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"L’uomo, essere in relazione e preghiera", del Prof. Mario Mascia


Claudio C.

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La portata dell’essere umano assume una valenza che giunge ai limiti di una conoscenza profonda ed esauriente per cogliere in maniera esaustiva gli aspetti della persona umana oggetto di studio di varie discipline. Pur restando complessa e quasi inesplicabile la ricerca di un nesso comune tra le diverse discipline, è evidente che l’oggetto di studio assume in se una vasta complessità tale da riconoscere nell’uomo stesso un essere complesso. La proprietà riconosciuta dalle varie discipline è il carattere relazionale intrinseco ed essenziale per la sua vitalità. Negare questo aspetto equivale a non rendere compatibile la natura stessa dell’uomo con l’oggetto della relazione fino ad affermare una asfittica autosufficienza non potendo essere in sé stesso esauriente da considerarsi tale e poter prescindere da qualsiasi relazione. Pertanto l’uomo non può essere riconosciuto come essere autosufficiente. Secondo Pascal “L’uomo non è un essere autosufficiente.

È essere che si leva al disopra di se stesso. La sua natura si realizza appunto non nel dispiegamento di una disposizione chiusa in se stessa, ma in quanto essa sia portata al di sopra di sé nella comunione di vita con Dio.” Nel tempo attuale è diffusa la consapevolezza che l’uomo è una persona razionale e relazionale. Un’antropologia della relazione e dell’incontro si rende così necessaria, per ripensare l’individuo come persona e i rapporti umani alla luce dell’esodo dell’io verso il tu, in dialogica reciprocità. Il movimento verso il tu non può esaurirsi nella finitezza della materia per non lasciare inascoltata l’esuberanza di questa inclinazione da esaudire nella esperienza di infinito conosciuta come pienezza dell’essere. Sollecitato da questo profondo bisogno l’uomo deve cogliere il coraggio di interrogarsi sul vuoto opprimente dell’esistenza mondana orientata nei rivoli del godimento effimero … rivolti alla ricerca di falsi idoli. A tal punto è necessario “indagare” la dimensione relazionale umana a partire dalla individualità. L’idolatria dell’io espressa nell’individualismo lascia l’uomo nella solitudine e nell’insoddisfazione indotto da un’edonismo che la massificazione e la pubblicità invadente in un tempo di incertezza e di frammentazione sociale provocano il rischio della disumanizzazione dominante in una società globalizzata e postmoderna.

Resta quindi la sfida di un essere umano che vive la sua umanità nella famiglia umana partecipe della convivenza comunitaria in un processo di crescita e di formazione della persona. Nel Tempo attuale è urgente proporre un cristianesimo autentico, credibile e adulto ricorrendo alle Scritture fonte di sapienza universale dalla quale attingere per rivelare una visione profonda dell’essere umano. Resta necessario ricorrere all’antropologia filosofica col fine di indagare sull’essere umano nella sua unità e globalità oltre le visioni particolari delle scienze umane. L’uomo è quindi un essere in relazione essendo innata questa prerogativa sia come organismo biologico che come essere spirituale.

La propria vitalità dipende dal contesto relazionale nel mondo. Per la sua dipendenza da una Causa suprema ne deriva quindi l’essere come creatura. La sua dipendenza relazionale assume soprattutto un carattere spirituale. L’uomo realizza la sua umanità nel suo essere in relazione costante col Tu infinito nella dinamica di una crescita fino ad una perfezione di somiglianza col Creatore. Questa dinamica è l’espressione di un rapporto di comunione che trova caratteri salienti nella preghiera e nella contemplazione. I

Il significato della preghiera per il cristiano. La preghiera valorizza la vita della Chiesa nella sua unità e nella sua missione salvifica. Nella sua condizione comunitaria il fedele come individuo è chiamato a trovare lo spazio e il tempo propizio nella meditazione per entrare in rapporto con Dio e rendere speciale la sua vita da cristiano. Per la chiesa la preghiera diventa una funzione naturale e una esigenza nella vita cristiana. La preghiera assunta come segno di mediazione tra L’uomo e Dio presenta l’espressione di un bisogno innato di Infinito. Quel bisogno esprimibile nel ricercare uno spazio interiore in cui Dio segna nel cuore del fedele le parole di amore, speranza, pace, comunione. Il clima del silenzio è la condizione propizia per instaurare una comunione feconda nella meditazione. Nella comunione il fedele giunge a scoprire un rapporto di fiducia per essere chiamato da Dio a portare la Sua Croce per salvare il mondo.

La ricchezza dei Salmi La forma e la sostanza della preghiera è espressa nella scuola dei Salmi. La loro origine risale alla liturgia di Israele tramandata secondo la tradizione giudaica da David composti in forma poetica. La chiesa dalle sue origini ha recitato i salmi essendo stati preghiera di Cristo che li ha proclamati nell’assemblea del suo popolo, li ha meditati nel colloquio personale col Padre e li ha citati più volte nelle scritture. Gesù risorto così ha spiegato ai discepoli. “Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” ? (Lc 24,44) I salmi sono una preghiera della chiesa adottata come esempio di preghiera quotidiana degli apostoli che vi hanno riconosciuto la profezia degli avvenimenti della passione, morte e resurrezione di Gesù. I testi dei salmi furono adottati nelle liturgie cristiane come profezia del mistero di Cristo. Nel corso dei secoli i salmi sono entrati nella liturgia fino ai nostri tempi. I salmi parte integrante nella tradizione della vita liturgica sono scuola di preghiera come edificazione personale e comunitaria. Mario Mascia

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