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Claudio C.

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Blog Entries di Claudio C.

  1. Claudio C.
    Appuntamento del Martedì  con le Riflessioni quaresimali di Mons. Bux sul rapporto tra Giustizia e Misericordia di Dio, nonché sulla riparazione ai peccati commessi, "ripuliti" dalla Croce, riparazione che riconcilia Cielo e Terra.
    "Non c'è dubbio che i grandi mali, come la pestilenza, sono un effetto del peccato originale e dei nostri peccati reali. Dio nella sua giustizia, deve riparare il disordine che il peccato introduce nella nostra vita e nel nostro mondo. Infatti, Egli soddisfa le esigenze della giustizia con la sua misericordia sovrabbondante". (Card. Raymond Leo Burke, Messaggio del 21 Marzo 2020).
    Di seguito il video con la Catechesi e le domande-risposte sulla pagina Facebook Il Pensiero Cattolico https://www.facebook.com/ilpensierocattolico 
     
  2. Claudio C.
    Traduzione libera della meditazione rilasciata da SER Cardinal Sarah per Le Figarò, dal titolo Robert Sarah: «L’épidémie du Covid-19 ramène l’Église à sa responsabilité première: la foi»
    Troppo spesso la Chiesa ha voluto dimostrare che era "di questo mondo" dedicandosi alle cause consensuali piuttosto che all'apostolato, deplora il cardinale guineano *.
    La Chiesa ha ancora un posto in un'epidemia nel 21 ° secolo? A differenza di secoli fa, la maggior parte delle cure mediche è ora fornita dallo stato e dal personale sanitario. La modernità ha i suoi eroi secolarizzati in camice bianco e sono ammirevoli. Non ha più bisogno di battaglioni di beneficenza di cristiani per prendersi cura dei malati e seppellire i morti. La Chiesa è diventata inutile per la società?
    Il virus Covid-19 riporta i cristiani alle origini. In effetti, la Chiesa è da tempo entrata in una relazione distorta con il mondo. Di fronte a una società che affermava di non averne bisogno, i cristiani, attraverso la pedagogia, cercavano di dimostrare che potevano esservi utili. La Chiesa si è dimostrata educatrice, madre dei poveri, "esperta di umanità" nelle parole di Paolo VI. Aveva ragione a farlo. Ma a poco a poco i cristiani finirono per dimenticare il motivo di questa competenza. Hanno finito per dimenticare che se la Chiesa può aiutare l'uomo ad essere più umano, alla fine è perché ha ricevuto da Dio le parole della vita eterna.
    La Chiesa è impegnata nella lotta per un mondo migliore. Ha giustamente sostenuto l'ecologia, la pace, il dialogo, la solidarietà e l'equa distribuzione della ricchezza. Tutti questi combattimenti sono giusti. Ma potrebbero far dimenticare la parola di Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo". La Chiesa ha messaggi per questo mondo, ma solo perché ha le chiavi dell'altro mondo. I cristiani a volte hanno pensato alla Chiesa come aiuto dato da Dio all'umanità per migliorare la loro vita qui sulla terra. E non mancavano di argomenti poiché la fede nella vita eterna fa luce sul modo giusto di vivere in questo secolo.
    Il virus Covid-19 ha esposto una malattia insidiosa che stava divorando la Chiesa: pensava di essere "di questo mondo". Voleva sentirsi legittima ai suoi occhi e secondo i suoi criteri. Ma è emerso un fatto radicalmente nuovo. La modernità trionfante è crollata prima della morte. Questo virus ha rivelato che, nonostante le sue assicurazioni e la sua sicurezza, il mondo sottostante rimane paralizzato dalla paura della morte. Il mondo può risolvere le crisi sanitarie. Arriverà sicuramente alla fine della crisi economica. Ma non risolverà mai l'enigma della morte. La sola fede ha la risposta.
    Illustriamo questo punto in modo molto concreto. In Francia, come in Italia, la questione delle case di riposo, il famoso Ehpad, era un punto cruciale. Perché? Perché la questione della morte è nata direttamente. I residenti anziani dovrebbero essere confinati nelle loro stanze a rischio di morire di disperazione e solitudine? Dovrebbero rimanere in contatto con le loro famiglie a rischio di morire di virus? Non sapevamo come rispondere.
    Lo stato, immerso in un secolarismo che sceglie in linea di principio di ignorare la speranza e di restituire i culti al dominio privato, è stato condannato al silenzio. Per lui, l'unica soluzione era fuggire la morte fisica ad ogni costo, anche se ciò significava condannare la morte morale. La risposta potrebbe essere solo una risposta di fede: accompagnare gli anziani verso una probabile morte, con dignità e soprattutto con la speranza della vita eterna.
    L'epidemia ha colpito le società occidentali nel punto più vulnerabile. Erano organizzati per negare la morte, nasconderla, ignorarla. È entrata dalla grande porta! Chi non ha visto questi giganteschi obitori a Bergamo o Madrid? Queste sono le immagini di una società che recentemente ha promesso un uomo aumentato e immortale.
    Le promesse della tecnologia consentono di dimenticare la paura per un momento, ma finiscono per essere illusorie quando colpisce la morte. Perfino la filosofia dà solo un po 'di dignità a una ragione umana sommersa dall'assurdità della morte. Ma non è in grado di consolare i cuori e dare un significato a ciò che sembra esserne definitivamente privato.
    Di fronte alla morte, non esiste una risposta umana che regga. Solo la speranza di una vita eterna può superare lo scandalo. Ma quale uomo oserà predicare la speranza? Ci vuole la parola rivelata di Dio per osare di credere in una vita senza fine. Hai bisogno di una parola di fede per osare di sperare in te stesso e nella tua famiglia. La Chiesa cattolica si rinnova quindi con la sua responsabilità primaria. Il mondo si aspetta da lei una parola di fede che le permetterà di superare il trauma di questo faccia a faccia con la morte che ha appena vissuto. Senza una chiara parola di fede e speranza, il mondo può sprofondare in una morbosa colpa o rabbia indifesa per l'assurdità della sua condizione. Solo questo può permettergli di dare un senso a queste morti di persone care, che sono morte in solitudine e sono state sepolte in fretta.
    Ma poi la Chiesa deve cambiare. Deve smettere di avere paura di scioccare. Deve rinunciare a pensare a se stesso come a un'istituzione del mondo. Deve tornare alla sua unica ragion d'essere: la fede. La Chiesa è lì per annunciare che Gesù ha vinto la morte con la sua risurrezione. Questo è il cuore del suo messaggio: "Se Cristo non è stato risuscitato, la nostra predicazione è vana, la nostra fede è ingannevole e noi siamo il più miserabile di tutti gli uomini". (1 Corinzi 15, 14-19). Tutto il resto è solo una conseguenza.
    Le nostre società emergeranno indebolite da questa crisi. Avranno bisogno di psicologi per superare il trauma di non poter accompagnare gli anziani e i morenti nella loro tomba, ma avranno ancora più bisogno di sacerdoti che insegneranno loro a pregare e sperare. La crisi rivela che le nostre società, senza saperlo, soffrono profondamente di un male spirituale: non sanno dare senso alla sofferenza, alla finitudine e alla morte.
    * Il cardinale Sarah è prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti all'interno della Curia romana.
  3. Claudio C.
    Il 22 Maggio si ricorda Santa Rita. Nel nostro omaggio a lei, nell'ultimo giorno della Novena a Lei dedicata, chiediamo che possa intercedere, come santa delle cause impossibili, per la conversione di coloro che non credono, oggi più che mai.
    Redazione #IPC. Claudio
    Preghiera a Santa Rita, modello di vita. Santa Rita da Cascia, modello delle spose, delle madri di famiglia e delle religiose, io ricorro alla tua intercessione nei momenti più difficili della mia vita. Tu sai che spesso la tristezza mi opprime, perché non so trovare la via d'uscita in tante situazioni dolorose, sia materiali che spirituali. Ottienimi dal Signore le grazie di cui ho bisogno, specialmente la serena fiducia in Dio e la calma interiore. Fa' che io imiti la tua dolce mitezza, la tua forza nelle prove e la tua eroica carità e chiedi al Signore che le mie sofferenze possano giovare a tutti i miei cari e che tutti possano essere salvi per l'eternità.

    Preghiera per i casi impossibili e disperati. O cara Santa Rita, nostra Patrona anche nei casi impossibili e Avvocata nei casi disperati, fate che Dio mi liberi dalla mia presente afflizione......., e allontani l'ansietà, che preme così forte sopra il mio cuore. Per l'angoscia, che voi sperimentaste in tante simili occasioni, abbiate compassione della mia persona a voi devota, che confidentemente domanda il vostro intervento presso il Divin Cuore del nostro Gesù Crocifisso.
    O cara Santa Rita, guidate le mie intenzioni in queste mie umili preghiere e ferventi desideri. Emendando la mia passata vita peccatrice e ottenendo il perdono di tutti i miei peccati, ho la dolce speranza di godere un giorno Dio in paradiso insieme con voi per tutta l'eternità. Così sia.
    Santa Rita, Patrona dei casi disperati, pregate per noi. Santa Rita, Avvocata dei casi impossibili, intercedete per noi.
    3 Pater, Ave e Gloria.
    Alcuni miracoli
    Il miracolo della Spina. Era il Venerdì Santo del 1432, S. Rita tornò in Convento profondamente turbata, dopo aver sentito un predicatore rievocare con ardore le sofferenze della morte di Gesù e rimase a pregare davanti al crocefisso in contemplazione. In uno slancio di amore S. Rita chiese a Gesù di condividere almeno in parte la Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: S. Rita fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpi alla fronte. Fu uno spasimo senza fine. S. Rita portò in fronte la piaga per 15 anni come sigillo di amore.

     
    Il Prodigio della rosa. A circa 5 mesi dal trapasso di Rita, un giorno di inverno con la temperatura rigida e un manto nevoso copriva ogni cosa, una parente le fece visita e nel congedarsi chiese alla Santa se desiderava qualche cosa, Rita rispose che avrebbe desiderato una rosa dal suo orto. Tornata a Roccaporena la parente si reco nell'orticello e grande fu la meraviglia quando vide una bellissima rosa sbocciata, la colse e la portò a Rita.
    Cosi S. Rita divenne la Santa della "Spina" e la Santa della "Rosa".

    Il corpo di Santa Rita. Il corpo di Rita non è mai stato sepolto, proprio per il forte culto nato immediatamente dopo la sua morte. Da subito, infatti, grazie alle sue virtù, cominciano ad arrivare gli ex voto portati dai devoti. Vedendo tanta venerazione, le monache, decidono di riporre il santo corpo in una cassa. È a questo punto che Mastro Cecco Barbari s’incarica di costruire (più probabile: far costruire) la prima bara detta “cassa umile”. Tra le carte del processo, si legge che: «dopo morta, dovendosi fare una cassa per riporre il corpo della Beata per li tanti miracoli che faceva, né trovandosi chi la facesse, un certo mastro Cicco Barbaro da Cascia, concorso se con le altre genti in detta chiesa per vedere il corpo della beata, ch’era struppio delle mani, disse “o’ se io non fussi struppiato, la farei io questa cassa”, e che dopo dette parole restò sano delle mani e fece la cassa…».Mastro Cecco, nel vedere il corpo di Rita, immediatamente guarisce. Questa testimonianza ha un grande rilievo storico perché ci fa capire con chiarezza che la Beata, appena morta, viene portata nella chiesa senza cassa, sicuramente avvolta in un lenzuolo, per essere poi sepolta nel loculo delle monache. Ma la gente accorre continuamente per venerarla, impedendo così che le sue consorelle procedano al rito della sepoltura. Il corpo, quindi, resta così per qualche tempo e, intanto, si diffonde la voce che Rita compia dei miracoli. Sempre nel 1457, a causa di un incendio divampato nell’oratorio, la cassa e il corpo rimasti intatti, vengono messi nel sarcofago, conosciuto come “cassa solenne”. Probabilmente, anche questa cassa viene fatta dallo stesso Cecco Barbari come ex voto oppure su commissione della sua famiglia, devotissima alla Beata. Questa cassa solenne, fatta a soli dieci anni di distanza dal trapasso di Rita, mostra la sua fama di santità già diffusa. Sopra, viene inserito un epitaffio commemorativo. Il corpo di Santa Rita viene poi spostato ulteriormente, fino a giungere nella bellissima cappella dentro la Basilica a lei intitolata. Oggi, la cassa umile si trova custodita all’interno della cassa solenne, nella cella di Santa Rita, visibile durante le visite al Monastero. (1) 

    Vita di Santa Rita.
    Santa Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti, nata a Roccaporena (Cascia) attorno al 1380, è forse la donna più amata della Cristianità, seconda soltanto a Maria SS., la Madre di Dio. Santa Rita è così amata e venerata dal popolo forse perché la gente la sente molto vicina a sé, per la "normalità" dell'esistenza quotidiana da lei vissuta (pur costellata da molti eventi straordinari), prima come sposa e madre, poi come vedova e infine come monaca agostiniana. Gli ultimi 40 anni della sua vita Rita li visse proprio come monaca, in assidua contemplazione, penitenza e preghiera, completamente dedita al Signore. S. Rita prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si spanse per tutto il Monastero e dalla sua camera si vide risplendere una luce luminosa come se vi fosse entrato il Sole. Era il 22 Maggio del 1447. Dopo la sua morte, la venerazione di Rita da Cascia da parte dei fedeli crebbe vertiginosamente, sopratutto grazie al grandissimo numero e alla "qualità" degli eventi prodigiosi riferiti alla sua intercessione, tanto da acquisirsi l'allocuzione di "Santa degli impossibili". La sua Beatificazione è avvenuta nel 1628 e la sua Canonizzazione nel 1900 per mano di Papa Leone XIII.
    (1) https://santaritadacascia.org/la-santa/vita/
     
  4. Claudio C.
    Auguri di Santo Natale per i lettori del Blog http://www.scuolaecclesiamater.org/
      Nel Santo Giorno di Natale non possiamo dimenticare il Festeggiato, la vera Luce del Mondo, che nessuno può fermare, nonostante i suoi nemici. L’augurio del nostro Blog è, quindi, di ricordare che il Natale è questo ricordo. Tutto il resto, benché scintillante, distrae l’attenzione dal vero Protagonista, il Signore Gesù. D’altro canto, come nota il prof. Massimo Viglione in un suo post, «Tre Natali della nostra fede, della nostra civiltà, della nostra storia. - Natale dell'anno 800: in San Pietro, un Re conquistatore e profondamente cristiano, in ginocchio davanti al Vicario di Cristo, come i Re Magi si inginocchiarono a Cristo, viene incoronato Imperatore: nasce simbolicamente la Res Publica Christiana, la nostra società, la più grande civiltà mai esistita; - Natale 1223: a Greccio, un umile frate di nome Francesco, tutto ricolmo di amore per Cristo, "inventa" il presepe: segnando da quel momento la storia stessa di tutte le chiese e le famiglie cattoliche; - Natale 1914: nel momento tragico del più grande massacro della storia umana, preparato e voluto al fine della distruzione della società nata simbolicamente nel Natale dell'anno 800, i soldati del fronte franco-tedesco, spontaneamente, escono dalle trincee per vivere un momento di fratellanza in nome del Santo Natale. Nei giorni in cui il Natale è divenuto coca-cola, rossetto e lingerie, nei giorni in cui gli stessi preti della "neo-chiesa" bestemmiano il presepe o lo buttano nell'immondizia per far posto alla nuova "religione" del migrante mondialista, nei giorni del... "Buone feste"... ricordare questi tre meravigliosi istanti della nostra civiltà è senz'altro opera utile. Il Natale è solo la festa della venuta al mondo della Luce del Mondo, della Salvezza, della Speranza. Dal Natale è nata la nostra civiltà, siamo nati noi» (Fonte: Facebook, 24.12.2018). Il nostro augurio non è “scomodo”. Oggi, ma anche ieri, gli auguri scomodi erano quanto di più conformista e radical-chic ci potesse essere, impregnati com’erano di sentimentalismo buonista, mondialista, ecc., distraendo dal vero Protagonista ed allontanando l’attenzione dal Mistero che si compì in quell’oscura cittadina della Giudea, Betlemme, il cui nome, in ebraico, Beit Leḥem, è “Casa del Pane” ed, in arabo, Bayt Laḥm, “Casa della Carne”. Pane e Carne, ecco racchiuso nel nome di quel luogo tutto il Mistero, che si compì e che avrà il suo culmine nel Sacrificio del Calvario: il Figlio di Dio si fa Carne e Pane (nell’Eucaristia) per noi. Questo i cristiani, estatici, devono contemplare e per il quale devono rendere gloria a Dio, come gli angeli, che portarono l’annuncio ai pastori in veglia al loro gregge: Gloria in excelsis Deo!
    Per questo, il nostro augurio a tutti i frequentatori e lettori del Blog non può che essere quello evangelico, che pone al centro di tutto non l’uomo, ma il Verbo. In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. […] Erat lux vera, quæ illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognovit. In propria venit, et sui eum non receperunt. […] Et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis : et vidimus gloriam ejus, gloriam quasi unigeniti a Patre plenum gratiæ et veritatis. (Joan. 1, 1. 9-11. 14)   Auguri di Santo Natale nel Signore!!!  
  5. Claudio C.
    Mattatelli: “Ho esorcizzato tre donne dello spettacolo, di cui una molto famosa”
    Don Antonio Mattatelli è l'esorcista più giovane d'Italia ed è intervenuto nel cuore della notte di Radio2 ai microfoni di Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, i Lunatici. Suggestiva e intensa la chiacchierata con Don Mattatelli, il quale ci racconta di quella volta che un giovane ragazzo molto bello si rivolse a lui per un maleficio, non riusciva a sposarsi...
     
    “Satana esiste. Far credere che non esista è il più grande dei suoi inganni“. Don Antonio Mattatelli, l’esorcista più giovane d’Italia, è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2.
    “È una creatura di Dio che si è pervertita e che odia Dio, per questo vuole pervertire anche gli altri“, dice Mattatelli parlando di Satana, “Anche se non è che Satana sia all’origine di tutto il male del mondo. Certe volte gli uomini sanno fare anche da soli. Il diavolo esiste, non è un altro Dio, è un essere spirituale di intelligente volontà perverso e pervertitore. Io, per la missione che mi ha affidato la Chiesa, esorcizzo le persone ossesse. Per fortuna non tutti tra quelli che vengono da me sono davvero posseduti. Ma più volte mi sono trovato davanti a casi veri di possessione diabolica. Alcune volte il demonio parla. Ci ho chiacchierato più volte. Il diavolo per parlare usa le corde vocali della persona che è posseduta. Tante volte la voce è diversa da quella della persona. È gutturale. Spesso capita che dalle donne esca una voce maschile. Ho visto con i miei occhi tante donne possedute parlare con la voce di un uomo“.
    Tra le persone che si sono rivolte a lui, anche personaggi famosi:
    “Ho esorcizzato tre donne, di cui una molto molto famosa. Di più, però, non posso dire. In quel mondo Satana si annida. Molti hanno la tentazione del successo facile e molte volte per averlo bisogna concedersi. Quello dello spettacolo è un mondo molto spietato. Gira droga, c’è rivalità, c’è invidia“.
    Un caso ha particolarmente impressionato l’esorcista Mattatelli:
    “C’era un giovane molto bello e preparato che si rivolse a me perché aveva ricevuto un maleficio. Non si riusciva a sposare, ogni volta che fissava la data accadeva qualcosa che lo costringeva a posticiparla. Una volta un incidente con la macchina, una volta un malore per un parente e altre cose simili. Questo giovane mi ha fatto molta compassione, perché appena ho iniziato a pregare gli si è stravolto il viso, è diventato mostruoso e ha tirato fuori una lingua lunghissima, impressionante, di mezzo metro. E ha lanciato urla che sembravano poter far cadere la sacrestia. La sofferenza della gente mi impressiona terribilmente. Io devo comunque stare attento. Una volta il demonio ha tentato di soffocarmi con la stola che portiamo noi preti sotto alla casula. La persona che stavo esorcizzando si è avventata su di me e ha tentato di strozzarmi con la stola. Per fortuna c’erano delle persone presenti che mi hanno liberato. Me la sono vista brutta“.
    “I malefici esistono, come esistono le maledizioni“, ha proseguito Mattarelli. “Il discorso è complesso, ci sono libri perversi, libri di magia nera, che possono portare a fare un maleficio o una maledizione“. 
    Tanti esorcisti italiani ne sono convinti: sempre più persone si recano in Chiesa, dopo aver sperimentato soluzioni errate. Ma il diavolo non agirebbe per mezzo di modalità sempre uguali a se stesse. Dio, a volte, fungerebbe da scudo protettivo: “Se la persona è più vicina alla preghiera è più complicato che venga colpita."
    Fonte : Intervista su radio due.
  6. Claudio C.
    L’Osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla Dottrina sociale della Chiesa (https://www.vanthuanobservatory.org/), istituzione culturale fondata dall’arcivescovo Giampaolo Crepaldi e diretta dal professor Stefano Fontana, ha tra le proprie finalità l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa (DSC). Sono così nate le Scuole di DSC “Mater et Magistra” (Area Scuole DSC : News dell'Osservatorio (vanthuanobservatory.org) organizzate dall’Osservatorio in diverse regioni d’Italia (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, etc.) con un ricco insegnamento articolato in moduli di base e moduli specialistici. Queste Scuole hanno contribuito negli anni alla formazione di un laicato consapevole e socialmente attivo, sono nate esperienze associative locali e diversi partecipanti alle Scuole “Mater et Magistra” si sono poi impegnati in politica a livello locale. Purtroppo da un anno ormai è tutto bloccato a causa delle norme governative anti-covid.
    Ci siamo interrogati a lungo sul da farsi, se aspettare o se optare per soluzioni alternative alla tradizionale lezione in presenza. Considerato che è passato più d’un anno e che non si vede la fine di questo stato di cose, l’Osservatorio ha ritenuto di non poter più attendere perché oggi c’è assoluto bisogno di un solido insegnamento della DSC per formare un laicato cattolico consapevole e intellettualmente attrezzato alla battaglia culturale.
    Con queste ragioni, auspicando il crescere della militanza cattolica impegnata socialmente, politicamente e culturalmente, l’Osservatorio ha dato vita alla SCUOLA NAZIONALE DI DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA on-line.
    Vedi il Programma qui
    https://www.vanthuanobservatory.org/wp-content/uploads/2021/02/VAN-THU%C3%82N-2021-scuola-programma.pdf
    ].
    Dieci lezioni, arricchite dalla possibilità di interloquire con i docenti, sui fondamenti del pensiero socio-politico cattolico, sulla grande tradizione sociale della Dottrina Cattolica. Chiarezza, rigore razionale, nessuna autocensura politicamente corretta. La Scuola vuole essere una palestra di verità dove pensare cattolicamente l’economia, il diritto, la politica, la vita sociale.
    Questa Scuola Nazionale on-line vuole essere l’inizio d’un progetto più grande, una rete nazionale di Scuole di DSC presenti su tutto il territorio italiano dove si possa formare stabilmente il laicato cattolico alla plurisecolare Dottrina sociale.  La Scuola è aperta a tutti quanti siano interessati a conoscere la Dottrina sociale della Chiesa nella sua integralità. E’ importante che vi siano iscritti di ogni regione e provincia d’Italia e che vi aderiscano realtà cattoliche locali con i propri associati così da costituire il naturale punto di partenza per un futuro locale della DSC.
    I dieci docenti, tutti altamente qualificati ed esperti nella materia, tratteranno alla luce della DSC molti temi di natura filosofico-teologica, giuridica, economica, politica: dal bene comune alla sussidiarietà, dal lavoro alla famiglia, dal rapporto politica/religione al concetto di popolo e nazione.
    Per informazioni e iscrizioni inviare una e-mail alla Segreteria dell’Osservatorio (info@vanthuanobservatory.org ) .
    Don Samuele Cecotti
    Vice-Presidente Osservatorio Van Thuân
  7. Claudio C.
    Dal blog Duc inAltum di Aldo Maria Valli, riprendiamo questa considerazione di un lettore della provincia di Milano che ha inviato al famoso giornalista RAI il testo di un foglietto che è stato distribuito giorni fa nella sua parrocchia. Apparso in spagnolo nel sito religiondigital e in italiano in adista.it, è teso a screditare la Comunione in bocca come “usanza arcaica” che forse, grazie all’occasione offerta dalla pandemia, potrà essere eliminata per sempre.
    Il lettore che ha trovato il foglio sulle panche della sua chiesa è rimasto sconcertato. Aldo Maria Valli ha chiesto un commento a monsignor Nicola Bux. 
    Viene proposto prima il testo del volantino e poi il commento di monsignor Bux.
    ** DAL VOLANTINO**
    La comunione in bocca è un’abitudine che (a causa di forza maggiore) potremmo (finalmente) abbandonare
    Il Covid-19 sta incidendo in tutti i settori della nostra vita. Anche la nostra preghiera è cambiata, almeno quella liturgica. La nostra Messa si vive, ora più che mai, nell’intimo. E forse ci stiamo rendendo conto che l’Eucaristia inizia e ruota intorno alla lavanda dei piedi, alla solidarietà e al servizio ai nostri fratelli. Non a caso le parole di Gesù nell’Ultima Cena sono state: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
    Noi credenti sappiamo bene che d’ora in poi dovremo cambiare alcune delle nostre usanze liturgiche. La cosa più curiosa è che alcune di esse, anche se le abbiamo con noi da molti secoli, non sono così “cristiane” o così sacre. La comunione in bocca, per esempio; la sua origine non deriva né dall’epoca della Chiesa dei primi cristiani o dal tempo dei Padri della Chiesa.
    Al momento stiamo guardando le Messe in TV e ricevendo la comunione in modo spirituale. È già stato annunciato che, con il coronavirus nel mondo, non sarà possibile tornare all’usanza di riceverla in bocca, anche se in alcuni ambienti conservatori difendono quest’usanza a tutti i costi. Ma in realtà quando è stata introdotta la comunione in bocca nella storia della Chiesa?
    Lo “spezzare il pane” era ed è il centro di ogni comunità cristiana. Lo era al tempo degli apostoli, lo è oggi. È ben noto il bellissimo testo della catechesi ai catecumeni (IV sec.), che raccomanda loro di fare “della mano sinistra un trono per la mano destra, poiché questa deve ricevere il Re” (VI catechesi mistagogica di Gerusalemme, n. 21: PG 33, col. 1125).
    I cristiani ricevevano la comunione in mano fino al Medioevo, e più precisamente fino all’epoca carolingia. Ricordo come il prof. Klaus Schatz S.J., docente di storia ecclesiastica di Sankt Georgen a Francoforte, ci abbia raccontato che all’epoca dell’impero carolingio nelle abitudini della gente si era infiltrato un senso magico della religione. La comunione in bocca fu introdotta proprio per evitare questo senso magico dell’Eucaristia. Molti contadini germanici, quando ricevevano la comunione in mano, nascondevano la particola consacrata e se la portavano a casa, per darla alla loro mucca o ad un altro animale domestico malato. Per evitare queste cattive usanze, fu introdotta l’abitudine della comunione in bocca, che è rimasta con noi, in parte, fino ai giorni nostri.
    Oggi non sappiamo quando potremo ricevere la comunione. È certo che sarà in mano, e inoltre in mano per tutti. Potremmo almeno approfittare di questa crisi per lasciarci alle spalle la “comunione in bocca”, una pratica che è nata in una maniera un pò arcaica. Prepariamo, tuttavia, il trono delle nostre mani per il Signore, per il Re … E non dimentichiamoci di usare le nostre mani per servire, che è la cosa principale: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
    **FINE VOLANTINO**
    Commento di monsignor Nicola Bux
    Renderemo conto allo stesso nostro Signore Gesù Cristo dello scandalo, ovvero l’ostacolo che tanti ministri sacri pongono ai fedeli, con i loro atteggiamenti dissacranti e persino sacrileghi verso il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, sintomo della grave crisi di fede che attraversiamo (crisi di fede = mancato riconoscimento della Presenza di Dio nella liturgia, che per questo è chiamata sacra).
    Certo, la causa prima è la secolarizzazione, determinata innanzitutto dai chierici, secondo Charles Peguy, per l’eccessiva enfasi sul simbolismo liturgico, ma ancor più per il venir meno del senso del sacro, sempre a causa della crisi di fede.
    Di questa crisi fa parte la riduzione dell’Eucaristia a espressione di solidarietà umana. Così, nel volantino trovato sui banchi di una parrocchia del Milanese, si afferma che “la comunione in bocca è un’abitudine da abbandonare”, perché addirittura non “cristiana” e non sacra, e anche perché non risalirebbe al cristianesimo primitivo e ai Padri: ritorna l’eresia archeologista, per cui dall’antichità si prende quel che si vuole e si lascia quel che non conviene (per esempio, l’orientamento ad Deum di sacerdoti e fedeli durante la celebrazione, di origine apostolica).
    Da altri l’abolizione è proposta in nome di una presunta maggiore contagiosità della bocca rispetto alla mano, sulla quale non pochi esperti dissentono.
    Lo “spezzare il pane”, da cui il nome dato alla Messa dagli Atti degli Apostoli, non significa che il Sacramento sia stato dato in mano ai discepoli, ma, come attesa Giovanni (cfr 13,26-27), che fu come il boccone porto da Gesù a Giuda, uso ancora invalso presso gli orientali, che ancora fanno la Comunione imboccando i fedeli. Un boccone di pane intinto non può essere dato in mano, ma solo in bocca.
    In altra sede abbiamo portato a sostegno il codice purpureo di Rossano del V secolo, quindi ben prima dell’epoca carolingia, e interpretato l’invito di san Cirillo, vescovo di Gerusalemme, a fare delle mani come un trono, con l’esigenza di protenderle sotto la nostra bocca, affinché, ricevendo il “boccone” eucaristico, nessun frammento andasse disperso.
    Si veda pure il tema della Comunione degli Apostoli, nell’iconografia bizantina, che non attinge ex post, come tutte le testimonianze orientali, fino agli occidentali Beato Angelico, Tintoretto eccetera.
    Perciò l’attribuzione del gesto, da parte del gesuita Schatz, all’infiltrazione tra i fedeli di “un senso magico della religione”, portando alla Comunione in bocca, è evidentemente ideologica.
    L’autore del volantino non può ignorare che, ai nostri giorni, non è la Comunione in bocca a essere a rischio di profanazione – posto che distingua il sacro dal profano – ma quella sulla mano: non sa che vi sono fedeli che, ricevuta la particola sulla mano, la portano con sé? Per quali usi? Non sa che è stato accertato persino l’uso per riti satanici? Quindi, il senso per dir così magico di cui si accusa la Comunione in bocca non è sparito, e ritorna con quella in mano.
    Nella conclusione, l’autore del volantino si contraddice, in quanto, dopo aver affermato che la pratica della Comunione in bocca non c’era nel cristianesimo primitivo, afferma che tale “pratica è nata in una maniera più arcaica” e insiste di nuovo sulla riduzione dell’Eucaristia a servizio dei fratelli. In verità, l’autore non vuole riconoscere che Cristo ha istituito il sacramento affinché diventassimo un solo corpo con lui, proprio mediante la Comunione al suo corpo e al suo sangue; solo così diventiamo sue membra e, nella misura in cui altri lo fanno, ci riconosciamo fratelli. Questa è l’agàpe (greco) e la charitas (latino) dei cristiani, vero nome della solidarietà. Non c’è bisogno di alcun Alto comitato per la fratellanza umana, perché questa scaturisce come conseguenza solo dal riconoscimento dell’unico Signore Gesù Cristo, del cui corpo e sangue si nutrono, mediante iniziazione cristiana, quanti si convertono e sono battezzati. Così pure si comprende il noto assioma: “È l’Eucaristia che fa la Chiesa” e, di conseguenza, la Chiesa può fare l’Eucaristia (cfr Giovanni Paolo II, enciclica Ecclesia de Eucharistia, n.26).
    Dunque, nonostante la crisi della fede, è l’insopprimibile senso del sacro – che il Verbo, con la sua Incarnazione, non ha cancellato dal cuore dell’uomo, anzi fatto avanzare – a spingere tanti sacerdoti e fedeli a non accettare di amministrare e rispettivamente ricevere la Comunione mediante un guanto profano. È necessaria la fede per riconoscere il Corpo e il Sangue di Cristo veramente, realmente, sostanzialmente presenti sotto le specie del pane e del vino – apparenze che san Tommaso con termine aristotelico chiama “accidenti” – tant’è che quando una particola eucaristica cade per terra il celebrante non la usa per la Comunione, ma la immette in un vasetto, il “purifichino”, dove si dissolve, quindi finisce la presenza reale.
    Nell’attuale contagio, se si ritenesse insufficiente il lavabo delle mani prima della Messa e dopo l’offertorio, magari con aggiunta di detergente, si potrebbe ricorrere alla pinza o a quanto avviene nel rito romano antico, nella Messa celebrata dal vescovo: questi usa le chiroteche, ossia i guanti in stoffa pregiata, ornati con croci; egli li usa durante tutta la Messa, ma li toglie per fare l’Offertorio, la Consacrazione e la Comunione. Insomma, il contrario di quanto si sta facendo adesso, toccando a mani nude tutto ciò che occorre (messale, microfono, eccetera), e mettendosi il guanto alla Comunione. È paradossale! Sono soprattutto le sacre offerte che il ministro sacro dovrebbe toccare con mani pure, salvaguardando invece codeste mediante le chiroteche per il resto della celebrazione. Non solo i vescovi usavano le chiroteche, ma anche i sacerdoti dei Capitoli canonicali le avevano tra le loro insegne. Perché non riproporre tale modalità d’uso di questi guanti liturgici da parte dei sacerdoti, non solo dei vescovi, almeno in questo tempo eccezionale?
    Chissà perché quei preti, così ecumenici con gli ortodossi d’Oriente, che sono inflessibili nell’amministrare la Comunione col cucchiaio e in bocca, smettono di affermare che bisogna imparare da questi, e diventano arroganti e inflessibili con i loro fedeli latini (romani e ambrosiani) che vogliono comunicarsi in ginocchio e sulla lingua, o porgono un piccolo lino per ricevere l’Eucaristia sul palmo della mano e assumerla direttamente con la bocca. Non sono queste le disposizioni della Chiesa? Non resta che riaffermarle con coraggio di fronte ai preti e ai vescovi, memori di quanto affermava Giovanni Paolo II: “Chi ha timore di Dio non ha paura degli uomini”.
    Nicola Bux
  8. Claudio C.
    Conversazione tra Mons Nicola Bux e il Prof. Don Alberto Strumia sul tema: "Se la fede non diventa cultura, la Chiesa diventa una ONG"
    Oggi, la tentazione dell’uomo consiste nella sollecitudine umana di costruire una “nuova chiesa”, un cristianesimo adattato al mondo moderno. Coloro che inseguono questo intento devono tuttavia ricredersi, in quanto l’unico binario praticabile è quello dei fondamenti della dottrina di sempre, ovvero Cristo stesso.
    È innegabile, la situazione di disorientamento che la Chiesa sta sperimentando in questo preciso momento storico, ma da dove ripartire e con quali strumenti? La risposta è subito pronta: occorre dapprima imparare a giudicare con “intelligenza di fede” gli avvenimenti della storia: «Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,56). Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno mostrato al mondo che il cristianesimo è conveniente anche sul piano umano, perché in esso si racchiude una “concezione” dell’uomo, della società, della famiglia che può rendere più umana l’esistenza.
    Pertanto, la sfida della Chiesa al mondo deve insistere soprattutto sul piano culturale, civile e umano. L’impegno della Chiesa non può ridursi alla diffusione di pochi banali buoni sentimenti, o a rincorrere le ideologie del momento, ma è necessario ritornare a parlare di Gesù Cristo e rinnovare quello spirito missionario che ha contraddistinto la Chiesa negli ultimi venti secoli.
    Di seguito il video proposto nelle Riflessioni Quaresimali della Santa Pasqua 2020 (dalla Pagina Il Pensiero Cattolico)
     
  9. Claudio C.
    Il 27 giugno è stato diffuso in varie lingue una forte critica del cardinale Walter Brandmüller all’Instrumentum laboris del Sinodo sull’Amazzonia (http://www.sinodoamazonico.va/content/sinodoamazonico/it/documenti/l-instrumentum-laboris-per-il-sinodo-sull-amazzonia1.html )  che si aprirà in Vaticano il prossimo 6 ottobre. Il cardinale tedesco spiega perché l’”Instrumentum laboris” “contraddice l’insegnamento vincolante della Chiesa in punti decisivi e quindi deve essere qualificato come eretico” e, dato che il documento mette in discussione il fatto stesso della divina rivelazione “si deve anche parlare, in aggiunta, di apostasia”. L’”Instrumentum laboris” , conclude il cardinale, “costituisce un attacco ai fondamenti della fede, in un modo che non è stato finora ritenuto possibile. E quindi deve essere rigettato col massimo della fermezza”.
    Riportiamo il testo del documento, il cui originale è in tedesco,  nella traduzione italiana tratta dal blog di Sandro Magister.
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    Una critica dell’”Instrumentum laboris” per il sinodo dell’Amazzonia
    Introduzione
    Può davvero causare stupore che, all’opposto delle precedenti assemblee, questa volta il sinodo dei vescovi si occupi esclusivamente di una regione della terra la cui popolazione è solo la metà di quella di Città del Messico, vale a dire 4 milioni. Ciò è anche causa di sospetti riguardo alle vere intenzioni che si vorrebbero attuare in modo surrettizio. Ma bisogna soprattutto chiedersi quali siano i concetti di religione, di cristianesimo e di Chiesa che sono alla base dell’”Instrumentum laboris” recentemente pubblicato. Tutto ciò sarà esaminato con l’appoggio di singoli elementi del testo.
    Perché un sinodo in questa regione?
    Per cominciare, occorre chiedersi perché un sinodo dei vescovi dovrebbe trattare argomenti, che – come è il caso dei tre quarti dell’”Instrumentum laboris” – hanno solo marginalmente qualcosa a che fare con i Vangeli e la Chiesa. Ovviamente, da parte di questo sinodo dei vescovi viene compiuta anche un’aggressiva intrusione negli affari puramente mondani dello Stato e della società del Brasile.
    C’è da chiedersi: che cosa hanno a che fare l’ecologia, l’economia e la politica con il mandato e la missione della Chiesa?
    E soprattutto: quale competenza professionale autorizza un sinodo ecclesiale dei vescovi a emettere dichiarazioni in questi campi?
    Se il sinodo dei vescovi davvero lo facesse, ciò costituirebbe uno sconfinamento e una presunzione clericale, che le autorità statali avrebbero motivo di respingere.
    Sulle religioni naturali e l’inculturazione
    C’è un altro elemento da tenere presente, che si trova in tutto l’”Instrumentum laboris”: vale a dire la valutazione molto positiva delle religioni naturali, includendo pratiche di guarigione indigene e simili, come anche pratiche e forme di culto mitico-religiose. Nel contesto del richiamo all’armonia con la natura, si parla addirittura del dialogo con gli spiriti (n. 75).
    Non è solo l’ideale del “buon selvaggio” tratteggiato da Rousseau e dall’Illuminismo che qui viene messo a confronto con il decadente uomo europeo. Questa linea di pensiero si spinge oltre, fino al XX secolo, quando culmina in un’idolatria panteistica della natura. Hermann Claudius (1913) creò l’inno del movimento operaio socialista “Quando camminiamo fianco a fianco…”, in una strofa del quale si legge: ”Verde delle betulle e verde dei semi, che la vecchia Madre Terra semina a piene mani, con un gesto di supplica affinché l’uomo diventi suo… “. Va notato che questo testo è stato successivamente copiato nel libro dei canti della Gioventù hitleriana, probabilmente perché corrispondeva al mito del “sangue e suolo” nazionalsocialista. Questa prossimità ideologica è da rimarcare. Questo rigetto anti-razionale della cultura “occidentale” che sottolinea l’importanza della ragione è tipico dell’”Instrumentum laboris, che parla rispettivamente di “Madre Terra” nel n. 44 e del “grido della terra e dei poveri” nel n.101.
    Di conseguenza, il territorio – vale a dire le foreste della regione amazzonica – viene addirittura dichiarato essere un “locus theologicus”, una fonte speciale della divina rivelazione. In esso vi sarebbero i luoghi di un’epifania in cui si manifestano le riserve di vita e di saggezza del pianeta, e che parlano di Dio (n. 19). Inoltre, la conseguente regressione dal Logos al Mythos viene innalzata a criterio di ciò che l’”Instrumentum laboris” chiama l’inculturazione della Chiesa. Il risultato è una religione naturale con una maschera cristiana.
    La nozione di inculturazione è qui virtualmente snaturata, dal momento che in realtà significa l’opposto di ciò che la commissione teologica internazionale aveva presentato nel 1988 e di quanto aveva precedentemente insegnato il decreto “Ad gentes” del Concilio Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa.
    Sull’abolizione del celibato e l’introduzione di un sacerdozio femminile
    È impossibile nascondere che questo “sinodo” è particolarmente adatto per attuare due progetti tra i più cari che finora non sono mai stati attuati: vale a dire l’abolizione del celibato e l’introduzione di un sacerdozio femminile, a cominciare dalle donne diacono. In ogni caso si tratta di “tener conto del ruolo centrale che le donne svolgono oggi nella Chiesa amazzonica” (n. 129 a3). E allo stesso modo, si tratta di “aprire nuovi spazi per ricreare ministeri adeguati a questo momento storico. È il momento di ascoltare la voce dell’Amazzonia… “ (n. 43).
    Ma qui si omette il fatto che, da ultimo, anche Giovanni Paolo II ha affermato con la massima autorità magisteriale che non è nel potere della Chiesa amministrare il sacramento dell’ordine alle donne. In effetti, in duemila anni, la Chiesa non ha mai amministrato il sacramento dell’ordine a una donna. La richiesta che si colloca in diretta opposizione a questo fatto mostra che la parola “Chiesa” viene ora utilizzata esclusivamente come termine sociologico da parte degli autori dell’”Instrumentum laboris”, negando implicitamente il carattere sacramentale-gerarchico della Chiesa.
    Sulla negazione del carattere sacramentale-gerarchico della Chiesa
    In modo simile – sebbene con espressioni piuttosto di passaggio – il n. 127 contiene un attacco diretto alla costituzione gerarchico-sacramentale della Chiesa, quando vi si chiede se non sarebbe opportuno “riconsiderare l’idea che l’esercizio della giurisdizione (potere di governo) deve essere collegato in tutti gli ambiti (sacramentale, giudiziario, amministrativo) e in modo permanente al sacramento dell’ordine”. È da una visione così errata che deriva poi nel n. 129 la richiesta di creare nuovi uffici che corrispondano ai bisogni dei popoli amazzonici.
    Tuttavia è il campo della liturgia, del culto, quello in cui l’ideologia di un’inculturazione falsamente intesa trova la sua espressione in modo particolarmente spettacolare. Qui, alcune forme delle religioni naturali sono assunte positivamente. L’”Instrumentum laboris” (n. 126 e) non si trattiene dal chiedere che i “popoli poveri e semplici” possano esprimere “la loro (!) fede attraverso immagini, simboli, tradizioni, riti e altri sacramenti (!!)”.
    Questo sicuramente non corrisponde ai precetti della costituzione “ Sacrosanctum Concilium“, né a quelli del decreto “Ad gentes” sull’attività missionaria della Chiesa, e mostra una comprensione puramente orizzontale della liturgia.
    Conclusione
    “Summa summarum”: l’”Instrumentum laboris” carica il sinodo dei vescovi e in definitiva il papa di una grave violazione del “depositum fidei”, che significa come conseguenza l’autodistruzione della Chiesa o il cambiamento del “Corpus Christi mysticum” in una ONG secolare con un compito ecologico-sociale-psicologico.
    Dopo queste osservazioni, naturalmente, si aprono delle domande: si può qui rinvenire, specialmente riguardo alla struttura sacramentale-gerarchica della Chiesa, una rottura decisiva con la Tradizione apostolica in quanto costitutiva per la Chiesa, o piuttosto gli autori hanno una nozione dello sviluppo della dottrina che viene sostenuta teologicamente al fine di giustificare le rotture sopra menzionate?
    Questo sembra essere davvero il caso. Stiamo assistendo a una nuova forma del Modernismo classico dell’inizio del XX secolo. All’epoca, si è cominciato con un approccio decisamente evolutivo e poi si è sostenuta l’idea che, nel corso del continuo sviluppo dell’uomo a gradi più alti, devono essere trovati di conseguenza anche livelli più elevati di coscienza e di cultura, per cui può risultare che quello che era falso ieri può essere vero oggi. Questa dinamica evolutiva è applicata anche alla religione, cioè alla coscienza religiosa con le sue manifestazioni nella dottrina, nel culto e naturalmente anche nella morale.
    Ma qui, allora, si presuppone una comprensione dello sviluppo del dogma che è nettamente opposta alla genuina comprensione cattolica. Quest’ultima comprende lo sviluppo del dogma e della Chiesa non come un cambiamento, ma, piuttosto, come uno sviluppo organico di un soggetto che rimane fedele alla propria identità.
    Questo è ciò che i Concili Vaticani I e II ci insegnano nelle loro costituzioni “Dei Filius“, “Lumen Gentium” e “Dei Verbum”.
    Dunque si deve dire oggi con forza che l’”Instrumentum laboris” contraddice l’insegnamento vincolante della Chiesa in punti decisivi e quindi deve essere qualificato come eretico. Dato poi che anche il fatto della divina rivelazione viene qui messo in discussione, o frainteso, si deve anche parlare, in aggiunta, di apostasia.
    Ciò è ancor più giustificato alla luce del fatto che l’”Instrumentum laboris” usa una nozione puramente immanentista della religione e considera la religione come il risultato e la forma di espressione dell’esperienza spirituale personale dell’uomo. L’uso di parole e nozioni cristiane non può nascondere che esse sono semplicemente usate come parole vuote, a prescindere dal loro significato originale.
    L’”Instrumentum laboris” per il sinodo dell’Amazzonia costituisce un attacco ai fondamenti della fede, in un modo che non è stato finora ritenuto possibile. E quindi deve essere rigettato col massimo della fermezza.
  10. Claudio C.
    «Te Deum laudamus!» Noi ti lodiamo, Dio!
    Al termine di questo anno ricco di prove ed al contempo di grazie, è nostra necessità rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. È in Dio che deve terminare l’ultimo pensiero e tempo di questo anno.
    Dimenticare che Cristo è fine della nostra vita significherebbe cadere nel vuoto, vivere senza senso. Per questo da secoli i cristiani innalzano l’antico inno Te Deum. È un inno pieno della sapienza di tante generazioni cristiane, che sentono il bisogno di rivolgere in alto il loro cuore, nella consapevolezza che siamo tutti nelle mani piene di misericordia del Signore.
    «Te Deum laudamus!». Mettiamo nelle sue mani le tragedie di questo nostro mondo e gli offriamo anche le speranze di un nuovo anno vissuto pienamente in Cristo. 
    Deponiamo questi voti nelle mani di Maria, Madre di Dio.
    Te Deum laudamus:
    te Dominum confitemur.
    Te aeternum patrem,
    omnis terra veneratur.
     
    Tibi omnes angeli,
    tibi caeli et universae potestates:
    tibi cherubim et seraphim,
    incessabili voce proclamant:
     
    “Sanctus, Sanctus, Sanctus
    Dominus Deus Sabaoth.
    Pleni sunt caeli et terra
    majestatis gloriae tuae.”
     
    Te gloriosus Apostolorum chorus,
    te prophetarum laudabilis numerus,
    te martyrum candidatus laudat exercitus.
     
    Te per orbem terrarum
    sancta confitetur Ecclesia,
    Patrem immensae maiestatis;
    venerandum tuum verum et unicum Filium;
    Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
     
    Tu rex gloriae, Christe.
    Tu Patris sempiternus es Filius.
    Tu, ad liberandum suscepturus hominem,
    non horruisti Virginis uterum.
    Tu, devicto mortis aculeo,
    aperuisti credentibus regna caelorum.
    Tu ad dexteram Dei sedes,
    in gloria Patris.
    Iudex crederis esse venturus.
    Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni,
    quos pretioso sanguine redemisti.
    Aeterna fac
    cum sanctis tuis in gloria numerari.Salvum fac populum tuum, Domine,
    et benedic hereditati tuae.
    Et rege eos,
    et extolle illos usque in aeternum.
     
    Per singulos dies benedicimus te;
    et laudamus nomen tuum in saeculum,
    et in saeculum saeculi.
     
    Dignare, Domine, die isto
    sine peccato nos custodire.
    Miserere nostri, Domine,
    miserere nostri.
     
    Fiat misericordia tua, Domine, super nos,
    quem ad modum speravimus in te.
    In te, Domine, speravi:
    non confundar in aeternum.
    Amen.
  11. Claudio C.
    libera traduzione da One Peter Five a cura di Eric Sammons, convertito al Cattolicesimo.
    A partire da questa domenica e continuando per le tre settimane successive, le letture del Vangelo della domenica sono tratte dal 16 ° capitolo del Vangelo di San Giovanni. Questo capitolo fa parte del Discorso d'addio di Cristo ai suoi discepoli durante l'Ultima Cena e la Chiesa vede la stagione pasquale come un momento appropriato per approfondire i ricchi insegnamenti che vi si trovano.
    Questa domenica l'attenzione si concentra sulle parole di Cristo, "un po 'di tempo, e ora non mi vedrai: e ancora un po' di tempo, e mi vedrai". Queste parole, come molti dei detti di Nostro Signore e altri nella Scrittura, hanno significati multipli. Il primo è il più ovvio: Gesù sta per morire sulla Croce e scendere all'Inferno: i discepoli non lo vedranno. Ma tra tre giorni risorgerà gloriosamente, poi lo vedranno. Si riferisce anche al fatto che 40 giorni dopo la risurrezione di Cristo salirà al Padre, dopo di che non sarà più visto. Eppure, dieci giorni dopo a Pentecoste, lo Spirito Santo verrà e Cristo sarà “visto” di nuovo, nel senso che coloro che ricevono lo Spirito Santo sono in grado di comprendere la missione di Cristo e vedere la sua opera nel mondo. Inoltre, sebbene la missione terrena di Cristo sia finita, un giorno sarà di nuovo completamente visto: alla sua seconda venuta in gloria alla fine dei tempi.
    Pubblicare questa lettura durante la stagione pasquale indica un momento in cui i convertiti battezzati a Pasqua stavano ricevendo le loro ultime istruzioni per la vita come cristiani. Imparavano la Fede durante il catecumenato e ora venivano mandati a vivere la fede. Questa vita non sarebbe stata facile; avrebbe comportato molte lotte. Queste parole di Gesù sulla partenza e sul ritorno, quindi, si applicano alla vita di discepolato. Quando riceviamo i Sacramenti o sperimentiamo il senso della sua presenza nella preghiera, "vediamo" Cristo molto chiaramente. Tuttavia, spesso nella vita cristiana Cristo sembra andare via. I maestri spirituali chiamarono questa la Notte Oscura dell'Anima: un tempo durante il quale ci sentiamo abbandonati da Dio, completamente soli. Sperimentiamo un sabato santo in cui apparentemente il Signore ci lascia e siamo scoraggiati e apparentemente senza speranza. Potremmo chiederci: tornerà?
    Nostro Signore non ci dice in modo inequivocabile che manterrà la sua promessa di tornare: “In verità, in verità ti dico che lamenterai e piangerai, ma il mondo si rallegrerà: e tu sarai reso triste, ma il tuo dolore sarà trasformato in gioia. " E inoltre, "la tua gioia che nessun uomo ti toglierà". È una gioia che supera ogni comprensione. A volte la sperimentiamo qui sulla terra, ma sperimenteremo questa gioia nella sua pienezza quando entreremo nella presenza di Cristo in Cielo.
    Pertanto, dobbiamo rimanere fedeli a Cristo, anche quando non lo vediamo, in modo che un giorno possiamo vedere ed essere visti da lui. San Cipriano scrive: “Ci rallegra stare qui a lungo tra le spade del diavolo quando dovremmo piuttosto desiderare e scegliere di affrettarci verso Cristo? Chi non sceglierebbe di essere libero dalla tristezza? Chi non accelererebbe verso la gioia? Ma il nostro dolore deve davvero essere trasformato in gioia, come chiarisce il nostro Signore ... Vedere Cristo è gioire, e non possiamo avere gioia se non lo vediamo. Quale cecità mentale o quale follia è amare le afflizioni del mondo, le punizioni e le lacrime e non piuttosto correre alla gioia che non potrà mai essere portata via! " (Sulla mortalità, 5). Cerchiamo quindi durante questa stagione pasquale di scegliere la gioia di Cristo per il dolore di questo mondo. Anche quando non riusciamo a vedere il Signore, sappiamo che è sempre con noi e, essendo fedeli a lui, un giorno lo vedremo in tutta la sua gloria, e quindi la nostra gioia sarà completa.
  12. Claudio C.
    "An example of medicines has been made, we see them are apparently trivial, small tablets, ampoules ... but they contain a power that is then shown in the effects they have. Some Saints of antiquity rightly called the sacraments "drugs", for example one of the first fathers of the church, Saint Ignatius of Antioch called the Eucharist "the drug of immortality". The sacraments, these "drugs", in fact, taken with the due dispositions produce the effects of grace. The catechism of the Catholic Church at the end of the chapters on the sacraments concludes with a paragraph on the effects they bring. But attention, like drugs, also have contraindications, that is, they cannot be taken under any condition, such as for a divorced-remarried person, on being able to also receive Holy Communion, this is a serious contraindication, because who has broken a relationship , putting on another, how can he enter with the one who instituted the sacrament of communion, of unity. Saint Paul rightly says that whoever takes on the Eucharist in this way takes poison, that is, instead of taking salvation, he takes poison, condemnation, and therefore this is a contraindication ";
    "Today the liturgy has been desecrated, that is, many elements have been introduced into it that come from the profane world and that end up gradually emptying it from its sacred character, and when I say sacred you want to understand the place of the presence of God. Saying sacred to me it immediately comes to mind when God tells Moses from the bush: be careful, take off your sandals because this place you are treading is sacred, because sacred, because He is present. So where God is present there is the sacred. Instead the layman is what is in front of the sacred and which probably desires to be reached by the sacred, but to be reached by the sacred he must let himself be converted by it and in some way must abandon something, certainly ways that are not consonant with God, then , the sacred advances and consecrates, as we often say. The sacraments are the consecration of profane matter to the use of our salvation and healing, nourishment and so on "(Don Nicola Bux)
    * * * * * * * * *
    «With the sacraments we touch Christ, we listen to Christ, we feed on Christ, we taste Christ ("No Trifling Matter: Taking the Sacraments Seriously Again" p. 23). The Church gives Christ through His Sacraments, the Church must give Christ, the Church does not save through what she does but through what she celebrates. Among the most forgotten dogmas of Faith in my opinion there is undoubtedly that of the existence of the Grace of God, and to think that Grace, every day in the parish or community, is the whole foundation of the spiritual edifice. From having or not having grace depends our eternal happiness or unhappiness. The grace of God lifts us with a single blow to an infinitely higher plane than the purely natural and earthly one, so that we can say that between a man who lives in the grace of God and one who does not live in the grace of God there is the same difference between heaven and earth ";
    "There is a need to return to having more faith in the world, to the right relationship between natural life and life of grace between nature and supernatural, for all this we are educated by the healthy and authentic liturgy of the church, its prayer par excellence, which it preserves the dogma of faith from all contamination and is the source of all beauty ". (Don Matteo de Meo)
  13. Claudio C.
    a cura di Don Mario Proietti.
    La voce nel deserto è il grido, l'annuncio di un solitario che costata che le sue parole si perdono inascoltate nelle dune. La voce che proclama una presenza e d'intorno il silenzio muto o il chiasso dei lontani. Accade ancora perché il frastuono è grande e soffoca le voci autentiche, anche quelle di chi umilmente parla nel nome del Signore. Le voci cadono nel deserto anche quando si ammassano le folle, se queste sono affette da sordità spirituale. Non si ascolta e non si riconoscono i profeti. "Chi sei tu?" - chiedono a Giovanni Battista. L'identità del profeta è riposta unicamente nella sua missione; per mandato divino egli parla e quanto proclama va accolto con la fede. Il profeta non parla di sé, non ha un messaggio proprio da proporre, né verità personali da scandire: parla la Parola di Dio, è un intermediario tra cielo e terra, tra Dio e gli uomini. Il Battista ha una missione davvero speciale: egli deve additare al mondo l'Agnello di Dio che viene a cancellare il peccato del mondo. Invita alla conversione, rifiuta le false identificazioni che alcuni fanno sulla sua persona, ribadisce che egli sta preparando la strada a colui al quale non è degno di sciogliere il legaccio del sandalo. Egli è il testimone del Cristo già presente nel mondo e che sta per iniziare la sua missione. Egli afferma che la vera adesione non deve essere rivolta alla sua persona, ma al Messia, al Salvatore del mondo. Ai nostri giorni non mancano profeti, sono pochi gli ascoltatori attenti.
  14. Claudio C.
    Dottrina  cattolica e attenzione alle persone, attraverso le scienze umane e il discernimento delle situazioni specifiche, non appaiono affatto in antitesi come vorrebbe una certa leggenda echeggiata da alcuni media cattolici o da alcuni degli stessi uomini di Chiesa: entrambi prodighi a presentare una  la pastorale in rotta di collisione con il deposito della fede, quasi che la prima fosse più efficace se sganciata dal secondo. Ascoltando le parole di Cinzia Baccaglini*,  pastorale e sana dottrina sembrano invece conciliarsi armoniosamente. Ed entrambi aiutano a formare una retta coscienza e ad interpretare  alcuni temi di stretta attualità, come quello dell’utero in affitto,  disumano fenomeno nei confronti del quale il mondo politico e giornalistico mainstream dimostra una sinistra tolleranza. 
    Quali sono le conseguenze sul piano psicologico per le madri che accettano di affittare il loro utero?
    «A parte le testimonianze lette su diverse testate sui ripensamenti e sugli stati psicologici delle madri che hanno affittato l’utero, non mi sono capitate esperienze cliniche di questo tipo. E’ vero che non è affatto difficile intuire cosa si provi a tenere un bimbo per 9 mesi in grembo e darlo ad altri al momento del parto. Questo mi è successo per bimbi dati in adozione legalmente per evitare di abortirli ma non potendoli, per varie ragioni, tenerli con sé (in particolare per stupri o condizioni psichiatriche), lasciarli in ospedale appena nati, cosa peraltro permessa con la legge sull’anonimato del parto.
    Lì la compensazione emotiva è di non averli uccisi, aver dato loro la vita ed averli affidati a qualcuno che se ne occuperà, ma comunque aver dato loro la vita. Esperienza completamente diversa è essere pagata a priori per assumere ormoni, farsi prelevare e fecondare ovuli, inserirli nel proprio utero e chissà per quante volte e quanti embrioni, portare avanti gravidanze comunque a rischio e poi al momento del parto ‘dare il prodotto ai committenti’. Credo che il minimo sia la depressione ma poi vanno indagate le motivazioni per le quali si fa ciò. Il dato di fatto è che confrontandomi anche con colleghi dell’area psicologica nessuno ha avuto casi e nemmeno esistano ricerche mondiali a conoscenza dei più. Non mi sorprenderebbe nemmeno non ce ne fossero. Dire che queste donne più o meno costrette da soldi, e non solo, stiano male non sarebbe affatto una buona pubblicità in quell’ambito di business e marketing».
    Pro - life: tante sigle: buona volontà, attenzione al bene comune e vivacità. Ma l'impressione è anche di proliferazione senza reale necessità, disorganizzazione e di divisione. Perché?
    «Devo essere sincera, ho riflettuto molto su questo aspetto. Ho buone relazioni personali con molti presidenti delle molte associazioni prolife e collaborazioni per provare a legare con un filo rosso con quello che io lo chiamo “cespugliame pro-life” ma è difficile perché spuntano come funghi dopo la pioggia.
    Vedo 3 motivazioni diverse: la prima è che il Movimento per la Vita Italiano, primo ed indiscusso movimento pro-life in Italia fin dagli anni 1990 abbia perso smalto e potere aggregativo per molte ragioni che riguardano modalità e derive contenutistiche in particolare strizzando troppo l’occhio alla politica del momento più che con sguardo profetico ed apologetico; la seconda è che il narcisismo imperante sia di singoli che di associazioni rende effettivamente più debole l’attacco congiunto alla cultura di morte imperante lasciando alcune associazioni legate ad azioni del qui ed ora che seppur importanti non hanno visione profetica ed altre che hanno una vision magari prive di grosse strumenti economici indietro, altre che fanno del compromesso con la politica del momento il loro successo, altre che vogliono essere più legate al territorio perché ciò che viene detto a livello nazionale non è sufficiente, altre che vogliono essere prettamente religiose anche se con errori teologici clamorosi, altre con più attinenza politica affermando che altrimenti non si cambia nulla, altre ancora che vogliono libertà di movimento non legate a statuti sempre più costringenti. Insomma l’equilibrio è veramente difficile e persino lo rende una dote. La terza ed ultima ma non meno importante è che questo spezzettamento , soprattutto in Italia, non fanno altro che riflettere la crisi ecclesiale attuale».
    Queste sigle hanno peso sulla politica «vera»? 
    «Anche dalle ultime vicende non credo proprio. E’ la politica o meglio i singoli politici che dovrebbero essere formati in bioetica e in dottrina sociale della Chiesa per portare avanti con coraggio i valori non negoziabili. Ritengo invece che ci sia , da quel che vedo, una non formazione dei singoli su questi temi che porta un non impegno ed espressione culturale, ovunque si trovino, e quindi anche nella politica reale».
     Arrendevolezza dei cattolici sul piano politico e sociale e promulgazione di leggi ingiuste sul piano morale. Occorrono anticorpi. Quali?  
    «La visione profetica. Dire la verità, costi quel che costi, nella carità ma per carità la verità. Il nostro futuro si giocherà su due pilastri: come riusciremo a far difendere la vita e sua dignità al suo concepimento e alla sua fine. Dovremmo essere degli antiretrovirali dei tanti virus che hanno infettato la cultura per la vita. Persone preparate a dialogare con tutti ma non fare un passo indietro di fronte a nessuno, niente compromessi, niente lusinghe in cambio di potere personale od associativo. Ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini così come egregiamente espresso dalla Samaritanus Bonus».
    Palmaro: una voce profetica. 
    «Faccio fatica a parlare di Mario, amico di vita, da una vita e per la vita. Di una cosa sono certa, rileggendo alcuni suoi scritti è evidente la sua vena profetica, molte situazioni attuali le aveva già descritte molti anni fa. Di una cosa mi rammarico: piuttosto che far dire a Mario ora, da morto, cose che non sappiamo in realtà se corrispondano alle cose che avrebbe detto o ragionamenti che avrebbe fatto, poiché troppo legato al senso del reale e alle dinamiche complesse e per questo profetico, rileggiamolo e riportiamo ciò che ha già scritto e molto lui. Non mettiamo in bocca ad un morto cose che non ha detto».
    Qual è la funzione attuale e futura del Comitato Verità e Vita? 
    «Il Comitato Verità e Vita, che in questo triennio vede me Presidente, ma dopo Mario ne ha già visti altri due ha da sempre rivestito, e nonostante esso, il ruolo del grillo parlante ( con la fine che fa anche in Pinocchio si vedrà!), di funzione critica alla coscienza di chi ci legge delle cose che succedono, di descrizioni della realtà e a cosa necessariamente portano certe scelte. E’ stato così nella faccenda della legge 40, nella legge delle DAT, della possibile attenuazione dell’art 580 ed altre vicende italiane legate ai valori non negoziabili. La forza del Verità e Vita è che siano persone operative in molti campi del sapere (giuristi, filosofi, medici, psicologi, operatori sanitari, insegnanti) e soprattutto al servizio della Verità».
    Il cardinale Caffarra: quando la buona dottrina si incontra con l'autentico spirito pastorale. 
    «Il mio rapporto con Caffarra è noto essere stato molto intenso fin dalla mia giovinezza fino ad essere mio direttore spirituale negli ultimi anni della sua vita. E l’ho visto passare dal Don a Sua Eccellenza a Sua Eminenza e lui ha visto passare me da una giovane pro-life ad una rappresentante di associazioni nazionali. Ho moti di vera rabbia difensiva quando lo descrivono come un uomo algido, pieno di dottrina semplicemente mi fa capire che non l’hanno conosciuto. Il suo grande equilibrio fra Chiesa Maestra e Chiesa Madre mi ha sempre colpito ed insegnato molto anche per la mia professione e su come pormi di fronte a questioni di vita e di morte. E’ noto altresì che solo in un’occasione perché mi è stato richiesto ho parlato del nostro rapporto personale così carico di affetto reciproco, di molta ironia e ricordo nella preghiera reciproca nei vari eventi personali che ci hanno colpito. Credo che la frase che lo rappresenti di più riguardo a questo tema sia quella che lui stesso ha pronunciato al ricordo del cardinale Biffi al primo anno di anniversario di morte: “Oggi nella Chiesa si corre il pericolo di trascurare la dottrina per l’azione pastorale, ma una chiesa povera di dottrina non è una chiesa più vicina all’uomo è solo più ignorante"».
     
    Simone Ortolani
     
      
    * Cinzia Baccaglini, Presidente del Comitato Verità e Vita, del Movimento per la Vita di Ravenna e dell’Associazione privata di fedeli «Progetto Gemma» che ha come fine la sequela di Gesù Concepito psicologa clinica e di comunità, psicoterapeuta con specializzazione sistemico-relazionale, è autrice dell’agile ma ben ponderato volume «50 Domande e risposte sul Post Aborto» (Generazione Voglio Vivere).
  15. Claudio C.
    Scriviamo questo pezzo a poche ore dalla sottoscrizione del Protocollo tra Governo Italiano e Conferenza Episcopale Italiana. Lo trovate qui Protocollo Governo-CEI
    Ci limiteremo inoltre alla parte essenziale, per non perderci su altro, che invece non lo sarebbe, sebbene di rilievo. 
    Ci focalizzeremo sulla Santa Eucarestia, il motivo principale per cui ci rechiamo alla Santa Messa e tanto attendiamo il ritorno alla "normalità". Ricordiamo a tutti che la Santa Eucaristia è essenziale, primo fra tutti i Sacramenti, che sono la Via di ordinaria Salvezza dell'anima. Dal Catechismo della Chiesa Cattolica "1331 [...]  mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo;  viene inoltre chiamato le cose sante – è il significato originale dell'espressione « comunione dei santi » di cui parla il Simbolo degli Apostoli –, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d'immortalità, viatico [...]". 
    In particolare, i cattolici sanno che è nella Transustanziazione che tutto è incardinato; sempre dal Catechismo della Chiesa Cattolica: "1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo."
    Detto questo, ha lasciato basiti leggere il testo del protocollo, sottoscritto dal Presidente della CEI, Cardinal Bassetti, che qui si riporta: "3.4. La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso; gli stessi — indossando la mascherina, avendo massima attenzione a coprirsi naso e bocca e mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza – abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli."
    Non vogliamo ritenere, come alcuni fanno, che ricevere la Santa Comunione in bocca sia vietato, non viene scritto e non lo crediamo. 
    Ma leggiamo che si vuole profanare il Corpo e Sangue di Cristo con dei "guanti monouso"; in primis, la tipologia di oggetto è quanto di più miseramente freddo ed meccanico si possa pensare, desacralizzante alla sola vista, quasi fossimo di fronte a dei sanitari, burocrati della consumazione di Ostie.
    Ma, cosa ancor più grave è che i guanti sono "usa e getta", il che implica che un oggetto che è venuto a diretto contatto con il Corpo e Sangue di Cristo verrà preso e buttato nel cestino dell'immondizia, dove il Catechismo dice: "Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo". Cosa si sta buttando quindi in quel cestino? Cosa va in discarica insieme ai guanti monouso?
    Razionalmente non farebbe, forse, una piega in tempi di epidemia questo "kit" . Ma la domanda è: la Transustanziazione è vera o no? Il clero che sottoscrive quel protocollo è consapevole della domanda che si erge come un macigno?  Io credo nella Transustanziazione solo per fede, essendo qualcosa che va oltre la ragione. Se Essa viene meno, viene meno un pilastro della Fede e quindi viene giù tutto. Altrimenti, se è Vera, come lo è, abbiamo un grosso problema.
    Eppure la Chiesa ha affrontato per duemila anni le medesime problematiche. Nel Medioevo, ad esempio, erano presenti le "pinze liturgiche". A Roma esse sono ricordate nell’Ordo del vescovo Pietro Amelio, nella seconda metà del XIV secolo, che conferma l’uso papale di trasferire le ostie consacrate dal calice alla pisside mediante le pinze d’oro e precisa che è stato introdotto per rispetto verso le sacre specie e per non toccarle direttamente. Probabilmente era anche strumento per dare la comunione ai lebbrosi. Ma tanti altri strumenti sono stati valutati proprio in funzione della Presenza Reale. Vi invitiamo a leggere anche Utensili eucaristici in tempi di covid-19 dal blog della Scuola Ecclesia Mater dove sono riportati svariati modi, degni e decorosi;
    Con la volontà, se si ha desiderio profondo, le soluzioni si possono trovare. I tempi per affrontare questa situazione fino al giorno della "riapertura" ci sono tutti.
    I Santi Sacerdoti che avranno questi stessi timori, ci sono, e non sono pochi. La richiesta va a loro terrenamente e, siccome nulla si ottiene se non per Grazia di Dio, a Lui va la nostra e, speriamo la vostra preghiera, che illumini le menti e muova i cuori.
    In Corde Jesu, Claudio 
  16. Claudio C.
    di Don Mario Proietti
    Carissima amica ed amico,
    il finire di un anno non è solo euforia ed ebbrezza per il nuovo che sta attendendo dietro la porta, ma deve essere anche verifica e riflessione su quello che ci lasciamo alle spalle. Ricorda: l’anno è l’insieme dei giorni, delle ore, dei minuti e dei secondi della tua vita.
    Tu hai vissuto un anno e non viceversa. Il tempo ti è stato donato, oggi dovresti fare memoria di come lo hai trascorso. Per noi che abbiamo fede, è necessario che avvenga il passaggio dal tempo cronologico che non si ferma, al tempo della salvezza che invece si ferma, torna indietro e vola avanti senza arrecare o arrecarti danno. Questo fu il tempo annunciato da Gesù.
    Ricorda Zaccheo: scendi, perché oggi mi devo fermare nella tua casa. Quel giorno per Zaccheo fu l’inizio del tempo della gioia e della salvezza. Dio non si può fermare nel tuo tempo cronologico se tu non lo stai vivendo a pieno. Per questo ultimo giorno dell’anno, ti esorto, carissima amica ed amico, a renderti conto che il minuto che tu stai vivendo ora è il più importante della tua vita, dovunque tu sia.
    Pertanto: fa' attenzione a quello che fai. Se il tempo di ieri ti è sfuggito dalle mani, quello che ti aspetta domani non è ancora arrivato. Vivi il momento presente, perché da lui dipende tutto il tuo futuro. Cerca di trarre il massimo profitto dal momento che stai vivendo, ricavandone tutti i vantaggi possibili, per il tuo perfezionamento sia umano che spirituale.

    BUONA GIORNATA, BUONA FINE E BUON INIZIO DI ANNO E CHE IL SIGNORE TI BENEDICA SEMPRE.
  17. Claudio C.
    Interview with Don Nicola Bux* by Vito Palmiotti. Here the original  Italian Version.
    In view of the imminent publication of the Apostolic Exhortation that will follow the Amazon Synod , we are witnessing a radicalization of ultra-style positions to the point that, for example, if Ratzinger and Sarah write reflections, they shout at success on one side and scandal on the other, there is a sort of standing ovation of a faction to the only hypothesis of withdrawal of the signature of Benedetto, only to be indignant when this in fact remains somehow on the cover. So again we are witnessing a series of epithets aimed at describing Benedict as "shiny only half an hour a day" (and maybe it is precisely the half hour in which he wrote then he would return to a soporific state for twenty three and a half hours) and if so if it were not then it becomes a serious interference with something that nobody knows but that is pulled by the jacket here and there, interpreting the thoughts of the one - the father - who must give an indication, hopefully clear, among other things , on a delicate issue such as the possibility of opening to the uxorato clergy, in some "particular situations" as the synod fathers ask in the final document of the controversial and discussed Synod on the Amazon.
    The impression obtained is that there is a lack of a Catholic gaze and a sense of reality. What will the Pope do? Cardinal Charles Journet, a distinguished patrologist, said: "As for the axiom" Where the Pope is, there is the Church "applies when the Pope behaves as Pope and head of the Church; in the contrary case, neither the Church is in him, nor he in the Church ». D. Nicola Bux participated, as an expert invited by cardinal Ratzinger and then pope, to the synod on the Eucharist in 2005 and to that on the Middle East in 2010: therefore he knows how things are going. Of course, if this can-can continues, nothing but a synod: the pope could resent and change something.
    VP: What does synodality mean, a word with which everyone fills their mouths?
    DBUX:
    The varied fans of St. Francis are perhaps unaware that he called himself a Catholic and apostolic man: the first is now a rare word to hear, yet it indicates the look at reality 'according to the totality of its factors'. From the Greek katà olòn. Unfortunately, the moral of the 'case by case' and the emphasis on the 'local Church' contributed to oblivion. In fact, it is believed that giving Communion to a divorced and remarried couple in a remote village, and not giving it to a city parish, can be done without affecting the unity of the whole, which is then the Catholic Church. Precisely on this we must dwell. Unity is the most precious asset, says St. John Chrysostom, provided that the differences are not adverse to each other, but converge towards unity, that is, they are uni-versus, universal. Here is the universal or Catholic Church. The Pope should be a sign and a bond of this. We must hope that the Exhortation will serve this purpose: to be Catholic, it should not refer to the Final Document of the Synod. If this is so, it will also be due to the contribution of Benedict XVI and Cardinal Sarah with their book on priestly celibacy, and of those in the Church who have not stopped telling the truth without failing in charity, without giving in to the temptation to to separate, which is mainly due to the lack of patience of love. Behind that book there is a not small part of the Church, which the pope, as a pater patruum, cannot fail to take into account; not only that: there are two thousand years of traditio of Jesus Christ and the Apostles, which, with Scripture, is the source of revelation. Patience is the first characteristic of love indicated by Saint Paul: charity is patient. In conclusion, synodality can be synonymous with a journey and a common gaze (always according to the Greek etymology) and in this sense, every Christian and the Church must use it. But the Church is not a permanent Synod and not even a Council, but a hierarchically ordered community. If the final document expressed the word of the bishops and of the other synod fathers, the exhortation will communicate the word of the pope, who does not necessarily have to agree with that. Remember the praevia note made by Paul VI affixing the Lumen Gentium constitution. The Synod is representative and not a substitute for the entire Catholic episcopate.
    VP: Is the Pope always foolproof?
    D.BUX:
    The magisterium is there when the pope and all the bishops agree (Compendium CCC 185) - I stress 'agree' - in proposing definitive teaching on faith and morals. What does definitive mean? It must be - like high definition photos - with sharp outlines. In fact, as in extraordinary dogmatic acts, the pope uses three verbs: we pronounce, declare and define, so in ordinary teaching, if discord were to persist, there would be no magisterium. Today it happens that many bishops do not agree but are disagree even on a doctrine already believed by faith: the discordance means that there is no infallibility, but this does not mean that the faithful are not required to obey it, unless that teaching contrasts with the depositum fidei. If a father says something and the mother the opposite, who should the children obey? We have reason to hope and pray that the Exhortation will be clear and without exception. If this were not so, the approach of the 'great apostasy' which would enslave the Church would be favored; the proof that will shake the Church (CCC 675-677) far beyond the current crisis of faith: persecution.
     
    *Msgr Nicola Bux. Ordained priest on December 6, 1975, he studied and taught in Jerusalem and Rome. Professor of Eastern Liturgy and Theology of the Sacraments at the Apulian Theological Faculty, at the Institute of Ecumenical-Patristic "San Nicola" of Bari.Close collaborator of Benedict XVI, during his pontificate he was consultor to the Congregation for divine worship and the discipline of the sacraments (since 2010), the Congregation for the Doctrine of the Faith, the Congregation for the Causes of Saints and the Office of Celebrations of the Supreme Pontiff. He was wanted in these roles by popes John Paul II and Benedict XVI. He was a personal friend of the latter as both theologians and animators of the international theological journal Communio. He was perished at the synod of bishops on the Eucharist (2-23 October 2005). Since the early 2000s, Archbishop Bux has also collaborated with the periodical Il Timone.
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