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Valerio

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Blog Entries posted by Valerio

  1. Valerio
    Le virtù cardinali sono la Prudenza, la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza e si chiamano così perché sono il fondamento delle virtù morali.
    La Prudenza dirige ogni azione al giusto fine, e cercando i mezzi convenienti affinché l'opera sia in tutto ben fatta, e quindi accetta al Signore.
    La Giustizia è la virtù per cui diamo a ciascuno quello che gli si deve.
    La Fortezza ci rende coraggiosi per non temere alcun pericolo, neppure la morte, pur di servire Dio.
    La Temperanza è la virtù per la quale freniamo i desideri disordinati dei piaceri sensibili, e usiamo con moderazione dei beni temporali.
  2. Valerio
    Da qualche giorno è stato attivato un nuovo sito internet che cerca di favorire lo sviluppo delle scuole autenticamente cattoliche, cioè legate alla messa tridentina e in coerenza con la dottrina cattolica tradizionale (senza compromissione con il modernismo teologico):
    www.rinascita.education
    Molti papi hanno sottolineato che la scelta di una scuola cattolica è un'importantissima responsabilità dei genitori verso i loro figli e che la frequentazione di una scuola “neutra” o “laica” può essere tollerata soltanto in determinate circostanze:
    “I fanciulli non frequenteranno scuole acattoliche, neutre, miste, e solamente il vescovo potrà tollerarlo con le dovute cautele.”
    (Codice di diritto canonico 1917, § 1374)
    Purtroppo l’Italia è rimasta molto indietro rispetto ad altri paesi in Europa dove esistono delle scuole della Tradizione spesso già da decenni (ad esempio in Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Polonia). Il nuovo sito vuole essere uno strumento modesto per accelerare il recupero di questo ritardo:
    • mostrando la varietà delle scuole già esistenti per facilitare la scelta di quella adatta per i singoli bambini;
    • mettendo in contatto famiglie desiderose di avere una nuova scuola "tradizionale" nella loro regione;
    • Incoraggiando ognuno a collaborare a modo suo per lo sviluppo dell’insegnamento cattolico in Italia. Servono più benefattori per assicurare lo sviluppo degli istituti già esistenti (come la Scuola San Pancrazio vicino Roma);
    • facendo conoscere le congregazioni insegnanti; tesori spesso ignoti;
    • aiutando chi vuole seguire degli studi scientifici sulla storia dell’insegnamento cattolico.
    Il nuovo sito di RINASCITA DELLE SCUOLE CATTOLICHE è affiancato anche da una pagina facebook:
    https://www.facebook.com/RinascitaScuoleCattoliche/
  3. Valerio
    "Santa Elisabetta di Ungheria è una dei tanti santi che sono riusciti a raggiungere la perfezione nella vita cristiana appartenendo all’aristocrazia e svolgendo ruoli regali. Era infatti una regina.
    Una regina, però, che scopriva nella fedeltà a Cristo tutto il suo essere e il fine del proprio ruolo: di regina e di moglie.
    Il suo concepire il governo come manifestazione di “servizio” la portava anche a compatire i disagi dei poveri che continuamente decise di assistere e di aiutare.
    Ecco in breve la sua vita.
    Figlia di Andrea, re d’Ungheria e di Gertrude, una nobildonna di Merano, Elisabetta ebbe una vita breve. Nacque nel 1207. Fu promessa in moglie a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia. Si sposò a quattordici anni. Divenne madre di tre figli e restò vedova a soli venti anni. Il marito, Ludovico IV, morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al Terz’ordine Francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.
    Un giorno, l’anziano padre spirituale di santa Elisabetta, Maestro Corrado, chiese alla santa come ella avrebbe fatto allorché lui fosse morto, e la Santa gli rispose che non aveva alcuna preoccupazione per il semplice motivo che sarebbe morta prima lei. E fu così. Difatti, pochi giorni dopo, la Santa cadde ammalata e subito si aggravò. La mattina del 16 novembre il padre spirituale le chiese di disporre delle cose che aveva. Ma la Santa aveva deciso di lasciare tutto ai poveri, mentre per sé conservava solo la tunica che aveva indosso e il logoro mantello di san Francesco nel quale chiedeva di essere avvolta per la sepoltura. In quello stesso giorno fece la sua ultima confessione, si comunicò e rimase assorta in preghiera. Durante la notte disse: “Guardate è giunta l’ora in cui la Vergine partorì il Figlio.” Furono le sue ultime parole. Morì serena e dolce. Era la notte fra il 16 e il 17 novembre. Venne pianta soprattutto dai poveri e dagli infermi.
    Così è scritto nella Bolla di canonizzazione di papa Gregorio IX, anno 1235: “O dolce Elisabetta! Il tuo nome significa saziare e soddisfare Dio; tu, che, saziando i poveri, hai meritato il Pane degli Angeli.”
    Queste sono le grandezze del Cristianesimo: Re e Regine che servono i poveri!"
    Preghiera
    Santa Elisabetta,
    prega affinché ognuno di noi possa distaccarsi da ogni interesse personale,
    per offrirsi totalmente alla realizzazione della volontà del Signore Gesù
    http://itresentieri.it/la-bellezza-del-tempo-19-novembre-s…/
  4. Valerio
    S. Valentino, prete della Chiesa Romana; si era dedicato in modo particolare, assieme a S. Mario e alla propria famiglia, al servizio dei martiri imprigionati sotto l'imperatore Claudio II.
    Valentino nacque a Interamna Nahars attuale Terni da una famiglia patrizia nel 176, fu poi convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni.
    Il suo zelo non poteva passare inosservato ai pagani. Fu cercato ed arrestato.
    I soldati, dopo averlo malmenato, lo condussero al tribunale del prefetto.
    Valentino, cominciò questi, perché sollevi mezza Roma contro l'imperatore e converti i Romani al Cristianesimo?
    Perchè questa è la volontà di Dio, di quel Dio che solo è padrone, creatore del cielo e della terra, unico e vero Dio.
    Ma non conosci i decreti dell'imperatore che bandiscono da Roma i Cristiani e vietano ogni ulteriore predicazione?
    Sì, o prefetto, noi conosciamo tali decreti, ma conosciamo anche le parole dello Spirito Santo : « È necessario ubbidire più a Dio che agli uomini ».
    Suvvia, sacrifica agli dèi e alla gloria dell'imperatore, ed io ti farò sommo sacerdote!
    Le tue lusinghe sono inutili. Io non ti ubbidirò mai in questo!
    Avete sentito? Esclamò indignato il prefetto rivolto ai giudici e agli sgherri. Mi viene ad insultare in casa! Or è ricolma la misura : ti porrò alla scelta due partiti, dopo i quali sarai per sempre o felice o infelice. O subito avanzi e getti incenso sul turibolo posto innanzi al nume. ed allora avrai le divise pontificali, gli onori, i grossi stipendi che loro sono uniti; o se rifiuterai sarai gettato in una botte piena di olio bollente.
    Non temo tormenti di sorta. Pur di non offendere il mio Dio, son pronto a sostenerli!
    Basta! Hai scelto. Sia battuto colle verghe.
    Fu battuto crudelmente per lungo tempo. Siccome il Signore lo sosteneva, non morì sotto i colpi, ma alla fine, esausto di forze, cogli occhi rivolti al cielo esclamò: « Nulla mai mi potrà separare dalla carità di Cristo ».
    Ricondotto, tutto una piaga; dinanzi al prefetto, questi tentò un'ultima lusinga, ma essendo riuscita vana, lo condannò alla decapitazione che fu eseguita dal soldato romano Furius Placidus. Era il 14 febbraio del 270.
    Papa Giulio I fece edificare in suo onore una chiesa presso ponte Milvio, però le sue reliquie si conservarono nella chiesa di S. Prassede.
    PRATICA. Tutta la vita di Gesù Cristo e dei santi Martiri fu un martirio non mai interrotto e voi cercate riposo e consolazioni? Oh quanto vi ingannate, se in questa vita miserabile cercate altro che patire! (Dall'Imitazione di Cristo).
    PREGHIERA. O Signore, per i meriti del tuo santo martire Valentino, concedici, te ne preghiamo, la grazia di sopportare quelle piccole prove che la tua sapienza vorrà mandarci.
    https://www.santodelgiorno.it/san-valentino/
  5. Valerio
    La Fede e una virtù soprannaturale, infusa da Dio nell'anima nostra, per la quale noi, appoggiati all'autorità di Dio stesso, crediamo esser vero tutto quello che Egli ha rivelato, e che per mezzo della Chiesa ci propone a credere.
    Noi sappiamo le verità rivelate da Dio per mezzo della santa Chiesa che, in sè, è infallibile; cioè, per mezzo del Papa, successore di san Pietro, nell'esercizio supremo della sua Autorità di Vicario di Cristo e Sommo Pastore del popolo dei fedeli, e del Sacro Ministero Petrino, e per mezzo dei Vescovi successori degli Apostoli, nell'esercizio del loro Ministero Episcopale e della Potestas Docendi (potestà di insegnare) su di esso fondata, poiché gli Apostoli furono ammaestrati da Gesù Cristo medesimo.
    Di quelle cose che la santa Chiesa c'insegna, noi siamo sicurissimi, perché Gesù Cristo ha impegnato la sua parola, che la Chiesa non si sarebbe mai ingannata.
    La Fede si perde con negare o dubitare volontariamente anche di un solo articolo propostoci a credere.
    La Fede perduta si riacquista con pentirsi del peccato commesso e con credere di nuovo tutto quello che crede la santa Chiesa.
  6. Valerio
    Un buon cristiano, la mattina appena svegliato, deve fare il segno della santa Croce ed offrire il cuore a Dio, dicendo queste o altre simili parole: Mio Dio, io vi dono il mio cuore e l'anima mia.
    Levandosi dal letto e vestendosi, si dovrebbe pensare che Dio è presente, che quel giorno può esser l'ultimo della nostra vita; e alzarsi e vestirsi con ogni possibile modestia.
     
    Un buon cristiano, appena levato e vestito, deve mettersi alla presenza di Dio, e inginocchiarsi, se può, innanzi a qualche divota immagine, dicendo con devozione:
    Vi adoro, mio Dio, e vi amo con tutto il cuore;
    vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte;
    vi offerisco tutte le mie azioni, e vi prego di preservarmi in questo giorno dal peccato, e di liberarmi da ogni male. Così sia.
    Reciti quindi il Pater Noster, l'Ave Maria, il Credo e gli atti di Fede, di Speranza e di Carità, accompagnandoli con vivo affetto del cuore.
     
    Il cristiano, potendolo, dovrebbe ogni giorno:
    assistere con divozione alla santa Messa;
    fare una visita, anche brevissima, al SS. Sacramento;
    recitare la terza parte del santo Rosario.
    Prima di lavorare, si deve offrire il lavoro a Dio, dicendo di cuore: Signore vi offerisco questo lavoro: datemi la vostra benedizione.
    Si deve lavorare per la gloria di Dio e per fare la sua volontà.
    Prima di prender cibo, stando in piedi, conviene fare il segno della santa Croce e poi dire con devozione: Signore Iddio, date la vostra benedizione a noi e al cibo che ora prenderemo per mantenerci nel vostro servizio.
    Finito di prender cibo conviene fare il segno della santa Croce, e dire: Signore vi ringrazio del cibo che mi avete dato; fatemi degno di partecipare alla mensa celeste.
    Quando uno si accorge di qualche tentazione dovrebbe invocare con fede il SS. Nome di Gesù , o di Maria , o dire fervorosamente qualche giaculatoria, come p. e. «datemi grazia, o Signore, che non vi offenda giammai», oppure fare il segno della Croce; evitando però che da segni esterni si accorgano gli altri delle sue tentazioni.
    Quando alcuno conosce o dubita d'aver peccato, deve fare subito un atto di contrizione, e procurare di confessarsene al più presto. 
    Quando, fuori da una chiesa, si sente il segno dell'elevazione dell'ostia alla Messa solenne, o della benedizione del SS. Sacramento si deve fare, almeno col cuore, un atto di adorazione dicendo per esempio: «Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e divinissimo Sacramento».
    Al suono delle campane a mezzogiorno ed alle 6 del pomeriggio, il buon cristiano recita l'Angelus Domini, ripetendo per tre volte l'Ave Maria. 
    La sera prima del riposo, conviene mettersi, come al mattino, alla presenza di Dio, recitare devotamente le stesse orazioni, fare un breve esame di coscienza e domandare perdono a Dio dei peccati commessi nella giornata.
    Prima di addormentarsi si farà il segno della santa Croce, si penserà di poter morire in quella notte, e si darà il cuore a Dio, dicendo: «Signore e Dio mio, io vi dono tutto il mio cuore; Santissima Trinità, datemi grazia di ben vivere e di ben morire; Gesù, Giuseppe e Maria, io raccomando a voi l'anima mia».
    Nel corsa della giornata si può pregare Iddio frequentemente con altre brevi orazioni che si chiamano giaculatorie. Ad esempio:
     
    Signore aiutatemi
    Signore sia fatta la vostra santissima volontà
    Gesù mio, io voglio essere tutto vostro
    Gesù mio, misericordia
    Dolce Cuor del mio Gesù, fa ch'io t'ami sempre più.
    È cosa utilissima dire durante il giorno molte orazioni giaculatorie, e si possono dire anche col cuore senza proferir parola, camminando, lavorando, ecc.
    Oltre a questo il cristiano dovrebbe anche esercitare la mortificazione, ovvero rinunciare, per amore di Dio, a qualcosa che piace ed accettare quello che dispiace ai sensi ed all'amor proprio.
    Non si deve mai dimenticare, avendone notizia, di pregare per gli infermi, per i moribondi e per i defunti, per questi ultimi in particolare, con un De Profundis o un Eterno Riposo, e rinnovare il pensiero della morte.
     
  7. Valerio
    A Santa Teresina non bastava sapere che la sofferenza veniva dall'Amore di Dio, ma voleva anche conoscere cosa Egli intendeva realizzare mediante questa sofferenza, per poter meglio entrare nei Suoi amabili disegni.
    Nella sofferenza ella trovò tre scopi principali:
    1) La prova del suo amore per Dio, quello più grande, puro e autentico, perché "non si può amare senza soffrire". Amava, dunque, gioire per poter, sotto il torchio della sofferenza, provare a Dio il suo amore in un modo, si può dire, divino. La misura del nostro amore per qualcuno è proporzionale alla nostra volontà di soffrire per lui, per cui questo è il primo obiettivo che Dio desidera perseguire mandandoci la sofferenza: "che le nostre anime possano darsi a Lui solo" e che "le Sue spine, nel momento in cui ci lacerano, lascino esalare il profumo del nostro amore";
    2) L'unione con Dio. La sofferenza è l'unico mezzo per disporci a conoscere Dio come Egli conosce Se stesso, e per divinizzare noi mediante la grazia santificante. "Oh! che cosa vedremo allora? Che sarà mai quella vita che non avrà più fine? Dio sarà l'anima delle nostre anime. Mistero insondabile! L'occhio dell'uomo non ha mai veduto la luce increata, il suo orecchio non ha mai udito le celesti armonie, e il suo cuore non può presentire ciò che Dio riserva a coloro che Egli ama". Le sofferenze ottengono questo fine, perché ci conformano a Cristo Crocifisso, perché "le prove ci aiutano molto a distaccarci dalla terra. Ci fanno guardare più in alto, al di là di questo mondo". La vita e le pene sono brevi, "Domani, in un'ora, saremo in porto"; anzi, "già fin d'ora Dio ci vede nella gloria e gioisce della nostra beatitudine eterna! Adesso capisco perché ci lascia soffrire";
    3) La salvezza delle anime. "Gesù ha per noi un amore così incomprensibile che vuol farci partecipare insieme con Lui alla salvezza delle anime". Come? "Da quando ha innalzato lo stendardo della Croce, tutti devono combattere e riportare vittoria alla Sua ombra. Dio vuole affermare il Suo Regno sulle anime tramite la persecuzione e la sofferenza, più che attraverso brillanti predicazioni".
    Comprendendo questo triplice valore della sofferenza, Santa Teresina considerava ogni croce come una "miniera d'oro da sfruttare"; ed essendo sommersa di croci, diceva: "Gesù ci colma dei Suoi favori come ha fatto coi più grandi santi... Che sorte invidiabile. I Serafini in Cielo invidiano la nostra felicità".
    E noi capiamo quale tesoro si cela in ogni sofferenza?
  8. Valerio
    "Mentre Gesù dormiva sulla barca, che i discepoli spingevano per attraversare il lago di Genezaret, si scatenò una violenta tempesta, che rendeva inutili i loro sforzi vigorosi e metteva in pericolo la loro vita. Spaventati, gli apostoli svegliarono il Signore, implorando il suo aiuto. Il Maestro, alzatosi, comandò ai venti e al mare e si fece una gran bonaccia" (Mt 8, 23-27).
    Il vento e il mare obbediscono alla voce di Cristo perché Egli, come Dio, è l'unico padrone e signore assoluto di tutte le cose.
    Signore significa "padrone" e indica colui che comanda e non riceve ordini da nessuno (San Tommaso, "Contro i gentili", III, 120). L'artista è padrone del quadro che ha dipinto, il falegname del mobile che ha fabbricato.
    Dio è Signore e padrone assoluto delle cose, perché la ha create e continua a esercitare il suo potere conservandole e governandole per via delle leggi naturali e morali.
    La Sacra Scrittura ad ogni passo afferma che Dio è Signore universale: Tuoi sono i cieli e tua la terra; Tu hai fondato il mondo e la sua grandezza (Sal 88,12); Egli è il Re dei re, e il Dominatore dei dominanti (1 Tm 6, 15).
    Perciò noi con la Chiesa crediamo che Dio è il Signore del cielo e della terra (Conc. Vat. I, Sess. 3, c. 1; DB 1782).
    RIFLESSIONE
    Dio è Signore della nostra persona e di tutti i nostri atti, che, perciò, devono essere conformi alla sua volontà e tendere a Lui come a fine unico, come il cammino del viandante tende alla meta. La santità consiste nel conformare tutti i nostri atti alla volontà del Signore.
    ESEMPIO
    Il potente re danese San Canuto disse alle onde del mare che gli lambivano i piedi sulla spiaggia: "Onde del mare, vi comando di ritirarvi!" e, continuando esse il loro moto, rivolto ai cortigiani, che spesso l'adulavano proclamandolo il re più potente della terra, disse: "Vedete la mia illimitata potenza? Solo Dio è veramente potente".
  9. Valerio
    Santa Teresina prediligeva le croci nascoste. "Conosco un'altra sorgente - scrisse - quella dove, dopo aver bevuto, si ha ancora sete, ma d'una sete che non tormenta, anzi al contrario, è piena di dolcezza, perché ha sempre di che soddisfarsi. Questa sorgente è la sofferenza conosciuta da Gesù solo!". Perciò cantava: "Quant'è soave il saper velare il dolore! Si, voglio patire e non dirlo, perché Gesù si consoli: che m'è gioia il vederLo sorridere quando il mio cuore è in esilio".
    Riguardo alle sue pesanti prove interiori, scrisse: "Per cinque anni è stata questa la mia via, ed ero la sola a conoscerla. Ecco appunto il fiore ignorato che volevo offrire a Gesù, quel fiore il cui profumo non esala che per la regione del Cielo". Perché quest'amore speciale per le croci nascoste? "Esiste forse, o mio Dio, una gioia più grande che soffrire per amor Vostro? Più la sofferenza è intima, più è nascosta agli occhi delle creature, e tanto più Vi rallegra, o Dio mio!".
    Perciò, "Dio non disprezza quelle lotte contro noi stesse, le quali proprio perché sono nascoste, sono tanto ricche di meriti...Con i nostri piccoli atti di carità praticati nell'ombra, noi convertiamo gli infedeli, aiutiamo i missionari e otteniamo per loro aiuti abbondanti, per costruire dimore materiali e spirituali al nostro Eucaristico Signore".
    Anche nel tempo della sua agonia, amara e lunga, santa Teresina preferiva stare sola durante la notte: "Mi stimo felicissima di trovarmi in una cella abbastanza appartata per non essere udita dalle mie consorelle (a causa della tosse fortissima). Sono contenta di soffrire da sola, perché appena mi sento compatita e colmata di attenzioni, non godo più".
    Ella vedeva bene la debolezza dell'anima che non trova riposo fino a quando non gode l'umana consolazione di sapere che altri conoscono le sue pene, com'è evidente da un suo rimprovero ad una novizia: "Lei sente tanto maggiormente la sua stanchezza perché essa non è nota alle altre. Desiderare che altri conoscano i nostri dolori e le nostre sofferenze è un sentimento troppo umano. Dare spazio a simili sentimenti è agire da codardi". Santa Teresina, dunque, nascondeva le sue sofferenze con un sorriso, tanto che si giunse a pensare che fosse insensibile al dolore.
    E noi nascondiamo le nostre sofferenze?
  10. Valerio
    Dio è in Cielo, in terra e in ogni luogo: Egli è l'Immenso.
    Immenso è ciò che non è misurato e non può esserlo. Si possono misurare soltanto le cose estese nello spazio o nel tempo con misure lineari, di capacità, di peso, di tempo: minuti, ore anni, secoli.
    Dio, però, è infinito, quindi al di sopra dello spazio, eterno, quindi al di sopra del tempo, è semplicissimo, inesteso e quindi non può essere misurato. Nel Simbolo Atanasiano diciamo: "Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo; ma non sono tre immensi, bensì un solo immenso. Parlando dell'immensità divina la Scrittura dice che Dio è più alto dei cieli... più profondo dell'inferno... La sua misura è più lunga della terra e più larga del mare.
    Il cielo, la terra, tutto lo spazio e il tempo sono pieni di Dio, ma non lo limitano in modo che sia in un posto e non in un altro, prima e non dopo. Dio, creando e conservando le cose si rende presente in esse con la sua potenza, senza di cui nulla può esistere; con la sua presenza con cui conosce tutto ciò che crea e governa; con la sua essenza, inseparabile dalla sua potenza e dalla sua scienza che s'identificano con Lui.
    Nell'uomo giusto Dio è presente in modo ancora più intimo e sublime mediante la grazia che ci fa partecipi della divina natura. In Cristo Dio è presente tanto più intimamente che la natura assunta è unita al Verbo in una sola persona.
    Riflessione: Ricorda che Dio è presente, sempre e dappertutto, e non peccherai!
    Esempio:
    Dio talvolta fa "sentire" la sua presenza in modo più vivo, specialmente alle anime favorite dal dono della contemplazione. Santa Margherita Maria Alacoque attesta: "Io vedevo il mio Dio e lo sentivo vicinissimo a me. Udivo la sua voce, e tutto ciò molto meglio che con i sensi corporali. Infatti avrei ben potuto distrarmi dall'impressione dei sensi, ma non potevo opporre alcun impedimento a queste altre sensazioni, che mi s'imponevano in modo irresistibile. Quando ero sola non osavo sedermi per la presenza di questa Maestà.
  11. Valerio
    Per accedere al grande mistero della Croce di Nostro Signore è indispensabile una preparazione. Per questo, durante la prima parte della Messa, la Chiesa unisce alla lode alcune preghiere per suscitare l'umiltà e la contrizione interiore, per poi nutrire la nostra fede con i testi che ci propone di meditare.
    La prima parte della Messa, chiamata Messa dei catecumeni, è consacrata alla lode, alla compunzione, ma soprattutto all'insegnamento. Essa si riassume nel Credo.
    E' utile che la Santa Messa sia occasione d'insegnamento, di comunicazione del Verbo di Dio "che illumina ogni uomo che viene in questo mondo" (Gv. 1,9). Questa prima parte della Messa deve essere a sua volta la sorgente dello zelo nel manifestare Nostro Signore alle anime.
    Il segno di croce
    Il celebrante: "In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. (Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.
    Il segno di croce, simbolo del Sacrificio di Nostro Signore, ricorda per quale mezzo l'ordine, fondato da Dio all'origine e distrutto dal peccato, è stato ristabilito.
    Noi crediamo che in Dio ci sono tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Siamo stati battezzati nel nome di queste tre Persone e, nel fare il nostro segno di croce, diciamo sempre: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E' un credo che è entrato nella nostra vita ed è un principio fondamentale della vita cristiana.
    La Croce fa pensare alla SS. Trinità. In effetti, è il Figlio che è inchiodato alla Croce e lo è per l'amore a suo Padre e dunque ripieno di Spirito Santo. Le tre Persone della SS. Trinità circondano la Croce che è l'espressione più profonda, più ammirabile di ciò che ha fatto per noi Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
    E' nel momento in cui Egli è morto che l'ordine è stato ristabilito, che il demonio è stato vinto, che Dio è stato servito come doveva essere.
    Ogni grazia viene dalla Croce, dal Calvario, dal Cuore di Gesù Cristo trafitto, da cui sono sgorgati sangue e acqua. Il sangue rappresenta il Sacrificio della Messa e l'acqua rappresenta il battesimo che lava i peccati. Di conseguenza, è con il Sacrificio di Nostro Signore che abbiamo acquistato la redenzione dai nostri peccati. Questo dobbiamo tenerlo sempre presente alla mente.
  12. Valerio
    Dio è sempre stato e sempre sarà: Egli è l'Eterno.
    Tutti gli esseri viventi, composti di materia, nascono e finiscono con la morte, che è la disgregazione delle parti che li compongono.
    L'uomo muore quando l'anima spirituale si separa dal corpo.
    I viventi materiali sono mortali; quelli spirituali, essendo semplici, non possono disgregarsi nelle loro parti e quindi morire. L'angelo, dopo che è stato creato, non può morire e cessare di esistere. Lo spirito, che comincia ad esistere con la creazione, non finisce più, è immortale. Sono esseri immortali gli angeli e l'anima dell'uomo, che hanno principio, ma non fine.
    Dio è spirito purissimo da ogni limite, e non avrà mai fine; è perfettissimo ed esiste necessariamente, e non può avere né principio, né fine. Ciò che esiste senza fine e senza principio è "eterno". Perciò nel Simbolo Atanasiano diciamo di Dio: "Eterno è il Padre; eterno il Figlio; eterno lo Spirito Santo; tuttavia non sono tre eterni, ma un solo eterno".
    La Sacra Scrittura attesta: Prima che si formassero i monti e che fossero fatti la terra e il mondo, dal principio alla fine tu sei Dio (Sal 89, 2).
    Riflessione. - Gli astronomi calcolano che l'universo abbia avuto inizio circa due miliardi e mezzo di anni fa. Che cos'è la nostra esistenza terrena in confronto dell'età del mondo? e che cos'è questa di fronte all'Eterno?
    Esempi: 1. Il fratello di san Gregorio Nazianzeno, risparmiato miracolosamente con la sua casa da un terremoto che aveva distrutto tutta la città, propose di costruirsi una casa che non potesse venir distrutta in eterno, e si ritrasse nella solitudine a servire Dio con più impegno.
    2. La moglie di san Tommaso Moro s'era recata dal marito chiuso in carcere per indurlo a rinnegare la fede cattolica per aver salva la vita. Alla prospettiva di aver ancora una ventina d'anni di vita felice e onorata il santo esclamò: "E vuoi che per una ventina d'anni perda l'eternità beata?".
    3. Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, che si rifiutava di scrivere le grazie ricevute perché non le ricordava, disse: "Io sono la memoria eterna del Padre, nel quale l'avvenire e il passato sono presenti".
     
  13. Valerio
    L'inchino al Gloria Patri
    C - Glòria Patri et Fìlio et Spirìtui Sancto.
    S - Sicut erat in princìpio et nunc et semper, et in saecula saeculòrum. Amen.
    C - Introìbo ad altàre Dei.
    S - Ad Deum Qui laetìficat iuventùtem mèam.
    C - Adjutòrium nostrum in nòmine Dòmini.
    S - Qui fècit caelum et terram.
    C - Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
    S - Come era nel principio, e ora, e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.
    C - Mi accosterò all'altare di Dio.
    S - A Dio che allieta la mia giovinezza.
    C - Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
    S - Egli ha fatto cielo e terra.
    Voi dite alla fine del salmo: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto... et in saecula saeculorum. Amen. E' la più bella preghiera che fate, non dimenticatelo! E' la conclusione della preghiera dei salmi. La Chiesa ha voluto mettere questa preghiera alla fine dei salmi perché é come la conclusione, il risplendere di tutta la preghiera. Non potremmo pregare meglio che dicendo: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto... et in saecula saeculorum. Amen. E' la più bella preghiera che noi possiamo fare. E se, dicendo questa preghiera vi inchinate davanti alla Santissima Trinità, è per adorarla, perché non c'è niente di più grande, di più sublime, di più bello che adorare la Santissima Trinità.
    La fede ci rivela che Dio Padre genera il Verbo. Scoprire questo è meraviglioso, straordinario! Dio Padre non è solo. Genera nel suo amore il Verbo di Dio, una persona assolutamente uguale a Lui. E il Verbo ama suo Padre di un amore uguale a lui stesso. E l'amore, col quale il Padre e il Figlio si amano mutuamente, genera una terza Persona che è lo Spirito Santo. E' una scoperta che ci fa comprendere la vita intima di Dio nell'eternità prima dell'inizio del mondo e che ci fa cogliere come Dio abbia comunicato il suo amore alle creature.
    Il Buon Dio ha sempre avuto questa vita intensa d'amore, che oltrepassa tutto ciò che noi possiamo concepire e immaginare. Se il Verbo è assolutamente uguale al Padre è perché il Padre non tiene nulla per sé del suo amore: dà tutto al Verbo, la sua propria vita e tutto il suo Essere, restando comunque se stesso, certamente! La sola differenza tra il Padre e il Figlio è che uno genera e l'altro è generato. Fuori da questa relazione di paternità e figliolanza, sono esattamente uguali. Non vi sono più qualità, più potere, più intelligenza nel Padre che nel Figlio. Ed è così da tutta l'eternità. Da tutta l'eternità, Dio Padre genera suo Figlio e l'amore del Padre e del Figlio genera quella terza Persona che è lo Spirito Santo. Il Padre e il Figlio sono co-principio dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è l'amore con il quale si amano. E' il grande mistero!
    Il mistero dell'Incarnazione e il mistero della Redenzione sono certamente dei grandi misteri che mostrano l'amore del Buon Dio nei nostri confronti. Ma non esistono che a causa della Santissima Trinità. Se non ci fosse stata la Santissima Trinità, non ci sarebbe stata né l'Incarnazione né la Redenzione. Così il grande mistero che ci rallegrerà per tutta l'eternità sarà soprattutto il mistero della Trinità.
  14. Valerio
    Dio ci ha creati per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita, e per goderLo poi nell'altra in Paradiso
    A uno scriba che gli chiedeva quale fosse il primo comandamento, Gesù rispose essere quello che impone di amare Dio con tutto noi stessi (v. Mr 12, 28-32). Per amare bisogna prima conoscere. L'amore nasce dalla conoscenza dell'oggetto amato e porta a servire la persona amata.
    L'uomo è superiore a tutti gli esseri visibili per la sua intelligenza, che gli è data prima di tutto perché possa conoscere Dio, le sue opere e la sua volontà e lo glorifichi a nome di tutto il creato. A noi battezzati, oltre l'intelligenza, Dio ha dato anche il dono immensamente superiore della fede, che ce Lo fa conoscere come si è rivelato e ci fa credere ai divini misteri. Noi siamo quindi creati prima di tutto perché conosciamo Dio con il lume di ragione nelle sue opere e con il lume di fede nella rivelazione soprannaturale, andando a Lui per via della conoscenza di ragione e di fede.
    Dalla conoscenza naturale e soprannaturale di Dio, delle sue opere e delle sue perfezioni, nasce in noi l'amore verso Dio, via che ci guida nell'osservare liberamente la legge divina.
    L'amore porta a servire la persona amata. L'amore divino ci porta a servire Dio nel modo che ci è indicato dalla sua volontà espressa nei divini comandamenti, via e guida oggettiva della nostra condotta.
    Dio non ci costringe a fare la sua volontà. A chi lo ama e serve fedelmente in questa vita, Egli darà il premio della felicità eterna in cielo, la meta preparata da Lui a chi cammina nella fede, nell'amore e nel servizio divino.
    Il buon cristiano agisce sempre conformemente al fine per il quale è stato creato.
    Esempio
    Il figlio dodicenne di un milionario newyorkese, esaminando ritagli di giornali vecchi, lesse che il padre dodici anni prima aveva adottato un trovatello. Nella speranza di scoprire un fratello domandò al babbo: "Papà, che ne è del bambino che ha adottato dodici anni fa e che ora dovrebbe avere la mia età?". Stringendo a sé il ragazzo, il ricco milionario gli disse: "E' una storia che ti riguarda da vicino, figlio mio! Non avrei voluto dirtelo e pensavo di non svelarti questo segreto. Tu sei l'orfanello di un giorno, che io adottai per impedire che fossi portato al ricovero dei trovatelli. Ma ora sei mio figlio e tutte le mie ricchezze, tutti i miei beni, tutto il mio amore sono per te! Mi basta che tu sia un figlio affezionato, degno dell'amore di tuo padre!" - "Papà, te lo prometto, sarò sempre degno del tuo amore!".
    Noi siamo i figli adottivi di Dio, fatti eredi del suo amore e delle sue ricchezze. Viviamo in modo da essere figli degni di tale Padre!
     
  15. Valerio
    Il martirio del corpo
    Santa Teresina, nella preghiera, aveva chiesto di soffrire le pene del martirio, e fu esaudita. Le sue sofferenze fisiche furono, anzi, più di un martirio.
    Soffrì molto anche durante la sua infanzia, ma fu soprattutto verso la fine della sua vita terrena che le sue pene si moltiplicarono. Le sue forze diminuirono; si trascinava, nel vero senso della parola, ai vari esercizi della Comunità, compiendo ogni dovere, anche il più faticoso ufficio liturgico della sera, sebbene dovesse combattere contro lo stordimento e le vertigini per mantenersi in piedi. Quando tutto era finito, si trascinava sulle scale aggrappandosi al corrimano, e si fermava ad ogni scalino, per riprendere fiato, tanto che impiegava almeno mezz'ora per attraversare il corridoio ghiacciato che la conduceva nella sua fredda cella. Una volta arrivataci, era così spossata che le ci voleva almeno un'ora per spogliarsi. Allora provava a riposare sul duro pagliericcio ma, avendo solo due coperte sottili, trascorreva l'intera notte tremando dal freddo.
    La sua malattia, avendo indebolito il sangue, la rese molto più sensibile al freddo, tanto che ella stessa confessò sul letto di morte: "Ciò per cui soffersi di più fisicamente, durante la mia vita religiosa, fu il freddo; ne soffersi da morire". Ma continuò a combattere, perché uno dei suoi principi era: "Bisogna essere all'estremo delle forze, prima di muover lamento".
    Infine, non riuscendo più a stare in piedi, fu costretta a mettersi a letto. Le sue pene aumentavano; tossiva gran parte della notte, di giorno era consumata da una febbre ardente e spossata da un copioso sudore; era colpita da violente emorragie ed attacchi di soffocamento; il suo estremo deperimento le causava tante piaghe dolorose.
    Quando l'infermiera provava a darle un po' di sollievo mettendola seduta, santa Teresina diceva di sentirsi sedere sugli arpioni.
    "Se solo sapesse - le disse -  quello che soffro. Bisognerebbe farne l'esperienza per sapere cosa significa. Posso facilmente capire perché le persone senza fede, quando soffrono in questo modo, sono tentate di togliersi la vita... Vi dico che, quando si soffre così, manca solo un passo per impazzire".
    Osiamo ancora chiedere se la piccola Teresa soffrì tanto? Eppure, c'era sempre un dolce sorriso sulle sue labbra.
    E noi non possiamo sopportare con un sorriso delle pene insignificanti per amor di Dio?
  16. Valerio
    Il martirio del cuore
    E' un martirio ancor più doloroso di quello del corpo.
    Anche quando era bambina, Teresina aveva un immenso desiderio di amore e di affetto nel cuore: "Non ho un cuore insensibile - scrisse -; ma appunto perché lo so capace di soffrire molto, io bramo offrire a Gesù tutti i generi di patimenti che al mio cuore sia possibile sopportare". Quello che normalmente porta le persone a lamentarsi, per lei era, invece, fonte di gioia, perché, attraverso la sofferenza, aveva modo di dar prova del suo amore al buon Dio.
    Provava un'avversione tanto forte verso una consorella che spesso l'unica soluzione era la fuga; ma comunque era dolcissima verso di lei, al punto che si sospettava ci fosse tra loro un'amicizia particolare.
    Si dedicava volontariamente all'assistenza di una monaca malata, benché sapesse che "non era facile contentarla", e lo fece "con tanto amore che - scrisse - mi sarebbe stato impossibile far meglio se avessi dovuto condurre Gesù stesso".
    Aiutava la suora rotara, che metteva a dura prova la sua pazienza, per la sua grande lentezza, ma l'amorevolezza di Santa Teresina non faceva immaginare a nessuno la forte lotta interiore che doveva affrontare.
    Vivendo nello stesso convento con tre delle sue sorelle, soffrì molto nel dominare il suo naturale carattere affettivo: disse che, per mezzo loro, Dio le offriva più di un calice amaro. Fra tutti i membri della comunità, la Santa era quella che meno di tutte si univa alle sue sorelle durante la ricreazione; per molti mesi lavorò a fianco della sorella Paolina, ma senza dirle una parola.
    "Mammina mia - le dirà più tardi -, quanto soffrii allora! Non potevo aprirle il mio cuore, e pensavo che ella non mi conoscesse più".
    Questo martirio del cuore fu amarissimo specialmente nei riguardi del suo amato padre durante la sua dura malattia. Le mancavano le parole per esprimere il suo dolore, né tentava di descriverlo.
    Le sue lacrime erano tanto copiose da non riuscire a mantenere la penna per scrivere, tuttavia disse: "I tre anni del martirio di papà mi sembrano i più amabili, i più fruttuosi della nostra vita, né io li cambierei con le estasi più sublimi. Il mio cuore, dinanzi a siffatti tesori inestimabili, esclama con riconoscenza: Siate benedetto, o mio Dio, per questi anni di grazie che abbiamo trascorso nei mali. Come fu preziosa e dolce quella croce così amara".
    Parole misteriose! Amara, eppure dolce!
    Se siamo pronti ad offrire a Gesù tutte le sofferenze che il nostro cuore può sopportare, allora capiremo. Ma lo siamo per davvero?
  17. Valerio
    Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità e, in Lui, di ogni altro bene, senza alcun male.
    San Pietro, avendo contemplato per alcuni istanti, sul monte Tabor, la Gloria del Cristo trasfigurato, ne fu inebriato ed uscì di sé per la gioia, desiderando di rimanere per sempre in quella beatitudine. Cosa sarà allora il Paradiso, dove si contemplerà eternamente Dio nello splendore della sua Gloria?
    Sulla terra le creature non possono farci felici e appagare il nostro bisogno della beatitudine senza fine. Sono piccole, limitate nel tempo e nello spazio per saziare la nostra fame di Verità e del Bene infinito, e con la morte lasceremo ogni cosa. Solo in Paradiso tutti noi potremo essere totalmente felici. Le creature sono strumenti, vie, ma solo Dio è la destinazione, il vero obiettivo.
    Sulla terra vediamo le opere di Dio e l'impronta della sua perfezione impressa in esse; con la fede crediamo in Dio, ma c'è sempre come un velo di oscurità a separarci da Lui; in Paradiso, invece, vedremo Dio direttamente, senza ostacoli, come Egli è per se stesso.
    Allora lo ameremo e lo possederemo perfettamente, così saremo pienamente felici.
    Dio, sommo bene, è la sorgente di ogni bene, per cui chi lo contempla, lo ama e lo possiede, gode anche di tutti i beni. Allora l'intelligenza vede tutta la Verità, grazie alla luce della Gloria, la volontà possiede tutti i beni e così tutti i desideri del cuore possono essere esauditi e il cuore riposare definitivamente. Sant'Agostino, infatti, diceva che il cuore dell'uomo non potrà mai trovare veramente la pace fino a quando non riposerà in Dio.
    In Lui si potranno conoscere tutti i misteri della creazione ed anche il corpo, dopo la risurrezione, parteciperà della felicità dell'anima e diventerà immortale, impassibile, luminoso e agilissimo.
    Se nei momenti bui della vita riusciremo a pensare alla felicità preparata per noi in Cielo, niente ci sembrerà troppo duro o penoso pur di meritarla e raggiungerla.
     
  18. Valerio
    3. Il martirio dell'anima
    Questo martirio è il più doloroso di tutti. Viene direttamente da Dio e, apparentemente, senza un motivo e senza preavviso. Santa Teresina, durante tutta la sua vita religiosa si nutrì del pane amaro dell'aridità spirituale e della mancanza di consolazione nella preghiera quotidiana. "Per me è sempre notte, sempre tenebre, notte oscura. Nelle mie relazioni con Gesù, niente: Aridità! Sonno! Ma se Gesù vuole dormire, perché dovrei impedirglielo?". Santa Teresina trovava particolarmente ostici i ritiri: "Lungi dal portarmi consolazioni, mi ha recato l'aridità più assoluta e quasi l'abbandono. Gesù dormiva, come sempre, nella mia navicella. Ah! vedo bene che di rado le anime Lo lasciano dormire tranquillamente in loro stesse. Gesù è così stanco di sollecitarle sempre con favori che si affretta ad approfittare del riposo che io Gli offro. Non si sveglierà certamente prima del mio grande ritiro dell'eternità, ma, invece di addolorarmi, ciò mi fa un piacere immenso".
    Il momento in cui Santa Teresina riceveva meno consolazioni era proprio quello della Santa Comunione, ma, tuttavia, non vi rinunciava, né per questo abbreviava le sue preghiere ed i suoi ringraziamenti. "Quando non sento nulla, quando sono incapace di pregare, di praticare le virtù, è quello il momento di cercare delle piccole occasioni, dei nonnulla che piacciono a Gesù. Un sorriso, una parola amabile quando avrei voglia solo di tacere. Quando non mi capita nessuna occasione, Gli voglio almeno dire tante volte che L'amo".
    Col tempo l'oscurità spirituale diventava sempre più fitta, e si rafforzavano le tentazioni contro la fede. "Ero estremamente provata, quasi triste, in una notte tale che non sapevo più se ero amata da Dio". E ancora: "Quando voglio riposare il cuore, stanco delle tenebre che lo circondano, ricordando il paese luminoso al quale aspiro, il mio tormento raddoppia; mi pare che le tenebre, assumendo la voce dei peccatori, mi dicano facendosi beffe di me: 'Tu sogni la luce, una patria dai profumi soavi. Tu sogni di possedere eternamente il Creatore di tutte queste meraviglie... Rallegrati della morte, che ti darà non già ciò che speri, ma una notte più profonda: la notte del niente'". Una prova orribile per chi ama Dio con tutto se stesso. E prosegue: "Non è più un velo (tra me e Dio, ndt), è un muro che si alza fino ai Cieli". Il demonio, per di più, la teneva "con una mano che pareva di ferro", per portarla alla disperazione.
    La Santa, però, correva da Gesù e gli assicurava che era pronta a dare il sangue per testimoniare la sua fede nella vita beata; ringraziava il buon Dio e i Santi per quella prova, convinta che che essi volessero vedere, dice: "fin dove saprò spingere la mia speranza". "Allora - scrive in una poesia - Gli dico che Egli è tutto per me, Lo copro di carezze; e le raddoppio se si nasconde alla mia fede".
    Il Piccolo Fiore di Lisieux soffrì questo doloroso, indescrivibile, triplice martirio simultaneo, del corpo, del cuore e dell'anima, che proseguì fino alla sua morte, fino alla sua chiamata in Paradiso. Alla fine della sua vita disse: " Non avrei mai creduto possibile soffrire tanto!", ma nonostante ciò, era sempre calma e serena, contenta e sorridente. Disse: "Tra le acque delle tribolazioni di cui ero così assetata, ero la più felice dei mortali".
    Saremo capaci di capire questa "austera dolcezza" solo se saremo disposti a farne l'esperienza.
    Ma quanto è forte il nostro amore per Dio? 
     
  19. Valerio

    CONFETTI DI SANTITÀ
    Il beato Carlo d'Asburgo è stato l'ultimo imperatore d'Austria e governante dell'Impero Austro-Ungarico, ma è stato anche ed in particolare un padre di famiglia ed un marito amorevole e leale per sua moglie Zita. Sono stati sposati per undici anni prima della morte prematura di lui nel 1922, e hanno avuto otto figli. Nonostante le difficoltà del governo durante la Prima guerra mondiale, Carlo non ha mai dimenticato l’importanza del suo matrimonio, offrendo ai figli e ai suoi sottomessi un modello da seguire e imitare. Il giorno prima del loro matrimonio, Carlo disse a Zita: “Ora aiutiamoci l’un l’altra ad arrivare in Paradiso”. Il matrimonio, infatti, è prima di tutto un sacramento che unisce le anime dei coniugi, santificando il loro amore e rivolgendolo al destino ultimo del Paradiso nell'aiuto e nel sostegno reciproco. La coppia si fece incidere una frase speciale all’interno delle fedi nuziali. L’iscrizione recitava in latino Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix (Ricorriamo alla tua protezione, o Santa Madre di Dio), per porre la loro unione sotto la protezione della Beata Vergine Maria. Prima di andare in viaggio di nozze, inoltre, la coppia compì un pellegrinaggio al santuario mariano di Mariazell, dedicato a Nostra Signora Magna Mater Austriae (Grande Madre dell’Austria). I due erano intimamente legati ed oltre a lavorare insieme come coppia reale, insegnavano ai propri figli le verità della fede. Non era semplicemente compito di Zita insegnare ai bambini come pregare, perché anche Carlo instillò nei suoi figli l’amore per Dio e insegnò loro personalmente le preghiere. Prendevano sul serio l’ideale biblico di diventare “una sola carne” in tutto. Carlo e Zita non hanno smesso di amarsi neanche quando sono sorte le difficoltà. Dopo aver affrontato l’umiliazione di essere esiliati dal proprio Paese, il loro rapporto è diventato più forte che mai. Poco dopo hanno affrontato una prova ancora più grande quando Carlo ha contratto la polmonite, che lo ha portato alla morte a neanche 35 anni. Le ultime parole di Carlo alla moglie sono state “Ti amo infinitamente”. Nei 67 anni successivi, Zita ha indossato abiti neri a indicare il suo lutto. Non ha mai smesso di amare Carlo fino alla propria morte, quando si è riunita con lui in cielo. Il loro amore non è stato un semplice sentimento, ma una scelta di amarsi “finché morte non ci separi” e oltre.
  20. Valerio
    L'inferno è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene.
    Per i paurosi e per gli increduli e gli esecrandi e gli omicidi e i fornicatori e i venefici e gl'idolatri e per tutti i mentitori, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la seconda morte (Ap 21, 8).
    Dio ci ha creati per contemplarlo, possederlo e goderlo in cielo. Egli solo, come Verità prima, Sommo Bene e Vita beata, ci può rendere pienamente felici appagando tutte le nostre brame.
    Dopo la morte, nessuna cosa creata può attirare l'anima, che tende irresistibilmente a Dio, unico e infinito bene. Nell'inferno, invece, l'anima non può avere Dio, la sua visione, il suo possesso, e quindi la beatitudine che viene da Lui. L'anima ha bisogno di Dio, una necessità vitale, ma nell'inferno si sa privata di Lui per l'eternità e questa è la pena più grande ed ineffabile.
    I cattivi dopo la morte saranno gettati nel fuoco, come l'erbaccia della parabola evangelica (Lc 16, 19-26). Il fuoco dell'inferno, per volontà divina, tormenta i demoni, le anime e anche i corpi dei dannati dopo la risurrezione finale. Il dannato è immerso nel fuoco, permeato e quasi immedesimato col fuoco, come noi con l'aria che respiriamo. I reprobi dell'inferno sono anche tormentati da tutti gli altri mali possibili. Privi di Dio sono privi di ogni bene e afflitti da tutti i mali, che sono la mancanza del bene dovuto.
    Tra i massimi tormenti vi sono, oltre il fuoco, la disperazione, l'odio vicendevole, le pene, le umiliazioni inflitte dai demoni, l'immobilità, le tenebre.
    Il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli; e non hanno riposo né giorno, né notte (Ap 14, 11); saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli (ivi, 20, 10), nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore, e il fuoco non si estingue (Mr 9, 43).
    Che cosa sono i piccoli ed effimeri piaceri della colpa, in confronto della pena eterna, che ne è la punizione?
    ESEMPIO: Si racconta che, nell'XI secolo, mentre si cantava l'Ufficio dei defunti per il dottor Diocres, dell'Università di Parigi, alle parole: "Responde mihi: rispondimi!", dal feretro uscì una voce lugubre, che diceva: "Per giusto giudizio di Dio, sono stato accusato". Dopo una sospensione piena di paura, fu ripreso da capo il canto dell'Ufficio. Giunti nuovamente alle parole: "Responde mihi!" si ripeté la voce: "Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato!". Parve che il cadavere si muovesse, ma dopo un attento esame se ne costatò la rigidità. L'Ufficio fu sospeso e ripreso l'indomani. Alle parole: "Responde mihi!" il cadavere si agitò, si pose a sedere e disse con voce straziante: "Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all'inferno!". Poi ricadde e non si mosse più. Tutti furono vivamente impressionati, ma specialmente Brunone, professore dell'Università, che abbandonò la brillante carriera, si ritirò nella solitudine, fondò l'ordine religioso dei Certosini e divenne santo, canonizzato dalla Chiesa.
    E' fondamentale pregare molto per la conversione dei peccatori, perché non vadano all'inferno. Molti, infatti, come ha affermato la Madonna a Fatima, vanno all'inferno perché non c'è nessuno che preghi per loro, per la loro conversione e salvezza.
  21. Valerio
    Dio premia i buoni e castiga i cattivi perché é  giustizia infinita.
    A me la vendetta; io farò giustizia, dice il Signore (Rm 12, 19). Il Signore prova il giusto e il malvagio; ma chi ama la prepotenza Egli lo odia di cuore. Pioverà sui malvagi brace di fuoco; zolfo e vento avvampante è la parte della loro coppa. Poiché giusto è il Signore, e ama le giuste azioni. I retti vedranno il volto di Lui (Sal 10, 6-8).
    Nostro Signore ci ha descritto diffusamente come sarà fatto da Lui il Giudizio universale, che segnerà il trionfo della divina giustizia, non lascerà nessun peccato impunito e nessuna opera buona senza premio (v. Mt 25, 31-46).
    La giustizia è la virtù che dà a ciascuno ciò che gli è dovuto, assegnando il castigo proporzionato alla colpa e il premio corrispondente al merito. La giustizia di Dio, come tutte le altre sue perfezioni, è infinita e s'identifica con Lui. Come giustizia infinita, Dio non potrebbe assegnare la stessa sorte ai buoni che Lo amano e Lo servono fedelmente, e ai cattivi, che col peccato calpestano i suoi comandamenti e disprezzano la sua volontà.
    Riflessione. - Se a trattenerci dal male e a spronarci al bene non basta l'amore di carità, servano almeno il timore del castigo e il desiderio del premio!
    Esempi: 1. Al primo peccato, commesso dai nostri progenitori nel Paradiso terrestre, seguì subito il castigo divino con l'esclusione dal luogo delle delizie, l'esilio, la perdita della divina amicizia, la condanna alla morte, all'ignoranza, al lavoro e a tutte le malattie e miserie della vita (v. Gn 3, 14-24).
    2. La misericordia divina sopportò a lungo i peccati dei discendenti di Adamo, che diventavano sempre peggiori; ma alla fine la giustizia intervenne e punì l'umanità col diluvio universale. Tutti gli uomini perirono, eccetto Noè con la sua famiglia, che fu salvato perché era un uomo giusto (v. Gn cc. 6-7).
  22. Valerio
    La Messa non è un banchetto, un convito, un'assemblea o un ritrovo festoso, non è un momento di allegria, di svago o intrattenimento. Essa è realmente e sostanzialmente lo stesso Sacrificio della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, che si rinnova incruentemente, ma sostanzialmente, riofferto da Cristo Stesso al Padre, per mezzo del sacerdote, per la nostra salvezza e donato a noi nel Suo Corpo e nel Suo Sangue per la vita eterna.
    L'Eucarestia è stato il centro di tutta la vita di Padre Pio, della cui giornata ogni momento costituiva una continua preparazione e ringraziamento a Gesù Sacramentato, con la preghiera e la sofferenza anche di notte. Nella celebrazione della Messa il santo, facendo la volontà di Dio, fa sua tutta la Passione di Cristo: l'agonia nell'orto, il processo dinanzi a Pilato, il viaggio al Calvario, la Crocifissione. Riportiamo di seguito la fedele trascrizione di domande che furono poste a San Pio da Pietralcina e delle risposte da lui date:
    D. Padre, che cosa è la vostra Messa?
    R. Un pasticciotto sacro con la passione di Gesù. La mia responsabilità è unica al mondo, dice piangendo.
    D. Che cosa debbo leggere nella vostra santa Messa?
    R. Tutto il Calvario.
    D. Padre, ditemi tutto quello che soffrite nella santa Messa.
    R. Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua passione, inadeguatamente, lo soffro anche io, per quanto a umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio demerito e per sola sua bontà.
    D. Agonizzate, Padre, come Gesù nell'orto?
    R. Sicuramente.
    D. Quale «fiat» pronunziate?
    R. Di soffrire e sempre soffrire per i fratelli di esilio e per il suo divin regno.
    D. E allora anche voi siete tutto una piaga dalla testa ai piedi?
    R. E non è questa la nostra gloria? E se non ci sarà più spazio per fare altre piaghe nel mio corpo, faremo piaga su piaga.
    D. Dio mio, questo è troppo! Siete, Padre mio, un vero carnefice di voi stesso!
    R. Non ti spaventare, ma gioisci. Non desidero la sofferenza in se stessa, no; ma per i frutti che mi dà. Dà gloria a Dio e salva i fratelli. Che altro posso desiderare?
    D. Con la coronazione di spine, quali peccati scontò Gesù?
    R. Tutti. In particolare quelli di pensiero, non esclusi quelli vani e inutili.
    D. Le spine, Padre, ce le avete sulla fronte o intorno al capo?
    R. Intorno a tutto il capo.
    D. Padre, è vero che durante la Messa soffrite il supplizio della coronazione di spine?
    R. E lo metti in dubbio?
    D. Durante tutta la Messa?
    R. E anche prima e dopo. Il diadema non si lascia mai.
    D. Nel divin sacrificio, Padre, voi prendete su di voi le nostre iniquità?
    R. Non si può fare diversamente, poiché fa parte del divin sacrificio.
    D. Vi ho visto tremare mentre salivate i gradini dell'altare. Perché? Per quello che dovevate soffrire?
    R. Non per quello che dovevo soffrire, ma per quello che dovevo offrire.
    D. In qual momento del divin sacrificio soffrite di più?
    R. Sempre e in modo crescente.
    D. Nella celebrazione della santa Messa, quale è il momento in cui soffrite di più?
    R. Dalla consacrazione alla comunione.
    D. In qual momento della Messa soffrite la flagellazione?
    R. Dal principio alla fine, ma più intensamente dopo la consacrazione.
    D. Durante la Messa le punture della corona di spine e le ferite della flagellazione sono reali?
    R. Cosa intendi dire con questo? Gli effetti è certo che sono gli stessi.
    D. Perché piangete all'offertorio?
    R. Vorresti strapparmi il segreto? E sia pure. Allora è il momento che l'anima viene separata dal profano.
    D. Durante la vostra Messa, Padre, la folla fa un po' di chiasso!...
    R. E se vi foste trovate sul Calvario dove si sentivano urli, bestemmie, rumori, minacce!? Lì era tutto un fracasso!
    D. I rumori che fanno in chiesa vi distraggono?
    R. Niente affatto.
    D. Perché soffrite tanto, Padre, nella consacrazione?
    R. Sei troppo cattiva!
    D. Ditemelo perché soffrite tanto nella consacrazione.
    R. Perché è proprio lì che avviene una nuova e ammirabile distruzione e creazione.
    D. Perché soffrite tanto nella consacrazione?
    R. I segreti del sommo Re non si svelano senza profanarli. Mi domandi perché soffro? Non lacrimucce, ma torrenti di lacrime vorrei versare! Non rifletti al tremendo mistero? Un Dio vittima dei nostri peccati!... Noi poi siamo i suoi macellai.
    D. L'amarezza del fiele, Padre, la soffrite?
    R. Sì e spesso spesso.
    D. Padre, come vi reggete in piedi sull'altare?
    R. Come si reggeva Gesù sulla croce.
    D. Sull'altare siete sospeso sulla croce come Gesù al Calvario?
    R. E lo domandi pure?
    D. Come fate a reggervi?
    R. Come si reggeva Gesù sul Calvario.
    D. I carnefici capovolsero la croce di Gesù per ribattere i chiodi?
    R. Si capisce!
    D. Anche a voi ribattono i chiodi?
    R. E come!
    D. Pure a voi la capovolgono?
    R. Sì, ma non aver paura.
    D. Padre, recitate pure voi durante la santa Messa le sette parole che Gesù proferì in croce?
    R. Sì, indegnamente, le recito pure io.
    D. E a chi dite: «Donna, ecco tuo figlio»?
    R. Dico a Lei: Ecco i figli del tuo Figlio.
    D. Soffrite la sete e l'abbandono di Gesù?
    R. Sì.
    D. In quale momento soffrite la sete e l'abbandono?
    R. Dopo la consacrazione.
    D. Fino a quale momento soffrite l'abbandono e la sete?
    R. Ordinariamente sino alla comunione.
    D. Gesù crocifisso aveva le viscere consumate?
    R. Di' piuttosto: bruciate!
    D. Di che cosa aveva sete Gesù crocifisso?
    R. Del regno di Dio.
    D. Ditemi cosa potrei fare per alleggerire il vostro calvario.
    R. Alleggerirlo?!... Di' piuttosto per appesantirlo. Bisogna soffrire!
    D. È doloroso assistere al vostro martirio senza potervi aiutare!
    R. Anche l'Addolorata dovette assistere. Per Gesù, certo, era più confortante avere una Madre dolorante, che una indifferente.
    D. Che faceva la Vergine ai piedi di Gesù crocifisso?
    R. Soffriva nel vedere soffrire suo Figlio. Offriva le sue pene e i dolori di Gesù al Padre celeste per la nostra salvezza.
    D. Che cosa è la santa comunione?
    R. È tutta una misericordia interna ed esterna. Tutto un amplesso. Pregate pure Gesù che si faccia sentire sensibilmente.
    D. Che fa Gesù nella comunione?
    R. Si delizia nella sua creatura.
    D. La comunione è una incorporazione?
    R. È una fusione. Come due ceri si fondono insieme e più non si distinguono.
    D. Quando vi unite a Gesù nella santa comunione che dobbiamo chiedere al Signore?
    R. Che sia anche io un altro Gesù, tutto Gesù, sempre Gesù.
    D. Pure alla comunione soffrite?
    R. È il punto culminante.
    D. Dopo la comunione continuano le vostre sofferenze?
    R. Sì, ma sofferenze amorose.
    D. In questa unione, Gesù non vi consola?
    R. Sì, ma non si cessa di stare sulla croce!
    D. Nella santa Messa morite anche voi?
    R. Misticamente nella santa comunione.
    D. È per veemenza d'amore o di dolore che subite la morte?
    R. Per l'uno e per l'altro: ma più per amore.
    D. Nella comunione subite la morte: allora non ci siete più sull'altare?
    R. Perché? Anche Gesù morto era sul Calvario.
    D. Avete detto, Padre, che nella comunione la vittima muore. Nelle braccia della Madonna vi depongono?
    R. Di san Francesco
    D. La santissima Vergine assiste alla vostra Messa?
    R. E credi tu che la Mamma non s'interessi del figlio?
    D. Gli angeli assistono alla vostra Messa?
    R. A torme.
    D. Che fanno?
    R. Adorano e amano.
    D. Padre, chi sta più vicino al vostro altare?
    R. Tutto il paradiso.
    D. Desiderate celebrare più di una Messa al giorno?
    R. Se fosse in mio potere non scenderei mai dall'altare.
    D. Il Signore, Padre, ama il sacrificio?
    R. Sì, perché con questo ha rigenerato il mondo.
    D. Quanta gloria dà a Dio la santa Messa?
    R. Infinita gloria.
    D. Che dobbiamo fare durante la santa Messa?
    R. Compassionare ed amare.
    D. Padre, come dobbiamo ascoltare la santa Messa?
    R. Come vi assistettero la santissima Vergine e le pie donne. Come assistette san Giovanni al sacrificio eucaristico e a quello cruento della croce.
    D. Che benefici riceviamo ascoltandola?
    R. Non si possono enumerare. Li vedrete in paradiso.
  23. Valerio
    Il Figliuolo di Dio ha preso un corpo e un'anima, come abbiamo noi, nel seno purissimo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, ed è nato da questa Vergine.
    A formare il corpo e a creare l'anima di Gesù Cristo concorsero tutte le tre Persone divine. Si dice solo: "fu concepito di Spirito Santo", perché l'incarnazione del Figliuolo di Dio è opera di bontà e di amore, e le opere di bontà e di amore si attribuiscono allo Spirito Santo.
    Il Figlio di Dio si fece uomo, senza cessare di esser Dio, Egli è Dio e uomo insieme, perfetto Dio e perfetto uomo.
    In Lui sono due nature: la divina e l'umana, ma un'unica persona, cioè la divina. In Gesù Cristo, inoltre, vi sono due volontà: l'una divina, l'altra umana. Egli aveva volontà libera, ma non poteva fare il male, perché poter fare il male è difetto, non perfezione della libertà.
    Il Figliuolo di Dio ed il Figliuolo di Maria sono la medesima persona, cioè Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
    Maria Vergine è Madre di Dio, perché è Madre di Gesù Cristo, che è vero Dio.
    Maria divenne Madre di Gesù Cristo unicamente per opera e virtù dello Spirito Santo.
    E' verità di fede che Maria Santissima fu SEMPRE Vergine, ed è chiamata la Vergine per eccellenza.
  24. Valerio
    San Francesco di Sales, Vescovo e dottore della Chiesa, era solito trascorrere le ultime ore di ogni anno e le prime di quello successivo in fervente preghiera, operando un attento esame del suo cuore onde, egli diceva, "domandar perdono del passato e disporsi a far meglio per l’avvenire". Ugualmente raccomandava questa santa pratica ai suoi figli spirituali.
    Il 1° gennaio 1613 le Religiose della Visitazione cominciarono a recitare in comune le litanie del S. Nome di Gesù, e il Santo Fondatore, ordinò loro che in principio di tutte le loro lettere mettessero il sacro motto : Viva Gesù!
    Preghiera per iniziare il nuovo anno affidandosi al Signore Gesù Cristo ed alla Santissima Vergine Maria Madre di Dio:
    «O Gesù, riempite il nostro cuore del sacro bal­samo del vostro Divin Nome, affinché la soavità del suo odore si diffonda in tutti i nostri sensi e profumi tutte le nostre azioni. Ma, per rendere capace il nostro cuore di ricevere questo dolce liquore, circoncidetelo e togliete da esso tutto quello che non piace agli occhi vostri santissimi. O Nome glorioso, che la bocca del Divin Padre pronunzia da ogni eternità, siate per sempre scritto sulle anime nostre, onde, siccome voi ne siete il Salvatore, esse siano eternamente salvate. Vergine Santa, che prima fra tutte le creature umane proferiste questo Nome di salute, ispirateci il modo d’invocarlo conve­nientemente, acciocché tutto quello che è in noi goda della salute che il Vostro Parto ci ha apportato».
  25. Valerio
    La Circoncisione del Signore è la festa istituita per celebrare la memoria del sangue sparso da Gesù Cristo nei primi giorni della sua vita. La circoncisione, nella legge antica, era un rito istituito dal Signore, per contrassegnare coloro che appartenevano al popolo di Dio, e per distinguerli dalle genti infedeli.
    Gesù Cristo certamente non era soggetto alla legge della circoncisione, perché era fatta per i servi e per i peccatori; e Gesù Cristo è vero Figliuolo di Dio e autore della legge, ed era la medesima santità, ma ha voluto comunque essere circonciso senza esservi obbligato, perché essendosi per amore addossato i nostri peccati, volle portarne le pene e cominciare a lavarli col sangue fino dai primi giorni della sua vita.
    Quando Gesù Cristo fu circonciso gli venne imposto il nome di Gesù, come già l'Angelo aveva ordinato per parte di Dio alla santissima Vergine e a san Giuseppe.
    Il nome di Gesù significa Salvatore; e si diede al Figliuolo di Dio, perché veniva a salvarci e a liberarci dai nostri peccati.
    Per il nome di Gesù si deve avere grandissimo rispetto, perché questo rappresenta il nostro divin Redentore che ci ha riconciliati con Dio, e ci ha meritato alla vita eterna.
    Per celebrare la festa della Circoncisione secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare quattro cose:
    1. adorare Gesù Cristo, ringraziarlo ed amarlo;
    2. invocare con viva fede e con rispetto il suo santissimo Nome, e porre in esso tutta la nostra confidenza;
    3. praticare la circoncisione spirituale, che consiste nel togliere dal cuore il peccato ed ogni affetto disordinato;
    4. consacrare a Dio tutto l'anno che incomincia, e pregarlo di darci grazia di passarlo nel suo divino servizio.
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