa una breve pausa in meditazione)
    Alla vista di ciò che era accaduto, il centurione glorificò Dio dicendo: "Realmente quest'uomo era giusto!". E tutta la folla accorsa a quello spettacolo, alla vista di ciò che era accaduto, se ne ritornò battendosi il petto. Tutti i conoscenti di Gesù stavano a distanza, come anche le donne che Lo avevano accompagnato fin dalla Galilea, osservando queste cose.
    Ed ecco un uomo di nome Giuseppe, che era membro del Consiglio, uomo retto e giusto; egli non si era associato a ciò che gli altri avevano deliberato e fatto. Costui era nativo di Arimatea, città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Egli, presentatosi a Pilato, gli chiese il corpo di Gesù; Lo calò giù, Lo avvolse in un lenzuolo e Lo depose in un sepolcro tagliato nella roccia, nel quale nessuno ancora era stato deposto.
  13. Valerio
    La Chiesa vuole farci rivivere gli ultimi giorni del Salvatore e i sentimenti che l'animavano all'approssimarsi delle Passione.
    Isaia descrive in anticipo l'atteggiamento del Giusto che soffre e che si affida a Dio; sicuro del trionfo Egli si dà in potere dei suoi avversari per amore dei fratelli. Il Vangelo ci mostra Gesù a Betania durante un banchetto, sei giorni prima di Pasqua. Tutto annuncia la sua prossima fine: il gesto di Maria ci fa pensare alla sepoltura; i sentimenti di Giuda fanno prevedere il delitto del traditore; la presenza di Lazzaro resuscitato è il presagio della resurrezione del Signore.
    Antifona all'Introito
    Fa' giustizia, o Signore, dei miei avversari; combatti chi mi combatte, brandisci le armi e lo scudo e sorgi in mio soccorso, o Signore, baluardo della mia salvezza.
    Salmo. Punta la lancia e sbarra il passo ai miei persecutori.
    Lettura da Isaia
    (E' una impressionante profezia della flagellazione. Molti secoli prima, Isaia descrive il Messia sofferente: consapevole della sua missione, certo del trionfo finale, Egli si abbandona a Dio e accetta, per la salvezza del suo popolo, le umiliazioni presenti)
    In quei giorni Isaia disse: "Il Signore Dio mi ha dischiuso l'orecchio e io non oppongo resistenza: non mi tiro indietro. Ho dato il mio corpo a coloro che mi percuotevano e le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la mia faccia agli scherni e agli sputi. Il Signore mi venne in aiuto, per questo io non sono rimasto confuso; per questo ho reso la mia fronte dura come una pietra, sapendo che non sarei rimasto confuso. E' vicino colui che mi difende: chi ardirà giudicarmi? Misuriamoci insieme! Chi accampa diritti su di me? Si faccia avanti. Il Signore Dio è il mio patrono: chi mi condannerà? Tutti, come cencio, cadranno a brandelli e la tignuola li roderà. Chi tra voi teme il Signore ascolti la voce del suo servo! Chi cammina nelle tenebre ed è privo di luce, confidi nel nome del Signore e s'appoggi al suo Dio".
    Graduale
    Sorgi, o Signore, e rendimi giustizia; Dio mio e Signore mio, difendi la mia causa. Punta la lancia e sbarra il passo ai miei persecutori.
    Vangelo di S. Giovanni
    ("Ante sex dies Paschae..." S. Giovanni mette in evidenza la relazione tra la morte di Gesù e la celebrazione della Pasqua. Tra i fatti che hanno caratterizzato questa settimana di preparazione alla Pasqua, egli ha annotato questo banchetto e rilevato tutti i tratti che preannunciano la morte di Gesù.)
    Nei giorni prima della festa di Pasqua, Gesù venne a Betania, dov'era Lazzaro che Egli aveva resuscitato dai morti. Là Gli fecero un pranzo; Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria, dunque, prese una libbra di profumo di nardo autentico, di molto valore, ed unse i piedi di Gesù, asciugandoli con i suoi capelli, e la casa si riempì del profumo dell'unguento. Giuda Iscariota, però, uno dei suoi discepoli, quello che stava per tradirlo, dice: "Perché non s'è venduto questo unguento per trecento denari e non s'è dato ai poveri?". Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, tenendo la borsa, rubava quel che vi si metteva dentro. Ma Gesù gli disse: "Lasciala! essa ha riservato questo unguento al giorno della mia sepoltura. I poveri, infatti, li avete sempre tra voi, ma non avere sempre Me". Una gran folla di Giudei seppe che Gesù era là e vennero non solamente per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che Egli aveva resuscitato dai morti.
  14. Valerio
    La vigilia della domenica delle Palme, fino all'VIII secolo, non ebbe una Messa particolare.
    Le parti salmodiche sono quelle della Messa del giorno precedente. La Lettura, che continua il testo di Geremia cominciato ieri, annuncia i castighi di Dio su coloro che tramano la morte del Giusto.
    Queste terribili minacce sono rivolte ai cuori induriti ("non diamo retta a nessuna delle sue parole"), che volgono le spalle all'amore che redime.
    Insieme alla promessa di salvezza per quelli che pongono la loro fiducia e la loro fede nel Cristo, ritorna incessantemente durante queste settimane la terribile prospettiva della perdizione per coloro che si allontanano da Lui.
    Il Vangelo anticipa la liturgia delle palme che rivivremo domani. Nel racconto di S. Giovanni, però, la scena dell'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme è seguita da un episodio non meno significativo. Alcuni Greci, pagani, domandano a Filippo di vedere Gesù: l'animo di Gesù ne è profondamente commosso: già intravede le messi future; l'ora è venuta in cui, "innalzato da terra", attirerà a Sé tutti gli uomini.
    Lettura da Geremia
    (Colui che parla in questo passo non è solamente l'uomo che geme sotto l'oppressione ed eleva il suo grido verso Dio; è il Figlio stesso di Dio che prevede la distruzione definitiva di coloro che s'accaniscono contro di Lui)
    In quei giorni dissero tra loro gli empi Giudei: "Venite, ordiamo delle trame contro il giusto (Geremia); poiché (morto lui) non verrà meno l'insegnamento dal sacerdote, né il consiglio dal savio, né la parola dal profeta. Su dunque, colpiamolo con la lingua e non diamo retta a nessuna delle sue parole".
    "Presta attenzione a me, o Signore, e odi la voce dei miei avversari. Il bene vien forse ricambiato con male? poiché essi hanno scavato una fossa per me. Ricordati che io mi sono tenuto dinanzi a Te per parlare in loro favore, per stornare la tua ira da loro. Perciò abbandona i loro figli alla fame, gettali in balìa della spada; le loro donne restino orbate di figli e rimangano vedove, i loro uomini siano uccisi dalla peste e i loro giovani colpiti dalle spade in battaglia. Si sentano grida dalle loro case quando manderai su loro bande di predoni, perché hanno scavato una fossa per prendermi, hanno messo di nascosto dei lacci per i miei piedi. Ora Tu, o Signore, conosci tutti i loro disegni di morte contro di me; non lasciare impunita la loro iniquità, non cancellare il loro peccato dalla tua presenza. Siano rovesciati dinanzi a Te, agisci contro di loro nel tempo della tua ira", o Signore Dio nostro!
    Graduale
    I miei nemici simulavano parole di pace e intanto perfidamente mi angariavano.
    Tu, o Signore, hai visto; non tacere, o mio Dio, non Ti allontanare da me!
    Vangelo di San Giovanni
    ("Se il chicco di frumento non cade in terra e vi muore, resta solo; se invece, muore, porta molto frutto". L'immagine ci è diventata familiare; esprime tutto il senso e la portata della morte di Gesù)
    In quel tempo i gran sacerdoti decisero di far morire anche Lazzaro, perché molti Giudei li abbandonavano a causa di lui, e credevano in Gesù. L'indomani poi, la gran folla venuta per la festa, sentendo che Gesù si recava a Gerusalemme, prese i rami delle palme e Gli andò incontro gridando: "Osanna! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!". Gesù, trovato un asinello, vi montò, secondo quel ch'è scritto: "Non temere, figlia di Sion: ecco, il tuo re viene, seduto su di un puledro d'asina". Sulle prime, i suoi discepoli non compresero questo, ma quando Gesù fu glorificato si ricordarono che queste cose erano state scritte di Lui, e queste avevano fatto a Lui. La folla, che era con Lui quando aveva chiamato Lazzaro dal sepolcro e lo aveva risuscitato dai morti, Gli dava testimonianza. Ed anche perché aveva udito che Egli aveva fatto questo miracolo, la folla Gli andò incontro. I farisei, allora, si dissero: "Vedete che non riusciamo a nulla! Ecco, il mondo Gli è corso dietro". C'erano alcuni Greci tra i pellegrini venuti per adorare durante la festa. Costoro avvicinarono Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù". Filippo va a dirlo ad Andrea; Andrea e Filippo vanno a dirlo a Gesù. Gesù risponde loro: "E' venuta l'ora in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato. In verità, in verità vi dico: Se il chicco di frumento non cade in terra e non vi muore, resta solo; se, invece, muore, porta molto frutto. Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Chi Mi vuol servire Mi segua, e dove sono Io, là sarà anche il mio servo. Se qualcuno Mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata. E che devo dire: Padre, salvami da questa ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome".
    Dal cielo, venne allora una voce: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora". La folla che stava là e aveva udito, diceva ch'era stato un tuono; altri dicevano: "Un angelo Gli ha parlato". Gesù riprese: "Non per Me è risuonata questa voce, ma per voi. E' adesso la condanna di questo mondo; adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Quanto a Me, allorché sarò innalzato da terra tutti attirerò a Me". Diceva questo per indicare di qual morte stava per morire. Gli rispose la folla: "La Legge ci ha insegnato che il Messia rimane in eterno, e come puoi Tu dire che il Figlio dell'Uomo deve essere innalzato? Chi è codesto Figlio dell'uomo?". Gesù, allora, disse loro: "La luce è ancora per poco tra voi; camminate mentre avete la luce, affinché non vi sorprenda la tenebra, perché chi cammina nella tenebra non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, affinché diventiate figli della luce". Così parlò Gesù, poi se ne andò e si nascose a loro.
  15. Valerio
    La Madre di Dio rivelò a Santa Brigida che, chiunque reciti sette "Ave Maria" al giorno meditando sui
    suoi dolori e sulle sue lacrime e diffonda questa devozione, godrà dei seguenti benefici:
    La pace in famiglia.
    L’illuminazione circa i misteri divini.
    L'accoglimento e la soddisfazione di tutte le richieste purché siano secondo la volontà di Dio e per la
    salvezza della sua anima.
    La gioia eterna in Gesù e in Maria.
    PRIMO DOLORE: La rivelazione di Simeone
    Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti
    in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una
    spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 34-35).
    Ave Maria...
    SECONDO DOLORE: La fuga in Egitto
    Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e
    sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino
    per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in
    Egitto.
    (Mt 2, 13-14)
    Ave Maria...
    TERZO DOLORE: Lo smarrimento di Gesù nel Tempio
    Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana,
    fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni
    lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo
    restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io,
    angosciati, ti cercavamo».
    (Lc 2, 43-44, 46, 48).
    Ave Maria...
    QUARTO DOLORE: L'incontro con Gesù sulla via del Calvario
    Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1,
    12). «Gesù vide sua Madre lì presente» (Gv 19, 26).
    Ave Maria...
    QUINTO DOLORE: La crocifissione e la morte di Gesù.
    Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a
    sinistra. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto "Gesù il
    Nazareno, il re del Giudei" (Lc 23,33; Gv 19,19). E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è
    compiuto!" E, chinato il capo, spirò. (Gv 19,30)
    Ave Maria...
    SESTO DOLORE: La deposizione di Gesù tra le braccia di Maria
    Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò
    coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò
    giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece
    rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses
    stavano ad osservare dove veniva deposto. (Mc 15, 43, 46-47).
    Ave Maria...
    SETTIMO DOLORE: La sepoltura di Gesù e la solitudine di Maria
    Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di
    Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla
    madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento
    il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19, 25-27).
    Ave Maria...
  16. Valerio
    Siamo al culmine del dramma: il Vangelo di oggi ricorda la seduta del Sinedrio in cui fu ufficialmente decretata la morte di Gesù; i suoi avversari, i gran sacerdoti e i farisei coglieranno la prima occasione per eseguire il loro piano.
    Geremia nella lettura ed il salmista nelle parti salmodiche esprimono l'angoscia del giusto circondato da nemici accaniti, che cercano di farlo morire; ma la fiducia supera l'angoscia e la vittoria finale è sicura. Molti di questi testi si ripeteranno nella Settimana Santa; fin da questa settimana la Chiesa li riprende in alcuni responsori che danno a tutta l'ufficiatura la stessa nota di gravità e di estrema tensione: "Liberami e salvami dalle mani dei miei nemici. Non rimanere muto, e non allontanarti da me. Non abbandonarmi nelle mani dei miei persecutori e sarò vittorioso contro chi m'insulta".
    Antifona all'Introito
    Abbi pietà di me, o Signore, perché sono angustiato, liberami e salvami dalle mani dei miei nemici e dai miei persecutori; Signore, che non sia confuso, perché Ti ho invocato.
    Salmo: In Te io spero, o Signore; che non sia confuso in eterno! Tu sei giusto; salvami e liberami. - Abbi pietà di me.
    Lettura da Geremia
    (Il profeta Geremia prefigura in maniera straziante Cristo nella sua passione: per le opposizioni che incontra, per le sue sofferenze e per gli accenti della sua preghiera)
    In quei giorni disse Geremia: "O Signore, tutti quelli che Ti abbandonano saranno confusi; quelli che si allontanano da Te saranno estirpati dal paese, perché hanno abbandonato la sorgente d'acque vive, il Signore. Guariscimi, o Signore, e sarò guarito; salvami e sarò salvato, perché Tu sei il mio vanto. Ecco che essi mi dicono: "Che ne è della parola del Signore? si compia dunque!".
    Eppure io non Ti ho sollecitato per la sventura, non ho desiderato il giorno infausto, Tu lo sai. Ciò che è uscito dalle mie labbra è presente dinanzi a Te. Non essere per me di rovina, Tu sei il mio rifugio nel giorno della sventura! Siano confusi i miei persecutori, non sia confuso io; siano spaventati essi, non sia spaventato io; fa venire su di loro il giorno della sventura, schiacciali con una distruzione completa", o Signore Dio nostro!
    Graduale
    I miei nemici simulavano parole di pace e intanto perfidamente mi angariavano.
    Tu, o Signore, hai visto; non tacere, o mio Dio, non Ti allontanare da me!
    Vangelo di San Giovanni
    (Caifa vorrebbe sacrificare Gesù per salvare il popolo, credendolo minacciato nella sua esistenza politica dalla presenza stessa di Gesù; in realtà, accecato dall'odio, egli, come sommo sacerdote, profetizza la salvezza del mondo mediante la morte di Gesù.)
    In quel tempo i gran sacerdoti e i farisei radunarono un consiglio contro Gesù e dicevano: "Che cosa possiamo fare? perché quest'uomo fa molti miracoli! Se Lo lasciamo continuare, tutti crederanno in Lui e verranno i Romani e distruggeranno e il nostro luogo e la nostra nazione". Uno di essi, però, Caifa, che era sommo sacerdote di quell'anno, disse loro: "Voi non ci capite nulla, né riflettete che è nel vostro interesse che un uomo solo muoia per il popolo, e non perisca la nazione intera". Ora, questo non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote di quell'anno, profetò che Gesù doveva morire per la nazione, e non soltanto per la nazione, ma affinché raccogliesse in unità i figli di Dio dispersi. Da quel giorno, dunque, decisero di farlo morire.
    Gesù non si faceva più vedere in pubblico fra i Giudei, ma si ritirò nella regione prossima al deserto, in una città chiamata Efraim, e là soggiornò con i suoi discepoli.
  17. Valerio
    Tutta la Messa di oggi è un'immensa invocazione alla misericordia divina e, nello stesso tempo, una affermazione piena di fiducia: l'invocazione sarà ascoltata.
    Nell'antifona all'introito e nella Lettura, la Chiesa fa sua la preghiera del popolo di Israele che invocava non la giustizia, perché si sentiva colpevole e giustamente castigato per i propri peccati, ma la misericordia, ricordando la condizione privilegiata che Dio gli aveva elargito e l'amore che sempre gli aveva dimostrato. Nel Vangelo ci fa rileggere il racconto della conversione della Maddalena peccatrice, alla quale tutto fu perdonato perché molto amò. Come i catecumeni ed i penitenti di allora, impariamo da questi bei testi con quali sentimenti dobbiamo presentarci a Dio e quale debba essere la nostra preghiera.
    Antifona all'Introito
    Tutto ciò che ci hai fatto, o Signore, lo hai fatto secondo giustizia, perché abbiamo peccato contro di Te e non abbiamo ubbidito ai tuoi comandi; ma a gloria del tuo nome trattaci secondo la tua illimitata misericordia!
    Salmo
    Felici gli uomini di condotta integra, che vivono la legge del Signore. Tutto ciò che ci hai fatto, lo hai fatto secondo giustizia.
    Lettura da Daniele
    ("Per amore del tuo nome". La Chiesa ardisce associare la sua causa a quella di Dio: noi l'abbiamo fatto durante tutta la Quaresima, ma già i profeti avevano avuto questa audacia)
    In quei giorni Azaria fece al Signore questa preghiera: "Signore Dio nostro, per amore del tuo nome, non ci abbandonare per sempre! non distruggere la tua alleanza, non privarci della tua benevolenza per amore di Abramo, tuo amico, e di Isacco, tuo servo, e di Israele tuo popolo santo, ai quali promettesti di moltiplicare la posterità come le stelle del cielo e la sabbia che sta sul lido del mare.
    Ma ora, o Signore, siamo ridotti a ben misera cosa in confronto degli altri popoli, siamo umiliati su tutta la terra per causa dei nostri peccati! Ora non abbiamo più né principe, né condottiero, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo dove offrirti le primizie per ottenere la tua misericordia. Ma poiché gradisci i cuori affranti e gli spiriti umiliati, come l'olocausto di capri di capri e di tori e di mille grassi agnelli; così il sacrificio che oggi Ti presentiamo Ti riesca gradito poiché non c'è confusione per coloro che confidano in Te. Ora noi Ti seguiamo con tutto il cuore, noi Ti temiamo e cerchiamo il tuo volto. Non farci arrossire, ma trattaci secondo la tua dolcezza e secondo la tua illimitata misericordia. Liberaci coi tuoi prodigi e dà gloria al tuo nome, Signore; restino confusi tutti quelli che minacciano sciagure ai tuoi servi; siano confusi da tutta la tua potenza e sia spezzata la loro forza; e conoscano che Tu sei il Signore, l'unico Dio e il glorioso sovrano di tutta la terra", Tu, Signore nostro Dio.
    Graduale
    Portate offerte ed entrate alla sua presenza, adorate il Signore nel soggiorno della sua santità! Il Signore fa fremere le foreste e nel suo tempio tutti dicono: "Gloria!".
    Vangelo di S. Luca
    In quel tempo un fariseo invitò Gesù a pranzo da lui; Egli entrò nella casa del fariseo e si adagiò a mensa.
    Ed ecco una donna, una peccatrice della città, avendo appreso che Egli era a tavola nella casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di unguento e, fermatasi alle spalle, presso i piedi di Lui, piangendo, con le lacrime cominciò a bagnargli i piedi e li asciugava con i capelli del suo capo, e Gli copriva di baci i piedi e li ungeva con l'unguento. A tal vista, però, il fariseo che l'aveva invitato disse fra sé: "Costui, se fosse profeta, saprebbe chi è, e di che genere è la donna che Lo tocca: una peccatrice!". E Gesù, prendendo la parola, gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". E quegli: "Maestro, dì". Dice: "Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da pagare condonò il debito ad ambedue. Chi, dunque, di essi lo amerà di più?". Simone rispose: "Colui al quale condonò di più, suppongo".
    Gli disse: "Hai ben giudicato!". E, rivolto verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua: non Mi hai versato acqua sui piedi; essa, invece, Mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Non Mi hai dato un bacio; essa, invece, da che sono entrato, non ha smesso di coprirmi i piedi di baci. Non Mi hai unto il capo con olio; costei, invece, Mi unse i piedi con unguento. Perciò, ti dico, i suoi molti peccati le sono perdonati perché ha dimostrato molto amore. Ma colui al quale si perdona poco, dimostra poco amore". Poi disse alla donna: "Ti sono perdonati i peccati". I commensali cominciavano a dire fra sé: "Chi é costui, che rimette perfino i peccati?". E Gesù disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata: va' in pace".
  18. Valerio
    Per descrivere i sentimenti di Cristo all'approssimarsi della sua Passione, la Chiesa si serve del Salterio. Sulle labbra del Salvatore, le parti salmodiche delle Messe di questa settimana sono particolarmente commoventi. Vi sono espressi il dolore e l'angoscia, ma ancor più la speranza ed il ringraziamento. Cristo, che ci porta tutti in Sé, forma una cosa sola con noi nella preghiera. Le dichiarazioni di Gesù sulla sua divinità saranno il motivo della sua condanna. L'esplicita affermazione, riportata oggi dal Vangelo, è tra le più chiare: i suoi avversari ne hanno ben compreso il significato
    Lettura dal Levitico
    In quei giorni il Signore parlò a Mosè e disse: "Parla a tutta la comunità dei figli di Israele e dì loro: "Io sono il Signore vostro Dio. Non ruberete, non mentirete e non ingannerete il prossimo. Non userai il mio nome per giurare il falso, profanando così il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non insulterai il tuo prossimo e non commetterai contro lui violenze. Non tratterrai presso di te fino al mattino il salario dovuto all'operaio per la giornata. Non approfitterai del sordo per ingiuriarlo e non porrai inciampo davanti al cieco, ma temerai il Signore tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterai ingiustizia e non condannerai ingiustamente. Non aver né riguardo per la persona del povero né deferenza per la faccia del potente, ma giudica il tuo prossimo secondo giustizia. Non sarai diffamatore né delatore tra il popolo; non ti presenterai come testimonio contro la vita del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non odierai il tuo fratello in cuor tuo, ma lo riprenderai pubblicamente, per non addossarti peccato a motivo di lui. Non ti vendicherai e non serberai memoria dell'ingiustizia dei tuoi connazionali. Amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore. Osservate le mie leggi. Perché Io sono il Signore vostro Dio"".
    Salmo
    Io ti glorificherò, o Signore, perché mi hai soccorso e non hai permesso ai miei nemici di ridersi di me.
    O Signore, mio Dio, a Te ho gridato e Tu mi hai guarito: o Signore, hai strappato all'abisso l'anima mia, mi hai richiamato in vita dalla turba che scendeva nella fossa.
    Vangelo di San Giovanni
    ("Se io faccio le opere del Padre, sappiate una volta per sempre che il Padre è in Me ed Io nel Padre". Le opere del Cristo erano già una spiegazione evidente della sua divinità. Ma ora Egli stesso ne svela il segreto. (San Giovanni Crisostomo)).
    Si celebrò allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno, e Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. I Giudei fecero circolo intorno a Lui e Gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se Tu sei il Messia diccelo chiaramente!".
    Rispose loro Gesù: "Ve l'ho detto e voi non credete; le opere che Io faccio nel nome del mio Padre, queste testimoniano di Me; ma voi non credete perché non appartenete alle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce, ed Io le conosco, e Mi seguono. Io do loro la vita eterna e non periranno in eterno, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che Me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo Uno". Di nuovo i Giudei presero dei sassi per lapidarlo. Rispose loro Gesù: "Molte buone opere vi ho mostrato, che vengono dal Padre mio; per quale di queste opere Mi lapidate?". Gli risposero i Giudei: "Non Ti lapidiamo per un'opera buona, ma per bestemmia, e perché Tu, essendo uomo, pretendi d'essere Dio". Rispose loro Gesù: "Non è scritto nella vostra Legge: "Io dissi: siete dèi?". Se la Legge chiama dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, e non si può distruggere la Scrittura, perché a Me, che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, dite: "Tu bestemmi" perché ho detto: "Sono il figlio di Dio"? Se non faccio le opere di mio Padre non credetemi; ma se Io le faccio, anche se non credete a Me, credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre é in Me ed Io nel Padre".
  19. Valerio
    L'ostilità dei nemici di Gesù si manifesta più apertamente; l'agitazione cresce intorno a Lui, ma Egli aspetta "la sua ora". Sarà il trionfo apparente di Satana; in realtà, però, la sua sconfitta e il vero trionfo di Dio.
    Daniele, liberato dalla fossa dei leoni, è figura di Cristo strappato alla tomba e alla morte; i Babilonesi avevano gridato: "Consegnaci Daniele!". E noi ascolteremo tra poco la folla gridare a Pilato: "Consegnaci Gesù!".
    Ma Dio vigila e i suoi misericordiosi disegni di salvezza si compiranno.
    Lettura da Daniele
    (L'episodio di Daniele tra i leoni era familiare ai cristiani dei primi secoli; lo si trova sovente raffigurato nelle catacombe come espressione d'incrollabile speranza)
    In quei giorni i Babilonesi andarono in folla dal re e gli dissero: "Consegnaci Daniele che ha distrutto Bel e ha ucciso il drago, altrimenti uccideremo te e la tua famiglia". Il re, davanti a questa minaccia, forzato dalla necessità, consegnò loro Daniele; ed essi lo gettarono nella fossa dei leoni e vi restò sei giorni. Nella fossa vi erano sette leoni, ai quali si davano ogni giorno due cadaveri e due pecore; ma durante quel tempo non si diede loro cibo perché divorassero Daniele. Ora il profeta Abacuc si trovava in Giudea; fatta in un tegame una pietanza inzuppando del pane, egli andava in campagna a portarla ai mietitori. Ma l'angelo del Signore disse ad Abacuc: "Il pranzo che tu hai, portalo in Babilonia a Daniele, che è nella fossa dei leoni". E Abacuc disse: "Signore, io non ho mai visto Babilonia e non so nulla di questa fossa". Allora l'angelo del Signore gli prese il capo e per i capelli della sua testa lo portò con la rapidità del suo spirito e lo posò in Babilonia, sul bordo della fossa dei leoni. E Abacuc chiamò dicendo: "Daniele, servo di Dio, prendi il pranzo che Dio ti manda". E Daniele rispose: "Ti sei ricordato di me, o Dio, e non hai abbandonato coloro che Ti amano". Poi si alzò e mangiò. E subito l'angelo del Signore riportò Abacuc dove si trovava prima. Il settimo giorno il re venne per piangere Daniele; si avvicinò alla fossa, si affacciò e vide Daniele seduto tra i leoni.
    Allora il re esclamò ad alta voce: "Tu sei grande, o Signore Dio di Daniele!". E lo fece uscire fuori dalla fossa dei leoni. Poi vi fece gettare quelli che avevano voluto farlo morire e in un momento furono sbranati sotto i suoi occhi. Allora il re disse: "Gli abitanti di tutto l'impero venerino il Dio di Daniele, perché Egli è Colui che salva, facendo miracoli e prodigi sulla terra: Egli ha liberato Daniele dalla fossa dei leoni".
    Vangelo di San Giovanni
    In quel tempo Gesù percorreva la Galilea; non voleva, infatti, percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Era, però, vicina la festa dei Giudei: la festa delle Capanne. I suoi fratelli (I suoi parenti prossimi), dunque, Gli dissero: "Parti di qua e vattene nella Giudea, affinché anche i tuoi discepoli vedano le opere che Tu fai. Nessuno, difatti, agisce in segreto quando si vuol mettere in evidenza. Poiché Tu fai queste cose, manifestati al mondo". Infatti, neppure i suoi fratelli credevano in Lui. Dice, dunque, il loro Gesù: "Il mio tempo non è ancora venuto; per voi, il tempo è sempre propizio. Il mondo non può odiare voi; odia, invece, Me, perché Io attesto che le sue opere sono malvagie. Andateci voi alla festa, Io non vado ancora a questa festa, perché il mio tempo non s'è ancora compiuto". Ciò detto, restò nella Galilea. Tuttavia, quando i suoi fratelli furono andati alla festa, allora vi andò anche Lui; non apertamente, ma quasi di nascosto. I Giudei, dunque, Lo cercavano durante la festa e dicevano: "Dov'è Lui?". E, tra le folle, si faceva un gran sussurro su di Lui, alcuni dicevano: "E' buono", altri dicevano: "No; inganna la gente". Tuttavia, nessuno parlava di Lui apertamente per paura dei Giudei.
  20. Valerio
    Come i quaranta giorni di digiuno dei Niniviti (Lettura), la nostra Quaresima continua in una confidenza assoluta nella misericordia divina; ma più che la nostra povera penitenza, è la Passione del Salvatore che ci dà speranza. Nessuno è escluso dalla Redenzione acquistata col Sangue di Cristo; Egli ha promesso la sua Grazia a tutti coloro che crederanno in Lui (Vangelo). Gesù parla del poco tempo che Gli rimane ancora da vivere. Per Lui sarà il ritorno al Padre, ma che cosa accadrà a coloro che ora tramano la sua rovina? Soltanto a chi crederà in Lui sarà dato il Suo Spirito come una sorgente di acqua viva.
    Lettura dal Libro di Giona
    In quei giorni: il Signore parlò una seconda volta al profeta Giona e disse: "Alzati e va' a Ninive, la grande città, e annuncia quanto io ti dirò". Giona si mosse e andò a Ninive, secondo la parola del Signore. Ninive era una città immensa: per attraversarla occorrevano tre giornate di cammino. Giona s'inoltrò subito nella città una giornata di cammino e prese a gridare: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". Gli abitanti di Ninive credettero in Dio e indissero un digiuno e si vestirono di sacco dal più grande al più piccolo. Giunta la cosa fino al re di Ninive, questi discese dal suo trono, gettò via il manto reale, si coprì di sacco e si assise sulla cenere. E in Ninive uscì a nome del re e dei suoi maggiorenti un bando che diceva: "Uomini, bestie, buoi e pecore si astengano da qualunque cibo; non vadano al pascolo e non vengano abbeverati; animali e uomini si ricoprano di sacco; si gridi con tutte le proprie forze al Signore e ciascuno si ritragga dalla sua vita di peccato e dalle sue azioni cattive. Chi sa che Dio non si ricreda e ci perdoni, e plachi lo sdegno della sua ira e non ci faccia più morire?". E Dio vide le loro opere e la loro conversione da una vita cattiva, ed ebbe compassione del suo popolo, il Signore nostro Dio.
    Vangelo di San Giovanni
    In quel tempo i principi ed i farisei mandarono delle guardie per arrestare Gesù. Egli disse allora: "Per poco tempo ancora Io resto fra voi; poi ritorno a Colui che Mi ha mandato. Mi cercherete e non Mi troverete, e dove sono Io, voi non potete venire".
    Dissero, dunque, i Giudei tra loro: "Dove vuole andare Costui, che non possiamo trovarlo? Che voglia andare fra i dispersi tra i gentili per istruire i pagani? Che significa quello che ha detto: "Mi cercherete e non Mi troverete, e dove sono Io voi non potete venire"?". Nell'ultimo giorno, il più solenne, della festa, Gesù, in piedi, disse ad alta voce: "Se qualcuno ha sete venga a Me e beva. Chi crede in Me, come ha detto la Scrittura: "Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno"".
    Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in Lui.
     
  21. Valerio
    Durante queste due ultime settimane quaresimali, che termineranno con la Pasqua, la Chiesa si adopera a farci rivivere con lei le circostanze che hanno preparato ed accompagnato la morte del Salvatore.
    Per la sua stretta connessione con il tempo pasquale, il tempo di Passione richiama già la nostra redenzione nel sangue di Cristo. Prima di applicare i frutti di grazia nella celebrazione della resurrezione del Salvatore, la Chiesa vuole farci seguire Cristo passo a passo nel duro combattimento che ha dovuto sostenere per riscattarci.
    Il grande ritiro della Quaresima termina così nella contemplazione dell'unico combattimento che abbia potuto liberare l'uomo dal peccato e meritargli la salvezza. Richiamo essenziale e quanto consolante!
    Il nostro sforzo personale di rinnovamento e di riparazione non è eliminato, ma ha valore ed efficacia soltanto se unito alla Passione di Colui che ha preso sopra di Sé i peccati del mondo e li ha tutti espiati. In virtù della misteriosa solidarietà che esiste tra tutti i membri della grande famiglia umana, Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, si sostituisce ai fratelli colpevoli. Egli "si fa peccato per noi", dice S. Paolo, per "portare sul patibolo i nostri peccati nel Suo Corpo".
    Cristo trionfa immolandosi. Trionfa sul male, trionfa su Satana; Egli ristabilisce i diritti di Dio sul mondo e il demonio, "principe di questo mondo", è scacciato. La predizione di Davide si compie: "Dio regna dal legno della Croce". Nel cuore della Settimana Santa, nell'ora stessa in cui, al Venerdì Santo, la Chiesa è immersa nel dolore al ricordo della morte del Salvatore, essa ci guida a prostrarci davanti alla Croce per salutarla come la sorgente della nostra gioia: "Ecco il legno della Croce, al quale fu sospesa la salvezza del mondo; venite, adoriamolo". Già intravediamo la resurrezione: "Signore, noi adoriamo la tua Croce. Noi lodiamo e glorifichiamo la tua resurrezione".
    Il carattere austero della Quaresima si accentua. La Chiesa copre le croci sugli altari e le immagini dei santi con veli violacei; al Giovedì Santo essa spoglia gli altari e fa tacere non soltanto l'organo, ma anche le campane. L'interno delle Chiese, dove si dispensano tante grazie e dove di solito il culto è celebrato con fasto, prende in tal modo un insolito aspetto di lutto.
  22. Valerio
    L'Estrema Unzione detta pure Olio Santo, è il sacramento istituito per sollievo spirituale ed anche temporale degli infermi, in pericolo di morte.
    Il sacramento dell' Estrema Unzione produce i seguenti effetti:
    1. accresce la grazia santificante;
    2. cancella i peccati veniali, e anche i mortali che l'infermo pentito non potesse più confessare;
    3. toglie quella debolezza e languidezza per il bene, la quale rimane anche dopo di aver ottenuto il perdono dei peccati;
    4. dà la forza di sopportare pazientemente il male, di resistere alle tentazioni e di morire santamente;
    5. aiuta a ricuperare la sanità del corpo, se sia utile alla salute dell'anima.
    L'Olio Santo si deve ricevere quando la malattia è pericolosa, e dopo che l'infermo ha ricevuto, se può, i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. E', anzi, bene riceverlo quando si è ancora sani di mente e con qualche speranza di vita,
    perché ricevendolo con miglior disposizione si può riceverne maggior frutto, e ancora perché, dando questo sacramento la sanità del corpo, se è espediente all'anima, con aiutare le forze della natura, non si deve aspettare che la salute sia disperata.
    Le principali disposizioni per ricevere l'Olio Santo sono: essere in grazia di Dio, confidare nella virtù del sacramento e nella divina misericordia, e rassegnarsi alla volontà del Signore.
    Alla vista del sacerdote l'infermo deve provare sentimento di gratitudine a Dio per averglielo mandato, deve ricevere volentieri e chiedere, se può da se stesso, i conforti della religione.
     
  23. Valerio
    Il Divin Salvatore, vicino a morte, gettando gli ultimi sospiri, disse con forte voce e molte lacrime: Padre raccomando nelle vostre mani lo spirito mio! Fu l’ultima sua parola, con la quale l’amato Fi­glio diede la massima testimonianza del suo amore verso il Padre. Quando dunque ci manca tutto e le nostre angoscie sono estreme, non ci può mancare questa pa­rola, questo sentimento, questa rinunzia assoluta dell’a­nima nostra fra le mani del nostro Salvatore.
    San Francesco di Sales, Teot. Parte 2, Lib. 3, Cap. 2.
    Il 19 febbraio 1605, mentre S. Francesco di Sales predicava a La Roche, piccola città della sua diocesi, gli fu condotta da una provincia vicina una giovanetta di alta condizione, crudel­mente tormentata dal diavolo, con gran dispiacere dei suoi ge­nitori che la tenevano chiusa e nascosta in casa. Non crederono di condurla a medico migliore che al santo Vescovo, il quale la fece restare tre giorni a La Roche, per pregare ed esorcizzarla. Quando fu felicemente liberata, il Santo le comandò di dargli il suo busto che egli bruciò, avendo conosciuto per via sopranna­turale che il maleficio era attaccato a quell’oggetto. Per coprire il miracolo da Dio operato per suo mezzo, proibì ai genitori e alla figliuola di parlare della malattia e della guarigione, dicendo che questo sarebbe loro pregiudizievole. Raccomandò però ai genitori di avere gran cura di quella figliuola, che presto sarebbe domandata per un vantaggiosissimo matrimonio, cosa che avvenne. La giovane rimase tanto riconoscente verso il santo Vescovo, che alcuni anni dopo la di lui morte si portò ad Annecy a visi­tarne la tomba e là, dopo aver fatto la sua offerta, raccontò la grazia ricevuta: “Sono rimasta qualche tempo dopo la mia liberazione, senza aver coraggio di portare il busto, ma, nel 1617, mandai per questo espressamente un corriere al Santo, che predicava allora la quaresima a Grenoble. Egli mi rispose che potevo senza timore riprendere il busto, mentre era solo per sollevarmi e sostenermi, ma che, invece di ogni altra ini­ziale, vi facessi mettere i santi nomi di Gesù e di Maria, onde averli sempre sul cuore.”
    http://www.icrss.it/2020/02/19/19-febbraio/
  24. Valerio
    San Giuseppe Moscati, grande medico napoletano, non visse a lungo, ma riempì il suo tempo della presenza del Signore.
    Ogni giorno iniziava la giornata alle cinque del mattino e faceva due ore di preghiera.
    Faceva la sua meditazione e assisteva alla Messa. Riceveva la Santa Comunione e faceva un lungo ringraziamento.
    Senza queste due ore, soprattutto senza la Santa Comunione, egli diceva di non avere il coraggio di entrare in sala medica per le visite agli ammalati.
    Dopo le due ore di preghiera, andava per i vicoli di Napoli e gratuitamente visitava gli ammalati poveri.
    Prima di ogni diagnosi, nei momenti di difficoltà, metteva la mano nella tasca, stringeva per un attimo la Corona del Rosario e chiedeva ispirazione alla Madonna.
    Agli ammalati raccomandava sempre la cura dell’anima.
    A mezzogiorno, al suono dell’Angelus, anche se stava visitando gli ammalati, interrompeva tutto e recitava l’Angelus, invitando i presenti ad unirsi in preghiera.
    Al pomeriggio, fino al tramonto, continuava le visite mediche.
    Chiudeva la sua giornata con la Visita al Santissimo Sacramento, la recita del Rosario e le preghiera della sera.
    Tutto questo come lo possiamo definire? Affidamento.
    Si tratta -se ci riflettiamo bene- dell’atteggiamento più intelligente che possa esistere. San Giuseppe Moscati sapeva bene quali fossero i suoi talenti. Sapeva bene quanto avesse dovuto studiare per raggiungere determinati obiettivi. Sapeva bene che il buon Dio gli aveva dato grande capacità. Ma -appunto- sapeva che tutto questo non era merito suo. Il suo merito sarebbe consistito solo nel ridare, meglio: nel ri-orientare a Dio ciò che da Dio aveva ricevuto.
    Se vogliamo, questo atteggiamento può definirsi anche teocentrismo nel lavoro. Il teocentrismo non è solo l’atteggiamento più logico nell’ambito sociale, ma, a maggior ragione, lo deve essere anche nell’ambito lavorativo.
    Se la mattina ci svegliamo e abbiamo le forze per andare a lavorare è perché Dio ce ne dà la possibilità Tutto ciò che avviene, avviene perché Dio lo permette.
    San Tommaso d’Aquino, a riguardo, parla di Dio come causa sussistente. E san Paolo dice che in Dio “ci muoviamo ed esistiamo” (Atti 17).
    San Giuseppe Moscati aveva ben compreso questo e chi andava da lui per farsi visitare, sapeva bene che accanto lui altro non era che il collaboratore del miglior medico possibile: Cristo Signore!
    http://itresentieri.it/moscati-lavoro/
  25. Valerio
    1) Indulgenza del Giubileo - Ogni venticinque anni (giubileo ordinario) o in circostanze speciali, come nel centenario della redenzione (giubileo straordinario), il Sommo Pontefice suole concedere un'indulgenza plenaria che si può acquistare a Roma entro la fine dell'anno giubilare. Trascorso questo il Papa suole estendere per alcuni mesi o per un anno intero l'indulgenza a tutto il mondo. L'indulgenza plenaria dell'anno giubilare si può acquistare ogni volta che si compiono le opere prescritte (toties quoties). Per ottenerla occorrono: Confessione e Comunione fatte entro l'anno e distinte dalla Confessione e Comunione del precetto pasquale; la visita a determinate chiese (se, invece di più chiese, è concesso che se ne possa visitare una sola un determinato numero di volte, le visite devono essere distinte l'una dall'altra). Per l'acquisto del Giubileo straordinario si richiedono anche il digiuno e l'elemosina, se lo stabilisce la Bolla pontificia che indice il Giubileo.
    2) Indulgenza della Porziuncola o del Perdono di Assisi. - Fu ottenuta da San Francesco d'Assisi dal Sommo Pontefice nel 1221, per coloro che avrebbero visitato la chiesa di Santa Maria degli Angeli, che il Santo aveva riparata.
    Il privilegio dell'indulgenza della Porziuncola (detto anche Perdono di Assisi) in seguito fu esteso e si può acquistare visitando, il 2 agosto di ogni anno, la chiesa degignata dall'autorità ecclesiastica volta per volta. Hanno questo privilegio tutte le chiese dei frati francescani. Le condizioni per l'acquisto dell'indulgenza sono: Confessione e Comunione, visita alla chiesa privilegiata o designata, con la recita di 6 Pater, Ave e Gloria secondo le intenzioni dei Sommi Pontefici ovvero:
    1. L’esaltazione della Chiesa.
    2. La propaganda della fede.
    3. L’estirpazione delle eresie.
    4. La conversione dei peccatori.
    5. La concordia dei governanti cristiani.
    6. Il bene del popolo cristiano.
    L'indulgenza si acquista tante volte quante si fa la visita alla chiesa.
    3) Indulgenza "in articulo mortis" - Viene applicata al moribondo nell'ultimo istante di vita. E' anche detta "benedizione apostolica". Il sacerdote che assiste il moribondo non deve mai tralasciarla.
    Condizioni per l'acquisto: 1) il moribondo dev'essere in stato di grazia; 2) deve accettare la volontà divina e la morte in sconto dei propri peccati; 3) se è in grado di farlo, deve invocare il santissimo nome di Gesù con le labbra, e se non può, almeno col cuore; 4) deve avere l'intenzione di acquistare l'indulgenza. Basta l'intenzione interpretativa, quando cioè ha perduto la cognizione, ma si può ritenere che avrebbe messo l'intenzione se avesse conosciuto o potuto farlo in tempo.
    4) L'atto eroico di carità. - Consiste nel cedere tutto il valore soddisfatorio delle nostre buone opere passate, presenti e future, e dei suffrigi che riceveremo dopo morte in favore delle Anime Purganti. Ai sacerdoti che compiono quest'atto è concesso l'indulto dell'altare privilegiato quotidiano, per cui possono acquistare l'indulgenza plenaria in favore dei defunti ogni volta che celebrano il santo Sacrificio della Messa. I semplici fedeli, che hanno emesso l'atto eroico di carità, possono acquistare l'indulgenza plenaria per i defunti ogni volta che si comunicano, oppure ogni lunedì assistendo alla santa Messa per i defunti, purché visitino qualche chiesa e preghino secondo le intenzioni dei Sommi Pontefici.
    5) Altre indulgenze plenarie. - Tra le indulgenze plenarie più facili da acquistare ricordiamo: quella concessa a chi recita almeno una terza parte del Rosario davanti al Santissimo Sacramento esposto o chiuso nel tabernacolo; quella a chi visita il Santissimo tutti i giorni della settimana, purchè confessato e comunicato e reciti ogni volta, con devozione, cinque Pater, Ave e Gloria e in più un altro Pater, Ave e Gloria secondo le intenzioni dei Sommi Pontefici; indulgenza plenaria a chi pentito, confessato e comunicato, recita devotamente, davanti a qualsiasi immagine del Crocifisso, la preghiera: Eccomi o mio amato e buon Gesù, che alla santissima vostra presenza prostrato, vi prego, col fervore più vivo, di stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza e di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non più offendervi, mentre io, con tutto l'amore e con tutta la compassione, vado considerando le vostre cinque piaghe, cominciando da ciò che disse di Voi o Buon Gesù, il santo profeta Davide: "Hanno forato le mie mani e miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa".
    Il Santo Padre Giovanni XXIII il 25-11-1961 concedeva l'indulgenza plenaria a chi al mattino offre a Dio il lavoro della giornata, e un'altra indulgenza plenaria a chi al mattino accetta dal Signore la croce del giorno.
    Ai crocifissi benedetti da chi ne ha facoltà, è annessa la indulgenza plenaria toties quoties (cioè lucrabile tante volte quante si compie l'atto prescritto) lucrabile soltanto dai moribondi che confessati e comunicati o (in caso d'impossibilità di ricevere i sacramenti) almeno contriti baciano il crocifisso o almeno lo toccano invocando devotamente con le labbra o col cuore il nome di Gesù e accettano con rassegnazione la morte in penitenza dei propri peccati.
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