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Blog Entries di SEM IPC

  1. SEM IPC
    Domenica XXVIII del Tempo Ordinario (Anno C)
    (2 Re 5,14-17; Sal 97; 2 Tm 2,8-13; Lc 17.11-19)
     
        Le letture di questa domenica parlano di alcuni personaggi “stranieri”, Naaman il siro e il samaritano, uno dei dieci lebbrosi guariti da Gesù.
        All’epoca del profeta Eliseo (prima lettura) come al tempo di Gesù (Vangelo) questo appellativo – “stranieri”  – indicava coloro che non appartenevano al popolo di Israele.
        Oggi, da parecchi anni, con questo termine ci si riferisce, ormai abitualmente ed esclusivamente ai cosiddetti “migranti”, provenienti da diverse etnie, culture e religioni, aree geografiche. E per ragioni che, solo in pochi casi, sono l’effettiva necessità di fuggire da situazioni di guerra oggettivamente pericolose. Ma non è questo il momento né il luogo per addentrarsi in questo aspetto del problema.
        Qui, quanto è importante sottolineare – in riferimento alle letture della liturgia di questa domenica – è il fatto che, a differenza di quanto si fa strumentalmente oggi, non è il titolo di “stranieri” a rendere automaticamente meritevoli di lode e di apprezzamento Naaman, il siro, da parte del profeta Eliseo (nella prima lettura) o il lebbroso samaritano che ritorna per ringraziare, da parte del Signore (nel Vangelo), ma è la fede in Dio dimostrata dal primo e la fede in Gesù dimostrata dal secondo.
        Non dovrebbe, allora, anche il popolo cristiano dei nostri giorni, con i suoi pastori per primi, adottare lo stesso criterio? Perché, allora, si usano criteri ben diversi?
        Ti apprezzo non tanto perché il titolo di “straniero” ti dà una sorta di “patente di innocenza”, in quanto membro di uno strano, immaginario nuovo “popolo eletto”, o nuovo “proletariato” che sia, facendo di te un privilegiato, quasi tu fossi esente dal peccato originale. E questo semplicemente perché non lo sei, esattamente come non lo sono io!
        È certamente doverosa l’accoglienza, in proporzione alle disponibilità di chi accoglie, ed è altrettanto doveroso, però, procedere razionalmente.
        La Scrittura dice, in proposito: «Se, mietendo il tuo campo, vi avrai dimenticato qualche covone, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l’orfano e per la vedova» (Deut 24,19). Non sarà però, per il solo “straniero”, a spese di chi è bisognoso in casa tua (l’orfano, la vedova, il disabile con chi lo assiste, e altri ancora!).
        Attenzione all’ideologia dell’accoglienza forzata dello “straniero”, internazionalemente imposta!
        Anche perché, chi si comporta con lo “straniero” in questo modo, ben di rado lo fa senza secondi fini, politici, culturali, ideologici, anticristiani ed economici…
        Il Signore ha mostrato grande apprezzamento per coloro che hanno avuto fede in Lui, a qualunque popolo ed etnia appartenessero, al suo popolo come ad altri popoli. Ed ha dimostrato umana meraviglia di fronte a coloro i quali, davanti alla straordinarietà del Suo insegnamento e di ciò che Egli faceva, si sono convertiti a Lui, abbandonando le loro religioni di appartenenza, ormai dimostratesi del tutto inadeguate e per molti aspetti addirittura false.
        La dichiarazione di Naaman, il siro, che troviamo nella prima lettura, lo documenta: «Il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore». Una chiara testimonianza di “conversione”.
        Nel Vangelo, il lebbroso Samaritano, guarito, diede un’altrettanto esplicita testimonianza di conversione: «Si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo».
        Mentre gli altri nove, pur appartenenti al popolo di Israele, come si può desumere dalle parole stesse di Gesù («Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?»), si sono comportati come titolari del diritto alla guarigione, senza dare un minimo di segno di fede in Dio che miracolosamente li ha guariti per le parole del Signore. Tornare a Cristo serve a tutti: stranieri convertiti e cristiani distratti dall’impegno sociologico!
        Nella seconda lettura, san Paolo rivolge a Timoteo una raccomandazione che vale ancor più per noi oggi, per chi deve istruire e guidare come per chi deve imparare ad essere cristiano: «Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, […] come io annuncio nel mio vangelo». Quasi ingiungesse di non azzardarsi a sostituire il culto verso di Lui, unico e vero Dio, con il mito pagano dello “straniero”, o dell’ambiente, o della natura adorati al posto Suo.
         Perché non funzionerà, né per ingraziarsi lo “straniero”, se non si converte alla vera religione, né per l’ambiente e la natura se non si riconosce Dio che li ha creati. Ma per condurre anche lo “straniero” alla fede, si deve parlargli di Cristo, insegnargli chi è veramente e non ritirarsi in un relativismo pseudoreligioso, come è divenuto di moda fare, oggi, anche nelle chiese che dovrebbero essere cristiane.
        I santi hanno annunciato e testimoniato Cristo con la loro parola e la loro vita, e non si sono mai accontentati di un sincretismo pagano in cui si mescolano elementi presi da tutte le parti confondendo le idee, già poco chiare, di coloro che ancora vorrebbero essere cristiani.
        In una situazione tanto confusa e pasticciata occorre, più di sempre, chiedere soccorso alla Madre di Dio, Maria Santissima, soprattutto in questo mese di ottobre a lei particolarmente dedicato, perché mostri a tutti gli uomini della terra il suo Figlio, l’unico Salvatore, in grado di guarire l’umanità di oggi dalla quella lebbra dello spirito, di origine satanica, che è peggiore di qualsiasi pandemia del corpo.
        Con le parole dell’antica preghiera dalla Salve Regina, anche ora la invochiamo: «Mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo Seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!».
  2. SEM IPC
    Francesco, il giullare di Dio! L'appellativo ideato da Roberto Rossellini nel 1950 racchiude perfettamente le caratteristiche dell'animo di San Francesco: il servizio, innanzitutto. Come tutti i giullari, servi di un sovrano, lui sceglie un sovrano-Padre, il sommo tra i sovrani. Opera un servizio totalizzante e vive la sua fede per tutta l'esistenza. Ma ha il grande pregio dell'umiltà, di chi si sente sempre  servo inutile, cioè quel servo che sa che Dio non ha bisogno di lui, ma trova in Dio la propria pienezza e gode di tutto, ogni istante, perchè riceve il 'nulla' (1) di Dio e ne fa tesoro.  Dal momento della chiamata ribalta la sua esistenza, totalmente, si spoglia di tutto e comincia a vedere con il punto di vista di Dio. La felicità che sente dentro di sè  dopo questa scelta la trasmette ad altri, Chiara in primis, con una forza che smuove le montagne. Un giullare deve divertire il re e  lui impasta di gaiezza la sua santità, fino a ricevere le stimmate. E' una santità 'bambina', quella di Francesco, che non riconosce il linguaggio ieratico della Chiesa e scandalizza per la sua autenticità. Lo porta a parlare con tutti gli elementi del creato che considera tutti egualmente degni di rispetto perché sono creati da Dio. E allora sgorga come acqua di ruscello di montagna dal suo animo Il Cantico delle creature, oggi ancora uno dei testi poetici più toccanti, perché veri, che siano mai stati scritti. Bellezza e verità coincidono sempre, nell'arte sacra più che mai.  E allora voglio proporre quest'opera(2) del pittore barese Toni Bux (compianto fratello del nostro amato don Nicola ndr),(3) come emblematica della gaiezza del giullare di Dio, Francesco, dal nostro autore colta appieno ed espressa con epifanica maestria e modernità. Con la sua inconfondibile pennellata fluida, avvalorata dall'uso della tempera e dalle scelte cromatiche vivaci,  Bux qui mette in campo il soffio vitale di un anima, come quella di Francesco, in simbiosi con Dio e quindi col creato. E allora predilige la linea curva che da sempre rimanda al divino, all'unione, al cielo. Tutto è ricurvo: prato, cielo, edicola, foglio del frate che scrive, raggi del sole, luna, ali degli uccelli, postura del corpo, dita e piedi di Francesco con lo sguardo rivolto al cielo. Le braccia aperte in posizione dell'orante ma rivisitate in chiave mistico-visionaria, a tracciare la sagoma di un gabbiano in volo, leggiadro e leggero, perché è vuoto di mondo e pieno di Dio. Ha lo sguardo del cane di Goya (4), che tira fuori il capo dalla rena, e solleva il suo canto di speranza mirando l'infinito. Quanta leggerezza ci trasmette questo dipinto, proprio quella che sospinge Francesco in questa lirica  di lode. Con la speditezza del tratto dei  paesaggi  veneziani di Monet ma con la pennellata essenziale di Velazquez e la discrezione della sue figure Toni Bux si esprime attraverso un realismo che voglio definire trasfigurato. Trasfigurato perchè è oltre lo sguardo reale, approda già ad un oltre che è quello cristiano, quello di chi ha 'confidenza' con Dio e sa trasmettere una esperienza estetica che,  se si tratta di arte sacra, come in questo caso, è anche estatica.  (1) Nello Zibaldone Leopardi scrive:" Pare che solamente quello che non esiste, la negazione dell'essere, il niente, possa essere senza limiti e che l'infinito venga in sostanza ad essere lo stesso che il nulla" (2 Maggio 1826) (2) L'opera fa parte di una serie di 8 tutte su San Francesco  custodite nella Badia Benedettina a Settimo(FI) premiate e vincitrici  al concorso d'Arte sacra di Firenze del 1998. (3) Bari, 1936-2016. (4) Francisco de Goya y Lucientes,Il cane, olio su muro trasportato su tela,1819-23, Madrid, Museo del Prado.        
  3. SEM IPC
    Tra guerra e pace, il Fatto su cui dobbiamo fissare lo sguardo è: il Verbo si è Fatto carne. Fatto! Per cosa? Salvare il popolo dai peccati. Questa è la conditio sine qua non, per la salvezza del mondo e dell'intero universo, e la fede in queste parole, dice Dostoevskij. Uomini come Matteo lo capirono, hanno lasciato tutto e seguirono quell'Uomo in cui abita la pienezza di Dio, Gesù. E dedicarono la vita ad annunziare quel Fatto. La Chiesa non ha altra ragion d'essere se non questa. Se parla d'altro, se va dietro guerra o pace o giustizia o qualsiasi altra urgenza del mondo, perde il tempo. Troppo perde il tempo chi non ama quel Fatto ma il mondo. Perciò, chi vuol seguire Cristo viene sommerso, battezzato, rivestito di Lui, avendo rinunciato al mondo e al suo principe e creduto a Lui. Tutto questo chiede di riecheggiare costantemente nelle orecchie e nel cuore e nella mente: la catechesi. Ecco come cresciamo nella dottrina. Non basta fare bene il tuo lavoro, se vuoi essere discepolo di Cristo. Devi seguirlo dentro la comunione della Chiesa che da due millenni porta la croce del mondo. Così i sinodali tedeschi, i preti, i vescovi, il papa e i fedeli laici di ogni latitudine, s'accorgano che non abbiamo da costruire un'altra Chiesa, perchè chi l'ha fatto è fallito, dice Benedetto XVI.
     
    Il problema degli ecclesiastici di rango, quando intervengono sui media, è di parlare come politici se non come ideologi, invece che come pastori e maestri. Come dovrebbero qualificarsi? Giudicando, definendo, distinguendo il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto. In una parola, comunicando il pensiero di Gesù Cristo, dicendo la verità sull'uomo e sul mondo. Non è una verità, ma quella di Gesù Cristo, l'espressione dell'amore di Dio affinché l'uomo e il mondo si salvino. Invece stiamo assistendo al lento e progressivo divampare di un incendio, appiccato dai vescovi tedeschi che si sono ribellati alla Rivelazione, alla Parola di Dio conclamata nel post-Concilio al punto da sostituire quasi i Sacramenti, ma ora calpestata con l'avallo alla pseudo-benedizione dei gay-moni: pseudo ovvero falsa, in quanto un sacramentale, qual è la benedizione, non può discostarsi dal sacramento, in specie quello del matrimonio tra uomo e donna, per la contraddizione che non consente. Certo, si può comprendere il tentativo  del card. Ruini di salvare il salvabile, chiedendo l'attuazione della prima parte della legge 194 circa la tutela della vita umana nel suo inizio, e la differenziazione delle unioni civili gay dal matrimonio, cosa già affermata in teoria dalla legge apposita. Ma, il benemerito Cardinale avrebbe dovuto premettere e aggiungere che il pensiero cattolico non può che essere negativo sulle due leggi, perché contrarie alla Rivelazione. Nell'economia dell'intervista, non vi ha badato, perchè, conoscendo il suo pensiero, sappiamo che ne è convinto. Si aggiunga però, che le interviste dell'alto clero, in primis del papa, contribuiscono a far scadere il Magistero della Chiesa al livello di un'opinione come tante, mentre esso possiede uno statuto veritativo, quindi oggettivo. Il giudizio cattolico deve essere fermo nell'affermare la verità e indulgente nelle applicazioni, guardando al principio omnia videre, multa tolerare, pauca corrigere. 
    Torniamo all'incendio che rischia di divampare in tutta la Chiesa, se la Sede Apostolica non interverrà a ristabilire il confine su "ciò che sempre, dovunque e da tutti deve essere creduto". Se continuerà nell'ambiguità, accogliendo i gruppi Lgbt e non ammonendo che tali unioni sono contrarie alla Rivelazione, ci sarà la riedizione del comportamento di Leone X e della sua corte, che sottovalutò la protesta di Lutero, liquidandola come chiacchiere di frati. E l'incendio si propagò dappertutto nella Chiesa, perché non pochi preti e vescovi sono inclini ad assecondare le mode, a causa della precaria formazione ricevuta. E tornerà la dolorosa divisione come tra gli ortodossi e gli ariani. 
     
    Intanto, una parte cospicua del popolo italiano ha scelto nella direzione di Dio, patria e famiglia, nonostante la timidezza e la codardia dei pastori della Chiesa, che non smentiscono quei politici che si dichiarano cattolici è sostengono idee di uomo e di famiglia contrarie alla Rivelazione. Si apre una sfida culturale, una partita nuova sul terreno pre-politico, alla quale stiamo contribuendo, nel nostro piccolo.Bisogna operare in modo che i politici che hanno vinto, si confrontino con  questo soggetto dalla chiara identità cattolica.
    La sottovalutazione dell'identità, è costata la sconfitta alle elezioni del partito democratico, perché in esso, come i big del partito riconoscono, convivono varie anime, quindi grande confusione sotto il cielo. Infatti, fa specie sentir parlare Enrico Letta che, da cattolico, sostiene i cosiddetti "diritti civili" propri del partito radicale. Strano modo di essere cattolico ed amorale, col piede in due scarpe. Invece, semper idem, essere "sempre lo stesso", è una massima decisiva per esistere; il contrario è il trasformismo e la liquefazione. Tutti siamo avvertiti. 
    Si avvicina una sciagura polimorfa se non una meritata catastrofe, se continueremo ad essere "in piena sintonia con l'Europa" come vuole il card. Zuppi. Non stanchiamoci perciò di pregare.
  4. SEM IPC
    Premessa
    Una approfondita riflessione di p. Cassian Folsom osb: Il Grande Divorzio: una diagnosi delle nostre malattie liturgiche, accompagnata dall' appendice per seguire il discorso tecnico della seconda parte. E' importante soffermarsi sul tema e approfondirlo, al fine di comprendere meglio la questione della partecipazione alla liturgia . Conviene, per esempio, soffermarsi sul punto dell' "adattamento alle esigenze dei tempi moderni", postulato dalla Costituzione Liturgica del Vaticano II: in sostanza, se esso abbia inteso adeguare la sacra liturgia all'uomo, invece di chiedere all'uomo di elevarsi al livello della liturgia, per questo definita sacra. Influsso dell'Illuminismo e del Modernismo? Emblematico in tal senso è stato il fenomeno frequente di spostare l'altare in mezzo ai fedeli e non di favorire il movimento dei fedeli verso l'altare, come invece avveniva alle origini, e in epoca medievale e moderna. In verità, solo con la conversione, l'uomo è capace di "atto liturgico". Pertanto, fondamentale è l'approccio proposto dall'Autore mediante san Tommaso, per sanare il divorzio tra la parte razionale dell'anima e la parte sensibile: come conosciamo e cosa conosciamo; perchè l'uomo conosce la realtà in due modi: con i sensi interni e i sensi esterni. La riforma liturgica ha accentuato la comprensione intellettuale, rispetto a quella sensibile; invece bisogna farle funzionare entrambe. Insomma, alla liturgia serve la filosofia. Infine, p.Cassian chiede di usare il metodo paolino: vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale. E' cosciente dei limiti, perciò chiede di studiare. In tal modo, contribuiremo alla "riforma della riforma" auspicata da Benedetto XVI nel discorso sull'ermeneutica della continuità (22 dicembre 2005).  Don Nicola Bux
     
    Una sintesi dello studio di P. Cassian a cura del Prof. Nicola Barile
    La relazione di p. Cassian parte da una constatazione: l’uomo moderno ha difficoltà ad accettare la liturgia così come ci è stata tramandata dall’antichità e dal medioevo. Forse perché l’uomo moderno è diverso? O piuttosto perché si è cambiato il suo modo di assistere all’atto liturgico? Secondo p. Cassian, è quest’ultima la giusta diagnosi dei mali liturgici attuali, ovvero è stato il progressivo spazio dato alla spiegazione intellettuale del rito, dall’illuminismo fino alle riforme più recenti, ad aver soffocato la partecipazione al gesto intuitivo/simbolico caratteristico del rito antico. La soluzione prospettata da p. Cassian è filosofica: egli invita a riscoprire la filosofia di S. Tommaso d’Aquino per comporre il grande divorzio tra la parte razionale e la parte sensibile dell'anima, unendo i due modi di conoscere dell’uomo: solo così si può entrare nel cuore della liturgia, e con tutte le facoltà dell’essere umano, adorare Dio.
     
    Di seguito le parti salienti dello studio (Per la relazione completa scaricare i files allegati a piè di pagina):
    L'uomo moderno ha difficoltà con la liturgia (Guardini). Perché?  Perché l'età moderna, influenzata com'è dal pensiero illuminista (Robinson) ha prodotto un uomo moderno la cui capacità di compiere l'atto liturgico si è atrofizzata? O, perché l'uomo moderno è sostanzialmente diverso dall’uomo medievale o dall’uomo dell’età classica ed ha quindi bisogno di una nuova liturgia adattata alle realtà moderne?
     Vorrei far presente che la prima risposta è molto più appropriata rispetto alla seconda, vale a dire che la capacità dell'uomo moderno di compiere l’atto liturgico è stata in qualche modo troncata. Come? La risposta, a mio avviso, si trova nel campo dell'epistemologia, e cioè, lo studio di come arriviamo alla conoscenza delle cose.
    La mia intuizione è che questa atrofia nella nostra capacità di compiere il Kultakt, per usare l'espressione di Guardini, sia il risultato di una visione restrittiva dell'uomo e del suo modo di conoscere.
    La grande intuizione del cristianesimo, infatti, è che riusciamo a conoscere Dio proprio attraverso l’ordine naturale. Infatti, tutto il nostro sistema sacramentale si basa sull'analogia. Nei sacramenti, gli elementi materiali indicano realtà divine. Dovrebbe quindi essere logico che la liturgia sia un posto, per eccellenza, dove si possa incontrare Dio per analogia. Se questo è il caso, come facciamo a conoscere Dio nella liturgia? E cosa sappiamo di Dio nella liturgia?
     
    Come conosciamo la persona umana è una, ma il processo di conoscenza è molteplice e complesso. Una stessa persona può capire con la sua mente e intuire con i suoi sensi. (Naturalmente è molto semplificato, ma sarà sufficiente per i nostri scopi).
     
    Cosa conosciamo della liturgia
    Dal punto di vista dell’anima sensibile, gli oggetti della conoscenza nella liturgia sono i segni sacramentali concreti, la gestualità, i simboli. Infatti, i sacramenti sono radicati nei cinque sensi. La musica, l’arte e l’architettura sono tutti, in primo luogo, oggetti della potenza sensibile dell'anima (anche se l’intelletto, poi, può e deve capirne il significato).  Negli ultimi cinquant’anni, nonostante ci sia stato un interesse accademico per i segni e i simboli della liturgia, nella pratica, la maggior parte delle celebrazioni eucaristiche sono state prese dalla "messa bassa", dando come risultato una predominanza delle parole. In effetti, questo riduce la liturgia a un esercizio della parte razionale dell'anima, lasciando la parte sensibile dell'anima poco sviluppata.
    Ma cosa succede se separiamo le potenze sensibili dell'anima dalle potenze razionali e agiamo come se avessero poco o nulla a che fare l’una con l'altra? Cercherò qui di spiegare la mia tesi. Ho il sospetto che alla radice dei nostri mali liturgici vi sia un grande divorzio tra la parte razionale e la parte sensibile dell'anima. La tendenza delle riforme post conciliari è quella di accentuare la comprensione intellettuale. La Forma Straordinaria, d’altra parte, soprattutto nella Messa Cantata o nella Messa Solenne, dà molto più spazio all’immaginazione simbolica.  Ma i due modi di conoscere sembrano completamente separati.  Questo divorzio non ci rimanda forse all'illuminismo? L'obiettivo a cui aspiriamo, naturalmente, è l'unità di ragione e immaginazione, la sinergia tra le parti razionali e le parti sensibili dell'anima. Quando questo accade (e lo sperimento spesso, come anche voi, ne sono certo), la persona che prega è sollevata da sé e portata - almeno per un periodo di tempo - nella liturgia celeste.
     
    Se la mia intuizione è corretta, ovverosia che il Grande Divorzio possa essere fatto risalire al periodo dell'Illuminismo, allora dovremmo essere in grado di trovarne traccia nella storia liturgica del tempo. I manuali di storia liturgica tendono a non trattare affatto quest’argomento, riunendo insieme i secoli dopo il Concilio di Trento e passando dalle riforme liturgiche post tridentine al movimento liturgico del ventesimo secolo. Un’eccezione a questa tendenza è il lavoro di Enrico Cattaneo, contenente un capitolo abbastanza dettagliato dal titolo “La disciplina della Liturgia Pastorale nel 1700” (di cui solo alcune parti sono pertinenti alla nostra questione specifica); un altro lavoro sul tema è la Storia della Liturgia di Burkhard Neunheuser, piuttosto densa, in cui è presente un breve capitolo (con alcune note bibliografiche) dal titolo “L'Illuminismo del XVIII secolo”. Neunheuser distingue quattro gruppi di persone in questo periodo:
     
    a)    i sostenitori di un radicale scetticismo anticristiano;
    b)    i promotori di un’opposizione tra cristianesimo positivo (con le leggi e le norme imposte dalla Chiesa) e una religione naturale; il loro intento, tuttavia, non era quello di distruggere la fede cristiana;
    c)    i teologi collocabili in una via di mezzo, che pur non toccando il sistema dogmatico della Chiesa in quanto tale, spiegano i dogmi individuali lungo le linee di una cosiddetta religione morale: questi teologi erano numerosi, soprattutto tra i cattolici;
    d)    le persone sincere, teologi e laici, che, avendo compreso i reali difetti dell’epoca, erano pronte per essere aggiornate, ma in senso autenticamente cristiano. Tra i rappresentanti più illustri si annovera il grande vescovo Johannes M. Sailer di Ratisbona.
    La mia tesi su “Il Grande Divorzio” tra le parti razionali e sensibili dell'anima deve essere vagliata. Qui vi è ampio spazio per la ricerca.  Alcune aree di studio ulteriore sono le seguenti:
     
    a)    il pensiero di Romano Guardini sull'uomo moderno e sulla sua capacità verso l'atto di culto.
    b)    L’epistemologia di San Tommaso applicata alla liturgia.
    c)    L’epistemologia illuminista applicata alla liturgia.
    d)    Gli studi della storia liturgica nel diciottesimo secolo (Francia, Germania, Austria, Italia).
    e)    Gli studi di liturgia medievale, in particolare la nozione di partecipazione dei fedeli per mezzo del simbolo e dell’allegoria.
    Di seguito gli allegati con la relazione completa e l'appendice
    C.Folsom-Il Grande Divorzio.docx
    C.Folsom-Allegato.docx
     
  5. SEM IPC
    Da almeno 50anni  chi ha occupato le leve del potere in Occidente , secondo i principi illustrati da Robert H. Benson ne “Il padrone de mondo” , prende e impone decisioni talmente errate e talmente fondate su premesse errate, ma con conseguenze talmente drammatiche ,  che ci si meraviglia  che non si sia avviato una specie di “Processo di Norimberga” per crimini verso l’umanità.  
    All’inizio qualcuno aveva intuito o percepito il pericolo e rischio di queste decisioni , aveva dissentito , ma è stato presto messo da parte. Quello che viene definito “pensiero politicamente corretto” si è rivelato esser più violento del previsto . Ogni valutazione contraria  ed ogni richiesta di spiegazione ,pur ben argomentata , ha fatto la fine dei Dubia dei Cardinali su Amoris Laetitia  . E conseguentemente  chi ha insistito nel dubitare ha fatto la fine dei dubitatori citati. 
    Nei primi anni ’70 in Occidente , si sviluppò  e si impose  un pensiero forte e radicale che fu accolto in seno al pensiero delle leadership  occidentali senza praticamente esser messo in discussione . Questo pensiero  riuscì ad imporre che la crescita della popolazione  mondiale era insostenibile per il pianeta grazie al consumo di risorse naturali  scarse. ( soprattutto energia ) . Vennero  imposte,  grazie ad un modello di convincimento straordinariamente ben gestito, che si dovevano ridurre immediatamente le nascite per evitare la distruzione del pianeta (grazie al riscaldamento globale soprattutto) . Con questa imposizione si sancì definitivamente che  il vero grande nemico dell’uomo era l’uomo stesso ( cancro della natura , incidente nel processo di evoluzione) .
    I dissidenti scienziati  ed economisti che  osarono negare la tesi e spiegare i rischi e conseguenze , non furono mandati in Siberia ,ma furono umiliati e disprezzati  da un mix di spiegazioni  vagamente impregnate di darwinismo, malthusianesimo, nichilismo gnostico, e pure un evidente cinismo. 
    Lo spegnimento progressivo delle nascite ( solo in Occidente ,naturalmente ) mise a rischio la crescita del Pil , compensata da duplicazioni nei consumi individuali  a prezzi bassi grazie alla delocalizzazione produttiva in Asia ( a  low cost )che permise la crescita del potere asiatico ,ma creò il vero fenomeno dell’inquinamento atmosferico . ( sempre più eccessivi consumi in occidente e produzioni a basso costo senza  protezione ambientale in oriente  hanno generato il problema climatico ).   l’Occidente reagì inventando la “transizione energetica” , una strategia per riprendere in mano le redini dell’economia mondiale , destinata però a metter fuori gioco i produttori di energia ( gas, petrolio, carbone ) che in dieci anni sarebbero pertanto entrati in difficoltà e avrebbero necessitato soluzioni strategiche fatte di nuovi accordi commerciali . Ma nuovi accordi commerciali significa  transizione geopolitica del potere . Da accordi CinoAmericani e EuropeiRussi , si è provocato il nuovo grande accordo CinoRusso che provocherà altre alleanze . Mentre a noi occidentali resterà carenza di materie prime, inflazione , debito e popolazione vecchia e stanca , che forse domani ( 25 settembre ) vivrà la sua forse  ultima illusione con il voto alle elezioni democratiche.
    I due Dubia   che vorrei esprimere sono :
    Ma siamo certi che le premesse delle decisioni prese in Occidente negli ultimi 50anni siano corrette e non invece correggibili? Visto che son state l’origine di tutte le crisi successive ? Ma perché ,invece di cercare e studiare le cause dei problemi si continua a intervenire  solo sugli effetti , con reset  utopistici ? Sarei grato per le due risposte a questi due Dubia.  
  6. SEM IPC
    L'ha indicato don D’Ambrosio sul “Corriere del Mezzogiorno” del 22 Settembre. Sbaglia, completamente, almeno su due questioni da me toccate:    1. La questione dei principi non negoziabili, che sta alla base del bene comune (rispetto della vita dal concepimento alla fine naturale, famiglia naturale, educazione, libertà religiosa, ecc.), è incomparabile con altre questioni, che sono soggette a discernimento della prudenza (accoglienza di profughi, di migranti, ecc.). Negli States degli anni ’90 ci fu il noto Card. Bernardin che, in velata polemica con Giovanni Paolo II e la sua insistenza sui valori non negoziabili della cultura della vita, propose la discutibile teoria del “seamless garment" (tunica inconsutile) per dire che tutti i valori sono sullo stesso piano e formano un unicum… Ora purtroppo questa teoria è fatta propria da Paglia, dalla Pontificia Accademia della Vita, e in maniera implicita anche da papa Francesco.
    2. La questione della coerenza dei politici. Si potrebbe osservare che la coerenza è la virtù dei testardi. Essa è virtù se i principi sono buoni, ma è vizio se sono cattivi. Saulo di Tarso era molto coerente coi suoi principi di rigido fariseo, ma per salvarsi si convertì, quando gli apparve il Signore. Certo in politica si deve guardare anche all’affidabilità dei candidati che si votano, non principalmente a quella di morale personale però (altrimenti non si troverebbe quasi nessuno da votare, o forse qualcuno buono, ma incompetente…), ma a quella tra promesse e programmi (giusti) e effettivo compimento degli stessi. 
    Nessuno può affermare di essere stato coerente, a motivo del peccato. Gesù ha detto: Chi è senza peccato scagli per primo la pietra. E a proposito dei partiti del suo tempo(scribi, farisei...): Fate quello che dicono,, non fate quello che fanno. Altrimenti egli sarebbe venuto a salvare i giusti, non per i peccatori. Se la coerenza fosse la condizione per appartenere alla Chiesa, chi potrebbe farne parte? Infatti,l'incoerenza degli uomini di Chiesa, non intacca la verità di Cristo. Avevo sentito un intervento alla TV Sat2000 di D’Ambrosio in cui si scagliava contro la corruzione in politica con toni accesi in favore della “legalità”, tipici del mondo di “Libera” o del sinistrismo antimafia, adottato molto anche dai gesuiti. Col principio di coerenza si favorisce l'astensione. D'Ambrosio propone una dottrina morale relativista e non cattolica.
  7. SEM IPC
    Nel celebre discorso tenuto a Colonia il 15 novembre 1980, rivolto a scienziati e studenti, in occasione del settimo anniversario della morte di sant’Alberto Magno, presentando la sua visione della scienza (“epistemologia”), san Giovanni Paolo II, prospettò due strade alternative per il cammino delle nostre scienze.
    – L’una senza riferimento ad una verità oggettiva e metafisica, vedeva la scienza inevitabilmente schiava del potere che finanzia le ricerche e indirizza le sue applicazioni tecnologiche e la divulgazione mediatica.
    – L’altra che vede la scienza “libera”, orientata alla ricerca di una “teoria dei fondamenti”, condotta con il suo linguaggio e i suoi metodi logico-matematici e osservativo/sperimentali («Una scienza libera è asservita unicamente alla verità non si lascia ridurre al modello del funzionalismo o ad altro del genere, che limiti l’ambito conoscitivo della razionalità scientifica», n. 5).
    Questa seconda pista aveva come prospettiva – più o meno consapevole nella mente degli scienziati – la scoperta (o la riscoperta) di verità fondamentali non convenzionali, ma oggettive («proposizioni così fatte devono esistere, altrimenti non esisterebbero nemmeno i teoremi ipotetici», Gödel 1951). La metafisica, così poteva/doveva essere trovata/ritrovata per una esigenza interna, come necessaria “teoria dei fondamenti” delle scienze.
    Queste due vie, però, non rappresentano due alternative equivalenti, che possono essere scelte a piacimento da ciascuno scienziato, a partire dalle sue previe opzioni ideologiche, politiche, religiose, come ancora molti si illudono di poter ritenere. Se il potere del mondo riesce ad imporsi anche per lunghi periodi di tempo, ricattando, di fatto, i ricercatori, sia dal punto di vista economico finanziando solo studi orientati ideologicamente, sia condizionando il loro modo di pensare l’essere umano, la società e la scienza stessa, rimane pur sempre il dato di fatto inevitabile che i risultati sia teorici (i teoremi) che pratici (gli esperimenti) impongono alla logica e all’osservazione, qualcosa di non aggirabile per una mente intelligente abituata a ragionare e ad interpretare i fatti con razionalità.
    Nell’enciclica Fides et ratio, e non solo, Giovanni Paolo II riprende la necessità di indagare sui fondamenti logici e ontologici della scienza  («Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento», n. 83). Questa è una necessità per una ricerca scientifica che non voglia finire per bloccarsi, esaurendosi in una sempre più presuntamente “onnipotente” tecnologia, manipolatrice dell’uomo e alla fine, nemica dell’uomo. Oggi l’estremo tentativo di manipolazione dell’uomo lo si vede, ormai, nell’inizio di una sua robotizzazione condizionante. Se non si riesce a produrre un uomo artificiale, con un’intelligenza artificiale che sia veramente intelligente, allora si cerca di assorbire l’uomo “naturale” rendendolo sempre più bionico e elettronicamente integrato e controllabile centralmente  da remoto (come i Borg della famosa serie Star Trek).
    L’esigenza di una “teoria dei fondamenti” emerse già nella matematica della fine del XIX secolo (Hilbert, Cantor) e l’inizio del XX, dall’interno delle teorie scientifiche stesse e non come una sovrapposizione filosofica e teologica ad esse estranea. E il risultato fu che il linguaggio scientifico (logico-matematico) può dire “più cose vere” di quelle che è capace di dimostrare al suo interno (Teoremi di Gödel, 1931). Il fondamento non poteva essere parte della teoria stessa, ma doveva essere di natura diversa da essa, in certo modo trascendendola (è, in fondo, un primo accenno alla riscoperta dell’analogia dell’ente di tomistica memoria, che Russell (1903/1910) chiamò opportunamente ambiguità sistematica).
    Nasceva così l’esigenza di ampliare qualitativamente la scienza, prima da una teoria dei numeri e delle relazioni/funzioni ad una teoria degli insiemi di oggetti, e poi ad una “teoria degli enti” di natura qualunque (ontologia formale). Si veniva così ad aprire la strada verso una riscoperta della metafisica con metodi logici e scientifici.
    Del resto anche la metafisica antica nacque dalla crisi della matematica dei Pitagorici (“crisi degli irrazionali”), imponendo di ampliare l’orizzonte della razionalità verso principi fondamentali della realtà di natura non numerica, quali furono la “materia” e la “forma” aristotelica. Curiosamente, ma non troppo, ai nostri giorni, la “teoria dell’informazione”, sopratutto in ambito biologico e cognitivo sembra avvicinarsi proprio alla nozione di “forma” aristotelica. Oggi ci sono ancora due scuole di pensiero che dibattono su quale principio debba essere primario: per alcuni è la materia e l’informazione emergerebbe da quest’ultima più o meno spontaneamente; altri ritengono che l’informazione debba precedere la materia come principio capace di strutturarla e organizzarla. Non siamo ancora arrivati a concepire la possibilità di una  qualche “forma/informazione” capace di sussistere anche indipendentemente dalla materia (“spirito”) in quanto in grado di compiere attività che sono indipendenti da quest’ultima (quali la formazioni degli universali e la coscienza), come sosteneva san Tommaso d’Aquino, ma la via scientifica verso questo risultato è più aperta oggi che in passato. Occorrerà onestà intellettuale e scientifica per poterci arrivare.
    Ai nostri giorni abbiamo un’ampia e quotidiana documentazione di come la scienza possa essere appetibile presso i poteri del mondo (finanziari, economici, politici, mediatici, globali, massonici, ecc.) per giustificare e rendere plausibili, con la paura, con i vantaggi che può offrire, con le tecniche di manipolazione del consenso, ecc., operazioni di potere che ricattano immobilizzandola la libertà delle persone, fino a sospendere la democrazia, distorcere fino alla distruzione la famiglia e un vivere civile libero che sia degno di questo nome. Ma questa strada è un’operazione di potere che non nasce da esigenze proprie della ricerca scientifica, ma solo dai deliri di potere e onnipotenza di uomini, che possono sedurre anche gli scienziati, quando non si comportano da veri scienziati, lasciandosi dominare da un’ambizione narcisistica. Solo l’assistenza divina, insieme alla sana ragione, potrà illuminare le loro menti e i loro cuori verso una lucida onestà intellettuale e una giusta condotta, degna di veri scienziati.
    (per approfondire; articolo La percezione dei fondamenti nel pensiero logico e matematico; libro: A. Strumia, L’uomo e la scienza nel Magistero di Giovanni Paolo II, Pemme 1987, Amazon 2019)
  8. SEM IPC
    In una intervista concessa a CNA Deutsch (https://de.catholicnewsagency.com/article/bischof-voderholzer-im-gespraech-evangelisierung-muss-mit-apologetik-einhergehen-1892) il 1° settembre 2022, il vescovo Rudolf Voderholzer ha sollecitato “una sana apologetica”. E’ un testo che, secondo me, merita una attenta valutazione e riflessione; ne riassumerò, pertanto, i passi più significativi. Ricordo che Voderholzer è stato ordinato vescovo nel 2013 e da allora è responsabile della diocesi di Ratisbona. Dal 2008 è direttore dell’Istituto Papa Benedetto XVI, che pubblica la raccolta di scritti del Papa emerito. Dal 2005 al 2013 ha insegnato dogmatica e storia dei dogmi presso la Facoltà di Teologia di Treviri.
    Ma cosa intende il vescovo Voderholzer per “sana apologetica”? “Si tratta di dimostrare la ragionevolezza della fede e la speranza che essa dà di fronte a questioni critiche”, spiega Sua Eccellenza. “Apologetica significa letteralmente ‘difesa della fede e della speranza’. Il più famoso discorso di questo tipo, già in ambito pagano, è l’Apologia di Socrate di Platone. La parola è stata poi introdotta nell’uso cristiano dalla prima epistola di Pietro, dove si legge: ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1 Pt 3, 15). I pensatori cristiani del II secolo d. C. si trovarono particolarmente interpellati dalla nascente fede cristiana, che giustificarono su basi storiche e filosofiche. Sono raggruppati sotto il termine generico di ‘apologisti paleocristiani’, il più importante dei quali è Giustino martire. In ogni momento, è stata una questione vicina al cuore dei cristiani non solo affermare semplicemente gli elementi fondamentali della fede di fronte alle contraddizioni e alle ostilità, ma anche giustificarli in modo trasparente e comprensibile. Quando lo studio della teologia ha cominciato a differenziarsi in singole discipline nei tempi moderni, l’apologetica è diventata una materia a sé stante. Oggi l'apologetica è - nel migliore dei casi - una dimensione di tutte le materie teologiche, in quanto anche tutte le discipline hanno a che fare con la messa in discussione di qualcosa. Può essere ‘sana’ se è oggettiva e comprensibile, aperta alle domande e ai problemi attuali che le persone hanno con la fede in Cristo e, soprattutto, autocriticamente e umanamente nel miglior senso della parola”.
    Continua Sua Eccellenza: “La ‘difesa della fede e della speranza’ diventa invece malsana quando è l’unico motore del dibattito intellettuale o quando si utilizzano costantemente solo argomenti negativi per rafforzare la propria posizione. Un detto molto saggio di Henri de Lubac dice: ‘È una disgrazia aver imparato il catechismo contro qualcuno’. C'è il pericolo di affermare una ‘identità negativa’ quando la sola ‘protesta’ mi sostiene, per così dire. L'evangelizzazione, invece, deve attingere al contenuto positivo, alla bellezza e allo splendore della fede. A mio avviso, però, può e deve andare di pari passo con una ‘sana’ apologetica, in quanto l’annuncio della fede non è mai, e certamente non è oggi, avvenuto in un clima puramente benevolo e positivo, nel corso della storia. Anche di fronte a me stesso devo rassicurarmi ancora e ancora della mia fede. Un fideismo provocatorio, cioè un'insistenza sulla credenza senza chiederne la ragionevolezza e la giustificazione, non può durare a lungo”, secondo il presule.
    Quali i modelli? Al vescovo-professore vengono in mente S. Ireneo di Lione, S. Tommaso d’Aquino, Blaise Pascal, S. John Herny Newman, Henri de Lubac e, naturalmente, Joseph Ratzinger / Papa Benedetto XVI, di cui mons. Voderholzer ricorda una frase che lo accompagna da quando l’ha letta per la prima volta, da studente di teologia, nel Rapporto sulla fede: ‘L'unica vera apologia del cristianesimo si può limitare a due argomenti: i santi che la Chiesa ha prodotto e l’arte che è cresciuta nel suo grembo’.
    Conclude il vescovo Voderholzer: “L’esperienza ha dimostrato, pertanto, che gli argomenti nelle conversazioni con persone che sono critiche nei confronti della Chiesa si concentrano solitamente su un certo modello di scandali: crociate, processi alle streghe, processo Galileo, colonialismo, seguaci nei sistemi totalitari, corruzione della tradizione di Gesù e, recentemente, soprattutto abusi sessuali. Ciò che è importante è che apologetica non significa negazione provocatoria del lato oscuro della chiesa, o dogmatismo ad ogni costo. Determinante è la conoscenza storica, la capacità di discernimento e l’intuizione che per santità della Chiesa non s’intende l’integrità morale di tutti i suoi membri, ma il dono del Signore di trasmettere la Sua presenza, la Sua salvezza, proprio in fragili vascelli”.
    Oggi, purtroppo, “non pochi teologi stessi hanno una cattiva cultura del risentimento, che non rispetta quasi più la tradizione della Chiesa. Penso qui ad alcuni testi del ‘Cammino sinodale’ in Germania. In alcune facoltà si è affermato un ‘liberalismo’, soprattutto nella teologia fondamentale. Non si accetta altro che ciò che può essere costituito, compreso e giustificato da una libertà autonoma. Qualsiasi specificazione di una rivelazione storica, che è attestata in modo vincolante nei dogmi, è respinta in quanto premoderna e irragionevole. Questa situazione è sfortunata e insostenibile. Abbiamo bisogno” - questo è il succo dell’intervista al vescovo Voderholzer – “di una teologia che dimostri che non è la libertà che rende vero qualcosa, ma piuttosto è la verità che rende liberi. È proprio per quest'ultima posizione, che a mio avviso sola corrisponde alla fede, che Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sta come nessun altro. Egli invoca una ‘liberazione’ della ragione, che è capace di verità e che si eleva ancora una volta al di là di sé stessa nella fede”.
  9. SEM IPC
    Il 6 settembre, V anniversario della nascita al Cielo di S. Eminenza il Cardinal Carlo Caffarra, i sacerdoti,i fedeli e gli amici che lo hanno conosciuto e amato,uniti ai cardinali Brandmueller e Burke, invitano a offrire il Sacrificio Eucaristico in suo suffragio e ad unirsi alla preghiera - ad uso privato - per la sua beatificazione: O Dio Padre, che hai chiamato il tuo vescovo, cardinale Carlo Caffarra, come successore degli Apostoli, ad estendere il Regno inaugurato da tuo Figlio, con la sua dottrina,il suo esempio e la sua ardente carità per la Chiesa e la famiglia, concedi, per la tua maggior gloria e per il bene delle nostre anime, di glorificare il tuo servo, concedendoci per sua intercessione la grazia che ti chiediamo....Per Cristo nostro Signore.Amen Per informazioni:www.caffarra.it
  10. SEM IPC
    Ho letto con attenzione l’articolo di Galli della Loggia sul Corsera del 29 agosto. Mi son chiesto cosa si fosse proposto scrivendolo. Non son certo di averlo capito. Però essendo Galli della Loggia un intellettuale di altissimo livello e con grande credibilità, propongo di rileggerlo insieme con il metodo del sillogismo aristotelico .
    ANALISI: la premessa principale (che lui mette nella Conclusione) è: I cattolici sono importanti (anche in politica) perché hanno energie, volontà, capacità e sarebbe pertanto un peccato perderli (si noti che non dice che i cattolici hanno ancora, o no, fede… hanno energie…).
    Poi passa a rilevare che il mondo cattolico è assente nel discorso pubblico (ma il cattolico è “lievito”, non necessariamente parte del discorso pubblico. In più non è “assente“ per scelta, è stato escluso dal discorso pubblico). 
    – dice che è solo il papa che riesce a farsi sentire (mi pare si faccia sentire anche troppo, in più la CEI  oggi non è in mano a  un  Ruini). 
    – dice che politicamente i cattolici dopo la catastrofe del 1992-94, contano zero (non spiega cosa intende per catastrofe del 1992-94: Tangentopoli?; fine della DC?; fine dei partiti ideologici? sostituiti da lobby? 
    – dice che ha ragione Andrea Riccardi che il silenzio dei cattolici non è positivo e che devono riacquistare voce. (Ma Riccardi è già stato persino ministro, nel governo Monti. Si è fatto ascoltare ?). Poi non ci dice per cosa dovrebbero riacquistare voce, forse per riconfermare le tesi ecologiste  e immigrazioniste ?  O quelle sulla legge 194?
    – si domanda ancora una volta il perché dell’Eclissi cattolica in Italia e della irrilevanza pubblica, ma non si risponde. (Forse proprio perché in Italia c’è la sede della Chiesa?, forse perché si deve tacitare chi parla di “morale” comportamentale? forse perché i partiti politici oggi sono “globali e lobbystici “ ?). 
    Spiega invece che l’identità cattolica è divenuta fluida, senza connotati, identità, incapace perciò di avere ruoli di protagonista, ha candidati a destra, sinistra, centro, senza risultati nei temi più importanti (aborto…). Dice “per esistere bisogna coesistere”. Sono  d’accordo .
    CONSIDERAZIONI  principali reinterpretate  nell’articolo: 
    1-nel processo di secolarizzazione tecno-scientifica i cattolici non hanno saputo reagire e son passati da opposizione rassegnata a compromesso.
    2- hanno disconosciuto i principi di Autorità del Magistero.
    3- dal punto di vista politico, dopo la fine della DC, si son schierati con il PC sperando di dargli un’anima.  Senza riuscirci, e son falliti ….
    CONCLUSIONE  reinterpretata dell’articolo: Il cattolicesimo è finito, è divenuto tutt’al più una etica socialmente (in)utile, senza più identità. Meglio si riconverta, politicamente, emancipandosi dalla CEI e Santa Sede   smettendo di essere integralista (politicamente). In pratica (secondo la mia interpretazione) Galli della Loggia suggerisce di abbandonare l’illusione del cattolicesimo e cimentarsi in qualcosa di utile: la politica. Espressione della trasformazione del cattolicesimo in qualcosa di utile .
    Ed ora vorrei concludere con una proposta :
    PROPOSTA: Ho partecipato quest’estate a una "scuola" di cattolici desiderosi di formarsi al pensiero cattolico.  A mio intendimento è emersa una più forte esigenza ad ascoltare proposte operative su “che fare” per difenderci in una situazione che ormai appare irreversibile in un contesto in cui  le azioni sembrano esserci “sfuggite di mano” (Sollicitudo rei socialis di San Giovanni Paolo II) e gli strumenti  hanno ormai preso “autonomia morale“(Caritas in veritate di Benedetto XVI).
    Durante e dopo le mie discussioni alla “scuola” mi sono chiesto, sempre più preoccupato, come  un cattolico consapevole e di criterio, possa agire e reagire in un mondo dove si impongono  e si accettano,  rassegnati, verità storiche che descrivono solo gli “ effetti “ senza mai indicarne le vere cause o le origini. E se qualcuno prova a farlo viene escluso dai dibattiti. Appare sempre più evidente in questo XXI secolo la prospettiva di far emergere e risaltare l’azione umana, artefice di ogni progresso (naturalmente ignorando o negando Dio) e nel contempo attribuendo - al libero arbitrio - la responsabilità di ogni errore fatto, di ogni crisi generata, di ogni problema creato. Ciò perché il libero arbitrio è soggettivo, intuitivo, irrazionale. Pertanto va subito cancellato e sostituito con determinismo scientifico razionale onde evitare ulteriori problemi in futuro. Ma, cattolici consapevoli e responsabili non possono omettere di reagire, anche fortificando gli altri cattolici (anzitutto) ed il prossimo, al fine di proteggere e accrescere la loro fede. Ho percepito nella “scuola” quest’anno che c’è molto da fare per riuscirci. Questo mondo fa di tutto per confondere e non permettere di capire. E chi dovrebbe occuparsene istituzionalmente, non sembra interessato a farlo. E lo smarrimento percepito relativamente a ciò che sta accadendo e ciò che andrebbe fatto, è stato alto, ma più alta è stata la assoluta percezione della provvidenziale ansia di intendere per agire  manifestata dai presenti. Mi si conceda pertanto un paradosso. Oggi un cattolico dovrebbe saper “scandalizzare” proclamando ciò a cui crede con senso soprannaturale, e dovrebbe saper promuovere una “crociata” (che parola complessa da intendere!) contro i cattolici “IBRIDI”, cioè quelli catto-mondani, paurosi di scontrarsi con il mondo al fine di non esser considerati contro il progresso e la scienza ed esser considerati incapaci di capire la Realtà e divenire pertanto divisivi e non apparire "uomini di questi tempi". Oggi un cattolico dovrebbe saper scandalizzare spiegando le cause verso gli effetti e spiegando i fini da dare ai mezzi. Oggi, che lo si voglia riconoscere o meno, si sta preparando una nuova "rivelazione", per capirlo e reagire si deve smettere di esser catto-ibridi.  Si deve tornare al pensiero tomista-aristotelico.  ( amen)
  11. SEM IPC
    Premessa
     
    Il problema essenziale del mondo occidentale è la perdita della realtà: nulla è ciò che è, una cosa diventa ciò che è solo quando la determiniamo. Per questa ragione, svolgerò il tema affidatomi seguendo una visione filosofica detta “del realismo metafisico”: una visione del mondo essenzialmente aristotelica che, combinata con la mentalità giuridica romana, ha prodotto la civiltà occidentale nel periodo precristiano. Il cristianesimo ha poi aggiunto la conoscenza del soprannaturale che deve guidare correttamente la percezione dei sensi.
     
     
     
     
    Il problema “Francesco”
     
    Non è una novità che papa Francesco, nel corso degli anni, abbia fatto una serie di affermazioni e gesti teologicamente problematici, come la comunione ai divorziati, per esempio e il capovolgimento del motu proprio sulla Messa in latino, ispirando un movimento detto dei “benevacantisti”, secondo il quale il problema posto dalle discutibili dichiarazioni e azioni di Francesco può essere sciolto solo se si scopre che Benedetto è ancora papa. Perché in quel caso, le affermazioni problematiche non sarebbero state fatte da un vero papa e, quindi, non ci sarebbe bisogno di spiegare come un papa abbia potuto commettere tali errori.
     
    Ora, la soluzione del benevacantismo è semplicemente superflua. La Chiesa ha sempre riconosciuto che i papi possono sbagliare quando non parlano ex cathedra, e qualunque altra cosa si pensi delle controverse dichiarazioni e azioni di Francesco, tutte, se errate, rientrano nella categoria dei possibili errori che un papa può commettere. Francesco può aver detto e fatto cose teologicamente più dubbie rispetto ai più noti papi del passato (come, ad esempio, Giovanni XXII), ma sono affermazioni e azioni dubbie di base dello stesso genere. Il problema è gravissimo, ma, ancora una volta, rientra nei limiti di ciò che la Chiesa e i suoi fedeli teologi hanno sempre riconosciuto potesse accadere, compatibilmente con l'infallibilità delle condizioni chiaramente definite per l'insegnamento pontificio.
     
    È molto importante che i cattolici imparino la loro fede e conoscano la loro tradizione in modo da poter valutare ragionevolmente il valore delle dichiarazioni e delle azioni del papa. Per fare questo, devono (tra le altre cose) capire cos’è l’autorità dell’insegnamento della Chiesa e cosa non lo è.
    Chi ha l'autorità di insegnare? Da dove deriva l'autorità? Cosa si può giustamente insegnare? Quali sono i gradi di autorevolezza? Che tipo di assenso richiedono i diversi gradi da parte dei fedeli? E devo assecondare le problematiche affermazioni del papa o dei vescovi e dei teologi?
     
    La dottrina cattolica sull'autorità di insegnamento del papa è abbastanza chiara, ma molte persone la fraintendono gravemente. Alcune persone pensano che l'insegnamento cattolico sia che un papa sia infallibile non solo quando fa dichiarazioni ex cathedra, ma in tutto ciò che fa e dice.
    Alcuni pensano che un cattolico sia obbligato ad accettare l'insegnamento di un papa solo quando tale insegnamento è da lui proposto come infallibile. Altri pensano che un cattolico sia obbligato a concordare più o meno con ogni punto di vista o decisione di un papa in materia di teologia, filosofia, politica, ecc. anche quando non viene presentato come infallibile. Come sempre, la dottrina cattolica è equilibrata, una via di mezzo tra gli estremi – in questo caso, tra questi estremi minimalisti e massimalisti. Ma è anche ricca di sfumature, e per capirle dobbiamo fare alcune distinzioni che troppo spesso vengono ignorate.
     
    Per prima cosa chiariamo cosa s’intende per infallibilità papale. Quello che il Concilio Vaticano I descrisse è l'esercizio da parte del papa di quello che viene chiamato il suo “magistero straordinario”, in contrapposizione al suo “magistero ordinario” o attività didattica quotidiana sotto forma di omelie, encicliche, ecc., individuando diverse condizioni per l'esercizio di questo straordinario Magistero. In primo luogo, il papa deve fare appello alla sua suprema autorità di insegnamento come successore di Pietro, invece di parlare semplicemente come un teologo privato, o fare osservazioni a braccio o cose simili. Un esercizio del Magistero straordinario dovrebbe comportare, pertanto, tipicamente una dichiarazione formale e solenne. In secondo luogo, deve affrontare qualche questione di dottrina riguardante la fede o la morale. Il Magistero straordinario non riguarda questioni puramente scientifiche (come quanti elementi ci siano nella tavola periodica), questioni politiche (come se un determinato atto legislativo proposto sia una buona idea, ecc.). Terzo, deve "definire" qualche dottrina nel senso di proporlo come insegnamento ufficiale vincolante per tutta la Chiesa. Il Magistero straordinario non riguarda un insegnamento che riguarda circostanze meramente locali o contingenti.
     
    Ma c'è un'ulteriore, cruciale condizione su tali dichiarazioni ex cathedra. Il Concilio Vaticano I lo ha sottolineato in un passaggio:
     
    Infatti lo Spirito Santo fu promesso ai successori di Pietro non perché, mediante la sua rivelazione, facessero conoscere qualche nuova dottrina, ma perché, mediante il suo aiuto, custodissero religiosamente ed esponessero fedelmente la rivelazione o deposito di fede trasmesso dagli apostoli.
     
    Ora sappiamo che i papi fanno affermazioni diverse dagli atti di insegnamento formale su questioni di fede e morale, ad esempio durante le interviste sugli aeroplani, le cerimonie con non cattolici o i discorsi davanti all'ONU. Ma poiché questi non sono atti di insegnamento, non hanno autorità e non comandano obbedienza ai fedeli. Come mai? Perché solo quando insegna formalmente gode dell'assistenza dello Spirito Santo.
     
    Naturalmente, se ciò che dice è già una dottrina cattolica stabile, allora i cattolici sono tenuti ad accettare la dottrina. Ma - e questo è importante – ciò non è richiesto per quanto detto in quegli atti di insegnamento extramagisteriale, ma in quanto ciò che è detto in quegli atti è già stato autorevolmente insegnato dalla Chiesa.
     
    Inoltre, ogni volta che i papi offrono le loro opinioni su questioni diverse dalla fede e dalla morale, ad esempio su questioni scientifiche come quelle se la terra sia rotonda o se il comportamento umano sia la causa principale del cambiamento climatico, le loro affermazioni, anche se si trovano in documenti ecclesiastici ufficiali, non hanno autorità e non comandano obbedienza. Come mai? Perché anche se quello che dicono è vero, la Chiesa e quindi il papa non hanno autorità per insegnare su questioni scientifiche. Dio non ha promesso alla Chiesa protezione per risolvere i dilemmi del mondo naturale, ma solo per comprendere le sue comunicazioni divine per compiere la sua volontà, vivere vite sante e raggiungere il cielo.
     
    Infine, se i papi affermano qualcosa di contrario alla rivelazione divina o alla legge morale, anche con l'intenzione di insegnarlo formalmente o affermarlo implicitamente come vero, l'affermazione non gode della guida dello Spirito Santo e, quindi, non possiede autorità sulla coscienza dei cattolici. Pertanto, i cattolici sono obbligati quando scoprono l'errore a rifiutare tale insegnamento.
     
    Papa Benedetto XVI ha espresso il punto come segue:
     
    Il Papa non è un monarca assoluto i cui pensieri e desideri sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia di obbedienza a Cristo e alla sua Parola. Non deve proclamare le proprie idee, ma vincolare costantemente sé stesso e la Chiesa all'obbedienza alla Parola di Dio, di fronte a ogni tentativo di adattarla o annacquarla, e ad ogni forma di opportunismo...
     
    Sebbene l'esercizio del suo magistero ordinario da parte del papa non sia sempre infallibile, può esserlo in determinate circostanze. In particolare, è infallibile quando il papa riafferma ufficialmente qualcosa che già faceva parte dell'insegnamento infallibile della Chiesa sulla base della Scrittura e della Tradizione. Ad esempio, nell'Ordinatio Sacerdotalis (1994), Papa San Giovanni Paolo II ha riaffermato l'insegnamento tradizionale secondo cui la Chiesa non ha autorità di ordinare le donne al sacerdozio, e la Congregazione per la Dottrina della Fede ha poi confermato che questo insegnamento deve essere considerato come infallibile. Il motivo per cui è da considerarsi infallibile non è che il documento pontificio in questione costituisse un esercizio del Magistero straordinario, ma piuttosto per lo statuto dell’insegnamento, facente parte della dottrina costante e universale della Chiesa.
    Proprio perché gli esercizi del Magistero ordinario del papa sono infallibili quando si limitano a riaffermare l'insegnamento costante e universale della Chiesa, essi non comportano né il capovolgimento dell'insegnamento passato né l'aggiunta di qualche novità.
     
    L'infallibilità papale, quindi, non è un potere magico con cui un papa può trasformare qualsiasi cosa antica che desidera in una verità che tutti sono tenuti ad accettare. È un'estensione dell'infallibilità del corpo dottrinale preesistente che è suo compito salvaguardare, e quindi deve essere sempre esercitato in continuità con quel corpo dottrinale.
     
    I papi sanno che il loro compito è preservare e applicare l'insegnamento cattolico, e quindi quando dicono qualcosa che non è solo una semplice reiterazione di una dottrina preesistente, in genere cercano di tirare fuori le implicazioni della dottrina esistente, di risolvere alcune ambiguità in essa, per applicare la dottrina a nuove circostanze, o cose simili. C'è, quindi, nella dottrina cattolica una presunzione a favore di quanto dice un papa anche nel suo ordinario magistero non infallibile, anche se si tratta di una presunzione che può essere superata. Quindi, la posizione predefinita per ogni cattolico deve essere quella di assenso a tale insegnamento non infallibile. O almeno questa è la posizione predefinita quando tale insegnamento riguardi questioni di principio nei confronti della fede e della morale - in opposizione all'applicazione del principio a circostanze concrete contingenti, dove i giudizi su tali circostanze sono per loro natura al di là della competenza speciale del Papa.
     
    Cinque categorie di dichiarazioni magisteriali
     
    Allora, quando un cattolico deve assentire a qualche dichiarazione papale non infallibile? Quando un cattolico potrebbe non essere d'accordo con una simile affermazione? Questo argomento è stato chiarito dall’allora cardinale Joseph Ratzinger durante il suo periodo come Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede. Forse il documento più importante a questo proposito è l'istruzione del 1990 Donum Veritatis: Sulla vocazione ecclesiale del teologo, sebbene vi siano anche altri testi rilevanti. Il cardinale Avery Dulles (1918-2008) ha suggerito che nella Donum veritatis si possono identificare quattro categorie generali di enunciati magisteriali. Tuttavia, come indicano altre affermazioni di Ratzinger, la quarta categoria di Dulles sembra raggruppare insieme affermazioni con due diversi gradi di autorità. Quando queste vengono distinte, è chiaro che ci sono in realtà cinque categorie generali di dichiarazioni magistrali. Ecco quali sono:
     
    1. Affermazioni che propongono definitivamente verità divinamente rivelate, o dogmi in senso stretto. Esempi: i dogmi cristologici, la dottrina del peccato originale, la grave immoralità di uccidere direttamente e volontariamente un essere umano innocente, e così via. Come osserva Dulles, secondo l'insegnamento cattolico, affermazioni in questa categoria devono essere considerate da ogni cattolico con “fede divina e cattolica”. Nessun legittimo disaccordo è possibile.
     
    2. Affermazioni che propongono definitivamente verità non rivelate, ma strettamente connesse con verità rivelate. Esempi: l’insegnamento sull'immoralità dell’eutanasia e l'insegnamento secondo il quale l'ordinazione sacerdotale è riservata solo agli uomini. Secondo Donum Veritatis, le affermazioni in questa categoria devono essere “fermamente accettate e sostenute” da tutti i cattolici. Anche qui, non è possibile un legittimo disaccordo.
     
    3. Dichiarazioni che in modo non definitivo ma obbligatorio chiariscono verità rivelate. Dulles suggerisce che «l’insegnamento del Vaticano II, che si asteneva da nuove definizioni dottrinali, rientra prevalentemente in questa categoria». Secondo Donum Veritatis, le affermazioni contenute in questa categoria devono essere accettate dai cattolici con la “sottomissione religiosa di volontà e d'intelletto”. Dato il loro carattere non definitivo, tuttavia, l'assenso dovuto a tali affermazioni non è assoluto come quello dovuto alle affermazioni contenuto nelle categorie 1 e 2.
     
    4. Dichiarazioni di tipo prudenziale che richiedono obbedienza esterna ma non assenso interiore. Dulles suggerisce che la cautela della Chiesa nell’accettare l'eliocentrismo nel XVII secolo sarebbe un esempio. Questo tipo di affermazioni sono “prudenziali” nella misura in cui sono tentativi di applicare prudentemente i principi generali della fede e della morale a circostanze concrete contingenti, come lo stato delle conoscenze scientifiche in un particolare momento della storia. E non vi è alcuna garanzia che gli ecclesiastici, inclusi i papi, esprimano giudizi corretti su queste circostanze o sul modo migliore per applicarvi i principi generali. Qui è richiesta l'obbedienza esterna alle decisioni della Chiesa, ma non necessariamente l'assenso. Un “silenzio riverente” potrebbe essere il massimo che si può richiedere.
     
    Gli esempi di giudizi “prudenziali” cui fa riferimento la Donum Veritatis e che Dulles discute nei suoi commenti a quel documento sono tutti giudizi molto strettamente connessi a questioni di principio nei confronti della fede e della morale, anche se le affermazioni sono di minore entità autorità rispetto alle dichiarazioni delle categorie 1-3.
    Le dichiarazioni di papi e altri ecclesiastici che mancano di tali importanti implicazioni dottrinali, ma riguardano invece questioni di politica, economia e simili, sono spesso chiamate anche “giudizi prudenziali”, perché anch’esse implicano il tentativo di applicare prudentemente principi di fede e di morale a circostanze concrete contingenti. Donum Veritatis non affronta questo tipo di giudizio e nemmeno Dulles nella sua discussione sul documento, ma è chiaro da altre affermazioni del cardinale Ratzinger che esso costituisce una quinta categoria di magistero:
     
    5. Dichiarazioni di tipo prudenziale su questioni su cui può esistere una legittima diversità di opinione tra i cattolici. Esempi sarebbero molte delle dichiarazioni fatte da papi e altri ecclesiastici su questioni di controversia politica, come la guerra e la pena capitale. Il cardinale Ratzinger ha fornito questi come esempi specifici in un memorandum del 2004 sul tema La dignità di ricevere la santa comunione: principi generali, in cui affermava:
     
    Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell'aborto e dell'eutanasia. Ad esempio, se un cattolico fosse in contrasto con il Santo Padre sull'applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare la guerra, non sarebbe per questo considerato indegno di presentarsi a ricevere la Santa Comunione. Sebbene la Chiesa esorti le autorità civili a cercare la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell'imporre punizioni ai criminali, può ancora essere consentito impugnare le armi per respingere un aggressore o ricorrere alla pena capitale. Può esserci una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull'applicazione della pena di morte, ma non per quanto riguarda l'aborto e l'eutanasia.
     
    Si noti che il cardinale Ratzinger si spinge a dire che un cattolico potrebbe essere “in disaccordo con” il papa sull'applicazione della pena capitale e sulla decisione di fare la guerra ed essere comunque degno di ricevere la comunione - cosa che non avrebbe potuto dire se fosse peccato mortale essere in disaccordo con il papa su tali questioni. Ne consegue che non vi è alcun grave dovere di assenso alle dichiarazioni del papa su tali questioni. Il cardinale afferma inoltre che “potrebbe esserci una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicazione della pena di morte”, nonostante il fatto che papa Giovanni Paolo II, sotto il quale il cardinale all'epoca prestava servizio, abbia espresso dichiarazioni molto forti contro la pena capitale e la guerra in Iraq. Ne consegue che le dichiarazioni del papa su tali questioni non erano vincolanti per i cattolici nemmeno a pena di peccato veniale. Nel memorandum, il cardinale Ratzinger afferma anche esplicitamente che gli elettori e i politici cattolici devono opporsi alle leggi che consentono l'aborto e l'eutanasia, nonché astenersi dalla Santa Comunione se collaborano formalmente a questi mali. Al contrario, non richiede requisiti sul comportamento (come votare) dei cattolici che non sono d'accordo con il papa sulla pena capitale o sulla decisione di fare la guerra. Quindi, le dichiarazioni papali su tali argomenti, a differenza delle dichiarazioni di categoria 4, evidentemente non richiedono alcun tipo di obbedienza esterna e tanto meno il consenso. I cattolici devono quindi a tali affermazioni una seria e rispettosa considerazione, ma niente di più.
    Il motivo per cui questo è degno di nota, e il motivo per cui vale anche la pena sottolineare il significato del memorandum del cardinale Ratzinger, è che alcuni scrittori cattolici hanno la tendenza ad accusare altri cattolici che non sono d'accordo con le dichiarazioni del papa su questioni di controversia politica di essere “dissidenti”. Ad esempio, a volte viene affermato che qualsiasi cattolico che sia costantemente “pro-vita”, non solo sarà d’accordo con le dichiarazioni papali che condannano l’aborto e l’eutanasia, ma sarà anche d’accordo con le dichiarazioni papali che criticano la pena capitale o la guerra in Iraq, o avallando alcune dichiarazioni economiche politiche. Il suggerimento è che i cattolici che rifiutano l’insegnamento della Chiesa su aborto ed eutanasia sono “dissidenti di sinistra” e i cattolici che non sono d’accordo con le recenti dichiarazioni papali sulla pena capitale, la guerra in Iraq o specifiche politiche economiche sono “dissidenti di destra”, come se entrambe le parti fossero impegnate nella disobbedienza alla Chiesa.
     
    Nella migliore delle ipotesi questo riflette una grave ignoranza teologica. Nel peggiore dei casi è intellettualmente disonesto e demagogico. Un cattolico che non è d'accordo con l’insegnamento della Chiesa sull'aborto o l'eutanasia sta rifiutando una dichiarazione del magistero di categoria 1 o di categoria 2 - qualcosa che non è mai consentito. Ma un cattolico che non è d'accordo con ciò che hanno detto i papi recenti sulla pena capitale, sulla guerra o su specifiche politiche economiche è in disaccordo con le affermazioni di categoria 5, cosa che la Chiesa stessa ritiene ammissibile.
     
    Errori papali
     
    Poiché la Chiesa consente che i cattolici in determinate circostanze possano essere legittimamente in disaccordo con le affermazioni della categoria 3, per non parlare delle affermazioni delle categorie 4 e 5, l'insegnamento cattolico implica quindi che è possibile che i papi si sbaglino quando fanno affermazioni che rientrano in una di queste categorie. È anche possibile che un papa si sbagli in modo più radicale se, fuori dal contesto del suo magistero straordinario, dice qualcosa di incoerente con un’affermazione di categoria 1 o di categoria 2. Ed è possibile che un papa cada in errore in altri modi, come attuando politiche poco sagge o esibendo immoralità nella sua vita personale. Infatti, oltre a vincolare la Chiesa all’eresia, è possibile che un papa arrechi grave danno alla Chiesa. Come ha detto una volta il cardinale Ratzinger, quando gli fu chiesto se lo Spirito Santo abbia un ruolo nell'elezione dei papi:
     
    Non lo direi nel senso che lo Spirito Santo sceglie il Papa, perché ci sono troppi esempi contrari di papi che lo Spirito Santo ovviamente non avrebbe scelto. Direi che lo Spirito non prende esattamente il controllo della faccenda, ma piuttosto come un buon educatore, per così dire, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza abbandonarci del tutto. Quindi il ruolo dello Spirito va inteso in un senso molto più elastico, non che sia lui a dettare il candidato per il quale si deve votare. Probabilmente l'unica assicurazione che offre è che la cosa non può essere completamente rovinata.
     
    Si potrebbero fare esempi di errori papali, ma non basterebbero a mostrare quanto gravemente possano sbagliare i papi quando non esercitano il loro magistero straordinario. E se i papi possono sbagliare gravemente anche su questioni che riguardano la dottrina e il governo della Chiesa, va da sé che possono sbagliare gravemente rispetto a questioni di politica, scienza, economia e simili.
     
     
    Che i papi siano fallibili nel modo in cui sono è importante da tenere a mente per i cattolici quanto il fatto che i papi sono infallibili quando parlano ex cathedra. Molti cattolici ben intenzionati hanno dimenticato questa verità, o sembrano volerla sopprimere. Quando i papi recenti hanno detto o fatto cose strane o anche manifestamente poco sagge, questi apologeti si rifiutano di ammetterlo. Si soffocano con ragionamenti con cui cercano di mostrare che l'affermazione o l'azione discutibile è perfettamente innocente, o addirittura trasmette una profonda intuizione, se solo fossimo disposti a vederla. Se bloggers cattolici e apologeti pop fossero vissuti in epoche precedenti, alcuni di loro avrebbero senza dubbio assicurato ai loro lettori che papa Stefano VI (896-897) stava cercando di insegnarci una profonda verità spirituale convocando il cosiddetto sinodo del cadavere (in cui il suo predecessore Formoso fu riesumato e processato) se solo avessimo saputo ascoltarlo; o che Giovanni XXII (1316-1334), insegnando la visione eterodossa secondo cui le anime dei beati non vedono Dio subito dopo la morte, ma solo alla risurrezione, stava davvero approfondendo la nostra comprensione della dottrina piuttosto che confondere i fedeli.
     
     
     
     
    Conclusione:
     
    Il benevacantismo non offre alcuna soluzione ai problemi posti dalle parole e dalle azioni controverse di papa Francesco, e anzi rischia di peggiora le cose. E per di più conduce i cattolici nel grave peccato dello scisma.
    Ora Benedetto ha ripetutamente affermato che ha rassegnato pubblicamente e liberamente le dimissioni dal suo incarico, in risposta a coloro che ipotizzano il contrario. Ha scritto, ad esempio, in una lettera ad A. Tornielli:
     
    Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino. Unica condizione della validità è la piena libertà della decisione. Speculazioni circa la invalidità della rinuncia sono semplicemente assurde. (La Stampa, 27 febbraio 2014).
     
    E in un’intervista a Massimo Franco:
      
    È stata una decisione difficile. Ma l’ho presa in piena coscienza. (…) Alcuni miei amici un po’ fanatici sono ancora arrabbiati, non hanno voluto accettare la mia scelta. Penso alle teorie cospirative che l’hanno seguita (Il Corriere della sera, 1° marzo 2021).
     
    Le sue dimissioni soddisfano dunque chiaramente i criteri di validità stabiliti dal diritto canonico:
     
    Nel caso che il romano pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede che qualcuno la accetti (CIC, c. 332, § 2)
     
    Alcuni hanno suggerito che le dimissioni non possano essere state date liberamente. Ma questo è un non sequitur, poiché ogni cattolico che ha familiarità con le condizioni della gravità di un peccato dovrebbe sapere che occorrono materia grave, piena conoscenza e consenso deliberato. Con ciò non voglio dire che le dimissioni di Benedetto siano peccaminose, ma piuttosto che queste condizioni fanno capire che la Chiesa distingue l’agire con piena consapevolezza (“la conoscenza del carattere peccaminoso dell'atto, della sua opposizione alla Legge di Dio”) e l’agire con deliberato consenso o liberamente (“un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L'ignoranza simulata e la durezza del cuore non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono”: CCC, §§ 1857-9). E il diritto canonico pone solo quest’ultima, e non la prima, condizione per la validità delle dimissioni pontificie. Quindi, anche se le dimissioni di Benedetto fossero state fatte sotto un’influenza esterna [di un'errata teoria teologica sul papato], ciò sarebbe irrilevante per il suo essere stato fatto liberamente e quindi validamente.
     
    La verità è che Cristo a volte lascia che il suo Vicario erri, solo entro determinati limiti, ma a volte gravemente. Come mai? In parte perché i papi, come tutti noi, hanno il libero arbitrio. Ma in parte, proprio per dimostrare che (come ha detto il cardinale Ratzinger) “la cosa non può essere totalmente rovinata” – nemmeno da un papa. Nel suo giudizio sul Grande Scisma d’Occidente (quando cioè i cardinali tentarono di sostituire Urbano VI (1378-89) con un altro papa, Clemente VII (1378-1394), dando inizio appunto al Grande Scisma d'Occidente, durato quarant’anni, in cui prima questi due uomini, e poi un terzo uomo, reclamarono tutti il soglio pontificio. I teologi, e anche i santi, erano divisi sulla controversia. Santa Caterina da Siena fu tra i santi che sostenevano Urbano, mentre San Vincenzo Ferrer tra quelli che sostenevano invece Clemente), lo storico protestante Ferdinand Gregorovius (1821-1891), che nessuno può sospettare di esagerare nel rispetto per il papato, scrive: “Un regno temporale vi avrebbe ceduto; ma l'organizzazione del regno spirituale era così meravigliosa, l'ideale del papato così indistruttibile, che questo, il più grave degli scismi, servì solo a dimostrarne l'indivisibilità”…
     
  12. SEM IPC
    1) Cos’è la carità.
    Poiché desideriamo comprendere in che modo viva la carità in un’anima tanto santa, come quella di San Domenico, tentiamo di darne una definizione, per capire bene dall’inizio cos’è la carità. E lo facciamo con l’aiuto di San Tommaso d’Aquino[1].
    «La carità è l’amore di Dio con cui lo si ama come oggetto di beatitudine»[2] e mediante cui «ci uniamo»[3] a lui «come a ultimo fine»[4].
    Tutte le creature hanno un proprio fine, una certa natura, una specie di Dna, per il quale esse sono come un progetto che giungerà al pieno sviluppo di questa loro natura. Ed è questo il fine e il bene al quale ciascuna cosa si dirige e che in qualche modo desidera: c’è in tutte le cose un appetito del bene, cioè del loro proprio e pieno sviluppo. Infatti si dice che «il bene è “ciò che tutte le cose appetiscono”[5]»[6].
    2) Come può l’uomo conoscere e amare il proprio fine e il proprio bene.
    Nell’uomo, però, c’è una particolare luce che gli indica il bene ultimo da raggiungere: cioè il fine migliore ma anche specifico e proprio dell’uomo, quello della beatitudine, della felicità senza fine. Per questo la carità è un amare Dio come oggetto della nostra beatitudine o felicità di uomini in quanto uomini, cioè in quanto creature dotate di ragione, cioè creature in cui Dio ha posto una luce davvero unica per farci vedere il bene: l’intelletto, cioè l’anima razionale.
    Questo significa che in noi non c’è una natura che si sviluppa automaticamente verso il proprio fine ultimo, come nelle piante che nascono, crescono e si distruggono. Il bene nostro proprio e specifico non è solo quello di nascere, crescere e finire nella corruzione del terreno, al fine di fertilizzare altre piante. Dentro di noi c’è una luce che ci fa vedere un bene più grande al quale siamo destinati in modo specifico, un fine beato, felice e immortale. «Perciò in Sal., 4, 6-7, si dice: “Molti dicono: Chi ci fa vedere cose buone?”. A questa domanda il salmista risponde: “È impresso su di noi, o Signore, il lume del tuo volto»[7]. E questa luce del volto di Dio che è impressa dentro di noi, per farci vedere il bene, è «il lume intellettuale»[8], dice San Tommaso, o «la ragione»[9], che è lo stesso.
    Il ben vivere di un uomo, cioè la bontà dell’intera vita di un uomo, allora, dipende dall’aver capito che la verità di Dio, scritta nelle cose, nella legge che Dio ha impresso nella natura di tutte le cose, è una verità che le altre creature eseguono, ma che solo l’uomo può leggere e rispettare in modo pienamente consapevole, mediante il lume creato dell’intelletto che egli riceve da Dio come facoltà propria della sua stessa natura. Ma l’uomo non rispetta la legge scritta nelle cose create come se fosse una cosa indifferente per lui, una cosa della quale all’uomo non dovrebbe importare nulla. Questa legge scritta da Dio nel creato – così come anche quella rivelata dal Verbo di Dio incarnato e fatto uomo per noi e poi insegnata dagli Apostoli e dalla Santa Chiesa – va seguita perché essa guida verso le cose buone di cui parlava il salmista, cioè verso il bene dell’uomo in quanto uomo: la vita e la beatitudine eterna, che è il fine buono e felice più di qualsiasi altro bene. Ecco perché Dio non può davvero essere amato dall’uomo se non quando questi lo ama al di sopra di tutto, anche della propria stessa vita. Tuttavia, tutto ciò si può ricavare dal creato o impararlo dall’insegnamento di Gesù Signore e degli Apostoli, mediante l’osservazione delle creature e mediante l’ascolto della predicazione apostolica, giunta fino a noi. Ma non bastano la vista e l’udito.
    Infatti, anche gli animali sono dotati di vista e di udito in abbondanza, ma per conoscere i beni eccelsi destinati all’uomo bisogna sì vedere con gli occhi o udire, ma poi bisogna anche poter leggervi dentro quelle verità e quegli insegnamenti che ci guidano verso Dio.  Quindi, c’è bisogno dell’intelletto. E infine, per poter seguire la legge che scopriamo nel creato e anche quella che ci viene rivelata dalla predicazione del Signore, è necessaria la volontà. Ed è così che l’intelletto e la volontà dell’uomo diventano buoni, cioè adatti a guidarci verso la beatitudine, inquanto sono facoltà ricevute da Dio per scoprirlo, amarlo come oggetto della nostra beatitudine e per ottenere la quale osserviamo le sue leggi.
    Quando, dunque, il Salmista, alla domanda chi ci farà vedere il bene, risponde che Dio ha impresso in noi la luce del suo volto, è «come se dicesse: “Il lume della ragione, che è in noi, intanto può mostrarci le cose buone e regolare la nostra volontà, in quanto tale lume è la luce del Tuo volto, cioè derivata dal Tuo volto”»[10].
    3) La verità e la carità che San Domenico ha amato e insegnato
    Tuttavia, affinché gli uomini possano imparare più facilmente a conoscere le verità su Dio, quelle che tutti noi amiamo non appena comprendiamo che esse ci guidano al nostro Sommo Bene, bisogna che qualcuno ci aiuti e ci faciliti un compito tanto importante e che, quindi ci insegni le verità di Dio, sia quelle scritte nella natura sia, poi, quelle rivelate. Questo aiuto nei confronti di chi vuol conoscere e credere in Dio è un’opera di carità. Ed è questo che accadde nell’anima e nella vita operosa di San Domenico.
    San Domenico, dice Dante, fu «tutto»[11] di Dio fin dalla nascita. Già gli occhi «de la sua nutrice»[12], si accorsero di un fanciullo capace di sacrifici generosissimi, in testimonianza dell’amore di carità che accendeva San Domenico di amore per il nostro Sommo Bene, qual è Dio.
    Fu naturale, dunque, per San Domenico, non solo amare Dio, ma amare il suo prossimo, affinché anche coloro che egli incontrava potessero conoscere la Verità di Dio. Ogni uomo ha, per natura, come abbiamo detto, una luce che gli mostra la suprema importanza, per la sua vita, di onorare e amare Dio e adempierne la volontà; ma ci sono molte  strade sbagliate, sette, errori, che portano le anime lontano dalla meta vera e piena di cose buone di cui parlava prima il salmista. Ecco, dunque, quale fu il desiderio di carità di San Domenico. Poiché gli uomini, in quanto uomini, giungono ad amare Dio più facilmente e come si deve solo mediante un buono ragionamento, egli volle spendere tutta la sua vita affinché tutti gli affamati della verità di Dio potessero cibarsi in modo sano e imparare ad amare Dio così come lui stesso, San Domenico, fin da piccino lo aveva amato e servito.
    Questo è, dunque, il senso profondo con cui talvolta si riassume l’anima e, quindi, la missione specifica di San Domenico e del suo Ordine: Fate la carità della verità!
      [1] San Tommaso è certamente il più grande tra i figli di San Domenico e che meglio ha saputo illustrare con profondità e robustezza di spiritualità e ragionamento sia tutta la teologia cattolica (è detto Norma dei teologi) sia anche l’intuizione di San Domenico e della prima generazione di frati dell’Ordine domenicano. E poiché citeremo spesso la sua opera principale (la celebre Summa), consigliamo l’edizione più recente, frutto di nove anni di lavoro di un assai rinomato studioso: San Tommaso d’Aquino, Somma di Teologia, a cura di Fernando Fiorentino, 5 voll., Roma, Città Nuova, 2018-2019. È un’edizione ricca di apparati, tra i quali anche gli indici analitici e gli elenchi curati dal sottoscritto.
    [2] San Tommaso d’Aquino, Somma di Teologia, I-II, q. 65, a. 5, 1um. D’ora innanzi, per brevità, non menzioneremo più né autore, né titolo, secondo una ben nota maniera di citare la Summa.
    [3] I-II, q. 72, a. 5.
    [4] I-II, q. 89, a. 1, 3um.
    [5] Aristotele, Et. nic., I, 1.
    [6] I, q. 5, a. 1.
    [7] I, q. 85, a. 5.
    [8] Ib.
    [9] I-II, q. 19, a. 4.
    [10] Ib.
    [11] Dante Alighieri, Paradiso, c. XII, v. 69.
    [12] Ib., v. 77.
  13. SEM IPC
    Da alcuni studiosi è stato fatto notare che il n.5 della Lettera Desiderio desideravi , affermi che per accostarsi alla S. Comunione sia sufficiente la fede nell'Eucaristia. Senonché, l'enciclica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II precisa che L'Eucaristia deve essere celebrata nella comunione ecclesiale e nell'integrità dei Suoi vincoli: "Non basta la fede, ma occorre perseverare nella grazia santificante e nella carità, rimanendo in seno alla Chiesa col "corpo" e col "cuore"; occorre cioè, per dirla con le parole di San Paolo," La fede che opera per mezzo della carità"(36). "Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione"(CCC 1385). Per dirla con la teologia classica, la necessità della grazia è dovuta al fatto che L'Eucaristia è un sacramento che ricevono i "vivi", cioè coloro che con il sacramento del battesimo o della penitenza, da "morti" per il peccato, sono rinati appunto alla grazia. Dunque, non basta la fede per accostarsi alla  Comunione. Si pone quindi un dubium: chi ha redatto il testo ignora tutto questo o ha voluto modificare la dottrina cattolica? Il papa se n'è accorto?
  14. SEM IPC
    Filosofo:  Caro economista, le propongo di riflettere su cosa è oggi antropologia, cioè la scienza che studia l’uomo fisicamente, moralmente , socialmente, culturalmente.  Mi domando cosa sia  o cosa stia diventando e cosà sarà domani , considerando che ormai mi pare stia dimostrando di essere  “antimetafisica “ visto che analizza l’uomo e persino  la sua coscienza prescindendo dal fatto che abbia o no un anima. Oggi antropologia potrebbe esser ridefinita “post-antropologia”  seguendo il post-umanesimo , pertanto. E che fa l’economista per soddisfare i bisogni di  un’uomo che non ha un anima ?
    Economista:  Caro filosofo, fino a ieri pensavo effettivamente  che per fare buona economia fosse sufficiente conoscere come soddisfare i bisogni dell’uomo, supponendo di sapere cosa è l’uomo.  Ma effettivamente oggi mi chiedo quali siano o  stiano diventando i bisogni dell’uomo e chi lo decida .Ovviamente decidendo anche come soddisfarli.  Ma lei pone un tema che mi mette in difficoltà, perché prima  dei bisogni  lei chiede chi sia oggi l’uomo . Ed implicitamente si chiede  quale sia  la sua libertà che gli viene concessa , se gli si riconosce o no libero arbitrio, se gli si concede di esprimere la sua volontà. Io speravo che questa risposta potesse darla il filosofo, ma riconosco che i filosofi  son  troppo impegnati  a mettere la religione contro la scienza per aver tempo per pensarci. Io temo che, nel contesto transumanista, all’uomo sia negato il libero arbitrio perché soggettivo e non razionalizzabile secondo i nuovi imperativi “scientifici”.  Pertanto non gli si riconosce ( più )  libertà , perché con la libertà che gli è stato concesso di esercitare  negli ultimi tempi , ha provocato disastri, crisi  irreparabili.  In sintesi, per la gnosi filosofica dominante oggi, è il libero arbitrio che è responsabile dei problemi che stiam cercando di risolvere . Perciò il libero arbitrio, soggettivo e irrazionale, va sostituito con  una adeguata forma di determinismo scientifico-tecnologico, che è invece razionale, farà il bene dell’uomo e della intera umanità e  dell’ambiente, riequilibrando  così i disastri fatti dall’uomo, influenzato  ancora oggi dal concetto di “sacro”, da  religioni- superstizioni , non scientifiche .
    Filosofo: si direbbe curiosamente che  l’uomo di oggi si ama e si odia, rifiuta il trascendente, ma  neppure intende l’immanente. Si relativizza confrontandosi con l’animale,  de-gerarchizza il suo ruolo nella natura, nel Creato, e si sente responsabile degli effetti dei cicli naturali ambientali, si considera scienziato ma non sa analizzare le cause limitandosi agli effetti. E per gestirli inventa utopie e gli economisti diventano utopisti.  Dovrebbe esser pertanto compito dell’economista spiegare  la differenza, oggi, tra scienza, scientismo e tecnologia . Invece lasciate che lo si  intenda grazie a  qualche trasmissione televisiva tipo quella di Piero Angela .  Questa è la fine del pensiero umano voluto dal Creatore. O no ?
    Economista:  è estremamente difficile  oggi per una creatura umana saper esercitare la propria volontà e libertà, i mezzi per condizionarla sono infiniti e l’economia  è certo la prima,  perché fa prendere  paura , paura di perdere ciò che sia ha, se non si obbedisce.  Oggi viviamo in una “infrastruttura”  da cui non si può uscire, è una infrastruttura tecnologica ( digitale ), economica (lavoro),  sanitaria e  sociale,  dove l’esercizio della libertà umana è limitato, ma ancora non totalmente cancellato. E’ limitato perché  non abbiam coraggio, non siamo consapevoli, abbiam paura e soprattutto manchiamo di guida, di maestri.  Faccio un esempio, questa tecnologia che  sembra  condizionarci così tanto l’abbiamo inventata noi, il nostro genio, come possiamo  pensare  che non  possa esser  gestita da qualcuno  e di non poterla pertanto  noi stessi contro-gestire?  La tecnologia non è altro che la  nostra applicazione pratica ( secondo convenienza e capacità)  di criteri scientifici che son spiegati dalla logica della  Creazione . E’ assolutamente vero che l’idea di questo nuovo capitalismo inclusivo e sostenibile , che non è altro che l’ultimo Reset, è un modo per aggirare la soluzione vera ai problemi  ed è certo orientato a decostruire l’essere umano  al fine di imporre  una forma di post-antropologia cancellando così il valore dell’uomo.  E’ l’eterno “non serviam” … stavolta condito con Intelligenza Artificiale. Ma scusi, filosofo, ma l’Autorità Morale perché non si sente più intervenire? Come mai si occupa solo di economia, confondendo  però cause con effetti ?
    Sacerdote . Scusate se intervengo. Vedete caro filosofo e caro economista, l’uomo di questo secolo ha una solo vero bisogno da soddisfare ed è ciò che da senso alla vita, ma non sa come soddisfarlo perché nessuno più glielo insegna o lo stimola a cercarlo.  E ciò è anche colpa di noi sacerdoti, mia, ma non della Santa Chiesa di Cristo.  E’ vero che la metafisica è ignorata, è vero che il libero arbitrio è negato e la libertà limitata, è vero che viviamo in una “infrastruttura” che ci impone comportamenti.  Ma riflettete, la supposta razionalità tecnico-scientifica del post e transumanesimo  porta  di fatto solo  a non contar su Dio .
    Ma come si fa a fare i conti se non si sa contare su chi realmente ”conta” ? Cerchiamo di esser realisti, ma soprannaturalmente realisti . Nessun umano ci può togliere  quello che è divino, solo chi ha creato una creatura può modificarla perché solo lui la conosce.
    Però è vero, dobbiamo reagire. Dobbiamo smettere la scelta del silenzio vile e colpevole di fronte a ciò che avviene. Questa è l‘ora del fare, dell’agire, dell’insegnare che l’utopia transumanista, che  ha più di 400 anni di storia,  oggi crede di poter affermarsi solo grazie alla Intelligenza Artificiale.  Appunto,  “artificiale”,  cioè contrapposta a ciò che è naturale.  L’artificiale è  realizzato  dalla creatura, il naturale è realizzato  dal Creatore. Amici , torniamo a fare  ed insegnare .Secondo l’esempio e insegnamento di Cristo. Ciò che è l’artificiale e algoritmico nel transumanesimo  deve farci  ridere, è  solo l’ultima utopia, da non sottovalutare naturalmente, ma  è solo una utopia.
    Concepite piuttosto  una scuola per insegnare cosa sono le utopie che possono diventare eresie  ed insegnare le straordinarie e affascinanti Verità che si vuole  sembrino esser scientisticamente  impossibili .  
  15. SEM IPC
    Ho molto apprezzato l’intervento di Roberto De Mattei A proposito del mea culpa di papa Francesco in Canada del 27 u.s. e mi permetto qualche riflessione aggiuntiva. Sul viaggio di papa Francesco in Canada, chiederei un giudizio articolato; non può esserne ignorata, oltre allo slancio di carità, una sapienza politica (lo ha osservato persino il vaticanista di una TV italiana al seguito del viaggio). È stato tolto di mano, o almeno spuntato, al Primo Ministro Trudeau e al suo anticattolicesimo lo strumento infamante della Chiesa sempre inumana, razzista ecc. Bene. Ma quello che dispiace, al solito, è il disinteresse del papa per una verità delle cose che non sia quella dei media. Disinteresse non solo dovuto (come dirò) alla considerazione che le verità che non arrivano ai media, anche non ostili, sono comunque troppo complicate (si presume) da argomentare; non ce ne possiamo occupare. Nel nostro caso le verità complicate sono ad es. le prassi ottocentesche di assimilazione attraverso la scolarizzazione delle popolazioni non urbane (ovunque, anche di quelle rurali europee), ovvero delle sacche di ‘primitivi’ illetterati culturalmente estranee allo stato nazionale, all'ethos pubblico. Prassi ‘emancipatrici’ generalmente promosse e approvate.  In più, vi sono i rapporti particolari con le culture indiane in tutto il continente americano (del Nord, ma anche nel Messico e altrove in America Latina dopo le rivoluzioni anti-spagnole e 'borghesi'); poi, per il Canada e la questione delle scuole residenziali, i problemi emergenti, dalla qualità del personale e delle strutture, alle epidemie. Al centro di tutto, insomma, la domanda: come e cosa è successo di quanto si afferma? Quali sono i dati, i documenti? Le metodologie e i dati esibiti dal Final Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada (accessibile online digitando questo titolo) appaiono, curiosamente, non meno labili di quelli dei Reports tedesco e francese sugli abusi del clero sui minori: mescolanza di qualitativo e quantitativo, casualità negli spogli archivistici, assenza di contraddittorio all’interno dei comitati, troppi apriori.  In più la deduzione di ‘fosse comuni’ da foto aree è mera ipotesi (non sarebbero comunque ‘fosse comuni’) senza riscontri.  Il lavoro di Scott Hamilton (2014-2015) resta su questo il più completo e cauto (online, digitare Where are buried children?).  Come, per la varietà del quadro storico-ecclesiastico, la monografia di Goulet sui pensionnats indiens dei Missionari Oblati nel Québec, citata da De Mattei.
    Dobbiamo sempre diffidare delle alleanze recenti e non, tra stati e organizzazioni indigeniste (da una di queste è nata la ‘denuncia’ pubblica del 27 marzo u.s. e il battage mondiale, cfr. ad es. Terry O'Neil, ‘Mass grave’ narrative misses need for answers and action: researcher online), poiché i partiti progressisti al potere cercano consensi a buon prezzo sul terreno delle emancipazioni e riconciliazioni, e l’intelligencija indigenista (ovunque nel mondo) vi cerca visibilità, potere politico e denaro. Tutto legittimo, ma senza riguardo ai mezzi, come in questo caso, dove si rasenta il falso. Un falso, o un quadro grossolano e tendenzioso (quello del massacro di generazioni di bambini nativi), che le formule penitenziali del santo Padre finiscono, al contrario, per autenticare. La consueta svendita progressista del passato della Chiesa. 
    Si possono deprecare (comunque col senno di poi) le campagne di de-etnicizzazione, sentite come civilizzatrici dai governi coloniali specialmente delle culture anglosassoni (naturalmente nel XIX secolo, i governi canadesi non erano più coloniali, come non era coloniale il governo federale degli Stati Uniti), ovunque; ma non si devono accettare descrizioni affrettate e distorte, 'politiche', dei fatti e delle loro ragioni. La vocazione cattolica alla scuola operò estesamente; sappiamo veramente, nel caso particolare delle residential schools, come, in che condizioni, con quali risorse con quali idee? Che ne è oggi degli eredi dei nativi alfabetizzati e cristianizzati per legge? Insomma, non è assolutamente secondaria la questione cui si applica De Mattei con preziose indicazioni di cose da sapere e pagine da leggere prima di agitarsi scompostamente, come è avvenuto a qualche deputato cattolico e qualche vescovo canadese, caratteri e intelligenze evidentemente tenuti sotto scacco dalla aggressività governativa e, nel caso, dall’impostura decoloniale, come la definisce Taguieff.
    Papa Bergoglio non ha mai e su nessun terreno sentito questo problema, ovvero che le (auto)condanne quindi le “richieste di perdono” non debbono, pure nel loro slancio sincero, ignorare il principio dell'accertamento della verità, come la accerterebbe un giudice, non come la maneggia l’ideologo. Il fustigarsi dei 'progressisti' è eredità diretta della autocritica ecclesiale (qualsiasi, pur che fosse) delle culture critiche e riformatrici degli anni Sessanta. Si trattava, allora, di indebolire l'istituzione per ‘aprire nuovi spazi’ alla fede, e di più all’azione. E, come avviene ai riformatori entusiasti e poco accorti (la maggior parte), fu alla fine un "avvelenare i pozzi"; funziona così anche ora. Purtroppo la dipendenza mimetica dei cattolici (e teologi e vescovi) 'critici' dalla critica e politica anticattolica, anticlericale, anticristiana, è ora come allora vistosa quanto poco avvertita; o, se cosciente, è ritenuta coraggiosa, 'laica'.
    Questa dipendenza mimetica si mescola alla retta volontà di contrastare con viaggi e atti pubblici (che fu anche la prassi politica di s. Giovanni Paolo) ciò che i media mondiali propongono sul loro terreno; e tale mescolanza, assieme alla fretta e all'individualismo delle decisioni, finisce per inquinare l'azione generosamente deliberata. E la carità impedisce di criticare per l'ennesima volta i cedimenti di papa Francesco di fronte alla mitologia (di invenzione occidentale) del Nativo in arcadica comunione con la Natura. Il tutto appare la cifra immodificabile di questo pontificato.
  16. SEM IPC
    Marco Sgroi, avvocato amministrativista, sulla recente "Dichiarazione" della Santa Sede 
    Lo scorso 21 luglio è stata pubblicata un’inusuale “Dichiarazione” della Santa Sede – non firmata, non ascrivibile ad alcun Dicastero, non si sa bene ispirata da chi – che ha suscitato notevole interesse perché, secondo le interpretazioni prevalenti, avrebbe intimato una sorta di altolà al Synodale Weg della Chiesa tedesca, ormai lanciato inarrestabilmente lungo i binari del progressismo più radicale.
     
    Questa lettura della Dichiarazione mi sembra decisamente troppo ottimistica. A ben vedere, infatti, nello stringato testo romano non v’è nulla che concerna, nemmeno implicitamente, il merito dei temi e delle proposte dibattute nel Sinodo tedesco. A Roma ci si preoccupa piuttosto del metodo. Se è vero che la dichiarazione esordisce dicendo che «il “Cammino sinodale” in Germania non ha facoltà di obbligare i Vescovi ed i fedeli ad assumere nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale», sembra che un simile caveat voglia evitare fughe in avanti, piuttosto che porre paletti dottrinali; mentre la facoltà di obbligare – o, almeno, orientare – Vescovi e fedeli parrebbe riservata «al percorso sinodale che sta percorrendo la Chiesa universale»: cioè al Sinodo sulla Sinodalità che si svolgerà in Vaticano il prossimo anno, sotto diretto controllo pontificio. È in quella sede che si auspica confluiscano «le proposte del Cammino delle Chiese particolari in Germania (...) per un reciproco arricchimento e una testimonianza di quella unità con la quale il corpo della Chiesa manifesta la sua fedeltà a Cristo Signore».
     
    Come si vede, la Dichiarazione non pare ispirata dalla preoccupazione per gli esiti del Synodale Weg, il cui carattere tragicamente rivoluzionario è ormai ben chiaro a tutti, né sembra opporsi alla rivoluzione; al contrario, auspica che essa si riversi nel Sinodo dei Vescovi, e coinvolga, così, tutta la Catholica: ma non come espressione del movimentismo indisciplinato dell’episcopato tedesco, bensì senza sfuggire al ferreo dominio dei vertici della Chiesa universale, anzi essendone ben saldamente pilotata ed implementata, come se la rivoluzione stessa dovesse farsi espressione del potere centrale e strumento del suo consolidamento.
     
    Non stupisce, dunque, che la Chiesa tedesca non l’abbia presa bene: anche i Presidenti del Synodale Weg hanno emesso una “Dichiarazione sulla Dichiarazione della Santa Sede” (sic), nella quale leggiamo che «fin dall’inizio del Cammino sinodale, il Presidio ha cercato di trovare canali diretti di comunicazione con le autorità romane. (…) Purtroppo il Presidio sinodale non è stato invitato ancora a una discussione. Siamo irritati e ci rammarichiamo che questa comunicazione diretta non sia avvenuta finora. Secondo la nostra comprensione, una Chiesa sinodale funziona in modo diverso! Questo vale anche per il tipo di comunicazione di oggi, che ci stupisce. Non è una buona comunicazione all’interno della Chiesa pubblicare dichiarazioni che non siano firmate per nome».
     
    Che conclusioni trarre da tutto ciò? Questa è la mia impressione: che la vicenda, piuttosto che costituire un rassicurante episodio nella lotta tra ortodossia ed eterodossia, segnando un punto a favore della prima, vada collocata entro lo schema della “eterna” lotta intrarivoluzionaria tra trotskismo (tedesco) e leninismo (romano). Il che aggiungerebbe, ahimè, un ulteriore motivo di sconcerto ai tanti altri che ci turbano ormai da diversi anni.
  17. SEM IPC
    A furia di affermare  e portare testimonianze che l’uomo non è una macchina , la macchina non sarà mai “umana” e il robot non ha vita  perché  non si può riprodurre artificialmente la vita, si sta provocando e forzando reazioni  contrarie. In due sensi. Un primo senso per cercare di dimostrare il contrario (cioè che il robot può arrivare a “pensare” )   ed un secondo  senso per dimostrare che sarebbe molto auspicabile  integrare uomo macchina poiché solo la scienza e tecnica possono valorizzare l’uomo ( non Dio), visti i risultati della debole ragione umana . 
    Infatti, negli ultimi tempi soprattutto,  grandi sforzi son stati fatti  sia  per dimostrare che il “libero arbitrio”  umano  non funziona perché irrazionale, sia per  per dimostrare (con il metaverso) che l’uomo può  dare vita alla macchina (entrando in una forma di simbiosi con lei) .  Sono  sotto gli occhi di tutti  gli attacchi alla religione cattolica che sostiene il libero arbitrio,“ avversario ” del transumanesimo , che lo nega . Ma il problema  della creatura ( l’uomo) che diventa creatore  non sarà facile farlo finire qui.
    In un bel libro di Francesco Agnoli ( “10 lezioni di filosofia” – F&C -Guidolin), nella V lezione Agnoli , per difendere la Creazione ed il Creatore, tratta il tema della Intelligenza Artificiale  facendo spiegare da scienziati che i robot non sono vita  e l’uomo non è “creatore” che di macchine , sofisticate , ma sempre macchine.  Riferisce che persino Karl Popper esclude che si possa creare la vita artificialmente  e riporta le considerazione di un altro grande filosofo-scienziato Noam Chomsky , che spiega che i robot  mancano di autocoscienza , consapevolezza, creatività ,  emozioni , esperienze , non sono  liberi  ma son  solo un oggetto non cosciente, ecc.  Ma queste considerazioni  sembrano aver accelerato, in questi tempi di crisi economica  universale, l’affermazione del transumanesimo , che di fatto tenta di sostituire la scienza a Dio  con una nuova “Rivelazione” quindi. Ma  anche tenta di andare oltre immaginando l’uomo  stesso “creatore” con la  creazione del metaverso , cioè della “incarnazione “ di internet.
    Agnoli riporta anche una intervista  del 2015 del fisico e scienziato   Roberto Cingolani , attuale Ministro della Transizione ecologica nel (ex?) governo Draghi il quale dichiara di “annusare la trascendenza“ analizzando in veste di scienziato il genio di portata illimitata  di un ipotetico Creatore. Così come dichiara di trascendere anche quando ( sempre in veste di scienziato) pensa all’ esistenza di un infinito insondabile pre Big-Bang , irraggiungibile alla mente ( Avvenire ,19giugno2015). Insomma, non tutti gli scienziati  ammettono solo l’immanente escludendo il trascendente . Conseguentemente questi scienziati saranno piuttosto prudenti con l’imposizione transumanista del metaverso . O no ?
  18. SEM IPC
    Ma chi lavora scientificamente su questi sistemi complessi sa che le cose non stanno così…
    Sorprendente è il confronto tra gli scritti sul tema dell’autocoscienza di due autori italiani che sono vissuti a
    distanza di più di sette secoli l’uno dall’altro: il primo, dottore della Chiesa, vissuto quando non si poteva
    neppure immaginare l’odierna tecnologia; il secondo, oggi abbastanza affascinato dall’Oriente, ideatore e
    costruttore di quell’odierna tecnologia, che tutti noi utilizziamo quotidianamente, il soft touch che permette di
    comandare il telefonino con il tocco di un dito; e di molto altro.
    Il primo testo (1255-59). «Bisogna tenere conto che si possono avere due modi di conoscenza della mente da
    parte di un soggetto conoscente, come dice Agostino nel IX libro del De Trinitate.
    – Il primo è quello per cui la mente di ciascuno viene conosciuta solamente per le sue proprietà individuali.
    – Il secondo è quello che conosce la mente in ciò che essa ha in comune con tutte le altre menti. […]
    La conoscenza della mente che uno ha della propria mente, è la conoscenza che ne ha ciascuno individualmente.
    [auto-coscienza] […]
    Per percepire l’esistenza della mente, e per accorgersi che essa agisce in se stessa, non occorre alcuna
    competenza: è sufficiente lo sola essenza dell’anima, che è presente alla mente. Da questa, infatti, emergono
    quegli atti nei quali essa si percepisce in azione. È secondo questo modo che si sa di avere una mente, mentre
    nell’altro modo si viene a conoscere che cosa è la mente in se stessa, e quali siano i suoi caratteri propri. Come
    dice Aristotele nel IX libro dell’Etica, “noi sentiamo di sentire, capiamo di capire, e dal fatto di sentire capiamo
    che esistiamo”. [San Tommaso d’Aquino, De Veritate, q. 10, a. 8co]
    Secondo testo (2019). «Il mio pensiero è che la vera intelligenza richiede coscienza, e che la coscienza è
    qualcosa che le nostre macchine digitali non hanno, e non avranno mai. La maggior parte degli scienziati crede
    che siamo solo macchine: sofisticati sistemi di elaborazione delle informazioni basati su software. Ecco perché
    pensano che sarà possibile realizzare macchine che supereranno gli esseri umani. Credono che la coscienza
    emerga solo dal cervello, che sia prodotta da qualcosa di simile al software che funziona nei nostri computer.
    Pertanto, con un software più sofisticato, i nostri robot finiranno per essere consapevoli. Ma ciò è davvero
    possibile? Bene, cominciamo con il definire cosa intendiamo per coscienza. Io so, dentro di me, di esistere. Ma
    come faccio a saperlo? Sono sicuro che esisto perché lo sento dentro di me».
    Ciò vale non solo per la conoscenza immediata che la mente ha di sé (auto-coscienza), ma anche per la
    percezione che la mente ha dei segnali provenienti dai sensi.
    «Quindi, è il sentire il portatore della conoscenza. La capacità di sentire è la proprietà essenziale della coscienza.
    Quando annuso una rosa, sento l’odore. Ma attenzione! La sensazione non è l’insieme dei segnali elettrici
    prodotti dai recettori olfattivi all’interno del mio naso. Questi segnali elettrici portano informazioni oggettive,
    ma tali informazioni sono tradotte nella mia coscienza in una sensazione soggettiva: cioè il profumo che quella
    rosa mi fa sentire. Dove mai si nasconde il profumo nei segnali biochimici ed elettrici? […] Ma il robot si ferma
    ai segnali elettrici […]
    Noi facciamo molto di più perché sentiamo l’odore della rosa, e attraverso quella sensazione ci colleghiamo in
    modo speciale a quella rosa, e al significato che le rose hanno nella nostra vita≫ (F. Faggin, Silicio, Milano
    2019).
    (per approfondire rinvio al mio video Autoreferenza e autocoscienza
     
     
  19. SEM IPC
    Marco Sgroi, avvocato amministrativista, commenta la recente sentenza della Corte USA in materia di aborto offrendoci alcuni spunti  interessanti
    Tra gli effetti prodotti dalla nota sentenza della Corte Suprema Usa in materia di aborto, vi è anche
    quello – secondario, ma non trascurabile – di aver aggiunto un elemento chiarificatore circa la crisi
    nella quale si dibatte la società, ma anche (noi diciamo: soprattutto) la Chiesa.
    Come si sa, la sentenza non pone alcun divieto di aborto: essa si limita a negare che abortire sia un
    diritto, sicché questo inesistente diritto non può godere, negli USA, di tutela costituzionale.
    Nell’ordinamento italiano la questione si è posta, si pone e si porrebbe in termini parzialmente
    diversi – ma non è su questo tema che desidero soffermarmi.
    Vorrei piuttosto sottolineare che negare o affermare il “diritto di abortire” implica non solo due
    diverse concezioni di diritto soggettivo e di ordinamento giuridico, ma anche due concezioni
    antropologiche che sono totalmente incompatibili e insuscettibili di sintesi. Sul “diritto di aborto”
    si scontrano l’antropologia cristiana e una diversa antropologia, che possiamo ancor oggi, nel XXI
    secolo, definire pagana: è una vera e propria weltanschauung neopagana quella che emerge dal
    successo dell’ideologia abortista.
    A fronte di ciò, possiamo considerare che, negli ultimi decenni, la Chiesa ha tentato di costruire un
    positivo rapporto con la cultura contemporanea sul presupposto che l’incontro e la sintesi tra
    cattolicesimo e modernità potessero/dovessero collocarsi proprio sul piano antropologico. Ancor oggi
    assistiamo allo sforzo drammatico di convergere su una visione antropologica condivisa, che
    consenta alla Chiesa – lungi dal condannarli o anche solo dal sospendere il giudizio – di approvare
    positivamente i capisaldi dell’antropologia mainstream, anche se essi implicano, appunto, il diritto
    di aborto (come la normalizzazione dell’omosessualità, l’accettazione dell’eutanasia e così via…).
    Non mi stupirei, dunque, se un approfondito studio delle dinamiche socioculturali dimostrasse che
    proprio questo approccio della Chiesa ha favorito, in concreto, il diffondersi della mentalità
    anticristiana che oggi vuol farsi sempre più palesemente totalitaria. Mi scandalizza, però, che
    davanti all’eclatante evidenza del fallimento di quell’approccio, vi si insista addirittura, anche ai
    vertici della Chiesa, tanto da ammettere pubblicamente e orgogliosamente ai sacramenti proprio i
    campioni dell’asservimento del cattolicesimo alla dominante antropologia neopagana. Se
    ripensando all’ormai risalente tentativo di realizzare l’irenismo antropologico si può dire
    serenamente errare humanum est, di fronte all’attuale ostinazione in tal senso non
    riusciamo a non pensare che perseverare autem diabolicum.
  20. SEM IPC
    A proposito dei due precedenti contributi sulla rottura della giustizia tra l’uomo/umanità e Dio Creatore (qualcuno ci ha preceduti di anni…)
     
    Leggendo il secondo capitolo (della Genesi vediamo che l’edificio della creazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’uomo non è qualcosa; è qualcuno, e per questo merita un rispetto assoluto. Il secondo pilastro è il rapporto tra uomo e donna, che è sacro. Tra l’uomo e la donna. Perché la creazione trova la sua completezza quando Dio crea la donna. Al punto che, dopo aver creato la donna, la Bibbia dice che Dio si è riposato.
    Cosa vediamo oggi? Due eventi terribili. In primo luogo, la legittimazione dell’aborto. Cioè, l’aborto è diventato un diritto soggettivo della donna. Il “diritto soggettivo” è una categoria etica, e quindi siamo nell’ambito del bene e del male; si sta dicendo che l’aborto è un bene, che è un diritto. La seconda cosa che vediamo è il tentativo di equiparare i rapporti omosessuali e il matrimonio. Satana sta tentando di minacciare e distruggere i due pilastri, in modo da poter forgiare un’altra creazione. Come se stesse provocando il Signore, dicendo a Lui: “Farò un’altra creazione, e l’uomo e la donna diranno: qui ci piace molto di più”.
    L'intervista completa la trovate qui
     
  21. SEM IPC
    Diane Montagna - pubblicato il 22/05/17
    La veggente di Fatima gli disse: "Verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia"
    CITTÀ DEL VATICANO – Le parole profetiche di Suor Lucia sullo “scontro finale” tra il Signore e Satana, che avrebbe riguardato il matrimonio e la famiglia, “si stanno adempiendo oggi”, ha dichiarato ad Aleteia il Cardinale Carlo Caffarra.
    Nel pomeriggio di venerdì 19 maggio il cardinale italiano è intervenuto al quarto incontro del “Roma Life Forum“, un appuntamento annuale che riunisce più di 100 esperti su vita e famiglia da oltre 20 nazioni per discutere su come difendere e rafforzare la vita coniugale e familiare nel mondo.
    Il cardinal Caffarra è Arcivescovo emerito di Bologna e presidente fondatore del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. È attualmente membro del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, del Pontificio consiglio per la famiglia e della Pontificia accademia per la vita.
    È stato creato cardinale da Papa Benedetto XVI nel marzo 2006. Il cardinal Caffarra è stato uno dei 45 delegati scelti da Papa Francesco per partecipare al Sinodo Ordinario sulla Famiglia nel 2015.
    In quest’intervista esclusiva, rilasciata prima del suo discorso, il cardinal Caffarra descrive anche come Satana stia tentando di distruggere i due pilastri della creazione, in modo da modellare la propria “anti-creazione”, spiegando perché, in questa battaglia, la donna è “l’essere umano che deve essere difeso maggiormente”.
    Sua Eminenza, cosa può dirci della lettera che ha ricevuto da Suor Lucia mentre lei stava lavorando per fondare il PontificioIstituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia a Roma?
    Nel 1981 papa Giovanni Paolo II fondò l’Istituto per studi su matrimonio e famiglia. I primi anni (1983-1984) sono stati molto difficili. L’Istituto non era benvoluto.
    Chi non lo voleva?
    Era malvisto sia dentro che fuori della Chiesa, a causa della visione che proponeva. Ne ero molto preoccupato. Senza averlo chiesto a nessuno, pensai: “Scriverò a Suor Lucia”.
    Come le è venuto in mente?
    Mi è venuto e basta. Ma come sapete, fin dall’inizio la patrona dell’Istituto è stata Nostra Signora di Fatima. È contenuto nella Costituzione Apostolica, in cui il Papa ha affidato istituto al patrocinio della beata Vergine di Fatima. Al punto che – e spero che sia ancora così – entrando nell’istituto, alla fine del corridoio, c’è una statua di Nostra Signora di Fatima, e la cappella dell’Istituto è dedicata a Nostra Signora di Fatima.
    E così, ho pensato di scriverle. Le ho scritto dicendole semplicemente: “Il Papa ha voluto questo Istituto. Stiamo attraversando un momento molto difficile. Ti chiedo solo di pregare”. E ho aggiunto: “Non mi aspetto una risposta”. Le sue preghiere mi sarebbero bastate.
    Come sapete, per avere qualsiasi contatto con Suor Lucia, anche per lettera, bisognava passare per il suo vescovo. Così ho inviato la lettera al vescovo, che l’ha consegnata a Suor Lucia.
    Con mia gran sorpresa, dopo non più di due o tre settimane, ho ricevuto una risposta. Era una lunga lettera scritta a mano. Era il 1983, o il 1984. La lettera finiva così: “Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna aver paura, perché la Madonna gli ha già schiacciato la testa”.
    Questo è rimasto inciso nel mio cuore, e tra tutte le difficoltà che abbiamo incontrato – e ce ne sono state così tante – queste parole mi hanno sempre dato una grande forza.
    Quando ha letto le parole di Suor Lucia, ha pensato che lei stesse parlando di quel momento storico?
    Qualche anno fa ho cominciato a pensare, dopo quasi trent’anni: “Le parole di Suor Lucia si stanno adempiendo”. Questa battaglia decisiva sarà il tema del mio discorso di oggi. Satana sta costruendo un’anti-creazione.
    Un’anti-creazione?
    Leggendo il secondo capitolo della Genesi vediamo che l’edificio della creazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’uomo non è qualcosa; è qualcuno, e per questo merita un rispetto assoluto. Il secondo pilastro è il rapporto tra uomo e donna, che è sacro. Tra l’uomo e la donna. Perché la creazione trova la sua completezza quando Dio crea la donna. Al punto che, dopo aver creato la donna, la Bibbia dice che Dio si è riposato.
    Cosa vediamo oggi? Due eventi terribili. In primo luogo, la legittimazione dell’aborto. Cioè, l’aborto è diventato un diritto soggettivo della donna. Il “diritto soggettivo” è una categoria etica, e quindi siamo nell’ambito del bene e del male; si sta dicendo che l’aborto è un bene, che è un diritto. La seconda cosa che vediamo è il tentativo di equiparare i rapporti omosessuali e il matrimonio. Satana sta tentando di minacciare e distruggere i due pilastri, in modo da poter forgiare un’altra creazione. Come se stesse provocando il Signore, dicendo a Lui: “Farò un’altra creazione, e l’uomo e la donna diranno: qui ci piace molto di più”.
    Le Scritture dicono che il diavolo è il padre della menzogna, che si presenta come un angelo di luce…
    Nel mio discorso, spiegherò le parole di Gesù su Satana: “Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Giovanni 8:44). E così secondo me – e non so se Giovanni Paolo II lo avesse già previsto – in questo tipo di situazione l’essere umano che deve essere difeso di più è la donna. Infatti nel suo pontificato scrisse Mulieris Dignitatem. Lì volle sviluppare una teologia della femminilità, perché capì che questo fosse un punto delicato.
    La donna è quindi il campo di battaglia?
    Nella Bibbia c’è un dettaglio che mi ha sempre colpito. Dopo il peccato originale, Dio affronta il serpente e dice: “Io porrò inimicizia tra te e la donna”. Dio ha posto una particolare inimicizia tra la donna e il male, come se la donna avesse una sorta di istinto per il bene. Dio ha posto questa inimicizia proprio tra la donna e il male. Il testo continua: “Tra la tua stripe e la sua stirpe”, e qui i teologi vedono la predizione del Figlio di Maria. Pertanto, la donna ha un particolare coinvolgimento che ha conseguenze per la cultura, la società e la famiglia.
    Stiamo commemorando il centenario delle apparizioni della Madonna ai bambini di Fatima. Qual è il messaggio oggi?
    Per me, l’originalità di Fatima è questa: a Fatima, la Madonna ha profetizzato. In altre apparizioni, non ha profetizzato, bensì esortato. Come a Lourdes: fate penitenza, pregate, dite ai sacerdoti di costruire una cappella in questo posto. Esorta e ricorda le forti esortazioni di Gesù alla penitenza e alla preghiera. Ma a Fatima profetizza; questo vuol dire che si introduce negli eventi umani e gli interpreta. Non l’aveva mai fatto prima.
    Anche Suor Lucia ha profetizzato?
    Sì, l’ha pienamente indirizzata [la profezia della Madonna] e ci ha lasciato le sue Memorie. Alcuni sono molto sconvolgenti. Sentì che questo fosse il compito che la Madonna le aveva dato, cioè diffondere e interpretare questa profezia.
    E anche le parole di Suor Lucia sulla “battaglia decisiva” sono state una profezia?
    Si assolutamente. Ciò che Suor Lucia mi ha scritto si sta adempiendo oggi.
    Fonte: Aleteia
     
  22. SEM IPC
    L’inflazione , soprattutto quella che attualmente  ci preoccupa, come fenomeno economico può e deve  esser valutata nella sua “moralità”, pertanto va adeguatamente capita. Domandatevi come si può cancellare  un debito consistente di un privato, pari per esempio a molte annualità di reddito. La risposta può prevedere l’ipotesi di non pagarlo affatto dichiarando fallimento, oppure “tirando la cinghia", spendendo e consumando meno, oppure cercando di, o guadagnare di più in futuro, oppure  ancora,  grazie alla inflazione che riduce nel tempo  il debito reale. Inflazione(dal latino inflatio, gonfiatura) generalmente nasce da un aumento dei prezzi dovuto alla crescita dei costi di materie prime o all'aumento della domanda dei consumi. L’inflazione provoca riduzione del potere di acquisto e modifica ogni valore economico numerario (debito, credito, trasferendo valore dal debitore al creditore...) o reale (mobiliare o immobiliare). L’inflazione che stiamo vivendo oggi  è di carattere straordinario, dovuta a Covid e Guerra in Ucraina, ed  è sostanzialmente dovuta a crescita straordinaria dei costi delle Materie Prime (energetiche soprattutto, ma anche molte altre necessarie alle nuove produzioni  “sostenibili” ).Questa avrà un effetto elevato perché  penalizzerà enormemente il risparmio, i redditi,  i consumi  e pertanto la ripresa economica. In pratica questa inflazione  fa assorbire  il costo Covid e War  soprattutto al risparmio.  L’inflazione è infatti uno strumento, gestito per assorbire debiti pubblici elevati (una inflazione al 10% all’anno, in dieci anni cancella, di fatto, il debito).Ma  se  detta inflazione non verrà controllata subito e bene, potrà produrre crescita salariale e nuova inflazione, potrà produrre aumento dei tassi di interesse e freno alla crescita economica, potrà produrre tentazioni di svalutazione dell’Euro e nuova inflazione. I governi infatti per risolvere i problemi Covid e War stanno creando  disavanzo (debito), il disavanzo  viene sottoscritto dalle banche centrali  creando inflazione, l’inflazione riduce il Debito/Pil permettendo di fare nuovo disavanzo. E come  lo  si pagherà se non con l’inflazione generata?
    In pratica tutto ciò potrà produrre decrescita economica felice. Quella prevista dai neomalthusiani per dissuadere la crescita della popolazione e proteggere l’ambiente dall’uomo “cancro della natura". Questa è inflazione immorale.
  23. SEM IPC
    Nelle analisi condotte nei diversi ambiti (socio-politico, economico, psicologico, ecc.) inevitabilmente ci si
    ferma ad una lettura “orizzontale” dei fatti, ma una “lettura” più profonda delle “cause”, aiuterebbe a capire la
    radice dei problemi. Una chiave di lettura “seria” della nostra epoca si trova in un’affermazione di
    Benedetto XVI (riportata da Francesco ai Vescovi polacchi) : questa è l’epoca del peccato contro Dio
    Creatore!». Essa sintetizza l’attualità della dottrina del peccato originale di san Tommaso d’Aquino che
    definisce il peccato originale come «mancanza della giustizia originale (carentia originalis iustitiae)» (De malo,
    q. 4 a. 2co). L’umanità, soprattutto nei nostri tempi, ha rifiutato il “modo giusto” di impostare il rapporto con
    Dio Creatore. Inizialmente rifiutando l’esistenza di Dio (ateismo positivo), poi ignorandolo (ateismo pratico,
    agnosticismo, indifferentismo: “Dio se c’è non c’entra con la vita reale”), infine mettendo l’uomo al posto di
    Dio (idolatria antropocentrica), fino al punto di “addomesticarlo” costruendo caricature di Dio e di Cristo da
    usare a proprio piacimento, capovolgendo gli insegnamenti e la dottrina della Chiesa. La “giustizia” senza il
    “modo adeguato” di rapporto con Dio Creatore è diventata, prima, esclusivamente una questione “sociale”
    (socialismo, marxismo), poi “legale” a scopi politici (giustizialismo), infine un “comandamento” mondiale al
    quale attenersi per avere diritto di cittadinanza (pensiero unico, culto pagano dell’ambiente, ecc.). L’uomo,
    liberatosi del “giusto rapporto” con Dio Creatore, si auto-colpevolizza con una caricatura pagana del peccato
    originale, sentendosi nemico della natura, degli animali, dell’ambiente, del pianeta. Obbligandosi in tal modo ad
    auto-eliminarsi limitando le nascite (contraccezione, aborto), accelerando le morti (eutanasia), moltiplicando le
    guerre. La radice profonda di tutto quanto accade è rinvenibile in un “modo non giusto” nel rapporto tra l’uomo
    e Dio Creatore che segna i singoli come l’umanità intera, rendendo invivibile il mondo. Questa comprensione
    “culturale” rimuove ogni idea favolistica del peccato originale e aiuta a riconoscere nei Comandamenti (Legge
    Naturale) il complesso delle regole universali stabilite dal Creatore affinché gli esseri umani sappiano governare
    bene se stessi. Sono “leggi di natura” come le leggi del mondo fisico. Capovolgerle disumanizza la vita degli
    esseri umani, singolarmente e comunitariamente. Questo dato di fatto la Chiesa ha il dovere di spiegarlo a tutti,
    non essendo una questione solo di fede, ma prima di tutto un dato che non temerei di definire “scientifico”. Pena
    il danneggiarsi con le proprie mani. Solo Cristo con la Sua Passione, Morte e Risurrezione è stato in grado di
    riaprire agli esseri umani l’accesso alla “giustizia originale”, già in questa vita con il Battesimo e la vita
    cristiana, e in pienezza nella vita eterna.
    Per approfondire
     
     
  24. SEM IPC
    -Ci si sta domandando da più parti  se la Chiesa debba pronunciarsi  sull’ uso etico e responsabile  della Intelligenza Artificiale . Leggendo fra le righe  il suo Magistero, si può scoprire che  la Chiesa ha indirettamente  già  fatto sentire la sua voce , chiedendo un nuovo capitalismo sostenibile ed inclusivo . Che sia voluto, capito  o meno, questo nuovo capitalismo significa, di fatto "digitale ".  Il bene degli esseri umani e  dell’ambiente  sarà grazie al digitale. Così è stato deciso
    -Infatti  sostenibilità e inclusione si traducono in questa  parola < digitalizzazione>  che è un vero  progetto, una concreta  idea . E’ il progetto voluto e supportato dal “mondo intero “ , è la base chiave del nostro avvenire , poiché sarà grazie alla Intelligenza Artificiale  che il  progetto di  digitalizzazione   si compirà per salvare il mondo intero, permettendo la crescita economica ( senza natalità naturalmente ), la fine delle diseguaglianze  e soprattutto  permettendo la protezione del pianeta .
    -Ma l’Intelligenza Artificiale è uno strumento , di per sé neutro,  di un'altra  vera scelta strategica riguardante la nostra civiltà: il  Transumanesimo , cioè  quel pensiero filosofico scientifico che è convinto che la condizione umana possa esser migliorata solo dalla scienza. Solo la scienza può migliorare l’umanità. L’Intelligenza Artificiale è solo lo strumento con cui rafforzare dette facoltà umane.  Ma essendo l’ Intelligenza Artificiale un <algoritmo> non può , in sé , esser  valutato moralmente, lo deve esser solo il pensiero filosofico-scientifico  che la utilizza .
    -La chiesa dovrebbe pertanto semmai occuparsi di questo .  Prima che anche lei possa esser disintermediata  da nuovi  attori digitali come sta succedendo a quasi tutte le istituzioni sociali cui siamo abituati . Amazon  sta sostituendo gli acquisti nei centri commerciali . Facebook  sta sostituendo gli incontri  sociali al bar. Google sta sostituendo la lettura dei giornali.  Netflix  sta sostituendo le sale cinematografiche , ecc.  Magari “qualcuno”  (che magari  viene  anche a far visita in Vaticano )  sta pensando anche alla sostituzione della Chiesa e delle sue funzioni con qualche  soluzione di “Metaverso”, anch’esso  frutto del digitale , che è una sorte di  “creazione”  fatta dall’uomo, una specie di “incarnazione “ di internet .
    -Se all’interno della chiesa non si rifletterà adeguatamente  e si reagirà   soprannaturalmente ,  l’Intelligenza Artificiale  potrebbe  diventare  la nuova “eucarestia”  in una religione relativizzata e spenta dove i sacerdoti saranno  neo-tecnocrati digitali , che ha fatto il “seminario” in Silicon Valley… .
     
     
     
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