20 Maggio 2024

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Don Alberto Strumia:

Riflessioni e giudizi sull’accaduto

Abbiamo assistito anche in questi ultimi giorni alla triste scena della spettacolarizzazione mediatica del dolore per la morte di una giovane donna, una per tutte le altre, come una sorta di simbolo prescelto allo scopo. Un tempo la morte veniva censurata in un mondo materialista; oggi si riesce addirittura a spettacolarizzarla caricandola di messaggi ideologici, del tutto indipendenti dalle parti coinvolte. E questo può avvenire anche servendosi di una chiesa.

Quest’ultima brutta vicenda ha preso solo momentaneamente il posto della precedente spettacolarizzazione di una guerra (Russia-Ucraina e relativi stati sostenitori più o meno nascosti) e subito dopo di un’altra (Israele-Hamas e relativi stati sostenitori più o meno nascosti). E queste ultime avevano preso momentaneamente il posto, ma non del tutto, della questione del covid 19 con i relativi “vaccini”, e poi di quella dei “cambiamenti climatici” da imputare per forza alla presenza sempre solo nociva dell’uomo sulla terra. Questioni che rimangono comunque presenti come il fuoco sotto la cenere da riattizzare appena ce ne sia bisogno.
Si avverte molta ideologia dietro tutto questo modo di procedere della comunicazione, della politica, del pensiero della gente da orientare secondo gli interessi di chi ha in mano i poteri economici, finanziari, culturali, per condizionare e manipolare la gente. Si sprecano parole come “femminicidio”, “patriarcato”, “cause antropiche” dei “cambiamenti climatici”, “pandemia”, “migranti”, ecc, senza sapere nemmeno il loro vero significato. Ma, in fondo, che importa?
Basterà “educare” la massa, la gente ad obbedire ottusamente, o addirittura convintamente, a queste parole d’ordine, a queste ideologie per cambiare davvero qualcosa? Basteranno delle altre leggi a contenere il fenomeno di questo debordare di un male che non si riesce più a distinguere dal bene?
E chi dovrebbe essere il “soggetto educante”: lo Stato, il governo, o chi altro? La scuola dove, sempre più spesso, si finisce per non prendere severi provvedimenti verso quei bulli che per riempire un vuoto di significati si riducono a picchiare i coetanei o gli insegnanti, talvolta usando il coltello, come un fatto ormai normale? La famiglia come comunemente la si intende? Ma esiste ancora?
Quasi tutto quanto accade, ai nostri giorni, lo si percepisce almeno istintivamente, come “ingiusto” alla radice, come sbagliato. E si percepisce altrettanto istintivamente che non ci sono rimedi efficaci. Per quanto ci si ritrovi in manifestazioni, in fiaccolate, in raduni occasionati dai funerali, o altro si capisce che non basta. Ma ci si vuole illudere, almeno per un giorno, per qualche ora, che basti manifestare, sfilare con le fiaccole, parlare di “diritti e valori”, farsi intervistare da qualche canale mediatico per dire che si spera che, dopo questo evento che ha radunato tanta gente, da domani questa “ingiustizia” non si ripeterà più, che questa morte ingiusta sarà l’ultima… Ma non si tiene conto, e per questo ci si illude, che non basta dirlo per risolvere il problema. Prima o poi tutto si ripeterà uguale a prima.
La “domanda” di “giustizia”, di “riscatto” è autentica, ma bisogna portarla coerentemente fino in fondo, fino ad individuare le vere cause senza paura della verità, altrimenti, se ci si ferma a metà strada o ancora prima, non si arriva a nulla. Ed è questo nulla che mina il nostro mondo di oggi e si è infilato perfino negli ambienti ecclesiali ed ecclesiastici.
Il fatto è che, invece, ci si ferma sempre prima e non si va mai alla radice del problema. E la radice del problema è che oggi “tutto è diventato ingiusto”: è “ingiusto” il dover morire non solo per chi muore giovane perché viene ucciso, ma per ogni essere umano. È “ingiusto” stare male: il dolore fisico e non fisico. È “ingiusto” il modo di stare con se stessi e di conseguenza di stare con gli altri. Forse si è perso il senso della realtà?
Fino a qualche decennio fa c’era la scienza ad avere il senso della realtà per quello che è. Ti insegnavano che ci sono delle “leggi” della fisica, della chimica, della biologia, della matematica e della logica. E se non le rispetti e non ne tieni conto le tue macchine non funzionano, combini dei disastri, fai dei danni a te stesso e agli altri, e alle cose che hai attorno a te. E tutto finisce per rivoltarsi contro di te, invece di essere a tuo vantaggio. Oggi anche la scienza, almeno in parte, viene ricattata ideologicamente da chi vuole farle dire quello che decide lui: o dici che è scienza quello che dico io che ho il potere o ti taglio i finanziamenti. E molti stanno al gioco per opportunismo.
Una volta c’era la Chiesa che “educava” ad avere il senso della realtà, a riconoscere che ci sono delle “leggi” anche per il “comportamento” dell’essere umano, perché la sua vita sia più “giusta”, o almeno meno ingiusta fino a che siamo su questa terra, di quello che diventa senza rispettarle. Oggi anche negli ambienti ecclesiali si è smesso di dirlo, salvo rare eccezioni di qualcuno che viene prontamente represso dall’alto se dovesse emergere troppo.
Sono leggi – quelle che un tempo si chiamavano “morali” ed erano riassunte nei Comandamenti – che servono a regolarsi:

– Nel modo di comportarsi con il proprio corpo e la propria mente, per il loro positivo e durevole funzionamento;
– Nel modo di comportarsi con gli altri per non averceli contro o per saper gestire con razionalità l’aggressività che è un aspetto normale del carattere;
– Nel modo di comportarsi verso Colui che un tempo tutti chiamavano “Dio Creatore”.

Incominciando dall’accorgersi che Lui c’è e che se fai finta che non ci sia e ti metti tu al suo posto, finisci per non capire più niente. Più niente di chi sei e perché sei al mondo, più niente degli altri e del perché anche loro sono al mondo. È da questa dimenticanza che esplode la rabbia contro l’“ingiustizia” di una vita che ha perso il senso della sua origine, del suo scopo e finisce per distruggere e uccidere tutto ciò che può sfuggire al suo controllo. Per poi accorgersene solo quando è troppo tardi e provare una sorta di rimorso e bisogno di riscatto.
Una Chiesa che non spiega che questo infrangere il “giusto rapporto con Dio Creatore” è quello che si è sempre chiamato “peccato originale”, perché segna ogni essere umano singolarmente e l’umanità intera, è una Chiesa che viene meno al suo compito, al mandato che Cristo le ha assegnato. Peccato originale a commettere il quale l’umanità è stata istigata da colui che lo aveva commesso per primo, il demonio con i suoi angeli. E che l’uomo da solo non riuscirà mai a rimediare come causa primaria degli effetti negativi che produce distruggendo la singola persona, la famiglia e ogni forma di convivenza civile.
Benedetto XVI aveva sintetizzato tutto questo in due frasi lapidarie che offrono la lettura cristiana della condizione umana odierna:

Il peccato dell’uomo di oggi è il peccato contro Dio Creatore (riportata da Francesco ai Vescovi polacchi, Cracovia 27-7-2016);
– Oggi occorre tornare a vivere come se Dio esistesse, dal momento che il vivere come se Dio non esistesse è risultato deleterio per il mondo contemporaneo, per tutti, credenti e non credenti (al Cortile dei gentili, 13-11-2012).

Di fatto solo Uno che è vero Dio e vero uomo, Cristo, offre il “riscatto”, la possibilità agli uomini per iniziare a tornare a vivere secondo la “giustizia originale”, già su questa terra, in attesa della sua completa restituzione nell’Eternità. Questa è la sfida ragionevole della fede! Quali altre alternative praticabili sono rimaste, che non abbiano già fallito? E quando anche i cristiani avessero fallito ciò è accaduto perché hanno messo in dubbio la loro fede in Gesù Cristo, unico salvatore dell’uomo.
Vogliono gli ecclesiastici che contano, e quelli che non contano, capirlo e aiutare l’umanità e i loro fedeli a capirlo, correggendo la rotta che si sta erroneamente seguendo?
Chi lo sta capendo perché ha conservato un po’ di fede e di ragione, non fa che pregare continuamente per questo. Perché i cristiani tornino a capirlo, chi lo deve insegnare torni a farlo, chi deve sfidare la cultura del mondo facendogli toccare con mano che l’alternativa cristiana è più umana delle sue ideologie lo faccia portando ragioni talmente evidenti che non si possono negare se non negando se stessi. Solo questo è il vero amore per il prossimo e il vero amore per se stessi.
Tocca alla Chiesa essere il “soggetto educante” e abbiamo bisogno che ritorni ad esserlo, con la ragione e con la fede, e preghiamo per questo.
Il Tempo di Avvento serva ad accompagnarci nuovamente ad adorare nel Natale del Signore, Colui che ha riaperto all’umanità l’accesso alla “giustizia originale” che era stata perduta. Non siamo ancora in Paradiso, ma il centuplo quaggiù (cfr. Mt 19,29) possiamo averlo, solo che vogliamo prendere sul serio Gesù Cristo e le Sue ragioni.
Dio ci benedica e ci protegga!

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