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Claudio C.

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  1. libera traduzione da One Peter Five a cura di Eric Sammons, convertito al Cattolicesimo. A partire da questa domenica e continuando per le tre settimane successive, le letture del Vangelo della domenica sono tratte dal 16 ° capitolo del Vangelo di San Giovanni. Questo capitolo fa parte del Discorso d'addio di Cristo ai suoi discepoli durante l'Ultima Cena e la Chiesa vede la stagione pasquale come un momento appropriato per approfondire i ricchi insegnamenti che vi si trovano. Questa domenica l'attenzione si concentra sulle parole di Cristo, "un po 'di tempo, e ora non mi vedrai: e ancora un po' di tempo, e mi vedrai". Queste parole, come molti dei detti di Nostro Signore e altri nella Scrittura, hanno significati multipli. Il primo è il più ovvio: Gesù sta per morire sulla Croce e scendere all'Inferno: i discepoli non lo vedranno. Ma tra tre giorni risorgerà gloriosamente, poi lo vedranno. Si riferisce anche al fatto che 40 giorni dopo la risurrezione di Cristo salirà al Padre, dopo di che non sarà più visto. Eppure, dieci giorni dopo a Pentecoste, lo Spirito Santo verrà e Cristo sarà “visto” di nuovo, nel senso che coloro che ricevono lo Spirito Santo sono in grado di comprendere la missione di Cristo e vedere la sua opera nel mondo. Inoltre, sebbene la missione terrena di Cristo sia finita, un giorno sarà di nuovo completamente visto: alla sua seconda venuta in gloria alla fine dei tempi. Pubblicare questa lettura durante la stagione pasquale indica un momento in cui i convertiti battezzati a Pasqua stavano ricevendo le loro ultime istruzioni per la vita come cristiani. Imparavano la Fede durante il catecumenato e ora venivano mandati a vivere la fede. Questa vita non sarebbe stata facile; avrebbe comportato molte lotte. Queste parole di Gesù sulla partenza e sul ritorno, quindi, si applicano alla vita di discepolato. Quando riceviamo i Sacramenti o sperimentiamo il senso della sua presenza nella preghiera, "vediamo" Cristo molto chiaramente. Tuttavia, spesso nella vita cristiana Cristo sembra andare via. I maestri spirituali chiamarono questa la Notte Oscura dell'Anima: un tempo durante il quale ci sentiamo abbandonati da Dio, completamente soli. Sperimentiamo un sabato santo in cui apparentemente il Signore ci lascia e siamo scoraggiati e apparentemente senza speranza. Potremmo chiederci: tornerà? Nostro Signore non ci dice in modo inequivocabile che manterrà la sua promessa di tornare: “In verità, in verità ti dico che lamenterai e piangerai, ma il mondo si rallegrerà: e tu sarai reso triste, ma il tuo dolore sarà trasformato in gioia. " E inoltre, "la tua gioia che nessun uomo ti toglierà". È una gioia che supera ogni comprensione. A volte la sperimentiamo qui sulla terra, ma sperimenteremo questa gioia nella sua pienezza quando entreremo nella presenza di Cristo in Cielo. Pertanto, dobbiamo rimanere fedeli a Cristo, anche quando non lo vediamo, in modo che un giorno possiamo vedere ed essere visti da lui. San Cipriano scrive: “Ci rallegra stare qui a lungo tra le spade del diavolo quando dovremmo piuttosto desiderare e scegliere di affrettarci verso Cristo? Chi non sceglierebbe di essere libero dalla tristezza? Chi non accelererebbe verso la gioia? Ma il nostro dolore deve davvero essere trasformato in gioia, come chiarisce il nostro Signore ... Vedere Cristo è gioire, e non possiamo avere gioia se non lo vediamo. Quale cecità mentale o quale follia è amare le afflizioni del mondo, le punizioni e le lacrime e non piuttosto correre alla gioia che non potrà mai essere portata via! " (Sulla mortalità, 5). Cerchiamo quindi durante questa stagione pasquale di scegliere la gioia di Cristo per il dolore di questo mondo. Anche quando non riusciamo a vedere il Signore, sappiamo che è sempre con noi e, essendo fedeli a lui, un giorno lo vedremo in tutta la sua gloria, e quindi la nostra gioia sarà completa.
  2. Con molto interesse e condivisione riportiamo il trascritto libero della meditazione di Padre Massimo Malfer esorcista, tenuta su Radio Kolbe alla fine di Aprile 2020. La meditazione è su aspetti fondamentali della Fede in questi tempi di epidemia e di mancanza dei Sacramenti, sulla essenzialità della Eucaristia, su cosa realmente accade nella Santa Messa e quale realmente ne sia il significato, sul perché la mancanza della Eucarestia ci renda tristi ed individualisti, anaffettivi ed incapaci di amare. Ecco di seguito il testo. "Mai come in questi ultimi giorni, in maniera particolare in queste ultime ore, sentiamo parlare tanto di celebrazione della Santa Messa, anche se a dire il vero questo riguarda una piccola parte della popolazione italiana, diciamolo dobbiamo essere franchi: la percentuale della presenza alla santa messa domenicale negli ultimi anni è calata drasticamente, quindi potremmo dire che sono pochi a dire il vero coloro che sentono l'esigenza della celebrazione eucaristica; ma noi sappiamo molto bene che malgrado l'esiguità di questi numeri noi continuiamo a ribadire in maniera chiara forte e concisa se non altro la libertà di culto che è stata proclamata dalla costituzione ed è un diritto inalienabile della persona; quindi quando parliamo di celebrazione Eucaristica, intendiamo sì la celebrazione della Santa Messa, ma crediamo anche che sotto a tutto ciò ci sia una capacità del diritto di non violare [tutto] ciò che è effettivamente il diritto per eccellenza, ossia il diritto di credere, il diritto di professare una religione quando questa religione, come appunto la cristiano cattolica, è fondata sull'Eucarestia. Forse magari i nostri governanti non tengono in giusta considerazione che circa il 90 per cento della popolazione italiana è ancora cattolica; forse qualcuno dirà solo anagraficamente, perché poi le scelte sono tutt'altro, ma comunque questo è un dato importante da tener presente; ma qui non parliamo di un aspetto anagrafico parliamo di cristiani che vivono e che credono in Cristo. Quali sono queste conseguenze della proposta cristiana? Essa consiste nel dare notizia all'uomo che è accaduto un fatto che ha precisamente guarito e rinnovato l'uomo . Qual è questo fatto lo sappiamo tutti: Dio, inviando il proprio Figlio nella condivisione della carne del peccato ha condannato il peccato e ci ha ridato la vita nuova. Questo è il cristianesimo, [il cui significato profondo] è credere che Gesù Cristo sia il Figlio di Dio nato, morto e risorto e vivente nella sua Chiesa. Detto questo, per un cristiano che ha questa consapevolezza, viene subito immediatamente chiaro che questa presenza di Lui è una presenza viva e continua e dove noi possiamo attingere la realtà di questa presenza? Nella Santa Messa! La Messa non è un rito, la Messa non è un incontro, sebbene magari qualche sacerdote ha ridotto la messa a un incontro tra applausi e canti dove l'importante è divertirsi con “le alleluia che avvitano le lampadine” o cose simili, ma questo non è non è la Messa, non è la Verità della Messa in Chiesa; alla Messa non ci si va per divertirsi, [alcuni dicono che i] bambini non vanno in Chiesa perché sennò si stufano e quindi dobbiamo fargli fare chissà che cosa per poterli coinvolgere. La Messa è la ripresentazione sacramentale del mistero pasquale. Che cosa vuol dire? Vuol dire che se un cristiano crede che Gesù è il Figlio di Dio che è nato che è morto che è risorto e che è presente quando si celebra la Santa Messa, questo accade. [Un] buon cristiano [non può] vivere senza questa consapevolezza, no! Ecco perché la l'Eucaristia è la pietra d'inciampo. Gesù ne parla spesso di questa pietra [che] è la pietra pietra angolare, una pietra su cui si costruisce tutto l'edificio oppure diventa una pietra d'inciampo, una pietra su cui, passando, uno inciampa si fa del male e cade; l’Eucaristia è proprio questo: sull’ Eucaristia si costruisce tutto oppure l’Eucarestia diventa un ostacolo! Quante volte abbiamo sentito dire [la frase] “io credo ma non vado in Chiesa”? Con quel “non vado in Chiesa” [si] vuol dire semplicemente: non partecipo alla Messa, alla Messa ci vado quando mi sento, ed avanti di questo passo. Qvviamente i luoghi comuni sono tantissimi. Ma che cosa significa essere cristiani, credere in Dio e non partecipare alla Messa ma in un clima relativistico come il nostro semplicemente vuol dire aver costruito aver costruito una religione a nostro uso e consumo, [vuol dire] io credo solo determinate cose e le altre le escludo, [vuol dire credere in] quelle che mi fanno piacere, [mentre] quelle che non mi fanno piacere le escludo. Questa non è un’adesione a Cristo. Se poi ci mettiamo anche coloro che vogliono a tutti i costi dei diritti su cose che a loro non competono, allora questo diventa ancora più ridicolo [e] risibile; pensate ad esempio a quelle persone che per varie ragioni, [ad esempio] perché hanno tradito un Sacramento ne vogliono un altro, sto parlando dei divorziati e risposati, [quelle persone] hanno tradito il Sacramento; l'hanno tradito perché nel momento in cui si risposano, ma non sto parlando di coloro che sono separati malgrado loro siano innocenti e quindi possono continuare a fare la Santa Comunione, ma sto parlando di coloro che sono divorziati e risposati cioè hanno rinnegato ciò che hanno detto sull'altare, ciò che hanno giurato davanti a Dio ciò che è stato sacramentalmente sigillato da Dio stesso, essi hanno fondamentalmente abiurato un sacramento! Questo modo di guardare alla Chiesa come una sorta di agenzia di servizi, dove dobbiamo chiedere questo o vogliamo chiedere altro con la pretesa che questo sia un nostro diritto [è sbagliato]. L'Eucaristia è un nostro diritto, forse anche sì, ma a determinate condizioni; infatti, quando noi pensiamo all'Eucaristia noi non dobbiamo pensare a un rito, ma dobbiamo pensare all'azione più sacra che possa accadere su questa terra, perché ciò che è accaduto duemila anni orsono a Gerusalemme in Palestina si compie sacramentalmente misteriosamente sui nostri altari e qui chiaramente a livello visivo, a livello sacramentale, a livello di segno in questi ultimi anni abbiamo perso un po’ questa consapevolezza. Ridurre la messa ad uno show, chiaramente non dà l'impressione che quello che si celebra è realmente la passione la morte e la risurrezione di Cristo. Un tempo forse questo era segnato, era collegato, era ancora forte, [ma] oggi diciamo è sparito quasi completamente ma è sparito persino dalla predicazione! Ogni volta che noi entriamo dentro nel mistero eucaristico, noi ribadiamo e come fossimo là presenti, ecco perché quando noi diciamo che la Messa è fondamentale, che la Messa è la azione sacra più alta di tutte, è perché proprio c'è la consapevolezza della Chiesa che senza la messa noi non possiamo vivere, senza la messa non c'è più il cristianesimo; non esiste un cristianesimo senza la Messa; questo lasciamolo stare, questo è vero protestantesimo fino a prova contraria o meno. C'è una tendenza molto forte nella Chiesa, ma comunque noi fino a prova contraria noi non siamo protestanti, noi siamo cattolici, noi siamo cristiani, il che vuol dire che noi crediamo che il mistero di Cristo, quel mistero di passione di morte di dolore di sofferenza che è accaduto duemila anni orsono e che ha salvato le sorti di tutto il mondo e di tutto l'universo si compie ogni volta che si celebra la Santa Messa. Questo è quello che crediamo. Se non c'è questa consapevolezza è chiaro che andare a Messa o non andarci, vivere l'Eucaristia o meno è la medesima cosa, non nessun rapporto profondo con la vita e la fede diventa solo qualcosa, come ci insegna il laicismo oggi, da vivere privatamente dentro nel proprio cuore. In questi giorni abbiamo sentito citare persino da autorità religiose molto forti e personaggi di infima levatura se non addirittura blasfemi che ci avrebbero detto che ci si può pregare ovunque l'importante è avere Gesù nel cuore. Ma questo lo sapevamo già non occorreva lo sciocco di turno; noi cristiani preghiamo in Chiesa perché in Chiesa si celebrerà la Santa messa e senza la Messa come dicevano i martiri di Abitina, 1700 anni or sono, noi non possiamo vivere. Vorrei provare a fare un esempio classico semplicissimo, un esempio di coloro che amano una persona la mano pensate il fidanzato e la fidanzata, la moglie il marito, pensate la madre il figlio, pensate a questi rapporti fortissimi strettissimi e speriamo che ve ne siano ancora tanti. In questi [rapporti] cosa succede? Che se uno dei due se ne va via e se ne va via per mesi, il desiderio di quella persona è di incontrarlo di vederlo, di abbracciarlo di sentirlo. Sì, qualche volta ci si telefona, sì qualche volta adesso ci sono le videochiamate, sì indubbiamente tutte queste cose; ma un conto è averlo fisicamente li vicino che si può toccare che si può abbracciare, che si può baciare fisicamente. [Così è la] realtà sacramentale della Messa. E’ bello dire che dobbiamo amare il Signore e magari qualcuno dice sì, ma io lo amo, io voglio bene al Signore, io amo il Signore. [La domanda allora è:] perché non vai a cercarlo dove lui si fa trovare, dove è il luogo l'istante il momento più alto in cui io posso fare questo incontro, non solo spirituale, non solo psicologico, ma reale concreto a tal punto che posso addirittura ci parli di lui nella Santa Eucaristia è questa la realtà. Noi non siamo degli angeli, non siamo puri spiriti ed il Signore lo sa molto bene ed è per questo che ci ha inviato il Figlio e il Figlio ci ha dato i sacramenti perché noi abbiamo bisogno di questo. Dice Sant'Ireneo nel famoso testo: “adversus haereses”di circa 1.700 1600 anni fa dove Sant'Ireneo cerca in tutti i modi di spiegare, di andare contro a quelle eresie che erano emerse a quei tempi e che sono le stesse che emergono oggi e dice non avremmo potuto conoscere i misteri di Dio se il nostro Maestro, il Verbo non si fosse fatto uomo. D'altra parte non potevamo conoscere altrimenti se non vedendo il nostro maestro e percependo la sua voce con il nostro orecchio, una realtà concreta, un Dio che si fa carne che si fa uomo e noi diremo che si forma nei verbo panis factum est il verbo si è fatto per me. Ami Dio, ami Gesù. Se ami Gesù non puoi non amarlo dove lui concretamente realmente si fa trovare Sant'Efrem il Siro questo grande poeta dell'antichità ha scritto delle cose bellissime dice che un giorno riapparve il Signore e gli disse a proposito dell'Eucarestia: ricordati Efrem che chi mangia Me mangia fuoco! Che cos'è questo fuoco se non il fuoco ardente di Lui che entra in noi, che penetra in noi,Dio si dona a conoscere a ciascuno di noi nell'umanità del figlio di Dio, ascoltando la sua voce, la parola di Gesù indubbiamente; ma questo è proprio la struttura sacramentale: Dio parla a noi non solo nel cuore di uno o parla noi solo a livello spirituale, Dio parla noi a livello sacramentale attraverso le cose visibili. Siamo rapiti alle realtà invisibili e non si tratta di un espediente pedagogico ma di un aiuto dato alla nostra intelligenza, ma è il modo con cui Cristo trasforma la nostra vita quotidiana. Senza la Messa noi non possiamo vivere e proprio il realismo, l'Eucaristia è la sintesi di tutta la vita cristiana, senza Eucarestia noi non siamo più dei cristiani. Una volta addirittura quando una persona non andava più a Messa si diceva che era un disgraziato, disgraziato voleva dire senza Grazia di Dio perché senza la Messa non abbiamo la Grazia. Qualcuno dirà allora: quanti disgraziati che ci sono oggi; sì, è vero, ci sono molti disgraziati, molte persone che non hanno più la Grazia di Dio; che poi Dio possa agire lo stesso, possa fare cose straordinarie anche senza tutto questo lo mettiamo sempre in conto indubbiamente [perché] Dio è infinita bontà, infinita misericordia, ma è anche infinita giustizia, non dimentichiamolo mai. L'Eucaristia allora è la reale presenza di Cristo che dona sé stesso in sacrificio sulla Croce e noi mediante la celebrazione eucaristica diventiamo presenti all’evento della Croce; pensate che evento straordinario essere presenti davanti al Calvario, davanti al tribunale, davanti alla Via Crucis, davanti a tutti gli eventi salvifici di Cristo; noi possiamo rivivere nella nostra vita in quel momento dell'azione liturgica che noi chiamiamo Santa Messa ed al momento della consacrazione, i duemila anni che ci separano dalla Croce sono aboliti noi siamo ai piedi della Croce, come Maria, come Giovanni, fermi, attoniti a sentire quell'urlo “Eli Eli Lama Sabachthani”; ma siamo anche nello stesso momento al Sepolcro dove nella gioia cristiana sentiamo Gesù che pronuncia il nostro nome come il nome della Maddalena “ noli me tangere” e queste sono le modalità con cui noi possiamo entrare dentro questo grande mistero che è il mistero eucaristico e questo evento, cioè l'evento della celebrazione eucaristica accade perché i credenti, cioè coloro che celebrano il rito sacramentale, partecipino a questa offerta e diventino uno solo, siamo chiamati nella Messa ad immergerci per diventare partecipi di quella carità, noi diventiamo capaci di amare come Dio ama. San Tommaso d'Aquino, il grande scrittore e poeta, dice che l'Eucaristia è il sacramento della Passione di Cristo, in quanto l'uomo è condotto alla perfetta unione con Cristo nella Passione, in unione a Cristo e proprio mediante la partecipazione all'Eucarestia il credente viene cristificato progressivamente, trasformato in Cristo e diventiamo sempre un po’ più Cristo chiaramente, nella modalità con cui noi siamo aperti a questa Grazia che inonda il nostro cuore. Questa è la famosa visione di Sant'Agostino, quando stava pensando alla Eucaristia, che si trasforma in noi, Gesù interviene. La fede in Cristo è la fede nell'Eucaristia, dice concilio vaticano ii che l'eucaristia la messa è lumen et fons totius vite cristiane, che vuol dire che tutto parte dall'eucarestia culmen e tutto arriva, culmine e fonte, tutto arriva e tutto parte da lì; la nostra fede è la fede eucaristica, la Grazia eucaristica è diventare partecipi della Carità di Cristo, è trasformare la nostra vita in Cristo, altrimenti veramente la nostra vita diventa su carta diventa triste. Guardiamo tutte queste persone che ci circondano, queste persone che non vivono la Santa Messa; che cos'è che porta questo mondo a questa intrinseca debolezza, siamo deboli e ce ne siamo accorti in maniera eclatante in questi giorni di quarantena dove diventiamo incapaci di muoverci paurosi di tutto; vi era un tabernacolo in pietra molto antico, l'ho visto in fotografia, e sotto questo tabernacolo vi era una frase latina un po’ maccheronico e diceva così “caput inclinat, hic jacet corpus medicina”, che voleva dire qui davanti a questo tabernacolo, davanti a questa presenza eucaristica inchina il tuo capo perché qui c'è la medicina del corpo. La medicina la medicina che non è quella che ci fa passare il mal di testa quella che ci toglie la l'epidemia, non è questa, ma è questo incontro reale con lui è questa la medicina perché quando abbiamo lui abbiamo tutto altrimenti noi diventiamo tristi; da dove deriva questa tristezza, questa debolezza? Qual è la causa che estenua in maniera così forte questa naturale capacità di creare deilegami fino a qualche anno fa le nostre famiglie le cosiddette famiglie allargate ma nel senso vero del termine dove erano parenti amici conoscenti e parenti di primo di secondo di terzo grado e tutti erano insieme famiglie di 10, 15, 20 persone. Oggi [regna] una sorta di individualismo [per cui] l'uomo e la donna di oggi, sono diventati quasi anaffettivi e non si è più capaci di affetto vero. Che cosa sta accadendo? Perché siamo diventati tutti anaffettivi? C'è qualche patologia psichica o qualche patologia spirituale, oppure c'è qualcosa di più? Una sorta di disintegrazione della persona? Oppure c'è qualche causa primaria ? San Paolo nella Lettera ai Galati 5,13-18 dice queste parole; “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. 14 Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. 15 Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!”. Ma non è quello che stiamo vivendo oggi? Esiste un esercizio della libertà che è una vera devastazione del rapporto interpersonale ed è quando si pensa che la libertà è quella di fare ciò che si vuole senza nessun riferimento; esistono fondamentalmente due modi per essere liberi è la modalità che è propria di chi vive per sé stesso e la modalità di chi vive nell'amore e chi vive per sé stesso genera solo divisione e non crea mai comunione e la seconda invece crea la vera comunione; questa debolezza che abbiamo un po’ tutti oggi, che un po’ la cifra della nostra società, la debolezza della nostra affettività, quella di creare legami duraturi deriva da nostra incapacità di amare ed è una sorta di fiacchezza esistenziale che porta alla dissoluzione di ogni legame che sia vero che sia buono. Ed è qui che si inserisce in maniera del tutto particolare la partecipazione all'Eucaristia, [è qui che] si ha un nesso all’affettività [perché] la partecipazione rende il fedele capace di amare con la stessa capacità di amore di Cristo sulla Croce. Diventiamo come lui, l'Eucaristia è proprio un dono che Cristo mi fa della sua capacità di amare; quando noi viviamo la Messa diventiamo capaci di rapporti duraturi che è l'amore che è il gusto della vita dell'esistenza di tutto ciò che siamo; certo i doni della Grazia non sostituiscono mai quelli che sono i compiti della natura, non ci dispensano da essi, non ci tolgono le derive delle propensioni verso chissà che cosa che sia negativa, ma l'Eucaristia ci dà quella energia necessaria per poter vivere veramente , per guidare i nostri affetti perché Cristo non è un'energia nel senso orientale del termine. Sento l'energia quando vengo via dalla Messa? Mi sento più forte? Sì tutto questo potrebbe anche essere utile e buono, ma è prima di tutto perché noi riceviamo l'amore di cristo. Il vero male della società umana, l'insidia più grave è proprio la ricerca del proprio bene a prescindere perfino a spese dell'altro e quando non mettiamo più l'Eucaristia al centro ma lasciamo che i politici possano anche non metterla al centro, infatti le nostre scelte politiche non tengono mai conto di questi aspetti non tengono conto dei valori cristiani non tengono conto di ciò che è importante nella nostra vita cristiana ed oggi dopo tanto tempo i nodi sono venuti al pettine. Perché ciò che conta per noi è l'abbassamento delle tasse, è che le cose vadano bene, è che i nostri in i nostri portafogli siano pieni e che vi sia lavoro. Tutte queste cose sono i nostri criteri per poter valutare se un politico è buono non è buono ma non ad esempio che cos'è la realtà cristiana. Quando noi dimentichiamo l'Eucaristia, noi compiamo una sorta di peccato di apostasia, diventiamo apostati di Cristo; Cristo si fa vivo, si fa presente, si fa reale lì dinanzi a noi e noi diciamo: a me non interessa io ho la mia fede e Gesù ci dice ma quel vino sull'altare si trasforma nel sangue di Cristo, quel pane è il mio corpo per la vita eterna, è il premio della vita eterna per future glorie; [e noi Gli diciano] non mi interessa io ho la mia fede, io ho il mio Gesù [personale] dentro nel mio cuore, “ma io sono fuori di te” ci dice Gesù, “io sono nel tabernacolo delle nostre chiese”, [e noi gli rispondiamo:] “a me non interessa”. Quando non abbiamo più la consapevolezza di questo, noi diventiamo apostati della fede e non siamo più cristiani quando noi neghiamo la Messa, neghiamo la Risurrezione di Cristo; certo dalla qualità delle nostre celebrazioni liturgiche dipende anche la consapevolezza pedagogica. Indubbiamente, come sacerdoti dobbiamo farci un esame di coscienza e dire quanto noi rendiamo la celebrazione fatta bene, sentita, profonda non veloce e così via. Perché le cose che noi dobbiamo guardare [non] sono solo il consenso degli altri. Dalla qualità delle nostre celebrazioni liturgiche dipende anche la qualità della vita della nostra città, la qualità della vita della nostra nazione; quando noi perdiamo il senso dell'Eucarestia tutto viene a mancare perché i nostri rapporti diventano anaffettivi e l'unico criterio è l’egoismo, l'unico criterio è il tornaconto, mentre nella Messa ciò che noi vi diamo è proprio la donazione totale di amore per gli altri. Sant'Ireneo, nel testo che citavo prima, dice due sono le braccia perché due sono i popoli disseminati fino ai confini della terra, ma al centro c'è un solo capo, perché c'è un solo Dio che è sopra tutte le cose, attraverso tutte le cose e tutti noi. C'è un solo Dio, il Dio di Gesù Cristo e quando noi celebriamo l'Eucaristia ci poniamo nel centro di tutto il mondo; è questa la bellezza e la consapevolezza che dovrebbe spingere il cristiano a compiere gesti straordinari bellissimi, ironici nei confronti della carestia, diventiamo eroi nell’Eucaristia. Oggi siamo chiamati a una testimonianza forte credibile, noi crediamo e viviamo dell'Eucarestia e come i martiri di Abitene, anche noi dobbiamo dire ai nostri governanti, a tutte le persone ed anche i nostri Vescovi se necessario, sine Dominico vivere non possumus, non possiamo vivere senza la domenica perché diventeremo tutti apostati ma diventeremo tutti tristi anaffettivi, incapaci di amare mio marito mia moglie. Io ho bisogno dell'Eucarestia. Quando celebriamo l'Eucaristia ci poniamo al centro del mondo e tutta la realtà è quasi sospesa da quella celebrazione, e questa ci permette di non cadere nel nulla dei nostri peccati, nel nulla della nostra miseria. Invochiamo il signore chiediamoli che ci aiuti profondamente a vivere intensamente l’Eucaristia, a compiere realmente degli atti virili. Oggi abbiamo bisogno di cristiani forti, che dicano con tutto sé stessi, anche con la forza che deriva da questo, che noi senza l'Eucarestia non possiamo vivere. La teoria di Santi e di Martiri che hanno versato il loro sangue per l’Eucarisia ci dia la forza, la potenza necessaria per compiere ciò che è necessario per ciascuno di noi e non solo per noi ma per le nostre parrocchie, per le nostre città ,per la nostra nazione affinché il Signore sia lodato continuamente e solo così avremo la vera Pace la pace che non da tutti i nostri cuori. Sia lodato Gesù Cristo" Di seguito l'audio della meditazione.
  3. Riportiamo qui di seguito alcune considerazioni di Mons. Bux rilasciate da Mons. Bux alla "Fede Quotidiana" dal titolo “non bisogna dare a Cesare quello che è di Dio”. “Chi dice il contrario evidentemente nega, non conosce il Catechismo della Chiesa cattolica o Gli Atti degli Apostoli, capitolo 5, nel quale si dice che bisogna ubbidire a Dio piuttosto che gli agli uomini”: l’affondo è del noto teologo e liturgista barese con Nicola Bux. Don Nicola i vescovi italiani, la sera del 26 Aprile, hanno protestato per il no del Governo alle messe col popolo. Il Papa, dal canto suo, ha detto che per sconfiggere la pandemia bisogna rispettare le leggi del Governo. Sembra una sconfessione… “Non so che cosa volesse dire, ne sentiamo tante. Io mi rimetto a quello che da sempre afferma e comanda la Chiesa cattolica e a questo devo vincolarmi non ad interpretazioni fantasiose”. Cioè? “E’ evidente che bisogna rispettare le leggi dello Stato per quanto riguarda l’organizzazione e il bene comune. Tuttavia, la legge dell’ uomo non può e non deve entrare e sopraffare quella di Dio ed anzi se vanno contro bisogna disobbedire ed obiettare. Lo dice il Compendio del Catechismo della Chiesa, meglio ancora Gli Atti degli Apostoli al capitolo 5, due elementi che qualunque sacerdote e meglio ancora chi ha responsabilità nella Chiesa dovrebbe conoscere, spero che le conosca. E non vale l’abusato ‘Date a Cesare’, perché si intende con questo che non bisogna dare al Cesare quello che è di Dio. Tanto meno ci è lecito, in ottica di credenti, bruciare incenso all’imperatore. Il nostro solo Re è Cristo, nessun altro, che sia leader politico o Capo del Governo”. E se lo Stato vieta il culto? “E una’ norma ingiusta e va disattesa. Come le dicevo, il Governo norma quello che concerne la vita sociale, ma sulla vita spirituale, nella vita religiosa bisogna fedelmente seguire la Legge di Dio senza sconti. Insomma, con le dovute precauzioni sanitarie e di cautela, il credente privilegi il primato dell’ anima su quello del corpo. E infatti il Vangelo ci dice: ‘A che cosa serve all’uomo guadagnare il mondo intero se perde sé stesso?’ La messa è un nutrimento dell’ animo. Adesso pare che conti solo il nutrimento del corpo”. Queste norme sono state decise in base al comitato scientifico… “A mio avviso questo comitato o comitati sono composti da persone quanto meno indifferenti o agnostiche”. Conte è cattolico? “Conte si è dichiarato tale. Tuttavia trovo singolare che non sappia che esista un primato dell’ anima sul corpo Piuttosto dimostri con i fatti che è credente, non con le parole”. Escludere le messe con il popolo che cosa vuole dire? “Ignorare il primo comandamento, dare culto a Dio e il terzo, santificare le feste. I primi tre riguardano il rapporto con Dio, Conte il cattolico dovrebbe saperlo”. E la Chiesa? “E’ un realtà sovrana ed autonoma che non deve essere sottomessa al mondo e alle sue leggi, o all’autorità mondana, ma collaborare nel rispetto della sua autonomia”. Su un giornale della Puglia l’ arcivescovo di Taranto Monsignor Santoro ha usato l’ espressione “pane eucaristico”: condivide? “No. E’ una dizione simil luterana perché Cristo non è il pane, ma ha detto ‘questo’ è il mio corpo nel senso in cui questo indica il passaggio dal pane al corpo. In sostanza, il pane si converte nella sostanza del corpo di Cristo”. In una chiesa del nord Italia a Cremona sacerdoti tempo fa hanno fatto irruzione sospendendo una messa… “Un abuso ed atto ingiusto, anche se il prete è stato un tantino imprudente. In ogni caso vi è la tendenza di molti sacerdoti a ritenere che la messa sia valida o utile solo col popolo. Non è così. La messa prima di tutto è sacrificio, dopo banchetto. E allora proprio perché sacrificio, vale anche con una sola persona o col celebrante, si applica in modo universale e tanti sacerdoti e vescovi martiri lo hanno fatto da una cella, per tutti”. Intervistatore Bruno Volpe Intervista reperibile qui https://www.lafedequotidiana.it/mons-bux-non-bisogna-dare-a-cesare-quello-che-e-di-dio/?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook
  4. Quella che riportiamo di seguito è la lettera di un giovane Sacerdote* di Bergamo, già educatore in Seminario e docente di Teologia pubblicata sul Blog della Opera Diocesana Patronato S. Vincenzo , il quale fa alcune considerazioni dopo aver seguito la conferenza stampa del presidente del consiglio dei ministri italiano, riguardante la cosiddetta Fase 2 della gestione della crisi pandemica da Covid19 (28 Aprile 2020 AD). La riportiamo tal quale, senza commenti o considerazioni, ma aggiungiamo la nostra considerazione e proposta al termine. Ecco di seguito lo scritto riportato integralmente. "È una sera molto difficile. Oppure una sera da cui risorgere. Le regioni hanno convocato preti e vescovi per pensare a cosa fare con i ragazzi nella prossima estate quando i genitori dovranno andare al lavoro e non ci saranno gli oratori, gli scout e l’Azione Cattolica con le loro proposte; le istituzioni pubbliche hanno sentito le Caritas per verificare il buon funzionamento delle mense e dell’assistenza ai senzatetto; i sindaci hanno chiamato i parroci per cercare di portare una parola di conforto alle famiglie dei morti di Covid a cui era negato il lutto. E i vescovi hanno dato prova di grande senso di collaborazione: hanno chiuse le chiese la sera stessa del decreto, hanno ripreso con forza i preti che non avevano capito la gravità della situazione e hanno raccomandato il massimo grado di responsabilità. Dalle notizie che sono trapelate in questi giorni, la Cei ha lavorato di concerto in ogni modo con politici ed esperti per una ripresa responsabile della possibilità di celebrare le eucaristie. I preti e i fedeli in questi giorni sono stati preparati: «Non sarà come prima, per un lungo periodo dovremo essere vigilanti, forse non si riuscirà ad andare a messa tutte le domeniche, ma torneremo all’eucaristia presto». Poco prima di della conferenza stampa di Conte avevo sentito degli amici che mi avevano commosso: «Ancora una domenica, poi finalmente torneremo all’Eucaristia», mi hanno detto. Mamma, papà e tre bimbi. E invece ho assistito attonito alla comunicazione: il premier ha ringraziato la Cei presumibilmente per la collaborazione in termini di assistenza, ha detto che capisce il dolore, ma per la messa «vedremo tra qualche settimana». Poi ha dato spiegazioni precisissime su tutti gli sport, su estetisti, parrucchieri, su piccole e grandi imprese, sulle distanze per correre, su come si prenderà il cibo nei ristoranti e su quando riapriranno i bar. Ci sono date, protocolli e procedure di controllo. Ma per i politici italiani, la Cei è da ringraziare per l’assistenza nel sociale. La possibilità per quei milioni di cattolici (a cui si uniscono tutte le altre confessioni e fedi) di pregare non è nemmeno stata presa in considerazione: ha un grado di priorità inferiore alla serie A (più volte citata da Conte), alla corsetta, agli sport individuali e di squadra, agli estetisti e ai parrucchieri, alle piscine e alle palestre. Non è una priorità, se ne parlerà, «Comprendo la sofferenza per chi ha una sensibilità religiosa, ma per eventuali aperture dobbiamo interloquire con gli esperti, tra qualche settimana». Ci ringraziano, non siamo dimenticati; a dire il vero, come dicevo, non è stato detto il perché del grazie, però gli stiamo simpatici, suvvia! Ma ciò che succede in Chiesa non ha alcuna rilevanza: siamo rilevanti per fare i funerali in una società che non sa dire nulla di fronte alla morte, per tenere i bambini d’estate in un paese che non investe quasi nulla sull’educazione e per dare da mangiare in uno Stato che lascia indietro troppi ultimi tra gli ultimi. Questo siamo. Che vien da dire, per fortuna! Lo Stato lo sa bene che la Chiesa non è ricca sfondata. La polemica sull’8 per mille la fanno quelli che non ci capiscono nulla di economia e sono alla caccia delle ultime fake news. Secondo diverse agenzie, lo Stato riceve dalla Chiesa circa il 250 per cento di servizi in rapporto a quanto dà. Ma meglio dare qualche soldo alla Chiesa, che si smazza poveri, anziani e bambini. Meno problemi organizzativi e un risparmio di molti soldi. Questo siamo. I preti lo sanno bene: fino a 10 anni fa in paese c’era l’ACR o l’oratorio a fare qualcosa d’estate con i bambini, e i Comuni avevano altre cose da pensare. Meglio sganciare un po’ di lire agli oratori per occuparsi dei bambini. Adesso i centri sportivi e le cooperative sociali si sono attivati, e la torta da dividere è la stessa, ma con più persone che mangiano. Io me le ricordo le discussioni di qualche anno fa: «Ma i comuni capiranno che noi mettiamo cuore in quello che facciamo!». Invece no. Non interessa il nostro cuore: interessa se eroghiamo o meno un servizio. Franco Garelli usa un’espressione molto bella: parla di “caso italiano” per definire il ruolo della Chiesa. In Italia la Chiesa ha scuole, enti educativi, strutture, procedure assistenziali, organi di informazione, caso unico in Europa. Ma abbiamo sempre pensato che testimoniamo il Vangelo così: occupandoci del sociale, facendolo con stile, e desiderando che dietro traspaia il Vangelo. E così le vocazioni sono crollate a picco: perché un ragazzo di 25 anni dovrebbe rinunciare a tutto per diventare un operatore sociale sul mercato delle proposte? Fino agli anni ’90 avevamo più o meno il monopolio. Ma adesso? Adesso siamo un impegno tra tanti nel planning dei ragazzi. Ci specializziamo, sediamo ai tavoli, attiviamo progetti, professionalizziamo ciò che facciamo. E diventiamo sempre più esperti, ma siamo tra i tanti sul mercato della concorrenza del sociale. Abbiamo fatto sempre una pastorale “penultima”: facciamo la pizzata con il dopocresima per «avere lì i ragazzi», perché poi si finisce con la preghiera e chissà che magari a qualcuno resti qualcosa! Facciamo l’oratorio estivo perché «noi lo facciamo con il cuore» e poi glielo diciamo con i cinque minuti finali di preghiera («Che se disturbi ti tolgo i punti in classifica generale!»), e chissà che magari a qualcuno venga la voglia di capire in nome di chi lo facciamo. Portiamo gli adolescenti al mare o in montagna sperando che gli resti quel minimo di memoria che hanno fatto qualche bella esperienza da piccoli con il don e magari chissà che un giorno… Ma quel giorno non viene mai! Non si sposano, non vengono più in chiesa, non fanno battezzare i figli. Non sei un nemico! Sei “il don”. Altra questione è “il Vaticano”, ricettacolo di tutti i mali. Ma il don è normalmente una persona simpatica. Magari fossi nemico! Magari tu rappresentassi per loro una passione forte, fosse anche contraria! No: sei quello che in quell’estate in cui sono stati a Londra tre settimane con la scuola, in Grecia con la famiglia, a Berlino con gli amici, sono stati anche alla GMG, e «che bello che è stato!». Tanto quanto Berlino, la Grecia e Londra. Uno sul mercato. Niente di più. E ti ricordano come una cosa bella tra tante. C’è poi la versione meno abbiente, di chi grazie alla parrocchia è andato a fare la GMG a Madrid e ha preso per una volta l’aereo, perché a quei soldi nessuno gli avrebbe dato questa possibilità. E ti ricorda così. Con simpatia. Ma statisticamente avviene con rilevanza sempre più nulla che da cosa nasca cosa e poi uno capisca che dietro c’è il Vangelo. Una curiosità: ho fatto una stima spannometrica dei laureati del mio paese e con curiosità ho constatato che il numero di laureati in scienze dell’educazione, scienze della formazione primaria e infermieristica è molto simile al numero di religiose viventi che hanno fatto una vita le infermiere e le maestre all’asilo. Ci hanno presi in parola i giovani: ci imitano. Ma hanno optato per la versione laica di quello che facciamo, anche perché onestamente è quella in cui ci vedono investire più tempo. Diventiamo esausti, inseguiamo istituzioni che dovevano essere “penultime”, teniamo in piedi cose che forse erano un guizzo di genio sociale di un momento e da cui non riusciamo più a liberarci, siamo sempre più occupati. E questa sera in due minuti il presidente del Consiglio dei Ministri dalla cattolicissima Italia ci ha detto con spietatezza elegante che la nostra pastorale ha molto del fallimentare. Se andiamo a dire una buona parola alle famiglie che piangono ce lo permettono: in questo vuoto cosmico di valori, dove il Premier riesce a dare una minima prospettiva di senso con uno slogan imbarazzante “se ami l’Italia mantieni le distanze”, ci riconoscono che almeno di fronte alla morte siamo gli unici che provano a balbettare alcune cose. Ma l’eucaristia, ciò che per noi è il cuore, non è degno di una scadenza, almeno a pari del campionato di calcio. Avremmo capito un ulteriore ritardo. Ci mancherebbe! Se Conte avesse detto: «Il 1 giugno riapriranno le Chiese» lo avremmo condiviso. Avremmo capito delle norme rigide. Anche più rigide di quelle che pensavamo. Ma «tra qualche settimana ne parliamo» è davvero una ferita. Alla fine ci ringrazia per quello in cui investiamo la maggior parte delle energie. Ma l’Eucaristia non è nemmeno un problema. Non ha più alcuna minima rilevanza pubblica. Ci abbiamo provato in tutti i modi, abbiamo fatto di tutto per fare, sperando che trasparisse il motivo. E per fortuna! Checché ne dicano i giornali, io sono convinto che in Italia tante persone hanno avuto un altro padre e un’altra madre oltre a quelli biologici e li abbiano trovati tra le file della chiesa, nel parroco, nel prete giovane, nel catechista, nel capo scout. Perché li abbiamo amati davvero. Non li abbiamo amati solo per farne un proselito. E continueremo a farlo. Ma qui si sta parlando di altro. Si sta parlando di progettazione pastorale. Non siamo nemmeno associati al vangelo, all’Eucaristia, a Dio. Questa sera Conte ha messo la parola “fine” a una chiesa con un minimo di rilevanza sociale. Ce lo ha detto chiaramente: siamo una istituzione piena di servizi, ma irrilevante e in assoluta minoranza circa le convinzioni di fondo. Per il nostro specifico non meritiamo nemmeno lo stesso investimento di pensiero che per il jogging. Io non sono arrabbiato con Conte. Che ha fatto il suo lavoro. E non lo giudico politicamente. Ma dopo qualche minuto mi è passata. Forse ci ha dato un colpo mortale. Ma se si risorgesse da qui? Ci ha messo di fronte a una identità esausta e fragilissima. Ma se ci avesse anche posto nelle condizioni per dirci che forse dobbiamo iniziare a occuparci di altro. Hanno fatto bene i vescovi a fare sentire il loro disappunto. Ma Conte ci ha solo detto ciò che tutti sapevamo e che non si poteva dire: siamo diventati una piccola minoranza. Solo che ci trasciniamo dietro mille residui storici. Vogliamo iniziare a giocarci bene il nostro ruolo di minoranza?". Questa lettera, trasparente e cristallina, è interessante perché è una fotografia ad alta risoluzione, vivida, della figura del Sacerdote ad oggi, per come è stata disegnata e vissuta da qualche decennio a questa parte. La formazione classica di cinquanta, sessanta anni fa oggi non esiste più, se non in situazioni minoritarie, una formazione che, pur con i suoi limiti, riusciva a dare un’identità molto più definita di quella odierna, caratterizzata invece dal “prete fai da te”. Di conseguenza, attualmente, in luogo di formare sacerdoti i seminari a-formano “laici che fanno i preti”, il che non è affatto la stessa cosa di imparare ad “essere” preti. Questa realtà, ben descritta nella lettera, è da tempo sotto gli occhi di tutti ma non la si è saputa o voluta vedere, nell'attesa di vederne i frutti o di rimandare a tempi migliori. Non sappiamo quale sia la soluzione che questo giovane sacerdote immagina; potrebbe essere distante anni luce da quanto abbiamo in mente noi. Potrebbe essere una nuova, ennesima, inutile e dannosa rivoluzione. Ma, in questo momento, ciò che è importante è la fotografia che egli scatta. Negli ultimi decenni i chierici hanno rifiutato l’aspetto monastico che avevano prima. La mentalità che si respira nei seminari, infatti, è piuttosto secolarizzata. Perché l’approccio prospettico e teologico è che la Chiesa debba imparare dal mondo, dalla gente comune, dalla “modernità” e non abbia invece da insegnare nulla. Anzi, chi richiama la Tradizione cattolica, chi reclama come un ruolo primario nel difendere i Diritti di Dio, il Culto, viene rigettato e messo da parte, perché non porta “nulla dal mondo”. Sta adesso alla Gerarchia Ecclesiastica trattare questa voce o come quella di tanti preti giovani e vecchi negli ultimi decenni, ovvero mettendola da parte, o prendendo atto che una visione della Chiesa, spesso distante da quanto la Chiesa è stata o da come ha agito per duemila anni non ha portato i frutti sperati, bensì quelli opposti. Non si dovrebbe reinventare nulla, aggiornare o ripensare nulla. La Chiesa è lì. Ci guarda. Basta solo riconoscerla. In J et M, Claudio. *Il suo nominativo non è noto, ma non abbiamo motivo di credere, vista la fonte, che si tratti di un falso.
  5. Con molto interesse e condivisione riportiamo il trascritto libero della conversazione tra Mons. Nicola Bux ed il prof. Stefano Fontana sul tema "Chiesa in Uscita o in Ritirata?". Si affrontano i temi fondamentali della fede cattolica. Qual è la missione della Chiesa? Essa è immanente e sociologica o trascendente? I fedeli cattolici, dal più semplice all'alta gerarchia sono preparati a vivere secondo i giusti criteri cattolici la realtà in cui vivono? La epidemia di Covid19 ha portato alla luce una crisi di fede nel Clero? Gesù Cristo è diventata una "scusa per parlare d'altro" o è ancora la unica strada di Salvezza? Rahner e la sua teologia sono stati la causa o la valvola di sfogo di domande ancora senza risposta? Buona lettura e, alla fine della pagina, buona visione del video delle conversazioni. Bux Ci concentreremo questa sera sul ruolo che sta giocando la Chiesa in questo tempo così eccezionale, tempo che è stato già definito del coronavirus e che comunque, come tutti i tempi della storia, non è sottratto all'azione di Dio che tutto vede e segue ; sappiamo che il Signore è onnipotente ed a Lui nulla è impossibile però nello stesso tempo non vuole assolutamente coartare la nostra libertà perché ci ha creati liberi come d'altronde lui è libero e quindi ci ha creati a sua immagine anche in questo senso, sebbene la nostra libertà sia una libertà un po’ ferita e quindi non in grado di scegliere quello che è bene in senso assoluto. Il tema di questa sera è quasi un dilemma tra chiesa in uscita e chiesa in ritirata; certo c'è stata una punta d'ironia nella scelta di questo titolo su cui abbiamo convenuto insieme col professor Fontana, ma serve un po’ anche a renderci conto a volte della veridicità e sostenibilità di certi slogan; questa espressione “chiesa in uscita” è vera infatti da sempre, la Chiesa è sempre stata in uscita; basta cominciare dagli Atti degli Apostoli che sono usciti annunciando al mondo quello che avevano sperimentato con Gesù Cristo, per non parlare poi di tutte le altre ondate missionarie evangelizzatrici; soprattutto il secolo scorso e nella seconda metà dello stesso, la Enciclica di Paolo VI “Evangelii nuntiandi “divenne il manifesto della evangelizzazione, ma ancor prima anche Pio XII aveva addirittura introdotto i preti fidei donum cioè quei sacerdoti che avrebbero dovuto lasciare le diocesi e andare in soccorso delle chiese e dei più bisognosi di avere ministri; è vero quindi che nessuno dei papi del secolo scorso, giusto per rimanere a quelli più recenti, abbia immaginato una chiesa statica anche perché la Chiesa per sua natura, come diceva Giovanni Paolo II in un discorso del 1981, è una realtà che si muove e non è una realtà chiusa in sé stessa. Senonché, professore, in questo tempo del Covid 19 stranamente la Chiesa è sparita o quantomeno è diventata diafana; le chiederei quindi come può essere accaduto tutto questo; si stanno moltiplicando i dibattiti e le analisi da parte di canonisti, giuristi circa questa sorta di sparizione o di remissione, di sottomissione, di resa della Chiesa di fronte a certe norme, ma quasi tutti dimenticando che tutto questo accade in Italia e che noi abbiamo dei patti, abbiamo un concordato. Fontana. Prendendo spunto proprio dal titolo direi che il titolo di questa nostra conversazione, più che un indovinato slogan riporta una verità molto profonda, ovvero che più la Chiesa è concentrata sulle proprie profondità e più riesce ad uscire per salvare il mondo, al contrario più la Chiesa si fa primariamente estroversa e orientata al mondo, dimenticando e trascurando l'intimità con le proprie profondità meno riesce a servire il mondo e meno ancora riesce a salvare il mondo. Quando oggi si dice “Chiesa in uscita” non si intende la Chiesa missionaria come è sempre stata nella sua essenza e come lei ha giustamente adesso richiamato ovvero quella Chiesa che esce per portare al mondo la Salvezza, ma si intende un'altra cosa. Vorrei ricordare che questa espressione non è di oggi ma fu coniata nel secolo scorso quando si diceva che la Chiesa deve uscire per raccordarsi con quanto lo spirito già faceva nel mondo e quindi uscire dalla Chiesa vuol dire uscire nel mondo per imparare dal mondo, per non trovarsi indietro rispetto a ciò che lo spirito dice nel mondo; ma questa affermazione è evidente implichi una concezione molto diversa del rapporto tra la Chiesa e il mondo rispetto a quella che anche lei ha richiamato parlando appunto di “missionarietà”, di slancio e di dinamismo; tanto è vero che oggi si tende a dire che la Chiesa non deve non deve più convertire e non deve più fare proseliti proprio perché non si intende più uscire verso il mondo nel senso della Tradizione che è quello di evangelizzare il mondo. Quindi la prospettiva oggi è cambiata ed in un certo senso anche una certa assenza della Chiesa in questa fase storica risponde a questa logica; in questa fase la Chiesa è infatti stata assente secondo me su due punti: · Il primo punto è stata la sudditanza al potere politico; il decreto dell’8 marzo è ingiustificato, illegittimo e contrario non solo alla Costituzione Italiana ma allo stesso Concordato tra Stato e Chiesa. La Chiesa sottoponendosi al potere politico ha pertanto rinunciato alla presenza pubblica di Dio · la questione ancora più importante e più preoccupante è la stata la carenza da parte della Chiesa e di chi guida la chiesa; naturalmente mi sto riferendo la carenza di una lettura della epidemia in corso in chiave teologica nell'ambito del rapporto tra caduta e redenzione in vista dell'obiettivo della salvezza delle anime. Gli interventi che sono stati fatti sono stati prevalentemente orizzontali e, quando si è chiesto al cielo di intervenire, si è chiesto al cielo di intervenire ma prevalentemente per sostenere i medici, sostenere gli infermieri, sostenere tutti noi nella lotta naturale contro questo pericolo considerato solo naturale, ma è mancata l'interpretazione soprannaturale dal punto di vista di Dio Bux. Nel bollettino dell'osservatorio Van Thuan, che lei presiede, è riportato l'intervento di Padre Arturo Ruiz Freites, molto interessante, in cui c’è un approfondimento sulla teologia della storia utile a capire e leggere questo nostro tempo; vorrei proprio riprendere un solo un piccolo punto di questo intervento del Padre Ruiz sulla lettura che la Chiesa sta dando del coronavirus che rivela due modi di intendere la Creazione stessa. Sappiamo che Dio creò le cose dal nulla, quindi Dio è Signore assoluto della natura e della storia, quindi tutto ciò che accade anche nella natura accade perché Dio lo vuole o perché Dio lo permette; quindi sia che lo voglia, sia che lo permetta, tutto accade in vista della nostra della salvezza delle anime come fine ultimo della Provvidenza di Dio che la salvezza delle anime; quindi anche questa calamità naturale non solo può ma deve essere letto come intimazione a cambiare vita, come invito alla conversione, come invito agli esami di coscienza sia delle persone che delle comunità sociali. Poi però c'è l'altra visione della Creazione che è quella che nasce con Theillard de Chardin e continua con Rahner ed è assolutamente diffusa direi preponderante oggi cioè Dio non creerebbe più dal nulla, dal di fuori o dal di sopra ma dall’interno della storia; secondo questi signori teologi bisognerebbe applicare al trascendente le categorie che noi applichiamo alla vita qua giù, facendo diventare impossibile uno sguardo trascendente; la visione della Creazione nella Tradizione cattolica, come brevemente già richiamata, impone di vedere anche i fatti naturali compresi i disastri naturali in vista del progetto sapiente di Dio, per la salvezza delle anime. Bux. Quello che lei sta dicendo lo ha approfondito egregiamente nel suo libro “La nuova chiesa di Karl Rahner” e, come dire, questa sorta di riduzione dell'opera di Dio, di limitazione, è peraltro conseguenza di quella crisi di fede di cui Ratzinger ha parlato alcuni anni fa, a tal punto che lo portò a proclamare l'anno della fede; tutte le crisi della Chiesa mio modo di vedere sono prima di tutto e soprattutto crisi della Fede, ed anche della ragione; è indubbio che nella Chiesa oggi ci sia anche una crisi della ragione e la crisi della ragione non si può superare se non tramite una ripresa della fede perché la ragione non è in grado di salvare se stessa, come la natura non in grado di salvare sé stessa, ma ha bisogno della grazia per salvarsi. Fontana. Benedetto XVI lungo tutti gli anni del suo pontificato ci ha dato delle formidabili insegnamenti sul tema della Verità e sul tema di come la fede cristiana sia l'unica a chiedere alla ragione di essere vera fino in fondo senza diventare essa stessa fede, ma essendo fino in fondo ragione; in nessun’altra religione è possibile dire con sufficiente sicurezza che ci sia questo rapporto così forte con la ragione; tra l'altro, nel mondo arabo, la ragione viene intesa come una gabbia per cui non è affatto esaltata, anzi. Quando si parla oggi nella Chiesa di dialogo con l'islam, non è facile capire cosa si intenda e cosa si abbia a fondamento di questo dialogo, se sia un dialogo teologico o se sia posto su di un livello razionale. Lo ha chiarito anche Benedetto XVI nella prefazione al famoso libro di Marcello Pera scrivendo che non è possibile un dialogo teologico con l'Islam; se parliamo di ambiente, parliamo di pace, parliamo di diritti umani è forse possibile aprire un canale comunicativo, ma su altri piani no, perché l'islamico tra ciò che gli dice la ragione naturale e ciò che gli dice il corano sceglierà sempre ciò che gli dice il corano; nell'Islam non c'è un diritto naturale, non c'è una legge morale naturale; per cui se io devo dialogare con un islamico sui diritti umani, sulla famiglia, sulla pace, sulla tutela dell'ambiente o mi appello a una legge morale naturale che tutti ci accomuna sul piano umano e natura e razionale, oppure a che cosa posso appellarmi? Nell'islam non c'è questo passaggio, perché nell'Islam la ragione è separata dai dettami del corano e non esiste una base su cui sia possibile dialogare; allora faccio questa domanda; perché si insiste tanto su dialogo con l'islam se sembra che sia impossibile su tutti questi livelli? Bux Negli ultimi anni, la Chiesa ha finito per intendere il dialogo non più come quello che Paolo VI chiamava il dialogo della salvezza, utilizzando il Vangelo di Cristo come un “vademecum” per dialogare, cioè per portare agli altri quella salvezza che Cristo ha portato naturalmente senza imporla, ma in maniera tale da renderlo vincente, da renderlo convincente ma, allontanandosi da questo principio, il dialogo è stato inteso nella Chiesa come cercare necessariamente i propri omologhi cioè quelli che facciano a “pendant”. Ad esempio, se noi cattolici abbiamo i vescovi, allora riportando questa idea in altre realtà, dobbiamo trovare nell'Islam il corrispettivo dei vescovi, ovvero il mufti o l'imam e così via perché noi, non conoscendo il mondo islamico o presumendo di conoscerlo, riteniamo che si possa da parte loro agire sullo stesso piano di parità ed operare un confronto esattamente come avviene al nostro interno del nostro mondo cristiano occidentale e via dicendo. Questo modo di procedere lo abbiamo inoltre sia nel dialogo ecumenico che nel dialogo interreligioso, ma i nostri interlocutori non hanno evidentemente la corrispondente rappresentatività che ha un Papa; per esempio molti avranno creduto che nella dichiarazione di Abu Dhabi, il grande imam di Al Azhar ed il Papa siano venuti a chissà quali accordo perché si pensa che il grande imam sia il “papa” del mondo islamico, ma evidentemente non è così perché egli è una autorità nella zona dell'università e non è nient'altro che un'autorità legislativa e forse anche morale, ma che non ha alcun potere di governare o di pilotare i comportamenti della grande comunità islamica; però ecco a noi questo sembra bastare perché apparentemente utilizziamo lo stesso modello di comunicazione ed è per questo che c’è questa frenesia del dialogo; ma, dopo alcuni decenni di dialogo, onestamente dovremmo dire che non ha portato a nulla perché in campo ecumenico non è avvenuta alcuna riunificazione o come dice il documento del Vaticano II sull'ecumenismo, una reintegrazione dell'unità non è avvenuta. Certo è avvenuto un buon vicinato, saluti, incontri, meeting qui e là, però nulla di più ed a maggior ragione dobbiamo dire per quanto riguarda il mondo islamico; quindi allora è l'interrogativo su cosa sia il dialogo rimane tutto intero perché se non si capisce che cosa sia il dialogo equali finalità abbia, esso a nulla serve. Fontana. Il dialogo non può mai essere distaccato dall'annuncio perché, senza l'Annuncio, non è più un dialogo cristiano; il problema forse più grosso è questo che oggi la teologia pensa che la Verità non debba guidare il dialogo, ma debba emergere dal dialogo e quindi si dialoga e nel dialogare, nel percorrere una strada insieme, un percorso insieme, un tratto di strada insieme dovrebbe emergere poi la verità, ma questa è la visione mondana secondo la quale appunto Dio si autocomuunica nella storia umana. Ma Dio si è rivelato! Non si rivela, non si auto-comunica nel dialogo tra gli uomini! Bux. Quindi ritorniamo ancora una volta a questioni teologiche di fondo perché per trovare le spiegazioni di quello che sta accadendo nella Chiesa solo facendo riferimento ad aspetti contingenti o personali non risolve il problema. Bisogna ricondurre alle questioni teologiche di fondo perché sono sempre quelle che alla fine spiegano anche poi i comportamenti concreti; io potrei e semplificare ulteriormente riprendendo la domanda “Perché Dio si è fatto uomo?” che oggi rimane tutta. Oggi molti nella Chiesa ignorano la ragione per cui nel mondo è venuto Gesù Cristo e quindi la ragione per cui Cristo ha fatto la Chiesa, la ragione per cui la ha mandata in giro per il mondo e così via. Alla fine ritorniamo alla crisi della fede: se Gesù Cristo è colui che salva il mondo oppure se c'è un altro modo all'interno del mondo per salvarsi. In una copia della rivista di una facoltà teologica dell'Italia settentrionale un teologo scrive che nemmeno Gesù Cristo sapeva di essere Dio ed ha scoperto progressivamente, cioè dall'interno della sua esperienza di fede, di essere Dio. Questo implica che il paradigma ermeneutico si conosce sempre, per costoro, da un contesto proveniente dall'interno di una storia, da una vicenda che ci condiziona e relativizza progressivamente le nostre conoscenze. Questi teologi applicano lo stesso principio anche a Gesù Cristo ma, applicando questo a Gesù Cristo si nega la doppia natura di Gesù Cristo. Le questioni sono profonde e sono molto articolate perché sono insegnate nelle istituzioni accademiche cattoliche. L'allontanamento da quello che è l'insegnamento cattolico della grande tradizione per coniare una nuova cristologia spesso non viene nemmeno notata da vescovi e pastori a motivo magari di una formazione non adeguata sui fondamentali e succede poi che il messaggio di Cristo finisca per essere o ignorato del tutto o cercato altrove in altre forme non corrette. Ho letto per esempio il documento dei vescovi italiani per il primo maggio, festa del lavoro, ma Gesù Cristo non viene mai nominato e neanche San Giuseppe, patrono dei lavoratori. Quindi si rimane un po’ sbalorditi di fronte a questi a questi comportamenti, a questi atteggiamenti che c'è tutta una dottrina penso da recuperare un pensiero da recuperare, perché queste nuove impostazioni navigano facilmente nella prassi; cioè la nuova teologia oggi si impone facendo sì che nelle parrocchie ai fedeli si faccia fare certe attività, accade che durante la celebrazione liturgica domenicale si assumano certi atteggiamenti attraverso la prassi più che attraverso la dottrina, che poi è la cosa anche comprensibile perché c'è oggi un pastoralismo per cui si pensa che la pastorale addirittura preceda la dottrina per cui lo sforzo di risalire alle loro origini teologiche e agli errori di impostazioni di logica diventa faticoso perché è più facile dire a un fedele facciamo in una tal maniera piuttosto che farlo interrogare e fargli approfondire le motivazioni ideologiche del perché fare in una tal maniera possa essere giusto piuttosto che sbagliato. Di contro però, c'è una reazione spontanea di una parte di popolo cristiano come abbiamo visto proprio in queste settimane che semplicemente crede alla Grazia divina che passa attraverso i Sacramenti che gesù cristo ha istituito come strumenti ordinari di salvezza, ovvero come farmaci salvavita; soprattutto l'Eucaristia è definita il farmaco dell'immortalità. Se Cristo ha istituito i sacramenti come modalità ordinaria per vivere dalla nascita alla morte perché sappiamo i sacramenti accompagnano la nostra vita dalla nascita alla morte e allora è chiaro che la gente ha cominciato a reagire alla sottrazione degli stessi che si è avuta nel corso di questa epidemia. La gerarchia episcopale sta cercando in varie maniere di rimediare, motivandolo col fatto che altrimenti si mette in pericolo la coesione sociale e quindi c'è una riduzione sociologica e non trascendente degli avvenimenti. La crisi della fede diventa perciò macroscopica quando si riporta lo slogan “insieme ce la faremo” ripetuto da numerosi vescovi durante la epidemia; ma questo può dirlo il presidente della repubblica , non un Vescovo. Occorre riconoscere che purtroppo la situazione della Chiesa dei nostri tempi è certamente questa, è però altrettanto evidente che questo movimento di fedeli che ha cominciato a far presente queste incongruenze sottoponendo a Roma una valanga di petizioni che vanno da quelle per la consacrazione alla Madonna dell'Italia a quelle per la riapertura delle chiese, ed alla fine i vescovi si sono dovuti industriare per canalizzare lo scontento. Si moltiplica altrimenti il numero dei fedeli che autonomamente, grazie anche ai social, si dota di strumenti per approfondire, per capire, per leggere, studiare e così via. Professore, lei è un esperto di dottrina sociale, materia che fino a qualche decennio fa era auspicata da tutte le diocesi, istituti e Vescovi; è plausibile affermare che oggi siadiventata una merce rara la Dottrina Sociale? Essa non è stata esaltata innanzi a queste affermazioni sul nuovo ordine mondiale, sulla la globalizzazione, sul nuovo umanesimo, su questi slogan di fraternità e di tale progetto di educazione mondiale. Gesù Cristo è venuto per la fratellanza universale, però molti si dovrebbero domandare; ma a che prezzo? Questa fratellanza nasce, secondo San Paolo quando cadde il muro di inimicizia che ci separa questo muro lo ha fatto crollare solamente Cristo il quale però ha potuto fare ciò perché ha rivelato che Dio è padre; solo se Lui è padre noi diventiamo fratelli, siamo figli prima, siamo figli adottati da Lui e poi fratelli. Quindi la fratellanza universale si realizza quando gli uomini scoprono di essere figli perché arrivano a conoscere che il padre, che non possiamo conoscere senza Gesù Cristo, perché solo lui ha potuto rivelarlo. Pensare che il piano umano sia il piano definitivo è errato perché esso è soltanto un piano naturale e il piano naturale non può salvare sé stesso perché non è dotato di quella assolutezza a cui aspira equindi anche il livello naturale della fratellanza umana è insufficiente senza il livello di Grazia, il livello meritato dalla morte e dalla Risurrezione di Gesù Cristo Fontana. Il voler coinvolgere tutte le religioni in questo progetto di fratellanza universale èinsostenibile ovvero inconcepibile prima di tutto perché non tutte le religioni concordano sul piano naturale con il diritto naturale, con la legge morale naturale cioè su quel primo gradino “virtuale” di fratellanza universale e poi soprattutto perché le altre religioni non ci sono e non possono esserci sul gradino definitivo che è quello della Grazia meritataci da Gesù Cristo. Ci sono stati altri casi simili nella storia, anche i giacobini volevano qualcosa del genere parlando di una religione universale, anche la rivoluzione francese, anche il marxismo e anche la massoneria. In questi casi però entriamo in una logica diversa di fratellanza universale che non è più la fratellanza cattolica. La causa è la grande carenza di dottrina ed anche della dottrina sociale della Chiesa. Bisogna chiedersi se l’esistenza di un'autorità politica mondiale con potere di governo è una cosa contraria alla dottrina della Chiesa oppure una cosa lecita. Bux. Un aiuto importante può venirci dal concetto di Grazia, oggi una delle parole più neglette nel Catechismo. Il termine Grazia fa il paio con Verità dice San Giovanni e nel primo capitolo del suo Vangelo dice infatti che sono venute per mezzo di Gesù Cristo la Grazia e la Verità e quindi sono strettamente legate al riconoscimento del fatto centrale del cristianesimo che è l'incarnazione del Verbo allora il problema, torniamo all'origine, è tutto qui cioè e iniziamo il tradimento o il disconoscimento di ciò che è essenziale nel cristianesimo perché come si diceva nei “dialoghi dell'Anticristo” “noi non abbiamo nulla di più caro che Gesù Cristo”. Probabilmente però negli ultimi decenni la figura di Cristo è stata data per scontata e quindi non è che la si è voluta “abolire” perché è molto difficile e anche ingombrante ma, per ora, si è svuotata della sua portata di Grazia, ove la Grazia è quella energia divina gratuita che permette all'uomo di fare quello che non può fare secondo natura e quindi tutto questo appartiene alla linea all'insegnamento basico del cristianesimo che però purtroppo, partendo dal catechismo dei piccoli ed arrivando fino a agli insegnamenti che si dava gli adulti è totalmente dimenticato. Fontana. Stasera abbiamo toccato due punti di dottrina di formidabile importanza: la Creazione e adesso la Grazia. Nei seminari un corso sulla Creazione non esiste più ed un corso sulla Grazia non esiste più e non esiste più neanche l'insegnamento filosofico di ordine metafisico per poter comprendere la creazione e la grazia. Stiamo qui toccando alcune carenze formidabili che riguardano la comprensione della fede e poi anche il vivere la fede perché se non si comprende qualcosa poi è difficile viverla adeguatamente. Bux. Dobbiamo però essere fiduciosi perché già Ratzinger queste cose le diceva alcuni anni fa sulla teologia della creazione alla pari della grazia ed il fatto stesso che noi e tanti altri s'accorgono di queste mancanze di queste lacune e le ripropongano dopo che “le avevano buttate a mare” perché speravano di essersene liberati , ma Lui invece dopo tre giorni riappare di nuovo, stupendo un po’tutti quanti ed è quello che sta avvenendo. Grazie a Dio, grazie anche a questa rete di incontri di amicizia che si è creato viene quasi un riconoscimento spontaneo perché non è che i nostri incontri i nostri rapporti obbediscano ad una regia, perché ci siamo riconosciuti dentro uno stesso giudizio, una stessa esigenza di fede e, pur nella diversità di apporti, ci dirigiamo verso una diagnosi per tutto e del tutto condivisibile. Noi cerchiamo di aiutare i tanti che prima a livello intuitivo e poi via via sperimentale dicono: ma dove stiamo andando? Tanti hanno bisogno di questo tipo di aiuto e noi dobbiamo esserne consapevoli. Fontana. Sì, questo raccordarci credo sia veramente importante; il nostro osservatorio per esempio ha creato un coordinamento per la dottrina sociale della chiesa a cui aderiscono 30 associazioni e centri culturali di tutta Italia. Abbiamo trovato in queste trenta realtà una sensibilità e necessità di intendere correttamente la dottrina sociale della Chiesa e stiamo aiutandoci l'un l'altro per mantenere fede a questa tradizione. Come dice lei queste realtà ci sono e vanno coltivate incrementate e anzi colgo l'occasione per invitare tanti a seguire l'attività e gli approfondimenti dell'osservatorio Van Thuan. Regia. Una domanda su Rahner: come ha potuto affermarsi una teologia così assolutamente contraria alla teologia tradizionale della Chiesa e come ha potuto un solo uomo soppiantare gli scritti di dottori, santi e teologi confermati per secoli Fontana. La filosofia di Rahner si inseriva e quasi dava compimento a un processo di revisione teologica che era precedente a Rahner stesso; essa comincia con il modernismo all'inizio del secolo scorso e con la nouvelle theologie, dando una sistematicità definitiva a questa nuova teologia che intende in modo diverso i rapporti con il mondo. In questo modo egli ha partecipato al Concilio Vaticano II e, nel pluralismo culturale sfrenato post conciliare è diventato il maestro o un maestro così che per esempio Paolo VI nel 64 lo ha convocato e, siccome dopo il concilio è il tema centrale è diventato il rapporto tra le chiese il mondo e Rahner sembrava aver creato una nuova Scolastica, cioè una nuova interpretazione sistematica adatta ai tempi ed al rinnovamento, egli è stato accolto sostanzialmente dai teologi e dagli addetti ai lavori, cosicché l'autorità ecclesiastica non lo hai mai censurato; ma dopo il Concilio le autorità ecclesiastica ha censurato pochissimi teologi perché nel frattempo anche l'idea del pluralismo teologico era penetrata nella chiesa oltre a quella del pluralismo filosofico e quindi Rahner non solo non fu condannato ma fu esaltato ma anche i suoi seguaci ed i suoi discepoli sono diventati i vescovi di oggi ed i cardinali di oggi. Quindi è un processo piuttosto lungo e complesso che attraversa così le vicende della Chiesa A lui parallelamente si opponeva Von Balthasar, che non era stato convocato come perito ma tuttavia egli dopo portò avanti un'opera potrei dire uguale e contraria di contestazione del Rahnerismo che naturalmente poi fu documentata con le riviste Concilium e Communio. Bux La Chiesa alla fine trova sempre al suo interno le energie e le risorse per reagire di fronte alle deviazioni. Pensiamo per esempio alla teologia di Ratzinger che ha costruito grandi cose proprio in alternativa alla posizione rahneriana. Papa Giovanni, nell'apertura del Concilio ha detto che il Concilio non voleva distribuire condanne; questo era uno stile che pensava di predicare il Vangelo in chiave più buona, ma non dimentichiamo che si aprono gli anni sessanta e quando c'era la l'illusione che il mondo doveva andare verso il progresso senza soluzione di continuità. Regia. Il dialogo ecumenico necessita di due soggetti che scambiano idee che scambiano idee. A fronte dell'attivismo cattolico per promuovere il dialogo nelle altre chiese cristiane nelle altre religioni è presente altrettanto interesse? Bux. Da osservatore, a me sembra che le altre confessioni cristiane, la luterana insomma la protestante, la ortodossa non abbiano per il dialogo ecumenico la stessa passione, chiamiamola così, della Chiesa Cattolica e credo che questa sia una delle cause per cui lo stesso dialogo ecumenico alla fine non ha prodotto grandi risultati. Le faccio solo un esempio, ma ripeto che non è un terreno in cui sono competente fino in fondo: la chiesa ortodossa ribattezza i fedeli cattolici che hanno ricevuto il battesimo cattolico quando entrano nella chiesa ortodossa cioè non considerano, non accettano enon considerano valido il battesimo cattolico. Ecco un esempio un esempio di arroccamento sulle proprie posizioni di non apertura e di non disponibilità a cui si possono poi aggiungere tanti altri tanti altri esempi Tutta l'area protestante per esempio è poco disponibile nei confronti del dialogo con i cattolici in tutto ciò che riguarda la morale per esempio ambito in cui loro sono molto più “progressisti” , ad esempio l'aborto o la omosessualità. Se i cattolici volessero essere veramente ligi alle proprie posizioni morali su questi temi, lì il dialogo sarebbe già finito all'inizio per la intransigenza della dell'area protestante su queste tematiche. Quindi la mia idea è che il progresso del dialogo ecumenico sia più che altro una passione cattolica, spiegabile ma non pienamente condivisibile fino in fondo più che una un'attenzione pari e adeguata da parte delle altre due confessioni. San Tommaso dice che quando si dialoga bisogna tener presente sempre tra le altre cose se sia presente al dialogo qualcuno di inesperto o di non preparato che potrebbe essere confuso dal dialogo stesso. Regia. Come si può attuare la ripresa della fede? Fontana. Per quello non bastiamo noi, quindi anche se noi facciamo tutto quello che possiamo fare questo non basta, ma ci vogliono altri interventi. Io posso aggiungere però che la ripresa della fede è già in atto perché se il corpo ecclesiale vede queste reazioni diffuse a vari livelli esso reagisce per Grazia di Dio, suscitando all'interno della sua Chiesa le energie necessarie per contrastare tutto quello che sappiamo. Perciò dobbiamo noi incentivare, ciascuno per la propria parte, questo risveglio perché in fin dei conti è sempre un fermento. La Chiesa è Sua e noi non siamo i salvatori della chiesa. Regia. Perché non si condannano le eresie? Fontana. Se Dio si auto comunica nella storia come sostiene la nuova teologia contemporanea, cioè egli non si è auto comunicato dal di sopra e definitivamente ma si manifesta nella storia dell'umanità, nell'esistenza dell'umanità, anche un eresia può essere stimolo per procedere dialetticamente verso il meglio. La eresia oggi non tende più ad essere considerata un pericolo per la dottrina per la fede e per la salvezza ma tende ad essere considerata come dire la contraddizione che è utile affinché la coscienza della chiesa circa la verità cristiana aumenti . Da Lutero è pertanto nata una sfida che ha permesso alla Chiesa di fare un salto in avanti e in alto nella comprensione della fede perché la teologia contemporanea pensa che i dogmi siano storici e pensa che la fede sia l'autocoscienza che la chiesa matura nel tempo. Di conseguenza la conoscenza di tutti coloro che stanno dialogando fa un passo in avanti; ma questa posizione dimentica che la Chiesa non è un talk show non è una discussione tra amici al bar o è una discussione di carattere politico o filosofico o ideologico. Anche le motivazioni sono tante e mi soffermo solo su una: il pastoralismo. Esso spinge a andare subito ad operare in situazione scavalcando completamente i quadri concettuali e dottrinali della dottrina sociale della Chiesa. L'abbiamo vista di questi temi che la Chiesa ha affrontato in questi ultimo periodo: gli immigrati, l'ambiente ed altro. Ebbene, non posso io come cattolico operare nell'ambito complesso delle migrazioni senza l'apparato concettuali di riflessioni e criteri di giudizio della dottrina sociale della Chiesa. La carità non può essere cieca, ma l'operato e sociale politico economico dei cattolici deve essere guidato dalla dottrina della Chiesa; se però prevale la posizione pastoralista, ciò che conta è la pastorale e non la dottrina è chiaro che si scavalca completamente la dottrina sociale della Chiesa e questo è stato fatto sistematicamente. Recentemente la povertà dei popoli amazzonici non è stata per niente affrontata con le categorie della dottrina sociale della Chiesa; il problema ambientale oggi ci dice che si può così deve collaborare con tutti, ma non è vero si debba collaborare con tutti; collaboro anche con forze sociali politiche ed economiche anticristiane oppure disumane? Regia Perché non ammettere che dai documenti conciliari Nostra Aetate e Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa sono cominciati i problemi della chiesa? Fontana. La mia idea è che quei due documenti conciliari abbiano aperto una problematica che il magistero non ha ancora chiuso ma che dovrà chiudere primo dopo cioè quei due documenti anno hanno posto delle problematiche che hanno aperto problemi nuovi che sono tuttora sul tappeto e credo che il magistero non so quando e qui entriamo nei campi i tempi lunghi della chiesa ma chiedo credo che il magistero su questi due documenti dovrà ritornare e dovrà precisare. E’ vero che ci sono stati ulteriori precisazioni, pensiamo per esempio alla Dominus Jesus del 2000 a proposito dell'unicità salvifica di Cristo e anche altri insomma che qui adesso non ricordo per brevità però sono state tutte precisazioni che non hanno risolto o non hanno fatto quadrare il cerchio. Si tratta inoltre di due dichiarazioni non sono tra i documenti più importanti siamo ma lo sono stati di fatto Bux. Come ebbe Ratzinger a dire nel suo ultimo discorso al clero di roma il 14 febbraio del 2013 nel fare la rassegna della sua esperienza conciliare disse sostanzialmente quello che lei ha detto che sono delle dichiarazioni avvenute 50 anni fa quindi in un contesto assolutamente diverso dall'attuale attendono ancora ulteriori maturazioni e quindi nessuno deve pensare che i documenti dei concili siano come fossero vangeli o sacre scritture. Sono documenti spesso anche datati che necessitano anche del tempo per essere esplicitati ma soprattutto per essere messi alla prova dei fatti. Di seguito il video della Conversazione.
  6. NOVENA ALLA MADONNA DI POMPEI.su iniziativa del Coetus Fidelium San Gaetano & Sant’Andrea Avellino di NapoliCari Amici,Come tutti sappiamo, l’Italia sta vivendo un momento di profonda crisi, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche economico, sociale, politico, religioso. Siamo privati anche della possibilità di accostarci ai Sacramenti, perfino in occasione della Pasqua. Non possiamo fare altro che appellarci al Cuore Immacolato di Maria, implorando la Misericordia divina per l’umanità peccatrice e la cessazione di questo flagello. Per questo motivo i Coetus fidelium della Campania hanno deciso di recitare, a partire da sabato 11 aprile, fino a giovedì 7 maggio, 3 Novene consecutive, come consigliava il Beato Bartolo Longo, alla Regina delle Vittorie, alla Madonna del Rosario di Pompei; il giorno 8 maggio reciteremo la Supplica ed eventualmente proseguiremo con la recita di altre tre Novene di ringraziamento, sempre secondo le indicazioni del Beato Bartolo Longo. Parallelamente decidiamo di impegnarci in una Crociata del Rosario, recitandolo (se possibile anche intero = 3 Corone) quotidianamente con ancora maggior devozione ed assiduità. Invitiamo tutti gli Amici e i lettori ad unirsi a noi e a diffondere questa devozione: la Madonna ci salverà. Non fa niente che abbiamo già iniziato la prima Novena: chiunque può unirsi in qualunque momento. Volete unirvi a noi? Ci dareste una mano a diffondere l’iniziativa?
  7. Con molto interesse e condivisione riportiamo il trascritto libero della conversazione tra Mons. Nicola Bux ed il Dott. Aldo Maria Valli sul duello eterno tra Luce e tenebre, nell'attualità della epidemia che ha stravolto le nostre vite, ha messo in discussione il nostro modo di vivere la Fede e sottoposto ad uno sguardo critico le soluzioni adottate dai Pastori, rivelando una visione della Fede differente da quella dei due interlocutori, ma spesso lontana dallo stesso Sensum Fidei della gente comune e di chi ancora si batte per la Fede in Cristo, Presenza Reale, lontani da visioni esclusivamente sociologiche e mondane. Ma si è discusso anche di dogmi, della visione del Papa come Vicario di Cristo e della eccezionalità della Madonna in contrasto con la figura di "Maria una di noi", della sofferenza vicaria e del castigo. Vi invitiamo a leggerla o, se potete, a visionare il video sul canale Youtube della Scuola Ecclesia Mater. Don Nicola Bux. Per questa conversazione è stato scelto il tema del combattimento tra la Luce e le tenebre rappresentate dal peccato e dalla morte, in un tempo di grande crisi della fede, in un tempo in cui ciò che Cristo disse: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” viene accantonato. Aldo Maria Valli. Tra i tanti temi, inizierei col dire che questa pandemia che ci costringe alla cattività sta facendo mettere a nudo alcune parole d’ordine che andavano per la maggiore fino ad alcune settimane fa, ed in particolare dal concetto alquanto ambiguo di nuovo umanesimo, fatto propria purtroppo non solo dalla politica ma anche da chi è nella Chiesa; secondo tale concezione, la “novità” sarebbe che al centro di tutto ci debba essere l’uomo e non Dio e la convinzione che l’uomo possa risolvere da sé i suoi problemi. Ritengo però che tale maschera sia caduta proprio in questi giorni, in un periodo in cui è palese che l’uomo non sia in grado di essere solo di fronte a situazioni oggettivamente difficili, prima tra tutte la questione della morte, ed ha bisogno di alzare uno sguardo trascendente e recuperare invece il rapporto con Dio. Anche i dati di ascolto delle Sante Messe in streaming e televisione aiutano a comprendere come si cerchi di recuperare questa dimensione verticale guardando verso Dio Padre cui chiedere aiuto e tramite cui dare un senso a ciò che ci travolge al di là di tutto. Quindi, altro che nuovo umanesimo, altro che piani umani fondati sugli aspetti esclusivamente sociologici, economici o politici, altro che task force nella sfera civile e tantomeno altro che nella gerarchia cattolica. Tutta questa prospettiva non dà una risposta alle domande delle persone; esse pregano Dio Padre e chiedono la intercessione di Maria in una tendenza molto trasversale. Il popolo, parola tanto abusata, ha ben altre esigenze. Bux Un cattolico deve diffidare di queste espressioni fuorvianti, tipo nuovo umanesimo. Il vero Umanesimo è quello cristiano. Se infatti l’umanesimo è quello di Cristo, diciamo all’umanità che è Cristo al centro di tutto. Purtroppo però, assistiamo ad una crisi della fede, che non significa che io non creda ma che vacilla la certezza che con Gesù Cristo sia venuto nel mondo tutto quel che di nuovo potevamo attenderci, ovvero andando con Sant’Ireneo “Gesù portò ogni novità, portando se stesso”. In realtà non è questo il nuovo che si sta cercando, masi sta andando alla ricerca di altro. Valli. Le persone di fronte alla Legge Divina cercano risposte che diano veramente significato e queste le possono trovare nella Tradizione. La richiesta che ne vien fuori magari è molto confusa, ma è molto forte e presente. Negli ultimi tempi la Chiesa ha rivolto apprezzamenti alle istituzioni esclusivamente umane come UNESCO, ONU e quant’altro, spesso in netta antitesi con dottrina e morale cattolica. Proprio oggi, nel momento della difficoltà vera, queste istituzioni umane non hanno nulla da dire, nulla di sensato che possa aiutarci, messaggi generici ma che non sono incidenti sulle nostre vite, sulla profondità del nostro animo. La persona o la famiglia in difficoltà ha invece bisogno di una parola di verità, di fede sincera, espressa anche in maniera semplice e senza elucubrazioni, ma che ci riempia il cuore e che ci dia speranza. Sul blog Duc in Altum una fedele mi scrive che in questo periodo di quarantena la sua famiglia sta vivendo una nuova devozione mariana, altri scrivono che hanno recuperato la recita del Santo Rosario in famiglia. Ecco dove le persone trovano le risposte. Quali maschere cadono? Uno degli ultimi concetti “nuovi” introdotti nella Chiesa è stato quello della Pachamama, un simbolo che rappresenta la natura diventata “madre natura” cui noi dovremmo assoggettarci. Le vicende di questi giorni dimostrano però che la natura può essere matrigna, un virus misterioso, e che anche questo è natura. Trasformarla in idolo come è stato fatto per Pachamama è stato un grosso abbaglio. Il Popolo cattolico si rende ora conto della ferita di Pachamama, anche persone non estremamente preparate teologicamente, anche a chi non dà normalmente peso alle parole della gerarchia. La stessa processione sulla tomba di Pietro della Pachamama, introduzione di un idolo pagano in un luogo sacro, tante persone hanno aperto gli occhi e si sono chieste: perché?. E’ palese quindi che la Provvidenza stia lavorando per noi facendo cadere tante maschere ideologiche e riporti la esigenza di recuperare la nostra bella fede. Mi ha molto colpito la numerosa presenza dei sindaci italiani nelle preghiere di consacrazione ed affidamento ai Santi Patroni delle Città, l’essere insieme ai Pastori con la fascia tricolore, quindi in rappresentanza della cittadinanza. Un messaggio veramente forte. Bux Chissà che veramente una parte dei pastori ponga ora veramente una nuova attenzione a quello che succede. Al di là delle disquisizioni di questi giorni sul fatto che questa epidemia possa o non possa essere un castigo, rimane fermo che “non si muove foglia che Dio non voglia”. Chi crede, infatti, crede che Dio opera e fa come il padre che vede giocare i bambini, ed interviene per mettere le cose a posto quando non si comportano bene. Il Signore si serve di questi eventi per rilanciare le questione fondamentale della Fede e di cosa Essa veramente sia, perché nessuno di noi potrebbe parlare di Fede se non vivesse in presenza di Dio, anche in senso molto spiccio e pratico. La Chiesa nei suoi vertici dovrà rispondere a questo se vuole tener conto di quanto accaduto, del fatto che. Dio è presente ed opera sempre secondo i suoi criteri e tali criteri sono presenti dalla Scrittura, nel Magistero, nella Parola di Dio. Valli. Tante persone mi hanno scritto di essere state prese da un sentimento di profonda tristezza quando è stato evidente che la Santa Messa sia stata messa da parte e trattata come un semplice accessorio e non invece come fonte essenziale, addirittura fonte di rischio e non di salvezza. Non è stato neppure preso in considerazione di permettere di prendere parte alla Messa; per assurdo, in un supermercato è stato possibile andare, mantenendo la distanza, tenendo la mascherina e così via, ma in Chiesa no. Subito è passata la idea di eliminare le Messe con concorso di pubblico. Bux Un Vescovo tedesco proprio in questi giorni si è espresso affermando che non sia necessario “enfatizzare la Eucaristia e che il Concilio afferma che il Signore sia presente anche nelle Scritture”. Ma la Eucaristia è più importante del cibo perché è farmaco della vita eterna, dell’immortalità, un farmaco salvavita! Può un Vescovo tenere i fedeli senza un cibo essenziale? I primi Martiri cristiani che ci tenevano tanto alla eucaristia, cosa staranno pensando? Che sono dei pavidi, che non hanno saputo prendere di petto le autorità! Nelle catechesi che verranno dovremo spiegare se questo farmaco è facoltativo e può essere sospeso o se è vitale; qualcuno dovrà dar ragione di tutto ciò. Si può sospendere un farmaco così importante? Ci sono altri parafarmaci che lo possano sostituire? Valli Quello che ha colpito negativamente è la fretta con cui si è eliminata la presenza delle perone dalle Messe, addirittura in un primo momento portando le Chiese totalmente chiuse, salvo poi ritornare sui propri passi. Non si è neppure provato a trovare una possibilità alternativa di partecipazione. E’ vero che tutti i giorni la messa è garantita in streaming è il momento più bello della giornata. La Comunione spirituale, in mancanza di quella Reale, è già d’aiuto e ci sono aspetti positivi nei risultati cui ha portato la buona volontà di tanti Sacerdoti e fedeli. Ma la ferita della superficialità rimane, insieme alla impressione di essere guidati da funzionari, burocrati della religione. Bux Molti orientali mi hanno contattato stupiti del comportamento dei cattolici; in Georgia, Bulgaria o Serbia gli Ortodossi hanno reagito dicendo: “Non possiamo vivere senza il Signore”. In Grecia sono in subbuglio perché si teme venga seguita la linea UE di chiusura ed i greci stanno discutendo molto su come agire con precauzioni senza arrivare a quello cui siamo arrivati noi. Valli Qualcuno obietta che sarebbe stato difficile garantire la sicurezza, trovare servizi d’ordine per le persone indisciplinate. Non raccolgo queste motivazioni perché, c’è una gerarchia di valori. Se ti sta a cuore veramente un qualcosa, i modi si trovano. Bux E’ vero che un modo si sarebbe potuto trovare. Tant’è che hanno regolato accesso alle mense Caritas; avrebbero potuto farlo per le Sante Messe. Valli Non c’è stata la volontà ed in questo modo hanno mostrato di vedere nella Messa solo una assemblea e nella Chiesa una sala che va riempita eliminando la visione trascendentale, Nostro Signore, eliminando il Tabernacolo. Bux. Dovremmo forse raccomandare, a mo’ di battuta, a Vescovi e Preti di “vivere come se Dio esistesse” parafrasando quanto Papa Benedetto XVI diceva ai laici non credenti. Il problema è tutto lì. Un prete che è prete se non è consapevole che Dio è sempre presente come fa ad essere Sacerdote? Come afferma il Cardinal Sarah, questa è una crisi della Fede ed è una crisi del Sacerdozio. Oggi alcuni pensano di essere un po’ assistenti sociali, a volte distributori di pacchi. Ma il Sacerdote è primariamente mediatore tra uomo e Dio. Abbiamo, in questi anni, tolto Gesù Cristo presente nel Tabernacolo ed abbiamo messo al Suo posto la sedia del celebrante, desiderando poi essere chiamati “Presidenti” e non ministri; ma il sacerdozio ha questa funzione di amministrazione delle cose di Dio! Ecco perché la crisi è una crisi della Fede che trascina con sé la crisi del sacerdozio. Si fanno tanti progetti a prescindere da Cristo, tanto che il Cardinal Biffi diceva che Cristo è spesso una scusa per parlare d’altro. In qualche maniera però, poi il Signore rimescola le carte per far capire ai tanti che il Centro è e rimane Cristo. La Chiesa non può mutare secondo il piacere degli uomini, non può mutare ciò che è divinamente rivelato, come non può mutare la indissolubilità del matrimonio e la consistenza e l’essenza del sacerdozio perché tutto ciò non dipenden da essi.. “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”, così disse Gesù Cristo a Pietro. Il Papa è così il garante dell’ubbidienza alla volontà di Dio e non a quella degli uomini come la storia della Chiesa in larga parte dimostra. L’apostolo Pietro ha ricevuto un primato di giurisdizione di fede autentica, come dommaticamente riporta la Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I. Il fatto che si chiami “Vicario di Cristo”, indica che deve confessare al mondo questa verità: “Cristo è la Via, la Verità e la Vita”. Esso non è un titolo storico, ma dommatico. Ci sono anche titoli minori, come Sommo Pontefice, Primate d’Italia etc., titoli che esprimono la gerarchia , ma non sono solo storici, ma danno maggior comprensione della Chiesa di Roma e del ruolo del Vescovo di Roma. Mi aspetterei che qualcuno dia una spiegazione del fatto che qualcuno abbia relegato la definizione di “Vicario di Cristo” a mero titolo storico, come fatto in questi giorni sull’Annuario Pontificio. Solovyov diceva che il primato petrino non meno delle Scritture e della tradizione ha un solo scopo: l'incontro con Cristo, la bellezza presente e visibile che salva il mondo, e lo diceva da Ortodosso. Alcuni potrebbero obiettare che Giovanni Paolo II in Ut unum sint abbia avanzato disponibilità a rivedere il primato petrino, ma a costoro bisogna rispondere che lo stesso al 95 afferma pure che in alcun modo la Chiesa Cattolica può rinunciare a tutto quello che nel primo millennio ha maturato il primato romano e che essere successore di Pietro implica il diritto divino del primato romano. Pertanto né per ecumenismo o per condiscendenza con altre posizioni religiose il Papa può abdicare a ciò. Coloro che hanno mutato il senso del primato petrino, dovrebbero renderne ragione. Tanti cominciano a porsi domande. Valli: Sarebbe effettivamente un gesto di attenzione verso il popolo aiutarlo a comprendere cosa accade su di un argomento così importante per la propria vita di fede, se non si ritiene che la attenzione al popolo sia solo uno slogan. Un altro aspetto che ha colpito molto i fedeli è la considerazione di Papa Francesco sulla Madonna già fatta il 12 Dicembre scorso in occasione della festa della Madonna di Guadalupe, e che ha riaffermato ancora pochi giorni fa quando ha espresso che Ella sia solo donna, madre e discepola, “una di noi”, quasi a sottolineare che non ci sia alcun titolo di regalità che le appartenga; qualcuno ha voluto parlare di “minimalismo mariano” da parte del Papa. Ma anche il senso comune dei cattolici ha avvertito qualcosa di strano. La domanda che ci si pone è: perché andare contro una sensibilità cattolica che va in senso ben diverso? Bux. La Madonna “una di noi” era una definizione cara anche a Don Tonino Bello. Ma come Madre di Dio, concepita immacolata dal peccato originale, assunta in cielo anima e corpo, non si può assolutamente dire che sia “una tra tante”. Questo concetto rientra tra i punti cardine della Teologia della Liberazione, diffusa in Sudamerica qualche decennio fa, e Papa Francesco a volte attinge da questo retroterra in maniera anche leggera. Se queste affermazioni su Maria sono vere, devono spiegare perché è “una di noi” e perché la Chiesa ha proclamato dei dogmi su Maria, dove i dogmi altro non sono che dei punti imprescindibili da cui non si può tornare indietro. Diversi pontefici, non ultimo Giovanni Paolo II ha affermato che la partecipazione di Maria sotto la Croce è un contributo che non potremmo dare noi e che non hanno dato altri; non è inoltre possibile, in un anno liturgico costellato di grandi feste mariane, ridurre la Madonna ad una di noi. Da creatura quali siamo noi ha fatto un percorso pellegrinaggio della fede fino ad arrivare a vette eccelse, irragiungibili. Cancellarne così il ruolo, significherebbe cancellare l’intero capitolo VIII della Lumen Gentium dedicato alla Madonna, sminuendo di conseguenza la figura di Cristo incarnato perché Maria ha dato il suo sì a che Cristo si incarnasse. Valli La pietà popolare ha trovato tanti modi nel Santo Rosario per dirLe che Le vogliamo tanto bene in modi sempre nuovi, Regina, Madre, Torre; è commovente tanto attaccamento e si potrebbe dire che il Sensum Fidei ha tanto da dire anche da un punto di vista teologico. Ultimo argomento. Tramite il blog spesso gli utenti riportano allarmati i segni di un millenarismo emergente o riemergente, in cui tante persone vedono una sorta di messaggio che il cielo sta rivolgendo all’uomo. Alcuni dicono che siamo all’inizio di una serie di prove. Un insieme vario di sentimenti serpeggia anche se se ne parla poco. Bux Dico: spero di no. Dobbiamo ricordare infatti che se ritorniamo al Signore, nell’alleanza fatta in Cristo Gesù che ha espiato per noi uomini e la nostra salvezza, con le nostre preghiere ed azioni buone possiamo allontanare piaghe e castighi, così come impariamo dalla stessa rivelazione biblica e non dobbiamo mai dimenticarlo, perché ne è il senso profondo. “Eppure egli ha preso su di sé le nostre malattie, si è caricato delle nostre sofferenze, e noi pensavamo che Dio lo avesse castigato, percosso e umiliato. 5Invece egli è stato ferito per le nostre colpe, è stato schiacciato per i nostri peccati. Egli è stato punito, e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso, e noi siamo guariti”, come ha detto Isaia (52). La Rivelazione parla sì spesso di castighi divini come nel Salmo 81 “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito”. Ma, per quanto Gesù si sia fatto carico del peccato, noi abbiamo una parte di sofferenza da compiere, la sofferenza vicaria. Anche gli innocenti che soffrono e muoiono portano il peso del male del mondo. Quando seguivo le cause dei santi, in diversi offrivano sé stessi come vittima di espiazione. Oggi, 16 aprile, è Santa Bernadette; ella era consapevole che la Madonna le aveva chiesto di prender parte dei peccati del mondo e non a caso a Lourdes si è sviluppata una attenzione particolare verso la sofferenza. Se uno come Padre Cantalamessa afferma che “Dio non castigherebbe altrimenti come puoi spiegare che gli innocenti ed i poveri soffrono” si può richiamare la parabola del grano e della zizzania, ove il Signore dice lasciate crescere insieme grano e zizzania, ma poi alla fine la cernita la farò io. Ma si dimentica anche e soprattutto quello che Cristo ha fatto soffrendo lui stesso. Nella storia tantissimi santi e sante hanno partecipato completando ciò che manca alla sofferenza di Cristo. Gli ebrei stessi ne avevano ben chiaro il concetto e questo era riassunto nel capro espiatorio che, senza colpa, sopporta i guai causati da altri o di altri. Un catechismo degno di questo nome dovrebbe poter illustrare chiaramente questi concetti. Valli Tirando le conclusioni, la Fede ha bisogno di essere nutrita e, probabilmente, la società non è così secolarizzata come si dice. C’è una forza che è dentro di noi ma deve essere nutrita con l’essenziale e non con tanti discorsi che prendono e riportano tal quali gli slogan dai discorsi del mondo. Oggi c’è molto bisogno di pensiero cattolico! Di seguito il video.
  8. Preghiamo perché i Vescovi riescano a riportare i Sacramenti, la Santa Messa, il Santo Sacrificio Eucaristico,il giusto Culto nella nostra quotidianeità.Preghiamo perché la Beata Maria apra i cuori ed illumini le anime degli amministratori civili, a che riconoscano la essenzialità di Cristo nella propria vita ed in quella dei propri governati.Preghiamo sempre per la Salvezza delle nostre anime e, riconosciute le nostre colpe, a che ci venga un giorno concesso di ammirare la Luce nella Vita Eterna. #IPC Se potete, condividete la preghiera, anche a che chi debba sapere, sappia che c'è un popolo che soffre e che ancora confida nei propri pastori.
  9. Raccogliendo alcune obiezioni all'articolo pubblicato qui Dio Castiga? in cui veniva messo in dubbio che Dio possa castigare, P. Francesco Solazzo ha ritenuto permettere a chi obietta di approfondire portando situazioni che possono essere maggiormente chiarificatrici. 1- Nella Sacra Scrittura il castigo divino è paragonato alla correzione di un padre verso un figlio (come si comprende dall'ultima citazione biblica che è presa da Eb 12,5-8; di cui mi è sfuggito di riportare i versetti). Ebbene, succede che un padre che corregge un figlio, forse che non si adiri? Ma perché si adira? Non è forse per l'amore che prova verso il figlio? Giacché, al contrario, un padre degenere che non ama il figlio, non lo corregge e non si arrabbia verso i suoi errori: lascia correre come se niente fosse e resta imperturbabile davanti alle deviazioni del figlio. Questo parallelo ci fa comprendere che proprio un dio che non castiga e non si adira sarebbe un dio perfido e sadico. Se attribuissimo questa caratteristica al nostro Dio, dovremmo concludere che Egli non si prende cura della sua creatura, ma che ha soltanto creato l'uomo e lo ha gettato nel creato senza nessuna ulteriore preoccupazione. Ma questo contraddice radicalmente la Croce di Cristo, che è il segno sovreminente dell'amore e della cura di Dio verso l'uomo. 2- Qui veniamo alla seconda questione: la Croce di Cristo è la testimonianza di come e fino a qual punto è arrivato l'amore di Dio verso l'uomo, quindi negare la possibilità che Dio castighi, significa negare la Croce di Cristo, ma negare la Croce di Cristo è bestemmia contro lo Spirito Santo. Facciamo attenzione alla citazione che ho preso dal libro di Giobbe: «Da sei tribolazioni ti libererà e alla settima non ti toccherà il male» (Gb 5,19). Il sette è il numero della perfezione divina, quindi qui indica l'opera di Dio. L'Onnipotente, dice Giobbe, libera da sei tribolazioni: innanzitutto va notato che libera, ma non impedisce che arrivino ed, anzi, il libro di Giobbe, ci dice che le manda. Al settimo posto, in cui si mette l'accento sulla perfezione dell'opera di Dio, dice che "non ti toccherà il male". Qui siamo costretti a distinguere tra male e tribolazioni e dobbiamo concludere che le sofferenze, i dolori, i lutti che viviamo su questa terra non sono mali, ma tribolazioni, cioè prove (temptationes in latino, quelle di cui parla il Padre nostro). Il male, nello stretto senso teologico, è la morte dell'anima e la separazione definitiva da Dio. Ebbene, Gesù non è venuto per evitarci le tribolazioni, ma per farci sfuggire al male: Egli si è frapposto fra noi e il colpo letale della morte eterna, poiché solo Lui poteva superare e sconfiggere questo male assoluto. È per questo che, qui su questa terra, noi non siamo liberati dalla morte corporale, perché essa non è un male assoluto, ma la suprema tribolazione cui tutti andiamo incontro. Gesù, sulla Croce, non è semplicemente morto di morte corporale, ma ancor di più, è morto di morte eterna per poi risuscitare alla vita eterna (Lui è il risorto che non muore più). Dunque, Dio non ci risparmia le tribolazioni, ma risparmia il male, cioè la morte dell'anima, a chi crede e resta in comunione con Cristo ("egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana", dice Giobbe). 3- La terza questione riguarda il perché i castighi divini colpiscano anche gli innocenti. (Nell'articolo che ho citato S. Tommaso ne parla molto meglio di me.) Va prima di tutto sottolineato il fatto che solo Gesù Cristo e la Vergine Maria sono immuni dal peccato originale e dal peccato attuale, quindi nessuno davanti a Dio è mai pienamente innocente. L'uomo non è solo, ma vive in società ed anche in società è chiamato a vivere la fede salvifica in Cristo (la Chiesa); l'uomo, dunque, non pecca solo in un modo personale, ma, quando un peccato è generalizzato, è tutta una società che è riconosciuta peccatrice, come ci attestano i casi di Sodoma e Gomorra in cui sono le due città intere a perire, compresi i bambini e i neonati che non si erano potuti ancora associare coscientemente ai peccati degli adulti. Quindi anche il castigo può avere un significato generale e particolare: generale perché riguarda una intera società, e particolare perché riguarda i singoli individui. Gli innocenti possono perire, prima di tutto, come abbiamo ricordato, perché la morte corporale non è il male assoluto, ma è male assoluto solo la morte dell'anima. La sofferenza degli innocenti, in secondo luogo, li mette in diretta relazione col Sacrificio della Croce di Cristo. Ognuno di noi è chiamato a portare la croce in unione alla Croce di Gesù, sia in modo pienamente cosciente, come ci insegnano i casi di grandi Santi che si sono associati in maniera particolare alla Passione di Gesù (S. Gemma Galgani, S. Caterina da Siena, S. Veronica Giuliani; o i Santi stigmatizzati come S. Paolo Apostolo, S. Francesco o S. Pio da Pietrelcina), ma anche in modo inconsapevole e al di là della propria volontà, come ci testimoniano in modo meraviglioso i Santi Martiri Innocenti che da sempre la Chiesa ha venerato e considerati a tutti gli effetti, testimoni di Cristo. 4- La quarta ed ultima questione che qui tocco, la possiamo prendere dal libro di Giobbe: il protagonista dell'omonimo libro è colpito da mali (anzi, dobbiamo dire tribolazioni, per usare un linguaggio più preciso cui ho fatto riferimento più sopra) di cui gli è ignota la ragione. Giobbe non conosce il dialogo tra Dio e Satana che è riportato all'inizio del libro, da cui noi potremmo, se ragioniamo in modo grossolano, dedurre che Dio sia sadico. Giobbe leva forte la sua voce verso Dio non comprendendo il suo agire. In pochissimo tempo perde tutto: averi e i figli. Alla fine del libro Dio appare a Giobbe e non gli spiega affatto le ragioni delle amare tribolazioni che ha vissuto, ma semplicemente si presenta come il Dio onnipotente e onnisciente; il senso è che Dio non deve rendere conto all'uomo di ciò che fa e l'uomo non ha alcun bisogno di sapere perché Dio agisce in un modo o in un altro. O meglio: noi sappiamo il perché remoto dell'agire di Dio: la Croce «Ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà» (Ef 1,9); ci dice S. Paolo, cioè di farci Suoi figli. La ragione primitiva dell'agire di Dio è l'infinito amore per noi: questo ci deve bastare per la salvezza. Non ci è necessario sapere i "perché secondari e particolari" del Suo agire. Quando Giobbe viene ristabilito nella sua condizione, come premio della sua fedeltà a Dio, riceve il doppio di quanto aveva: aveva sette figli, che erano periti, ma diviene padre di altri sette figli, non quattordici. Perché? Perché i figli non sono come gli altri beni e, benché periti, non sono morti, perché essi continuano a vivere per Dio e in Dio. Cosa risponde, infatti, Gesù ai sadducei circa la risurrezione dei morti? «Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per Lui» (Lc 20,38). Così Giobbe, quando viene ristabilito nella sua condizione, ha il doppio di tutto: aveva sette figli, ora ne ha quattordici: sette con lui sulla terra e sette che vivono in Dio. La conclusione, quindi, è che non ammettere che Dio possa castigare significa ammettere che Dio sia un sadico che non si prende cura dell'uomo, ma questo contraddice la Croce di Cristo che è il Sacrificio che ci fa evitare, non le tribolazioni di questo mondo, ma il male della morte eterna. Dio, infine, nei castighi generali, colpisce anche gli innocenti poiché Egli associa questi ai meriti della sua Passione, aumentandone i meriti e perché chi muore in Cristo, anche se morto, vive in eterno. Il Dio che castiga, dunque, non è affatto sadico, ma lo sarebbe se non castigasse.
  10. Claudio C.

    Dio castiga?

    a cura di P. Francesco Solazzo. Sì, Dio castiga. La Sacra Scrittura lo dice chiaramente.«È a fine di correzione che il Signore castiga coloro che gli stanno vicino» (Gdt 8,27).«Felice l'uomo, che è corretto da Dio: perciò tu non sdegnare la correzione dell'Onnipotente, perché egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana. Da sei tribolazioni ti libererà e alla settima non ti toccherà il male» (Gb 5,17-19). Da notare: Dio manda le tribolazioni, cioè le prove e le sofferenze, proprio affinché non sia il male a colpire; e questo male altro non è se non il male radicale, la morte eterna, il totale distacco da Dio che è fonte della vita. «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli!». Si dirà però che il castigo di Dio è cieco perché arriva per tutti, sia i giusti, sia gli ingiusti. Ma questo succede poiché tutti siamo peccatori. La vera differenza è fra il pio e l'empio. Per il pio (cioè per l'uomo che cerca Dio e chiede perdono per i propri peccati), il castigo è una correzione, cioè una possibilità di crescere nella perfezione (questa è la tentazione di cui parla il Padre nostro) e possibilità di partecipare alla Passione di Gesù (come ci insegna S. Paolo Apostolo: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» 1Col 1,24). Per l'empio, invece, il castigo è punizione per il peccato e richiamo, se vuol ascoltare, alla conversione. *Padre passionista, nato a Lecce nel 1978, ordinato sacerdote nel 2015.
  11. Conversazione tra Mons Nicola Bux e il Prof. Don Alberto Strumia sul tema: "Se la fede non diventa cultura, la Chiesa diventa una ONG" Oggi, la tentazione dell’uomo consiste nella sollecitudine umana di costruire una “nuova chiesa”, un cristianesimo adattato al mondo moderno. Coloro che inseguono questo intento devono tuttavia ricredersi, in quanto l’unico binario praticabile è quello dei fondamenti della dottrina di sempre, ovvero Cristo stesso. È innegabile, la situazione di disorientamento che la Chiesa sta sperimentando in questo preciso momento storico, ma da dove ripartire e con quali strumenti? La risposta è subito pronta: occorre dapprima imparare a giudicare con “intelligenza di fede” gli avvenimenti della storia: «Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,56). Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno mostrato al mondo che il cristianesimo è conveniente anche sul piano umano, perché in esso si racchiude una “concezione” dell’uomo, della società, della famiglia che può rendere più umana l’esistenza. Pertanto, la sfida della Chiesa al mondo deve insistere soprattutto sul piano culturale, civile e umano. L’impegno della Chiesa non può ridursi alla diffusione di pochi banali buoni sentimenti, o a rincorrere le ideologie del momento, ma è necessario ritornare a parlare di Gesù Cristo e rinnovare quello spirito missionario che ha contraddistinto la Chiesa negli ultimi venti secoli. Di seguito il video proposto nelle Riflessioni Quaresimali della Santa Pasqua 2020 (dalla Pagina Il Pensiero Cattolico)
  12. In questi giorni di grave tribolazione, in cui la pandemia priva i Cattolici della Santa Messa e dei Sacramenti, il demonio si scatena moltiplicando i suoi assalti per indurre le anime al peccato. I giorni benedetti della Settimana Santa, un tempo dedicati alla Confessione in preparazione alla Comunione Pasquale, ci vedono tutti costretti ad un confinamento forzato, ma non ci impediscono di pregare il Signore. Voi Sacerdoti e voi semplici fedeli, ognuno secondo quanto è permesso e compete, questo Sabato Santo siete invitati a recitare le preghiere che seguono, alle 3 pomeridiane (15:00 ora di Roma – CEST) di Sabato 11 Aprile 2020, unendoci in una spirituale battaglia contro il comune Nemico del genere umano. I Sacerdoti sono invitati a recitare tutti insieme l’Esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli (Exorcismus in Satanam et angelos apostaticos, Rituale Romanum, Tit. XII, Caput III); i laici la Preghiera di Liberazione riportata qui di seguito. Per i Sacerdoti. Essendo un giorno di silenzio, che attende l’annuncio della Resurrezione, questo Sabato Santo può essere una preziosa occasione per tutti i Sacri Ministri. Non occorre uscire, non occorre infrangere alcun divieto dell’Autorità civile. Chiediamo di pregare, questo per i soli sacerdoti, nella forma che Leone XIII stabilì per tutta la Chiesa, recitando tutti insieme l’Esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli (Exorcismus in Satanam et angelos apostaticos, Rituale Romanum, Tit. XII, Caput III), alle 3 pomeridiane (15:00 ora di Roma – CEST) di Sabato 11 Aprile 2020, unendoci in una spirituale battaglia contro il comune Nemico del genere umano. Compose, Leone XIII, inoltre un esorcismo che fece inserire nel Rituale Romano, nel quale faceva espressa menzione di quanto aveva visto: «La Chiesa, Sposa dell’Agnello Immacolato, è saturata di amarezze e inebriata di veleno da nemici scaltrissimi, che posano le loro sacrileghe mani su tutte le cose più desiderabili. Laddove c’è la Sede del beatissimo Pietro e la Cattedra della Verità costituita per illuminare i popoli, lì essi hanno stabilito il trono dell’abominio e della loro empietà, affinché colpito il pastore, fosse disperso anche il gregge». Il Sabato Santo è il giorno in cui si celebra la discesa agli Inferi di Nostro Signore Gesù Cristo, per liberare le anime dei Padri dalle catene di Satana. Nel gran silenzio dopo la Passione e Morte del Signore, la Vergine Santissima ha vegliato e creduto, aspettando fiduciosa la Resurrezione del Suo amatissimo Figlio. Un momento in cui il mondo sembra aver vinto, ma in cui si prepara la gloria della Pasqua. Chiediamo a tutti i Vescovi ed ai Sacerdoti di unirsi nella preghiera dell’Esorcismo, consapevoli che questo potente Sacramentale – soprattutto se recitato in comunione con tutti gli altri Pastori – aiuterà la Chiesa e il mondo nella lotta contro Satana. Raccomando di utilizzare inoltre la stola, segno della potestà sacerdotale, e l’acqua benedetta. In questa richiesta ci uniamo a Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana. Per i Laici. E’ importante sapere che, sebbene nella Chiesa Cattolica il rito esorcistico vero e proprio sia affidato ai soli sacerdoti nominati dal vescovo, in realtà tutti i fedeli cattolici, credenti in Gesù, (specialmente se sono sacerdoti ordinati) possono fare preghiere di liberazione per se stessi e per il prossimo sulla base della Parola stessa del Maestro (Marco 16, 17-18). Fare preghiera di liberazione significa semplicemente pregare Dio affinché Egli liberi qualcuno. E’ fortemente sconsigliato per i laici rispondere ai demòni durante le manifestazioni (Atti 19, 13-18). Questa preghiera può essere recitata da chiunque, anche per altri, quotidianamente, ed aiuta la liberazione : Padre Celeste, tu sei il mio rifugio e la mia roccia di salvezza. Tu sei saldamente in controllo di tutto ciò che accade nella mia vita. Io sono il/la tuo/a servo/a e porto il Tuo nome. Grazie per avermi donato l’elmo della salvezza. La mia identità nel tuo Figlio Gesù è sicura, niente potrà mai separarmi dal tuo Amore. Grazie perché perdoni i miei peccati e cancelli la mia colpa. Io indosso ora la tua corazza della Giustizia. Spirito Santo ricerca dentro di me e porta alla luce ogni strategia delle tenebre che sia diretta contro di me. Io imbraccio lo scudo della Fede, per stare ben saldo nella parola di Dio che mi assicura che il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo. Perciò, Padre Santo, nel nome glorioso del tuo Figlio unigenito Gesù Cristo, per l’autorità che mi proviene dal mio battesimo, io rinuncio ad ogni opera del maligno, di qualsiasi origine essa sia: occulta, medianica o di stregoneria, e con la Fede che tu Padre mi hai donato proclamo che ogni sua opera nella mia vita sia distrutta. Gesù, mio Signore e Salvatore, tu hai trionfato su di lui nel deserto, sulla croce e nel sepolcro, e con la tua gloriosa Resurrezione, lo hai vinto per sempre sigillando così la sua fine e il suo destino. In te anche io trionfo su di lui con la potenza del tuo Santo Nome, davanti al quale ogni ginocchio si pieghi, nei Cieli, in Terra e sotto Terra. Con la forza che mi proviene da te o Signore, io resisto e mi oppongo a tutti gli sforzi del maligno di opprimermi, affliggermi o ingannarmi e voglio lottare energicamente contro il suo sforzo di rubarmi la gioia e il frutto della mia Salvezza. Con la potenza del tuo preziosissimo Sangue versato per me sul Calvario, io ti chiedo di allontanare da me tutte le potenze delle tenebre che mi attaccano, che mi circondano e di ordinare loro di andarsene adesso da me, dove Tu o Signore vorrai affinché non tornino mai più. Grazie Signore Gesù. La Vergine Santissima, terribile come esercito schierato in battaglia, e San Michele Arcangelo, Patrono della Santa Chiesa e Principe delle Milizie celesti, proteggano tutti noi. #IPC Il Pensiero Cattolico.
  13. Siamo costretti a vivere il Tempo di Quaresima lontani dalle chiese e, sopratutto, dalla partecipazione reale alle liturgie. Così, purtroppo, è anche per la Settimana Santa: tutte le principali celebrazioni e funzioni che avranno luogo dal 5 al 12 aprile sono partecipate esclusivamente via streaming. “Dalle sue piaghe noi siamo guariti”: il versetto tratto dal libro di Isaia riecheggerà in questi giorni in cui contempleremo il mistero di redenzione che Cristo realizza morendo per i nostri peccati, prima, e risorgendo per donarci una vita nuova, poi. Ricordando i meriti del sacrificio del Figlio di Dio e confidando nel Celeste Patrono, il 5 aprile, Domenica delle Palme, i Padri Micheliti hanno compiuto una speciale e straordinaria benedizione. E' stata infatti eccezionalmente estratta la spada di San Michele ed, al termine della Coroncina della Divina Misericordia e dell’Adorazione eucaristica, è stata traslata assieme al Santissimo Sacramento e al Reliquiario della Santa Croce nell’Atrio superiore della Basilica, ove si è recitata la preghiera per impetrare la protezione e la liberazione dal contagio del virus e poi la benedizione della Città, dell’Italia e del mondo contro il Coronavirus con la spada di colui che viene definito il «capo supremo dell’esercito celeste», unitamente al Santissimo Sacramento e a alla reliquia della Santa Croce, dono di Federico II di ritorno dalla Crociata del 1228. Arcangelo Michele,è una città che s’inginocchia davanti a te attraverso le mie ginocchia;è una città che solleva verso di te lo sguardo attraverso i miei occhi;è una città che ti prega oggi attraverso la mia voce. Così come nel 1656, anche oggi abbiamo varcato il cancello di ferro, attraversato il cortile di pietra, e disceso gli 86 gradini, venendo a cercati nel cuore della Montagna Sacra.Accetta questa nostra preghiera, difendi con la tua spada la nostra città, il nostro Paese da questa pandemia. Proteggi questo popolo oggi come allora.Dagli la forza di rimanere unito davanti a questa terribile emergenza.Proteggi quelle donne e quegli uomini che hanno preso in braccio l’Italia cercando di traghettarla dall’altra parte del tunnel. Ti supplichiamo Arcangelo Michele di darci la forza di costruire una normalità in cui la sanità conta più delle armi, le garanzie dei lavoratori contano più del profitto, la famiglia, cioè le persone con cui abbiamo deciso di condividere la nostra vita, qualsiasi età esse abbiano, conti più di tutto. Che questa nostra preghiera possa essere un canto che sale dritto a Dio. Storicamente, per ritrovare un evento simile occorre andare indietro di quasi 400 anni, al 1656, quando la supplica con la spada di San Michele si era levata contro il diffondersi della peste in occasione della quarta apparizione dell’Arcangelo sul Monte Gargano, per opera dell’allora vescovo Giovanni Alfonso Puccinelli. Solitamente, infatti, la spada viene estratta dalla teca e portata in processione esclusivamente il 29 settembre, giorno in cui ricorre la Festa di San Michele e degli Arcangeli Gabriele e Raffaele.
  14. Appuntamento del Martedì con le Riflessioni quaresimali di Mons. Bux sul rapporto tra Giustizia e Misericordia di Dio, nonché sulla riparazione ai peccati commessi, "ripuliti" dalla Croce, riparazione che riconcilia Cielo e Terra. "Non c'è dubbio che i grandi mali, come la pestilenza, sono un effetto del peccato originale e dei nostri peccati reali. Dio nella sua giustizia, deve riparare il disordine che il peccato introduce nella nostra vita e nel nostro mondo. Infatti, Egli soddisfa le esigenze della giustizia con la sua misericordia sovrabbondante". (Card. Raymond Leo Burke, Messaggio del 21 Marzo 2020). Di seguito il video con la Catechesi e le domande-risposte sulla pagina Facebook Il Pensiero Cattolico https://www.facebook.com/ilpensierocattolico
  15. Quando la Chiesa elargisce l'indulgenza, significa che il Signore cancella le pene temporali che abbiamo meritato facendo peccati e che dovremo scontare in questo mondo con sofferenze fisiche e morali, o nell'altro, col purgatorio; Prima però dobbiamo farci perdonare i peccati mediante la confessione sacramentale, fatta o da fare il prima possibile. Chi invece vive in stato abituale di peccato (per es. divorziati risposati, convivenze, unioni civili...) deve abbandonare tale stato o cominciare ad astenersi da rapporti sessuali e confessarsi, altrimenti non si ottiene l'indulgenza. NOTA I suddetti consigli sono sintesi dal catechismo della Chiesa Cattolica.
  16. Video integrale in calce della Catechesi: Adora il Signore Dio tuo, non la "madre terra", solo Lui è padre di SER Card. Raymond Burke e Mons. Nicola Bux del 25.03.2020 (diretta dal Canale Facebook https://www.facebook.com/ilpensierocattolico/ ) La chiave di volta del discorso sull'uomo è il confine della sua libertà, da cercare non solo nell'ambito della fede - non avrai altro Dio fuori di me - ma nel cuore e nelle leggi immutabili del diritto naturale. Il Cardinale Raymond Burke e Monsignor Nicola Bux si confrontano su questi tempi di pandemia e altre afflizioni e su cosa Dio ci voglia comunicare permettendo questa sofferenza e li individuano nei peccati contro l'umanità come l'eutanasia, o contro l'Ordine di Dio, come la "teoria del gender", che porta tante anime a definirsi diversamente da quanto Dio ha dato per natura, ma anche i grandi mali della chiesa, come l'idolo demoniaco entrato nella Chiesa, Pachamama, adorato sacrilegamente da alti prelati in Vaticano. Umanamente infatti, abbiamo perso la prospettiva essenziale della Vita Eterna che ordina la Creazione e la vita umana; San Paolo infatti diceva che il Signore ha scritto il buon ordine e la legge nei nostri cuori. Il messaggio ultimo che Nostro Signore ci invia è un profondo richiamo alla Conversione a Lui. Il Signore è Re della natura e della terra ed il primo strumento di battaglia contro questo contagio è tornare a Dio.Il Signore non imprime direttamente queste sofferenze, però Lui utilizza questa sofferenza per ispirarci a tornare a Lui e trovare la direzione per le nostre vite. Talvolta in queste tragedie l’uomo si chiede "dove è Dio?". Non dobbiamo chiederci tanto dove è Dio ma dove siamo noi? Talvolta noi ci avviciniamo a Lui solo in momenti di tragedia e grande crisi, dimenticandoci di Lui. Torniamo a Lui, di fronte al Tabernacolo, all’Ostia Sacra, sapremo che Dio è tra di noi, anche in questa situazione. Il Signore è sempre presente, ce lo ha promesso, "sarò con voi fino alla fine", ma a volte il Signore distoglie lo sguardo dalle nostre malvagità, attratti dal peccato e lascia agire Satana, come scritto nel libro di Giobbe. Ma, se il Signore ci mostrerà il Suo volto saremo salvi. Tante persone sono ricche di beni, ma sono infelici, vivono nelle cose mondane abusandone e non trovano soddisfazione. E' naturale; come disse Sant’Agostino, siamo fatti per Dio e solo in Lui troviamo pace. Dobbiamo essere certi che il Signore, che ha stretto l’Alleanza con l’umanità, la rispetterà. Siamo noi a doverci chiedere se noi guardiamo a Dio rispettandone i Comandamenti, avendone paura ma bensì Timore di Dio. Quando non abbiamo più timore di Dio cediamo alla tentazione come accadde per Adamo ed Eva e da allora il caos ed il peccato regnano nella nostra vita. Inoltre, se Cristo ha espiato, è importante che espiamo anche noi la nostra Passione. Noi viviamo in Cristo, siamo tutti chiamati, come afferma San Paolo, ad essere gioiosi di soffrire con il nostro corpo nelle Sofferenze di Cristo per condividere con Lui la Vita Eterna. Qualcuno pensa che la vita in Cristo significhi non avere più problemi, ma sbagliano. La Grazia non è a buon mercato. Infine, ci si è chiesti come vivere in questo tempo in cui è difficile accedere ai Sacramenti ed in cui molti giustamente si angosciano ed hanno timore che la nostra vita non sia salva. Quando non è colpa nostra non poterci recare in Chiesa ed accedere ai Sacramenti, preghiamo la Madonna chiedendo di portarci al Signore, con il Santo Rosario e l'Angelus, perché la Madonna è Madre di ogni Grazia, consacrando a Cristo tramite il Cuore Immacolato di Maria noi stessi e le nostre famiglie nelle nostre case. Poi possiamo, se in stato di Grazia, ricevere la Comunione Spirituale. Altrimenti, se non si è nello Stato di Grazia, dobbiamo pentirci per i peccati mortali che abbiamo commesso, perché ha offeso Dio, con la Contrizione Perfetta, non solo per paura dell'Inferno, ma anche perché abbiamo mancato l'Amore di Dio. Al termine, ci sono state diverse domande dei video-ascoltatori dalla Consacrazione dell'Italia al Cuore Immacolato di Maria, al sacrilegio della adorazione dell'idolo pachamama, all'Apocalisse ed a come vivere in questi tempi. Da ascoltare. Ecco il video.
  17. Video integrale in calce della Catechesi: Coronavirus - Il castigo provvidenziale che ci salva di Mons. Bux del 24.03.2020 (diretta dal Canale Facebook https://www.facebook.com/ilpensierocattolico/ ) Nell’aggravarsi della crisi della civiltà occidentale, si erge il grande interrogativo: Cos’è l’uomo di fronte alla presunzione di superare il proprio stesso limite, combinando le armi della scienza e del diritto? Appare evidente come la chiave di volta del discorso sull’uomo è il confine della sua libertà. Possiamo leggere questo contagio come “un segno dei tempi”, nel senso innanzitutto di ammonimento al mondo: tanti abbracci e tanti rapporti, anche contro natura, dai quali, ora, come pena del contrappasso, bisogna astenersi. Abbiamo sfidato le leggi naturali e commesso i “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”. Ma, questo contagio è anche un ammonimento agli uomini di Chiesa, che, in nome del “cambio di paradigma”, subordinano l’insegnamento di Cristo alla realtà del mondo. Il virus ha vanificato tutto. Ora il papa, così preoccupato del pueblo, è rimasto senza popolo; i preti, così inebriati di partecipazione, sono senza fedeli; i fedeli, così abituati alle liturgie comunitarie, soffrono l’abbandono, per non essere stati addestrati all’adorazione, al raccoglimento in ginocchio, alla preghiera personale, fatta nel segreto, dove il Padre solo ci vede. Al tempo dell’asiatica (1969) e del colera(1973) eravamo ancora abituati. In sostanza, abbiamo voluto esaltare il corpo ecclesiale, non preoccupandoci delle singole membra; oggi non sappiamo pregare personalmente; stiamo fisicamente nella liturgia, ma ciascuno né riceve, né dà alcunché. Le chiese sono desolate, fedeli e pastori come esiliati. Sembra una piaga d’Egitto che colpisce anche gli innocenti; sembra in azione l’angelo sterminatore dell’Esodo che fa morire e fa vivere; sembra la grande tribolazione di Daniele. Questo contagio è preconciliare: sta spiazzando la Chiesa e la sta riportando molto più indietro dei duecento anni paventati dal card. Martini: la sta sospingendo nell’ambito assegnatole dal suo Fondatore, che ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita! Chi vive e crede in me non morirà in eterno”. Un terreno abbandonato dalla catechesi moderna in favore del ‘sociale’: quello dei Novissimi. Proprio le prediche di questo tempo – i celebri quaresimali – avevano il compito di affrontarli ogni anno, perché l’uomo ogni giorno si trova dinanzi alla morte e al giudizio, all’inferno e al paradiso, speriamo almeno al purgatorio. Il regno di Dio è sotto il segno della beatitudine, ma la Rivelazione parla di castighi divini finalizzati a riconciliare con Dio ogni creatura: “il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito;ho abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio; (Ps 81, 12-13). Una riflessione seria su questo passo ed altri simili della Sacra Scrittura, non potrebbe diventare una parola vera dei Pastori al Popolo di Dio? un vero è proprio invito alla conversione? Forse sarebbe il caso di dire, ad esempio, che in questo mondo costruito dall’uomo senza voler ascoltare Dio, anzi lasciandolo completamente fuori, ora dobbiamo fare i conti con la durezza del nostro cuore.... Non ci si deve fermare agli aspetti giuridici, chiudendo le chiese come se fossero uffici pubblici, perché esse sono come cliniche dello spirito. I grandi papi e vescovi invece hanno difeso con fermezza i diritti della Chiesa. E’ la santa Chiesa che giudica la storia e non viceversa, perché tutto ciò che accade nella storia è permesso da Dio che è giustizia infinita e misericordia infinita. Ora, il sacrificio di Cristo chiede la nostra conversione, la nostra correzione: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio” (Eb 12,5-6). Torniamo a guardare a Cristo e al nostro peccato. Anche noi dobbiamo portare la croce e compiere ciò che manca alla sua passione (Col 1,24): dobbiamo sopportare la pena, la penitenza che ci mette in castigo. Il castigo rivela le profondità del cuore di Dio: la sua gelosia, la sua ira, la sua vendetta nei confronti dei suoi nemici, la sua giustizia, la sua volontà di perdono, la sua misericordia, infine il suo amore incalzante. L’educazione della libertà dell’uomo non può compiersi senza correzione (cfr 1 Cor 11,32; Gal 3,23 s). Sembra che Egli ci dica: “Pastori e Ministri del Suo Corpo Mistico, abbiate occhi per vedere la rovina in corso e orecchi per sentire il «Lamento di Dio», affinché non vi capiti di essere tacciati come quei ragazzi della piazza ai quali diremo: «Abbiamo suonato e non avete ballato, abbiamo cantato lamenti e non avete pianto!». Dio elargisce i suoi doni, ma lascia sempre e comunque al singolo individuo la responsabilità della risposta!.
  18. Cari amici, da un po’ di tempo a questa parte siamo in lotta contro la diffusione del coronavirus, Covid-19. Tutto quello che possiamo dire – e una delle difficoltà di questa lotta è che troppe cose di questa pestilenza sono ancora un mistero -, è che questa lotta andrà avanti ancora per un po’. Il virus in questione è particolarmente insidioso, in quanto ha un periodo di incubazione relativamente lungo – qualcuno dice 14 giorni, altri 20 – ed è altamente contagioso rispetto ad altri virus di cui abbiamo fatto esperienza. Tutta questa situazione certamente ci fa cadere in una profonda tristezza e anche paura. Nessuno vuole contrarre la malattia legata al virus o che ciò succeda a qualcun altro. In modo particolare non vogliamo che i nostri cari anziani o altri già in uno stato di salute precaria siano esposti al pericolo della morte mediante la diffusione di questo virus. Per combattere la paura del virus, siamo tutti in una specie di ritiro spirituale forzato, confinati nei nostri quartieri e incapaci dei soliti gesti di affetto verso famiglia e amici. Per chi è in quarantena, l’isolamento è ancora più duro, non potendo avere contatti con nessuno, nemmeno a distanza. E come se non bastassero le preoccupazioni legate alle malattie da coronavirus, non possiamo ignorare i danni economici causati dalla diffusione del virus, con gravi ripercussioni su individui e famiglie e su quanti ci servono attraverso i modi più disparati nella vita quotidiana. Certamente, i nostri pensieri non sono di grande aiuto, ma contemplano la possibilità di un’ancora più grande devastazione della popolazione nelle nostre terre natie e, quindi, nel mondo intero. Certamente, facciamo bene a imparare e mettere in pratica tutti i metodi più comuni per difenderci dal contagio. È un fondamentale atto di carità usare qualsiasi cautela per evitare il contagio o la diffusione del virus. Considerando quello che ci occorre per vivere, non dobbiamo dimenticare che il nostro primo bisogno è il rapporto con Dio. Per riprendere le parole di Nostro Signore nel Vangelo secondo Giovanni: “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui” (14, 23). Cristo è il Signore della natura e della storia. Egli è vicino e disinteressato a noi e al mondo. Ce lo ha promesso: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Nel combattere il demone del coronavirus, la nostra arma più efficace è, quindi, il nostro rapporto con Cristo attraverso la preghiera e la penitenza, la devozione e il sacro culto. Ci rivolgiamo a Cristo per venire liberati dalla pestilenza e da ogni male, e Lui non manca mai di risponderci con amore puro e gratuito. Questo è il motivo per cui per noi è essenziale, in qualsiasi momento, specialmente in quelli di crisi, poter accedere alle nostre chiese e cappelle, ai Sacramenti, alle devozioni e alla preghiera. Allo stesso modo in cui possiamo comprare cibo e medicinali, con l’accortezza di non diffondere il coronavirus, così dobbiamo poter pregare nelle chiese e nelle cappelle, ricevere i Sacramenti e impegnarci in atti di pubblica preghiera e devozione, così da poter cogliere la vicinanza di Dio a noi e rimanerGli vicini, invocando in modo opportuno il Suo aiuto. Senza l’aiuto di Dio, siamo, quindi, persi. Storicamente, in epoche di pestilenza, i fedeli si radunavano in fervente preghiera e partecipavano alle processioni. Infatti, nel Messale Romano, promulgato da Papa San Giovanni XXIII nel 1962, ci sono dei testi appositi per la Santa Messa da offrire in tempo di pestilenza, la Messa Votiva per la Liberazione dalla Morte in Tempo di Pestilenza (Missae Votivae ad Diversa, n.23). Allo stesso modo, nella tradizionale Litania dei Santi, noi preghiamo così: “Liberaci, o Signore, dalla guerra, dalla carestia e dalla peste”. Spesso, quando ci troviamo in grande sofferenza, affrontando anche la morte, ci chiediamo: “Dov’è Dio?”. Ma la vera domanda è: “Dove siamo noi?”. In altre parole, senza dubbio, Dio è con noi per aiutarci e salvarci, specialmente, nei momenti di dura prova o di morte, ma troppo spesso siamo noi lontani da Lui a causa della nostra incapacità a riconoscere la nostra totale dipendenza da Lui e, quindi, di pregarlo quotidianamente e di offirGli il nostro culto. In questi giorni, ho sentito tanti cristiani devoti profondamente rattristati e scoraggiati e incapace di pregare e rendere culto nelle loro chiese e cappelle. Essi comprendono il bisogno di rispettare la distanza sociale e di seguire le altre precauzioni, e seguono questi pratici accorgimenti, che possono facilmente mettere in pratica nei loro luoghi di culto. Tuttavia, abbastanza spesso, devono passare per la sofferenza profonda del vedere le loro chiese e cappelle chiuse e del non poter accedere alla Confessione e alla Santissima Eucaristia. Alla stessa stregua, un fedele non può considerare l’attuale calamità in cui ci troviamo, senza considerare anche quanto sia distante da Dio la nostra cultura di popolo. Non solo è indifferente alla Sua presenza in mezzo a noi, ma si ribella apertamente a Lui e al buon ordine con cui ci ha creati e ci sostiene nel nostro essere. Ci basti pensare soltanto ai comuni violenti attacchi alla vita umana, maschile e femminile, che Dio creò a Sua immagine e somiglianza (Gn 1, 27), agli attacchi ai bambini non nati, innocenti e indifesi e a chi è il primo responsabile della nostra cura, coloro che devono reggere il pesante fardello di gravi malattie, età avanzate, o bisogni specifici. Siamo quotidianamente testimoni della diffusione della violenza in una cultura incapace di rispettare la vita umana. Allo stesso modo, ci basti pensare anche solo agli attacchi pervasivi all’integrità della sessualità umana, alla nostra identità di uomini e donne, con la pretesa di autodefinirci, spesso con l’impiego di strumenti violenti, un’identità sessuale diversa da quella dataci da Dio. Siamo testimoni, con un coinvolgimento sempre maggiore, dei devastanti effetti, su individui e famiglie, della cosiddetta “teoria del gender”. Siamo altresì testimoni, anche all’interno della Chiesa, di un paganesimo che rende culto alla natura e alla terra. Ci sono quelli, all’interno della Chiesa, che si rivolgono alla terra chiamandola nostra madre, come se noi venissimo dalla terra ed essa fosse la nostra salvezza. Ma noi veniamo dalla mano di Dio, Creatore del Cielo e della Terra. In Dio soltanto è la nostra salvezza. Preghiamo con le parole, di ispirazione divina, del Salmista “Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare” (Ps 62 [61], 6). Constatiamo come la vita della fede stessa sia diventata sempre più secolarizzata e come questo abbia compromesso la Signoria di Cristo, Dio il Figlio Incarnato, Re del Cielo e della Terra. Siamo testimoni di tanti altri mali derivanti dall’idolatria, dal culto di noi stessi e del nostro mondo, sostituitisi al culto di Dio, fonte del nostro essere. Vediamo tristemente dentro di noi la verità delle parole ispirate di San Paolo riguardanti “l’ateismo e la perfidia degli uomini che con questa perfidia uccidono la verità”: “hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli!” (Rom 1, 18. 25). Molti con cui sono in comunicazione, riflettendo sull’attuale crisi sanitaria mondiale con tutti i suoi relativi effetti, mi hanno espresso la speranza che essa ci porterà – come individui e famiglie e come società – a rivedere le nostre vite, a volgerci a Dio, che indubbiamente ci è vicino e che è incommensurabile e incessante nella sua misericordia e nel suo amore per noi. È fuori discussione che grandi mali quali la pestilenza siano effetto del peccato originale e dei nostri attuali peccati. Dio, nella Sua giustizia, deve riparare il caos introdotto dal peccato nelle nostre vite e nel nostro mondo. Lui, infatti, adempie alla domanda di giustizia attraverso la Sua sovrabbondante grazia. Dio non ci ha lasciato nel caos e nella morte, introdotti nel mondo dal peccato, ma ha mandato il Suo Figlio unigenito, Gesù Cristo, affinché soffrisse, morisse, risorgesse da morte e ascendesse nella gloria della Sua destra, per rimanere con noi per sempre, purificandoci dal peccato e infiammandoci con il Suo amore. Nella Sua giustizia, Dio riconosce i nostri peccati e il bisogno della loro riparazione, mentre, nella Sua misericordia ci inonda della sua grazia, affinché ci pentiamo e ripariamo ai nostri peccati. Il profeta Geremia pregava così: “Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, l’iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te”, ma poi prosegue dicendo “Ma per il tuo nome non abbandonarci, non rendere spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi”. (Ger 14, 20-21). Dio non ci volta mai le spalle; non romperà mai il Suo patto di fedele e duraturo amore con noi, malgrado noi siamo così spesso indifferenti, freddi e infedeli. Dal momento che questa attuale sofferenza ci mette davanti agli occhi la nostra così frequente indifferenza, freddezza e infedeltà, siamo chiamati a volgerci a Dio, implorando la Sua grazia. Siamo fiduciosi che Lui ci ascolterà e ci benedirà con i Suoi doni di grazia, perdono e pace. Uniamo le nostre sofferenze alla Passione e Morte di Cristo e così, come dice San Paolo, “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Vivendo in Cristo, scopriamo la verità della nostra preghiera Biblica: “La salvezza dei giusti viene dal Signore, nel tempo dell’angoscia, è loro difesa” (Sal 36 [37], 39). In Cristo, Dio ci ha pienamente rivelato la verità espressa nella preghiera del salmista: “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal 84 [85], 11). Nella nostra cultura totalmente secolarizzata, c’è la tendenza a vedere la preghiera, la devozione e il culto come normali passatempi, come possono esserlo andare al cinema o a una partita di calcio, che non sono essenziali e perciò possono essere cancellati in ragione di tutte le precauzioni atte a scongiurare la diffusione di un contagio mortale. Ma preghiera, devozione e culto, e soprattutto Confessione e Santa Messa, sono vitali per farci rimanere spiritualmente forti e in salute e per cercare l’aiuto di Dio in un tempo di grande pericolo per tutti. Quindi, non possiamo semplicemente accettare decisioni di governi secolari che trattano il culto di Dio allo stregua di una sera al ristorante o di una gara sportiva. Altrimenti, la gente che già soffre le conseguenze della pestilenza sarà privata di quell’incontro oggettivo con Dio, che è in mezzo a noi per riportare la salute e la pace. Noi vescovi e sacerdoti abbiamo bisogno di spiegare pubblicamente la necessità per i cattolici di pregare e rendere culto nelle loro chiese e cappelle e di andare in processione per vie e strade, chiedendo la benedizione di Dio sopra il Suo popolo che soffre così intensamente. Dobbiamo insistere sul fatto che i decreti dello Stato, anche per il bene dello Stato, devono riconosce la singolare importanza dei luoghi di culto, specialmente in un’epoca di crisi nazionale e internazionale. In passato, infatti, i governi hanno compreso, soprattutto, l’importanza della fede, della preghiera e del culto, da parte del popolo, per sconfiggere le pestilenze. Allo stesso modo in cui abbiamo trovato un modo di procurarci cibo e medicinali e altre necessità della vita in periodo di contagio, senza rischiare irresponsabilmente la diffusione del contagio, così, in modo analogo, possiamo trovare il modo di provvedere alle necessità della nostra vita spirituale. Possiamo fornire maggiori opportunità per la Santa Messa e per i riti a cui possa partecipare un numero di fedeli senza andare contro le necessarie precauzioni atte a contrastare il contagio. Molte nostre chiese e cappelle sono molto grandi. Permettono il raduno di un gruppo di fedeli per la preghiera e il culto senza violare i requisiti della “distanza sociale”. I confessionali con la tradizionale grata divisoria, solitamente sono dotati, o possono diventarlo, con un sottile velo, lavabile con un disinfettante, in modo che diventi possibile accedere al Sacramento della Confessione senza grandi difficoltà e senza pericolo di trasmettere il virus. Se una chiesa o una cappella non dispongono di uno staff sufficientemente numeroso a disinfettare regolarmente le panche e le altre superfici, non ho dubbi che il fedele, come gratitudine per i doni della Santa Eucaristia, della Confessione, e della devozione pubblica, sarà felicemente assistito in questo. Anche se, per qualunque ragione, non siamo in grado di recarci nelle nostre chiese e cappelle, non dobbiamo dimenticare che le nostre case sono un prolungamento della nostra parrocchia, una piccola Chiesa in cui portiamo Cristo dopo il nostro incontro con Lui nella Chiesa più grande. Lasciamo che le nostre case, durante il periodo della crisi, riflettano le verità secondo cui Cristo è l’ospite di ogni casa cristiana. Lasciamoci volgere a Lui attraverso la preghiera, specialmente il Rosario, e altre forme di devozione. Se l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, insieme a quella del Cuore Immacolato di Maria, non è già esposta in casa nostra, quale momento migliore di questo per farlo. Il posto per l’immagine del Sacro Cuore di Gesù per noi è un altarino nella nostra casa, attorno a cui raccoglierci, consapevoli che Cristo dimora con noi attraverso l’effusione dello Spirito Santo nei nostri cuori, e mettere i nostri cuori, assai spesso poveri e peccatori, nel Suo glorioso Cuore trafitto – sempre aperto a riceverci, a guarirci dai nostri peccati e a colmarci di divino amore. Se volete esporre l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, vi raccomando il manuale, The Enthronement of the Sacred Heart of Jesus, disponibile attraverso l’ Apostolato della Catechesi Mariana, anche nelle traduzioni in polacco e slovacco. Per coloro a cui non è possibile accedere alla Santa Messa e alla Santa Comunione, raccomando la devota pratica della Comunione Spirituale. Quando siamo rettamente disposti a ricevere la Santa Comunione, ossia, quando siamo in uno stato di grazia, inconsci di qualsiasi peccato mortale che abbiamo commesso e non perdonatoci nel sacramento della Penitenza, e desideriamo ricevere Nostro Signore nella Santa Comunione ma non ne siamo in grado, ci uniamo spiritualmente al Santo Sacrificio della Messa, pregando il Nostro Signore Eucaristico con le parole di Sant’Alfonso de’ Liguori: “Poiché ora non posso riceverTi sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore”. La Comunione Spirituale è una bella espressione di amore per il Nostro Dio nel Santissimo Sacramento. Questo non mancherà di portarci abbondante grazia. Al tempo stesso, quando siamo consapevoli di aver commesso un peccato mortale e non siamo in grado di accedere al Sacramento della Penitenza o Confessione, la Chiesa ci invita a fare un atto di perfetta contrizione, ossia di riprovazione per il peccato, che “proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa”. Un atto di perfetta contrizione “ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale” (Catechismo della Chiesa Cattolica, no. 1452). Un atto di perfetta contrizione dispone la nostra anima alla Comunione Spirituale. Alla fine, fede e ragione, come fanno sempre, operano insieme per fornire la giusta e retta soluzione a una sfida difficile. Dobbiamo usare la ragione, ispirati dalla fede, per trovare il modo giusto per affrontare una pandemia mortale. Tale modo deve dare la priorità alla preghiera, alla devozione e al culto, all’invocazione della grazia di Dio sul Suo popolo che soffre così tanto ed è in pericolo di morte. Fatti a immagine e somiglianza di Dio, godiamo dei beni dell’intelletto e del libero arbitrio. Usando questi doni datici da Dio, in unione con Fede, Speranza e Carità, anch’essi doni di Dio, troveremo la nostra strada in questo tempo di prova a livello mondiale, che è causa di così tanta tristezza e paura.
  19. Libera traduzione da infovaticana.com di Carlos Esteban I vescovi polacchi non sono indifferenti alla minaccia rappresentata dall'epidemia proveniente dalla Cina, ma la loro soluzione è palesemente diversa da quella di altre conferenze episcopali: aumentare le masse domenicali, in modo che i fedeli possano essere distribuiti e meno sovraffollati. Il presidente della Conferenza episcopale polacca, Stanisław Gądecki, arcivescovo di Poznan, ha inviato una lettera ai fedeli polacchi in risposta alla crisi sanitaria causata dal coronavirus COVID-19 con istruzioni che, sebbene piene di buon senso e pragmatismo, contrastano fortemente con le misure di molti suoi colleghi in altre parti d'Europa, in particolare gli italiani, che hanno sospeso le messe fino a venerdì prima della domenica delle Palme: aumentare il numero delle messe domenicali, in modo da evitare un'eccessiva concentrazione di fedeli in Ogni celebrazione La lettera di Gądecki osserva che, "in relazione alle raccomandazioni dell'ispettore capo della salute, nel senso che non ci sono agglomerati di persone, chiedo che il numero di messe domenicali sia aumentato il più possibile in modo che Limitare il numero di fedeli presenti a ogni celebrazione, seguendo le linee guida dei servizi sanitari. Allo stesso tempo, Gądecki voleva ricordare che se gli ospedali curano le malattie del corpo, le chiese servono, tra le altre cose, a curare le malattie dello spirito. "Pertanto, è impensabile che non preghiamo nelle nostre chiese", sottolinea l'arcivescovo. Le persone anziane e vulnerabili, aggiunge la lettera, possono rimanere a casa e seguire la Santa Messa in televisione, e Gądecki sottolinea che "non vi è alcun obbligo di stringere la mano come segno di pace durante la Santa Messa". L'arcivescovo termina la sua lettera chiedendo ai fedeli di pregare per coloro che sono morti a causa della malattia e per la fine dell'epidemia.
  20. A cura di Don Mario Proietti* Carissimi amici, ormai tutti i vescovi si sono uniformati alle regole di comportamento in questa situazione del coronavirus. Cosa prevedono queste regole? No scambio pace, no acqua santa, tenere debita distanza e comunione sulle mani. Riguardo alle prime tre disposizioni, esse hanno un fondamento medico. Purtroppo, ricevere la Comunione sulla mano è tanto pericoloso quanto un abbraccio o uno scambio di pace. E lo è sia dal punto di vista medico che spirituale. Infatti, per poter assumere l’Eucarestia certi di non soccombere al coronavirus è indispensabile che si abbiano le mani lavate bene, disinfettate e non abbiano toccato alcuna superficie. Non mi sembra cosa nobile ricevere l’Eucarestia con le mani ancora umide di amuchina. Ma anche qualora si fosse rispettata tutta la procedura di disinfestazione delle mani, dobbiamo essere molto prudenti riguardo alla possibilità di mandare dispersi frammenti di Eucaristia. Questa eventualità è peggiore del virus, in quanto è un vero e proprio atto di sacrilegio indipendentemente dalla volontà del soggetto che compie l’atto. Pertanto, come la Chiesa ha da sempre insegnato, quando non c’è la possibilità di poter fare la Comunione Sacramentale, si sostituisca con quella Spirituale. Questo è il mio consiglio per voi. Pertanto, qualora non fosse possibile ricevere l’Eucaristia sulla bocca, al momento di fare la comunione si recita la formula della comunione spirituale restando al proprio posto. Gli effetti spirituali sono i medesimi. Questa è la formula per fare la COMUNIONE SPIRITUALE: “Gesù mio, io credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell' anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a te; non permettere che mi abbia mai a separare da te. Eterno Padre, io ti offro il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo in sconto dei miei peccati, in suffragio delle anime del purgatorio e per i bisogni della Santa Chiesa. Amen”. * Don Mario Proietti, sacerdote, Missionario del Preziosissimo Sangue, Rettore del Santuario di San Gaspare in Albano Laziale.
  21. Padre Francesco risponde, a cura di P. Francesco Solazzo*. Salve, volevo gentilmente chiederle alcuni Consigli spirituali: – riguardante la Quaresima, ogni anno ho cercato di impegnarmi e convertirmi ma non ci sono riuscito. Quali libri, preghiere e pratiche posso fare in questo periodo? Caro S., La conversione è il cammino che il cristiano deve fare lungo tutta la sua vita per giungere all’incontro con Cristo. Lungo la storia della Cristianità sono stati scritti tantissimi libri per guidare i fedeli sulla via della perfezione: dalla “Imitazione di Cristo” alla “Filotea”, passando per le testimonianza dirette dei Santi, come le “Confessioni” di sant’Agostino o la “Storia di un’anima” di santa Teresina o “Il castello interiore” di santa Teresa; è tutto un fiorire di libri sul cammino di perfezione. Certamente la Quaresima è il periodo maggiormente favorevole dell’anno liturgico, in cui è più forte l’invito alla conversione, ma sicuramente non si esaurisce in questi quaranta giorni di grazia. Convertirsi significa volgere la propria volontà al Signore; significa volerLo amare “con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37); convertirsi significa imitare Gesù che nel giardino del Getsemani disse: «Padre, […] non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Possiamo ben dire che per convertirsi ci vuole una vita intera, poiché convertirsi significa diventare santi. La conversione, in quanto è un atto della libertà umana che richiede una scelta, dipende dalla volontà. La conversione però è anche una meta da raggiungere, poiché il mondo continuamente ci offre distrazioni che tentano di allontanarci da Dio; per questa ragione, la volontà umana da sola non è sufficiente, ma necessita dell’azione di Dio, cioè della Grazia. Non so cosa intende quando dice: “non ci sono riuscito”; ma è certo che non ci riuscirà mai, se intende con questa espressione riferirsi a una precisa scelta di vita. Nessuno mai, infatti, ha potuto farsi santo: tutti i Santi, infatti, SONO STATI FATTI tali dalla Grazia di Cristo. Altrimenti, per quale ragione Gesù Cristo si sarebbe fatto uomo e si sarebbe lasciato crocifiggere? Se fossimo stati in grado di farci santi con le nostre proprie forze, non ci sarebbe stato bisogno del Sacrificio della Croce. Gesù ci ha insegnato a dire: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). Tutto ciò che noi possiamo fare per ottenere la salvezza dell’anima, infatti, è inutile per quel fine. Significa forse che possiamo starcene con le mani in mano, tanto non saremo mai salvi? o al contrario, che lo saremo a prescindere? No. Assolutamente: “inutile” non significa “non necessario”. Significa che il fine che dobbiamo raggiungere, cioè la salvezza, non sarà mai proporzionale a ciò che noi semplici esseri umani possiamo mai fare, poiché infinitamente più grande di noi e delle nostre possibilità. Ecco, dunque, che, per colmare questa infinita sproporzionalità, è intervenuto Gesù Cristo col Sacrificio della Croce. Dunque succede questo: a noi, per raggiungere le salvezza, spetta la parte necessaria, cioè la scelta, l’adesione della nostra volontà a Dio; dall’altra parte, Gesù, con la Croce, ci mette ciò che è utile in vista di questo fine. Se poi con l’espressione “Non ci sono riuscito” intende dire che ha sentito mancare l’aiuto divino al cammino di conversione, allora le proporrò un metodo efficace per avanzare nel cammino di perfezione. Un metodo che non ho inventato io, ma viene dalla scuola dei Santi e, in particolare, dal Fondatore di noi Passionisti, San Paolo della Croce. È la meditazione della Passione di Nostro Signore. Scriveva S. Paolo: «Sempre più si tocca con mano che il mezzo più efficace per convertire le anime è la Passione di Gesù Cristo»; ed ancora: «Il mezzo più efficace per sterminare i vizi e coltivare la vera pietà, è la meditazione delle pene amarissime del nostro Divin Redentore». Alla meditazione della Passione, San Paolo dava una grande importanza per la formazione e il perfezionamento dell’anima e scriveva: «In questa scuola della Passione e Morte del Salvatore s’impara la vera sapienza: qui è dove hanno imparato i Santi». Ma a chi voglia seguire più da vicino Gesù Cristo, si apre anche la realtà della tentazione, che si fa tanto più forte quanto più ci si allontana dalla mentalità del mondo. A causa della debolezza della nostra volontà, infatti, capita che si ceda di fronte alla tentazione e che questo causi scoraggiamento nell’anima; da qui il dire: “Non ci sono riuscito”. Di fronte a ciò, però, non bisogna scoraggiarsi, ma reagire e affidarsi a Colui che ci può liberare: Gesù Cristo. Ai discepoli che porta con sé nell’orto del Getsemani, poco prima di essere arrestato, Gesù dà un ammonimento chiaro: «Pregate, per non entrare in tentazione» (cfr. Mt 26,41; Mc 14,38; Lc 22,40; 22,46). Anche nella preghiera del Padre Nostro, l’ultima petizione riguarda la tentazione: “non ci indurre in tentazione” ha proprio questo significato, cioè chiediamo di “non farci entrare in tentazione”. La tentazione è come una porta che introduce al peccato e alla morte e noi restiamo abbagliati da ciò che vediamo sulla soglia, senza riuscire a comprendere il putridume che questa spelonca racchiude e che, quando vi entriamo, ci tiene prigionieri fino al momento in cui Cristo non ci porta fuori da questa trappola con il Suo perdono. La tentazione serve all’anima affinché essa si leghi sempre più a Dio e si affidi alla sola speranza che è Gesù Cristo; ecco perché Dio permette che la tentazione sia sempre presente nella nostra vita. Diceva a tal proposito San Paolo della Croce che «Quanto alle tentazioni, non è da pigliarsene pena: sono travagli che vengono ad un’anima che vuol essere tutta di Dio»; ed ancora: «Lo scatenarsi delle tentazioni è piuttosto buon segno perché serve a farci diffidare di noi stessi, come capaci d’ogni male, se Dio non ci confortasse». Al colmo delle tentazioni vi è la tentazione contro la fede, cioè quello di abbandonare definitivamente il cammino e di disperare, ma anche questa tentazione ha un suo perché, secondo San Paolo della Croce: «La grave tentazione contro la fede, scrive in una lettera il Santo, è segno che Dio vuol dare all’anima vostra un gran dono di fede viva, che la porterà all’alta unione di carità». Buona meditazione della Passione di Nostro Signore e Buona Quaresima. *P. Francesco Solazzo, classe 1978, passionista originario di Trepuzzi (Lecce), è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 2015 – solennità dei Santi Pietro e Paolo – presso la cattedrale di Lecce dall’arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio.
  22. In the link the possibility to subscribe the petition that we strongly invite to make -> https://www.riapritelourdes.org/en/ The news is incredible, but unfortunately it is true. For fear of the coronavirus, the sanctuary of Lourdes closed all the pools "as a precaution" and "until further notice". The sanctuary itself announced this on March 1st. The pools of Lourdes are pools in which pilgrims are individually immersed for a few seconds to receive physical and spiritual benefits. The place from which these waters flow was revealed in Santa Bernadette in February 1858 by the Madonna herself. The water turned out to be miraculous and has never ceased to flow ever since. Millions of pilgrims come to Lourdes every year and about eighty thousand of them bathe in the pools. Thousands and thousands of healings take place. The Church, after a rigorous examination, officially recognized about eighty: forty-nine people recovered from the water of Lourdes and thirty-nine in the pools. The real miracle of Lourdes, however, is not these prodigious healings, but the thaumaturgical effects, both spiritual and physical, of a water in which hundreds of sick people affected by the most diverse diseases immerse themselves every day, including sores and skin lesions, without ever having no infection occurred. The water that had once changed twice a week and now appears every day, is full of germs, but I repeat, no sick person has ever been infected during those baths. Well, when an epidemic is spreading in Europe, if there is a place that should be resorted to, an infallibly protected place, it is the sanctuary of Lourdes, which is, par excellence, the place of healing for the soul and the body. Whoever bathed in the same pool in Lourdes as a coronavirus patient would be certain that he was not infected, because the pools in Lourdes are not places of sin, but places of faith, and it is faith not medicine that allows miracles. The miracle is a divine intervention, superior to all human forces and whoever denies the possibility of the miracle denies the very existence of God. Whoever denies the miraculous nature of the water of Lourdes, who fears that the pools of Lourdes could produce contagion, denies the power of God, denies the promises of Our Lady, denies the meaning of Lourdes. If you close the swimming pools, it would be worth closing the sanctuary of Lourdes. It was precisely 11 February 2013, the day of the feast of Lourdes that Benedict XVI renounced the pontificate. And today the bishop of Lourdes, the president of the French episcopal conference, the president of the European bishops, the Vatican secretary of state, the Pope himself give up believing in the miracle of Lourdes? Are they also convinced that the contagion can spread from the pools of Lourdes rather than the healing of bodies and that of souls, which is much more important than physical healing? If so, it is a shame, it is a scandal, it is a sin of unbelief that instead of healing will cause new physical and spiritual evils for the Church and for our nations. We, on the other hand, would like to quench our thirst at the water of Lourdes, trusting in the words of Our Lord: "Whoever drinks the water that I will give him will never be thirsty forever. Indeed, the water that I will give him will become in him a source of water that spurts for eternal life "(Jn 4, 14). in the link the possibility to sign the petition that we strongly invite to make -> https://www.riapritelourdes.org/en/ Here is the full text of the petition: Keep Lourdes open! Rev. Msgr. Antoine Hérouard, Apostolic Delegate for the Sanctuary of Lourdes, Rev. Archbishop Olivier Ribadeau Dumas, Rector of the Shrine of Our Lady of Lourdes We ask you to cancel the decree closing the pools of Lourdes and to reopen them immediately for pilgrims, who upon immersing themselves in this miraculous water seek healing for the body and above all for the soul. The decision to close all the pools “as a precaution” and “until further notice”, as stated on March 1 by the Sanctuary, has disconcerted and aggrieved Catholic faithful all over the world! The place from which these waters flow was revealed to Saint Bernadette in February of 1858 by the Our Lady herself. The water revealed itself to be miraculous and has never ceased to flow ever since. In 160 years an incalculable number of faithful, affected by the most diverse diseases, have immersed themselves in these pools without any infection having ever occurred. When an epidemic is rampant in Europe, if there is a place that people should resort to, in order to ensure of not being infected but as to receive benefits for the soul and body, it is precisely the sanctuary of Lourdes. Whoever in Lourdes bathes in the same pool as a Coronavirus patient, would be certain to not be infected, because the pools of Lourdes are not places of sin, but places of faith, and it is faith not medicine that allows miracles. Those who deny the miraculous nature of the water of Lourdes, those who fear that the pools of Lourdes may produce contagion, it is they that deny the power of God, deny the promises of Our Lady, deny the meaning of Lourdes. If that is the case then the sanctuary should be closed. But millions of Catholics around the world look with great hope and confidence at the sanctuary of Lourdes. https://www.riapritelourdes.org/en/ Listen to their prayers: keep open the pools of Lourdes! (from Corrispondenza Romana Prof. R. De Mattei https://www.corrispondenzaromana.it/video-la-chiusura-delle-piscine-di-lourdes-una-vergogna/)
  23. nel link la possibilità di sottoscrivere la petizione che invitiamo fortemente a fare --> https://www.riapritelourdes.org/ La notizia è incredibile, ma purtroppo è vera. Per timore del coronavirus, il santuario di Lourdes ha chiuso “per precauzione” e “fino a nuovo ordine” tutte le piscine. Lo ha comunicato il primo marzo lo stesso santuario. Le piscine di Lourdes sono delle vasche in cui i pellegrini vengono individualmente immersi per pochi secondi per riceverne benefici fisici e spirituali. Il luogo da cui scaturiscono queste acque è stato rivelato a Santa Bernadette nel febbraio del 1858 dalla Madonna stessa. L’acqua si rivelò miracolosa e da allora non ha mai cessato di sgorgare. A Lourdes arrivano ogni anno milioni di pellegrini e circa ottantamila di essi si bagnano nelle piscine. Sono migliaia e migliaia le guarigioni che avvengono. La Chiesa, dopo un rigoroso esame, ne ha ufficialmente riconosciute circa ottanta: quarantanove le persone guarite a contatto con l’acqua di Lourdes e trentanove nelle piscine. Il vero miracolo di Lourdes non sono però queste prodigiose guarigioni, ma gli effetti taumaturgici sia spirituali che fisici di un’acqua in cui si immergono ogni giorno centinaia di infermi affetti dalle malattie più diverse, comprese piaghe e lesioni cutanee, senza che si sia mai verificato alcun contagio. L’acqua che una volta era cambiata due volte la settimana e adesso sembra ogni giorno, è piena di germi, ma ripeto, nessun ammalato è mai stato contagiato durante quei bagni. Ebbene, nel momento in cui dilaga in Europa un’epidemia, se c’è un luogo a cui bisognerebbe ricorrere, un luogo infallibilmente protetto, è il santuario di Lourdes, che è, per antonomasia, il luogo delle guarigioni dell’anima e del corpo. Chi, a Lourdes si bagnasse nella stessa piscina di un malato di coronavirus, sarebbe certo di non essere contagiato, perché le piscine di Lourdes non sono luoghi di peccato, ma luoghi di fede, ed è la fede non la medicina che permette i miracoli. Il miracolo è un intervento divino, superiore a tutte le forze umane e chi nega la possibilità del miracolo nega l’esistenza stessa di Dio. Chi nega il carattere miracoloso dell’acqua di Lourdes, chi teme che le piscine di Lourdes possano produrre contagio, nega il potere di Dio, nega le promesse della Madonna, nega il significato di Lourdes. Se si chiudono le piscine tanto varrebbe chiudere il santuario di Lourdes. Fu proprio l’11 febbraio del 2013, giorno della festa di Lourdes che Benedetto XVI rinunziò al pontificato. E oggi il vescovo di Lourdes, il presidente della conferenza episcopale francese, il presidente dei vescovi europei, il segretario di Stato vaticano, il Papa stesso rinunciano a credere nel miracolo di Lourdes? Sono convinti anche loro che dalle piscine di Lourdes si possa propagare il contagio invece che la guarigione dei corpi e quella delle anime, che è ben più importante di quella fisica? Se così è, è una vergogna, è uno scandalo, è un peccato di incredulità che invece della guarigione provocherà nuovi mali fisici e spirituali per la Chiesa e per le nostre nazioni. Noi invece, vorremo dissetarci all’acqua di Lourdes, confidando nelle parole di Nostre Signore: «Chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv, 4, 14). nel link la possibilità di sottoscrivere la petizione che invitiamo fortemente a fare --> https://www.riapritelourdes.org/ Ecco di seguito il testo integrale della petizione: Rev. Mons. Antoine Hérouard, Delegato Apostolico per il Santuario di Lourdes, Rev. Mons. Olivier Ribadeau Dumas, Rettore del Santuario Nostra Signora di LourdesVi chiediamo di annullare il decreto di chiusura delle piscine di Lourdes e di riaprirle immediatamente per i pellegrini che, immergendosi in quest’acqua miracolosa, cercano la guarigione per il corpo e soprattutto per l’anima. La decisione di chiudere “per precauzione” e “fino a nuovo ordine” tutte le piscine, comunicata il 1 marzo dal Santuario, ha sconcertato e indignato i fedeli cattolici di tutto il mondo!Il luogo da cui scaturiscono queste acque è stato rivelato a Santa Bernadette nel febbraio del 1858 dalla Madonna stessa. L’acqua si è rivelata miracolosa e da allora non ha mai cessato di sgorgare. In 160 anni un numero incalcolabile di fedeli, affetti dalle malattie più diverse, si sono immersi in queste vasche senza che si sia mai verificato alcun contagio.Nel momento in cui dilaga in Europa un’epidemia, se c’è un luogo a cui bisognerebbe ricorrere, sicuri di non essere contagiati e di riceverne invece benefici per l’anima e per il corpo è proprio il santuario di Lourdes. Chi, a Lourdes, si bagnasse nella stessa piscina di un malato di Coronavirus, sarebbe certo di non essere contagiato, perché le piscine di Lourdes non sono luoghi di peccato, ma luoghi di fede, ed è la fede non la medicina che permette i miracoli. Chi nega il carattere miracoloso dell’acqua di Lourdes, chi teme che le piscine di Lourdes possano produrre contagio, nega il potere di Dio, nega le promesse della Madonna, nega il significato di Lourdes. Tanto varrebbe allora chiudere il santuario. Ma al santuario di Lourdes guardano con speranza e fiducia milioni di cattolici di tutto il mondo.Ascoltate le loro preghiere: riaprite le piscine di Lourdes! nel link la possibilità di sottoscrivere la petizione che invitiamo fortemente a fare --> https://www.riapritelourdes.org/ (da Corrispondenza Romana Prof. R. De Mattei https://www.corrispondenzaromana.it/video-la-chiusura-delle-piscine-di-lourdes-una-vergogna/ )
  24. C'è compatibilità tra scienza sperimentale e fede in un Dio creatore? Tra scienza e Chiesa? Se ne dibatte spesso. Nel dibattito, come negli scritti* di Francesco Agnoli**, si affrontano queste tematiche, discutendo su Dio, l'anima, i miracoli, la Chiesa. Ma soprattutto si interrogheranno i grandi fisici, astronomi, matematici e si scoprirà che tutti i padri della scienza moderna hanno creduto in Dio. Si scopriranno le preghiere di Keplero e di Pascal; gli interessi per la Bibbia di Newton; la fede genuina di Pasteur. Si apprenderà che un monaco ha fondato l'idraulica, che Niccolò Copernico era un religioso cattolico; che il primo teorizzatore del Big Bang e dell'espansione dell'universo è stato il sacerdote belga Georges Edouard Lemaître; che il padre dell'aeronautica, Francesco Lana de' Terzi, è un padre gesuita, come il “principe dei biologi”, Lazzaro Spallanzani e come un pioniere dell’astrofisica, Angelo Secchi; che il padre della geologia e della cristallografia, Niels Stensen, si fece sacerdote e poi divenne vescovo, e che il fondatore della genetica fu il monaco Gregor Mendel…Si apprenderà che i matematici Gauss ed Eulero leggevano tutte le sere il Vangelo, che i matematici A. L. Cauchy, Ennio De Giorgi e Maria Gaetana Agnesi si dedicavano, oltre che alla matematica, all’assistenza ai poveri secondo lo spirito cristiano… Forse qualcuno ascolterà o, meglio, leggerà per la prima volta che le uniche grandi persecuzioni contro scienziati sono avvenute durante la laicissima rivoluzione francese (a danno di scienziati particolarmente devoti, come Luigi Galvani e Paolo Ruffini), e, soprattutto, nell’URSS ateo e comunista, dove chi proponeva teorie scientifiche vere, ma non ortodosse rispetto al marxismo, ha perso il posto e, non di rado, la vita. Nel video seguente, una breve disamina di questa tesi e la interessante relazione del Prof. Francesco Agnoli. *Scienziati dunque credenti (Cantagalli, Siena, 2012). **Nato a Bologna nel 1974, laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell'editoria presso la Trentino Art Academy. Collabora con i quotidiani Avvenire, Il Foglio, La Verità (nato il 20 settembre 2016) e l'Adige, e con il mensile Il Timone. Autore di numerosi saggi
  25. A Roma fu inscenata una grande manifestazione massonica, il 17 febbraio 1917, giorno commemorativo della morte di Giordano Bruno. ( 1548 – 1600 ). Il corteo massonico, diretto al monumento di quest’ultimo, percorse le vie della capitale e si fermò a lungo in piazza S. Pietro sventolando, sotto le finestre del Papa, un vessillo nero con l’effigie di Michele arcangelo sotto i piedi di Lucifero . ( SK1328 ) Striscioni inneggiavano a Satana, in particolare una scritta diceva: “ Satana governerà in Vaticano e il Papa lo servirà come guardia svizzera.” San Massimiliano Kolbe pensa ad un’associazione mariana finalizzata alla conversione dei peccatori, specialmente dei massoni, e alla santificazione di tutti i cristiani e, porre un argine a quel dilagare di empietà, a quei movimenti ostili alla Chiesa i quali andavano sempre più crescendo.
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