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Devozione - Le processioni riprendano. Comunicatelo al clero
Claudio C. posted a blog entry in -Attualità cattolica
Modalità di svolgimento delle processioni: la nota del Ministero dell’Interno (in allegato la nota che qui protocollo-5977-Esigenze-determinate-dall’esercizio-del-diritto-alla-lib[1].pdf viene riportata integralmente). Con riferimento alla nota del 5 giugno u.s. con cui sono state richieste indicazioni al fine di poter celebrare la festa del Corpus Domini — che vede tradizionalmente la comunità cristiana raccogliersi in processione — oltre che in ordine “altre processioni, che potranno aver luogo nelle comunità, allo scopo di uniformare le regole per lo svolgimento delle stesse”, nel rispetto delle misure poste a salvaguardia della tutela della salute della collettività per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da SARS- CoV-2, il Comitato tecnico-scientifico, nella seduta dell’8.06.2020, ha esaminato il quesito sulla tematica delle processioni religiose esprimendosi come di seguito. “Il CTS ha ricevuto il documento relativo alle misure di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 da adottare in occasione dello svolgimento delle processioni redatto dalla Conferenza Episcopale Italiana trasmesso dal Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno. Dopo ampia discussione e condivisione dei contenuti, il CTS, rileva alcune criticità nella possibilità di controllo del rischio di contagio da SARS-CoV-2 nello svolgimento di alcune processioni. Il CTS richiama, anche per i riti religiosi che prevedono una processione all’esterno di strutture ecclesiastiche e luoghi di culto – ferme restando l’adozione delle misure relative al distanziamento fisico, all’uso delle mascherine ed all’osservanza della corretta ‘etichetta respiratoria’ e delle altre misure igienico-sanitarie come il lavaggio frequente delle mani — il rigoroso rispetto delle misure precauzionali al fine di evitare ogni tipo di aggregazione o assembramento dei fedeli. Il CTS ritiene che, ferme restando le raccomandazioni predette, la loro fattibilità ed applicazione debba avvenire sotto la diretta responsabilità delle autorità sanitarie, civili e religiose”. Di tanto, si sottopone all’attenzione dell’E.V. ai fini della predisposizione delle necessarie misure di sicurezza cui ottemperare nello svolgimento delle processioni religiose, assicurando la necessaria collaborazione dell’autorità ecclesiastica con i Signori Prefetti e con le autorità sanitarie a livello locale per la corretta e puntuale osservanza delle prescrizioni sopra esposte, nonché di tutte le misure riportate nella proposta del 5 giugno u.s. Si riferisce, infine, che sull’argomento sono stati informati i Signori Prefetti per la corretta applicazione delle indicazioni e prescrizioni riferite nel parere sopra trascritto e nella predetta proposta di codesta Conferenza Episcopale del 5 giugno decorso. In foto, la processione dell'Assunta a Carpi.-
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TU CHIAMALA, SE VUOI, SENSIBILITÀ… a cura del Prof. Nunzio Lozito. Parafrasando Emozioni, la canzone, del noto cantautore Lucio Battisti, nel titolo di queste riflessioni mi sono preso la libertà di sostituire la parola “emozioni” con “sensibilità”. Perché prendere in considerazione questa parola? È un termine molto usato nel linguaggio comune. È una parola che tende a mettere in evidenza le specificità di una persona, le sue peculiarità, il suo personale approccio alla realtà. Senz’altro aspetti positivi, perché attestano l’unicità della persona umana, rispetto alla meccanicità di un automa. Tuttavia, non è di questo che si vuol parlare qui. Il campo nel quale vogliamo utilizzarla è quello liturgico. È da tempo che in questo ambito circola e non sempre in modo appropriato. Si è fatta largo nella Chiesa l’idea, che ci sono approcci al culto, ormai superati, non più in linea con i tempi e che, pertanto chiunque si trovasse, o per età anagrafica o per storia personale, ad avere una sensibilità spirituale diversa da quella comune, è bene che utilizzi, “spazi” riservati. Che la questione non vada liquidata in questo modo, lo dimostra l’invito che l’attuale Prefetto del culto divino, ha fatto in più circostanze ai cattolici che seguono la liturgia vetus ordo, affinché non si sentano rinchiusi in una sorta di riserva, ma rivendichino il loro essere cattolici a pieno titolo. Questo atteggiamento ha assunto punte di esagerazione in questo periodo di lockdown, che, come tutti sappiamo ha raggiunto anche le nostre chiese. Con la riapertura di queste, per la celebrazione delle Sante Messe cum populo, ci sono state una serie di disposizioni ecclesiastiche e civili che hanno condizionato, e continueranno a farlo, il nostro modo di partecipare al culto divino. Adesso è certamente il momento di applicare le disposizioni indicate dalle autorità. Tuttavia, verrà il momento in cui si dovrà fare un’ analisi critica di tutte le disposizioni diramate, onde poter capire le esagerazioni o gli eventuali abusi. In questa riflessione non prenderemo in considerazione eventuali conflitti che si sarebbero potuti innescare tra Stato italiano e Chiesa cattolica. Non ci sono né il tempo, né le competenze, né l’autorità necessaria per affrontare temi così ampi. Ci soffermeremo soltanto alle conseguenze che queste disposizioni riguardano la Santa Eucarestia, soprattutto quelle circa la modalità della sua ricezione. Il fronte delle opinioni è ampio: da medici che sostengono che, da un punto di vista sanitario è più sicuro riceverla sulla lingua, magari in ginocchio, per allungare ulteriormente la distanza di sicurezza tra ministro e fedele; a chi, invece, sostiene, che è più sicura la modalità della distribuzione sulla mano. Come è avvenuto per tutto il periodo dell’emergenza, anche in questa circostanza le autorità ecclesiastiche hanno seguito il parere degli esperti ufficiali (che, come abbiamo appena osservato, sono divisi). Per onore di verità dobbiamo premettere, che nel mondo ecclesiale, piuttosto diviso sui vari aspetti della fede cattolica, c’è una parte che sembra, non aspettare altro che dare un “colpo” mortale alla modalità della distribuzione dell’Eucarestia sulla lingua, ancor più se in ginocchio. Chiudiamo, per così dire, la parentesi polemica e ritorniamo a ragionare. Quindi posto che, il mondo medico-scientifico è diviso, entra in ballo il giudizio di chi è “esperto” nella questione. Solo chi è portatore di una Tradizione bi millenaria originata da Nostro Signore, passando per gli Apostoli, i primi Concili, i Padri, Trento, il Vaticano II, fino ai nostri giorni può dire una parola chiarificatrice L’insegnamento costante della Chiesa, sull’Eucarestia è univoco: dopo le parole pronunciate da Gesù durante l’ultima cena e ripetute dal sacro ministro in ogni celebrazione eucaristica, di quel pezzo di pane e di quelle gocce di vino, non restano altro che gli accidenti , perché nella sostanza, diventano Corpo e Sangue di Cristo. Una certezza ininterrotta, dicevamo, che ha sempre fatto da spartiacque tra vera e falsa fede. Non bisogna dimenticare che l’attacco alla Presenza reale di Gesù nell’Eucarestia, lungo i secoli è stato costante, raggiungendo il suo apice con Lutero. Ritorniamo al punto dal quale siamo partiti: prendere l’Eucarestia nel tempo del Covid19. Le attuali disposizioni, tra l’altro, piuttosto ambigue, ci suggeriscono di prendere l’Ostia sulla mano. E qui ritorniamo alla parola “sensibilità”. Per cui, a coloro che hanno una certa sensibilità, per così dire tradizionalista, viene “concessa” la possibilità di dare la comunione con le pinze, per evitare, così, l’uso del guanto; oppure, al fedele di riceverla su di un fazzoletto di lino. Nascono da tutto ciò una serie di domande: è questione di tutela della sensibilità? Ognuno può accostarsi al Sacramento come crede, pensando quello che ritiene, mentre si accinge a riceverlo? Oppure ci sono aspetti oggettivi, che riguardano tutti? A queste domande non possiamo non rimandare a quanto la Chiesa afferma nei suoi documenti ufficiali e normativi. A proposito della ricezione e del significato interroghiamo alcuni di questi documenti. Partiamo con la sintesi che fornisce il Catechismo di san Pio X. Alla domanda n° 355: “Quante cose sono necessarie per fare una buona Comunione?” il Catechismo risponde “per fare una buona comunione sono necessarie tre cose: essere in grazia di Dio; sapere e pensare chi si va a ricevere; rispettare il digiuno eucaristico”. Alla domanda n° 338 “ che cosa significa sapere e pensare chi si va a ricevere” il Catechismo risponde: “Significa accostarsi a Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucaristia con fede viva, con ardente desiderio e con profonda umiltà e modestia”. Quanto viene affermato dal Catechismo di san Pio X, non cambia, nella sostanza, nei documenti più recenti. La terminologia è certo più discorsiva, ma nulla viene sottratto alla precisione delle definizioni. Sulla dovuta centralità del Sacramento per eccellenza, non ci troviamo, quindi, di fronte ad un vuoto contenutistico. Soffermiamoci alla riflessione degli ultimi anni. Nel 2004, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, emanò l’Istruzione Redemptionis sacramentum. Su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. Ai numeri 90, 91, 92 si afferma: “ «I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei Vescovi», e confermato da parte della Sede Apostolica. «Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme». Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi…”. Appena un anno dopo dalla pubblicazione dell’Istruzione, si celebrò un Sinodo, proprio sull’Eucaristia. Qualche anno dopo, Benedetto XVI, pubblicò l’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis. Nel sinodo, nel sottolineare l’importanza del Sacramento fu evidenziato il rischio della perdita della necessaria centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa e denunciate le non poche “difficoltà” nonché “taluni abusi” perpetrati nei confronti della stessa . Il sinodo affrontò anche la questione relativa alla ricezione della Comunione. Quindi la modalità della ricezione, lungi dal poter essere considerata una questione esclusivamente ritualistica e formale, segnala invece la dovuta adorazione che si deve alla Santa Comunione. Ecco quanto afferma l'Esortazione al n° 50 “Un altro momento della celebrazione a cui è necessario accennare è la distribuzione e la ricezione della santa Comunione.” Il documento chiede, inoltre, a coloro che sono preposti alla distribuzione ”di fare il possibile perché il gesto nella sua semplicità corrisponda al suo valore di incontro personale con il Signore Gesù nel Sacramento”. Allora, se le cose stanno in questo modo, non rimane altro da fare che, “gareggiare” tra chi adora di più il mirabile mistero di questo Sacramento. Per cui, trattare questa materia relegandola esclusivamente ad una questione di “sensibilità” personale è quantomeno riduttivo. Pertanto, ricercare modi di accostarsi all’Eucaristia, anche in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, non è una disputa tra tradizionalisti o non tradizionalisti. È una questione che riguarda tutti. Sappiamo che le questioni in tempi di emergenza vanno affrontate con modalità di emergenza. Però non permettiamo che vengano denigrati coloro che, per grazia, per formazione e finanche per sensibilità, “indicano”, agli altri pratiche più idonee o tendenzialmente più rispettose di accostarsi alla Comunione. Facciamo sì che, non ci siano sacerdoti che impongano di alzarsi in piedi, a coloro che vogliono ricevere il Corpo di Cristo in ginocchio; o altri che redarguiscono aspramente coloro che osano accostarsi all’altare con le mani coperte da un fazzoletto di lino per ricevere l’Ostia. Non deve accadere tutto ciò, perché, terminata l’emergenza, si possa rimettere ogni “cosa” al suo posto. Anche per non dimenticare che la modalità “ordinaria” resta sempre quella di prendere la Comunione sulla lingua, o addirittura in ginocchio. La modalità di prenderla sulla mano, seppur consentita, rimane pur sempre un “indulto, che, con la prassi consolidata, per taluni è diventato l’unico modo consentito.
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Libera traduzione da ACI Prensa, articolo ¿El Cristo Milagroso lo hizo de nuevo? Cifras de coronavirus en Italia impactan las redes . E' interessante, a prescindere che possa o meno esserci relazione tra il "Cristo miracoloso" che placò la epidemia del 1522 e la discesa della nuova epidemia del 2020, perché ci ricorda che sta a noi, con la nostra preghiera, con le nostre opere tese ad ottenere la salvezza della nostra anima, possiamo chiedere a Cristo di ri-posare il suo sguardo benevolo su di noi. ***** Un prete dell'arcidiocesi di Milwaukee (Stati Uniti) ha attirato l'attenzione di molti durante il passato fine settimana dopo aver analizzato il bilancio delle vittime del coronavirus in Italia ed identificato il 27 marzo come il giorno in cui tutto è cambiato. Quel giorno Papa Francesco ha presieduto in Piazza San Pietro un extra-ordinario momento di preghiera alla presenza del "Cristo Miracoloso", un'immagine di Gesù crocifisso a cui i romani attribuirono la fine dell'epidemia del 1522. In tale occasione impartì anche la benedizione di Urbi et Orbi e pregò davanti all'immagine del Signore crocifisso. Nel suo account Twitter, P. John LoCoco ha identificato quel venerdì come quello di maggior picco in Italia. Infatti è stato il giorno in cui furono registrate ben 919 vittime. Da allora è iniziato un graduale declino, fino a ieri [qualche giorno fa] quando sono stati registrati 50 morti in Italia. Come è noto, l'Italia è stato il primo paese europeo in cui la pandemia ha causato il caos dopo che il virus ha lasciato la Cina, causando, secondo i dati della Johns Hopkins University, oltre 230.000 infezioni e 32.800 morti. Alcuni giorni fa sono inoltre state revocate diverse misure restrittive in Italia ed è stato possibile anche tornare a celebrare messe con i fedeli, ma mantenendo le raccomandazioni sanitarie per evitare nuovi focolai di coronavirus. In quell'extra-ordinario giorno di preghiera, anche Papa Francesco ha pregato davanti all'immagine mariana della Salus Populi Romani. Di fronte a una piazza vuota di San Pietro e nel mezzo della pioggia, il Pontefice rifletté sul passaggio del Vangelo in cui Cristo calma la tempesta sul Mare di Galilea. "Ci troviamo spaventati e persi. Come i discepoli del Vangelo, siamo stati colpiti da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto che eravamo nella stessa barca, tutti fragili e disorientati; ma, allo stesso tempo, importante e necessario, tutti chiamati a remare insieme, tutti dovevano confortarsi a vicenda ", ha detto. Tuttavia, ha ricordato che “il Signore si sveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale". Per questo motivo, ci ha incoraggiato ad abbracciare la Croce di Cristo, poiché in essa “siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciarla essere quella che rafforza e sostiene tutte le possibili misure e vie che ci aiutano a prenderci cura di noi stessi. Abbraccia il Signore per abbracciare la speranza. Questa è la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza ". Dopo la sua riflessione, il Santo Padre è andato all'ingresso della Basilica di San Pietro, dove ha celebrato l'adorazione del Santissimo Sacramento in silenzio per diversi minuti, accompagnato da alcuni funzionari vaticani, e quindi ha presieduto alcune preghiere come la supplica nelle litanie. Tradotto da Claudio
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Esce in questi giorni il nuovo libro di padre Giovanni Cavalcoli: Perché peccando ho meritato i tuoi castighi. Un teologo davanti al coronavirus (Chorabooks). Oggi, alle ore 17, padre Cavalcoli parlerà del suo libro con padre Serafino Lanzetta e Aurelio Porfiri. Diretta Facebook nel gruppo Theologia e diretta Youtube nel canale Ritorno a Itaca. *** «Mio Dio mi pento e mi dolgo dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi». Queste sagge parole ispirate alle Scritture ed alla più genuina ascetica cristiana sono messe a repentaglio, per non dire respinte dall’ondata fangosa del buonismo, che minaccia di sommergerci tutti, con la sua falsa carità, e invece è un virus ancora più pericoloso del coronavirus, perché questo è stato inventato dalla natura, mentre quello è un’invenzione del demonio. Diciamo allora che nei momenti di pubblica calamità, come questo del coronavirus, momenti nei quali gli animi sono spaventati e angosciati, momenti che vedono nella natura una dea crudele, dubitano della bontà e dell’onnipotenza divina, pensano che Dio non s’interessi di loro, o si interrogano su quale messaggio Dio vuol darci con questa sventura, i pastori, da buoni medici dello spirito, sono più che mai chiamati, insieme con i medici del corpo, ad approntare per i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà adeguate cure mediche ricavate dalla prassi di Gesù Cristo, Medico celeste, e da quella meravigliosa e miracolosa farmacia che è la Sacra Scrittura. Hanno pertanto l’obbligo di conoscerla e interpretarla bene, respingendo le false interpretazioni, e facendo attenzione a non scambiare farmaci per veleni e veleni per farmaci. È un compito delicato, perché alcuni farmaci biblici sembrano veleni e alcuni apparenti veleni sono in realtà farmaci; certe cure dolorose in realtà fanno bene, mentre certi palliativi piacevoli o apparentemente saggi lasciano il malato com’è o addirittura peggiorano il male. In queste circostanze, pertanto, i pastori sono chiamati, insieme con i medici del corpo, a un sommo impegno nelle opere della misericordia: i medici in quella corporale, i pastori in quella spirituale. E in particolare sono chiamati a istruire con la Parola di Dio circa le medicine da assumere e gli espedienti da adottare per istruire coloro che non capiscono che cosa sta succedendo o si illudono di poter risolvere tutto con mezzi semplicemente umani. Sono chiamati a consigliare i dubbiosi, che dubitano della divina Provvidenza, o addirittura della stessa esistenza di Dio, o comunque si sentono abbandonati da Dio, sono tentati di maledirlo e di lasciarsi andare alla disperazione, facendo loro capire che in realtà Dio è sempre presente con la sua misericordia, anche se la sua giustizia esige che ci purifichiamo dai nostri peccati col sangue di Cristo. Sono chiamati altresì ad ammonire i peccatori, a far loro presente che Dio castiga il peccato, esortandoli quindi a tornare a lui, con l’approfittare di questo periodo di sofferenza, per scontare i loro peccati, unendosi alla croce di Cristo, e avvertendoli che se non si convertono capiterà loro anche qualcosa di peggio e anzi finiranno nel fuoco eterno. Sono chiamati altresì a consolare gli afflitti con una medicina che a tutta prima sembra fatta apposta per suscitare l’indignazione contro Dio piuttosto che a favorire la rassegnazione e la confidenza in lui. Ricordare infatti a chi è già sotto il peso della sventura che essa è un castigo divino dei peccati può essere troppo per chi, innocente già sofferente, può ricevere l’impressione che ciò che egli patisce è il castigo per i suoi peccati. I predicatori devono avere allora cura di precisare che Dio punisce i peccatori e non gli innocenti e che, se li fa soffrire, è per unirli alla croce di Cristo. La medicina consolatrice è allora appunto la coscienza di patire con Cristo. Occorre che i predicatori spieghino ai fedeli sofferenti, ma bisognosi di conversione, che Cristo, Medico delle anime e dei corpi, offre a loro per mezzo dei sacerdoti, medici dello spirito, una cura, che a somiglianza di quella del corpo potrebbe essere chiamata «terapia di supporto», come in medicina viene definita una cura formata da una composizione di più farmaci, tutti finalizzati alla cura di una medesima patologia. Noi diciamo che un medico è un buon medico non quando lascia il malato com’è per non somministragli una cura dolorosa, ma quello che lo guarisce con una cura dolorosa. Ebbene, Dio con la presente pandemia si sta comportando come buon medico, in un modo simile. Dio ci parla e ci cura per mezzo della Scrittura; ed essa, infatti, mediata dalla dottrina della Chiesa, ci offre un insieme organico di farmaci, che sono concetti di fede i quali, assunti e messi in pratica dal fedele, costituiscono una cura dello spirito tale da consentirci di superare la prova presente, senza che ciò debba affatto escludere l’adozione di tutti i mezzi umani possibili per sconfiggere il male. Questa terapia di supporto è costituita dalla composizione logica e consequenziale dei seguenti concetti: bontà divina, giustizia e misericordia divine, concetto di peccato, peccato originale, castigo del peccato, pentimento, penitenza, sacrificio di Cristo, perdono divino, salvezza. Giovanni Cavalcoli, O.P.
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Vi proponiamo di seguito la libera traduzione Mexican priest who survived COVID: God acts in the midst of suffering dal sito CNA. Qui la sua Parrocchia San Rafael Arcangel. Città del Messico, Messico- Quando p. Antonio Pérez Hernández, sacerdote della Arcidiocesi de Tlanepantla è stato recentemente ricoverato in ospedale con COVID-19, ha affermato di essere stato in grado di testimoniare in prima persona come Dio è presente nel mezzo della sofferenza. Il sacerdote ha infatti condiviso la sua esperienza in un recente video pubblicato dall'arcidiocesi di Tlanepantla, in Messico, dove attualmente presta servizio. Dopo che Pérez si ammalò del virus, fu ricoverato in un ospedale pubblico dove condivise una stanza con altri pazienti, alcuni dei quali morirono. "Quando ero lì, è venuto un momento in cui sentivo come se Dio stesse per chiamarmi alla sua presenza", ha detto. “Ed è allora che scopri l'abbandono, l'abbandono totale che proviene dal dire al Signore: 'Eccomi, se vuoi chiamarmi, sono pronto; se vuoi lasciarmi qui, sono disponibile secondo la Tua Volontà. Ti chiedo solo per favore di darmi la forza di dare l'assoluzione e di occuparmi di questi miei fratelli che soffrono della malattia proprio come me. " Il sacerdote ha affermato che, nonostante la malattia, la sua esperienza in ospedale è stata bella e libera, perché "ha sentito l'amorevole presenza di Dio". Mentre era in ospedale, Fr. Pérez si è presentato sempre come sacerdote ed ha confessato e dato l'assoluzione ai malati che lo richiedevano. Ha detto di aver trovato Cristo nei pazienti malati e questo gli ha ricordato che "tutti abbiamo bisogno di Gesù". Ha assistito anche alla morte di quattro pazienti, ma ha detto che dopo aver dato loro l'assoluzione, ha potuto vedere che "erano confortati, erano in pace". Attraverso una preghiera costante , il sacerdote ha detto di aver percepito come le stanze dell'ospedale si trasformassero in luoghi di pace dove si poteva sentire e incontrare la presenza di Dio. Quando Fr. Pérez stava per essere dimesso, alcune persone gli dissero: "Padre, ci mancherai, perché ci hai dato una nuova speranza, ci hai fatto sentire Cristo in mezzo a tutto questo". Ed ha quindi detto loro: 'Cristo rimarrà sempre con voi. Io me ne vado, ma Cristo rimane. Dio non vi lascerà mai da soli ", ha continuato. Fr. Pérez è convinto che Dio stia usando la pandemia per guarire i cuori. "Dio ci sta facendo vedere ciò che è veramente importante", ha detto. “Quelli di noi che erano lì non potevano avere alcun contatto con la famiglia. Coloro che sono morti, sono morti senza avere il conforto neppure dei familiari", ha raccontato Pérez, sottolineando l'importanza di" valorizzare la presenza della famiglia, valorizzare gli amici, valorizzare la vita ". "Arriva un momento in cui hai solo l'abito da ospedale e non hai più nulla", ha detto, "ma è proprio in quel momento che si sperimenta quell'abbandono alla Volontà del Signore essendo pronti a dire: " Signore, ho te. Cosa voglio di più se ho te? '" Qui la sua storia in lingua spagnola.
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Traduzione libera della meditazione rilasciata da SER Cardinal Sarah per Le Figarò, dal titolo Robert Sarah: «L’épidémie du Covid-19 ramène l’Église à sa responsabilité première: la foi» Troppo spesso la Chiesa ha voluto dimostrare che era "di questo mondo" dedicandosi alle cause consensuali piuttosto che all'apostolato, deplora il cardinale guineano *. La Chiesa ha ancora un posto in un'epidemia nel 21 ° secolo? A differenza di secoli fa, la maggior parte delle cure mediche è ora fornita dallo stato e dal personale sanitario. La modernità ha i suoi eroi secolarizzati in camice bianco e sono ammirevoli. Non ha più bisogno di battaglioni di beneficenza di cristiani per prendersi cura dei malati e seppellire i morti. La Chiesa è diventata inutile per la società? Il virus Covid-19 riporta i cristiani alle origini. In effetti, la Chiesa è da tempo entrata in una relazione distorta con il mondo. Di fronte a una società che affermava di non averne bisogno, i cristiani, attraverso la pedagogia, cercavano di dimostrare che potevano esservi utili. La Chiesa si è dimostrata educatrice, madre dei poveri, "esperta di umanità" nelle parole di Paolo VI. Aveva ragione a farlo. Ma a poco a poco i cristiani finirono per dimenticare il motivo di questa competenza. Hanno finito per dimenticare che se la Chiesa può aiutare l'uomo ad essere più umano, alla fine è perché ha ricevuto da Dio le parole della vita eterna. La Chiesa è impegnata nella lotta per un mondo migliore. Ha giustamente sostenuto l'ecologia, la pace, il dialogo, la solidarietà e l'equa distribuzione della ricchezza. Tutti questi combattimenti sono giusti. Ma potrebbero far dimenticare la parola di Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo". La Chiesa ha messaggi per questo mondo, ma solo perché ha le chiavi dell'altro mondo. I cristiani a volte hanno pensato alla Chiesa come aiuto dato da Dio all'umanità per migliorare la loro vita qui sulla terra. E non mancavano di argomenti poiché la fede nella vita eterna fa luce sul modo giusto di vivere in questo secolo. Il virus Covid-19 ha esposto una malattia insidiosa che stava divorando la Chiesa: pensava di essere "di questo mondo". Voleva sentirsi legittima ai suoi occhi e secondo i suoi criteri. Ma è emerso un fatto radicalmente nuovo. La modernità trionfante è crollata prima della morte. Questo virus ha rivelato che, nonostante le sue assicurazioni e la sua sicurezza, il mondo sottostante rimane paralizzato dalla paura della morte. Il mondo può risolvere le crisi sanitarie. Arriverà sicuramente alla fine della crisi economica. Ma non risolverà mai l'enigma della morte. La sola fede ha la risposta. Illustriamo questo punto in modo molto concreto. In Francia, come in Italia, la questione delle case di riposo, il famoso Ehpad, era un punto cruciale. Perché? Perché la questione della morte è nata direttamente. I residenti anziani dovrebbero essere confinati nelle loro stanze a rischio di morire di disperazione e solitudine? Dovrebbero rimanere in contatto con le loro famiglie a rischio di morire di virus? Non sapevamo come rispondere. Lo stato, immerso in un secolarismo che sceglie in linea di principio di ignorare la speranza e di restituire i culti al dominio privato, è stato condannato al silenzio. Per lui, l'unica soluzione era fuggire la morte fisica ad ogni costo, anche se ciò significava condannare la morte morale. La risposta potrebbe essere solo una risposta di fede: accompagnare gli anziani verso una probabile morte, con dignità e soprattutto con la speranza della vita eterna. L'epidemia ha colpito le società occidentali nel punto più vulnerabile. Erano organizzati per negare la morte, nasconderla, ignorarla. È entrata dalla grande porta! Chi non ha visto questi giganteschi obitori a Bergamo o Madrid? Queste sono le immagini di una società che recentemente ha promesso un uomo aumentato e immortale. Le promesse della tecnologia consentono di dimenticare la paura per un momento, ma finiscono per essere illusorie quando colpisce la morte. Perfino la filosofia dà solo un po 'di dignità a una ragione umana sommersa dall'assurdità della morte. Ma non è in grado di consolare i cuori e dare un significato a ciò che sembra esserne definitivamente privato. Di fronte alla morte, non esiste una risposta umana che regga. Solo la speranza di una vita eterna può superare lo scandalo. Ma quale uomo oserà predicare la speranza? Ci vuole la parola rivelata di Dio per osare di credere in una vita senza fine. Hai bisogno di una parola di fede per osare di sperare in te stesso e nella tua famiglia. La Chiesa cattolica si rinnova quindi con la sua responsabilità primaria. Il mondo si aspetta da lei una parola di fede che le permetterà di superare il trauma di questo faccia a faccia con la morte che ha appena vissuto. Senza una chiara parola di fede e speranza, il mondo può sprofondare in una morbosa colpa o rabbia indifesa per l'assurdità della sua condizione. Solo questo può permettergli di dare un senso a queste morti di persone care, che sono morte in solitudine e sono state sepolte in fretta. Ma poi la Chiesa deve cambiare. Deve smettere di avere paura di scioccare. Deve rinunciare a pensare a se stesso come a un'istituzione del mondo. Deve tornare alla sua unica ragion d'essere: la fede. La Chiesa è lì per annunciare che Gesù ha vinto la morte con la sua risurrezione. Questo è il cuore del suo messaggio: "Se Cristo non è stato risuscitato, la nostra predicazione è vana, la nostra fede è ingannevole e noi siamo il più miserabile di tutti gli uomini". (1 Corinzi 15, 14-19). Tutto il resto è solo una conseguenza. Le nostre società emergeranno indebolite da questa crisi. Avranno bisogno di psicologi per superare il trauma di non poter accompagnare gli anziani e i morenti nella loro tomba, ma avranno ancora più bisogno di sacerdoti che insegneranno loro a pregare e sperare. La crisi rivela che le nostre società, senza saperlo, soffrono profondamente di un male spirituale: non sanno dare senso alla sofferenza, alla finitudine e alla morte. * Il cardinale Sarah è prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti all'interno della Curia romana.
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Vademecum per la Santa Messa. Ovvero come non profanare la Eucaristia
Claudio C. posted a blog entry in -Attualità cattolica
Scriviamo questo pezzo a poche ore dalla sottoscrizione del Protocollo tra Governo Italiano e Conferenza Episcopale Italiana. Lo trovate qui Protocollo Governo-CEI Ci limiteremo inoltre alla parte essenziale, per non perderci su altro, che invece non lo sarebbe, sebbene di rilievo. Ci focalizzeremo sulla Santa Eucarestia, il motivo principale per cui ci rechiamo alla Santa Messa e tanto attendiamo il ritorno alla "normalità". Ricordiamo a tutti che la Santa Eucaristia è essenziale, primo fra tutti i Sacramenti, che sono la Via di ordinaria Salvezza dell'anima. Dal Catechismo della Chiesa Cattolica "1331 [...] mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo; viene inoltre chiamato le cose sante – è il significato originale dell'espressione « comunione dei santi » di cui parla il Simbolo degli Apostoli –, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d'immortalità, viatico [...]". In particolare, i cattolici sanno che è nella Transustanziazione che tutto è incardinato; sempre dal Catechismo della Chiesa Cattolica: "1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo." Detto questo, ha lasciato basiti leggere il testo del protocollo, sottoscritto dal Presidente della CEI, Cardinal Bassetti, che qui si riporta: "3.4. La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso; gli stessi — indossando la mascherina, avendo massima attenzione a coprirsi naso e bocca e mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza – abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli." Non vogliamo ritenere, come alcuni fanno, che ricevere la Santa Comunione in bocca sia vietato, non viene scritto e non lo crediamo. Ma leggiamo che si vuole profanare il Corpo e Sangue di Cristo con dei "guanti monouso"; in primis, la tipologia di oggetto è quanto di più miseramente freddo ed meccanico si possa pensare, desacralizzante alla sola vista, quasi fossimo di fronte a dei sanitari, burocrati della consumazione di Ostie. Ma, cosa ancor più grave è che i guanti sono "usa e getta", il che implica che un oggetto che è venuto a diretto contatto con il Corpo e Sangue di Cristo verrà preso e buttato nel cestino dell'immondizia, dove il Catechismo dice: "Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo". Cosa si sta buttando quindi in quel cestino? Cosa va in discarica insieme ai guanti monouso? Razionalmente non farebbe, forse, una piega in tempi di epidemia questo "kit" . Ma la domanda è: la Transustanziazione è vera o no? Il clero che sottoscrive quel protocollo è consapevole della domanda che si erge come un macigno? Io credo nella Transustanziazione solo per fede, essendo qualcosa che va oltre la ragione. Se Essa viene meno, viene meno un pilastro della Fede e quindi viene giù tutto. Altrimenti, se è Vera, come lo è, abbiamo un grosso problema. Eppure la Chiesa ha affrontato per duemila anni le medesime problematiche. Nel Medioevo, ad esempio, erano presenti le "pinze liturgiche". A Roma esse sono ricordate nell’Ordo del vescovo Pietro Amelio, nella seconda metà del XIV secolo, che conferma l’uso papale di trasferire le ostie consacrate dal calice alla pisside mediante le pinze d’oro e precisa che è stato introdotto per rispetto verso le sacre specie e per non toccarle direttamente. Probabilmente era anche strumento per dare la comunione ai lebbrosi. Ma tanti altri strumenti sono stati valutati proprio in funzione della Presenza Reale. Vi invitiamo a leggere anche Utensili eucaristici in tempi di covid-19 dal blog della Scuola Ecclesia Mater dove sono riportati svariati modi, degni e decorosi; Con la volontà, se si ha desiderio profondo, le soluzioni si possono trovare. I tempi per affrontare questa situazione fino al giorno della "riapertura" ci sono tutti. I Santi Sacerdoti che avranno questi stessi timori, ci sono, e non sono pochi. La richiesta va a loro terrenamente e, siccome nulla si ottiene se non per Grazia di Dio, a Lui va la nostra e, speriamo la vostra preghiera, che illumini le menti e muova i cuori. In Corde Jesu, Claudio-
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NOVENA ALLA MADONNA DI POMPEI.su iniziativa del Coetus Fidelium San Gaetano & Sant’Andrea Avellino di NapoliCari Amici,Come tutti sappiamo, l’Italia sta vivendo un momento di profonda crisi, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche economico, sociale, politico, religioso. Siamo privati anche della possibilità di accostarci ai Sacramenti, perfino in occasione della Pasqua. Non possiamo fare altro che appellarci al Cuore Immacolato di Maria, implorando la Misericordia divina per l’umanità peccatrice e la cessazione di questo flagello. Per questo motivo i Coetus fidelium della Campania hanno deciso di recitare, a partire da sabato 11 aprile, fino a giovedì 7 maggio, 3 Novene consecutive, come consigliava il Beato Bartolo Longo, alla Regina delle Vittorie, alla Madonna del Rosario di Pompei; il giorno 8 maggio reciteremo la Supplica ed eventualmente proseguiremo con la recita di altre tre Novene di ringraziamento, sempre secondo le indicazioni del Beato Bartolo Longo. Parallelamente decidiamo di impegnarci in una Crociata del Rosario, recitandolo (se possibile anche intero = 3 Corone) quotidianamente con ancora maggior devozione ed assiduità. Invitiamo tutti gli Amici e i lettori ad unirsi a noi e a diffondere questa devozione: la Madonna ci salverà. Non fa niente che abbiamo già iniziato la prima Novena: chiunque può unirsi in qualunque momento. Volete unirvi a noi? Ci dareste una mano a diffondere l’iniziativa?
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Con molto interesse e condivisione riportiamo il trascritto libero della conversazione tra Mons. Nicola Bux ed il Dott. Aldo Maria Valli sul duello eterno tra Luce e tenebre, nell'attualità della epidemia che ha stravolto le nostre vite, ha messo in discussione il nostro modo di vivere la Fede e sottoposto ad uno sguardo critico le soluzioni adottate dai Pastori, rivelando una visione della Fede differente da quella dei due interlocutori, ma spesso lontana dallo stesso Sensum Fidei della gente comune e di chi ancora si batte per la Fede in Cristo, Presenza Reale, lontani da visioni esclusivamente sociologiche e mondane. Ma si è discusso anche di dogmi, della visione del Papa come Vicario di Cristo e della eccezionalità della Madonna in contrasto con la figura di "Maria una di noi", della sofferenza vicaria e del castigo. Vi invitiamo a leggerla o, se potete, a visionare il video sul canale Youtube della Scuola Ecclesia Mater. Don Nicola Bux. Per questa conversazione è stato scelto il tema del combattimento tra la Luce e le tenebre rappresentate dal peccato e dalla morte, in un tempo di grande crisi della fede, in un tempo in cui ciò che Cristo disse: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” viene accantonato. Aldo Maria Valli. Tra i tanti temi, inizierei col dire che questa pandemia che ci costringe alla cattività sta facendo mettere a nudo alcune parole d’ordine che andavano per la maggiore fino ad alcune settimane fa, ed in particolare dal concetto alquanto ambiguo di nuovo umanesimo, fatto propria purtroppo non solo dalla politica ma anche da chi è nella Chiesa; secondo tale concezione, la “novità” sarebbe che al centro di tutto ci debba essere l’uomo e non Dio e la convinzione che l’uomo possa risolvere da sé i suoi problemi. Ritengo però che tale maschera sia caduta proprio in questi giorni, in un periodo in cui è palese che l’uomo non sia in grado di essere solo di fronte a situazioni oggettivamente difficili, prima tra tutte la questione della morte, ed ha bisogno di alzare uno sguardo trascendente e recuperare invece il rapporto con Dio. Anche i dati di ascolto delle Sante Messe in streaming e televisione aiutano a comprendere come si cerchi di recuperare questa dimensione verticale guardando verso Dio Padre cui chiedere aiuto e tramite cui dare un senso a ciò che ci travolge al di là di tutto. Quindi, altro che nuovo umanesimo, altro che piani umani fondati sugli aspetti esclusivamente sociologici, economici o politici, altro che task force nella sfera civile e tantomeno altro che nella gerarchia cattolica. Tutta questa prospettiva non dà una risposta alle domande delle persone; esse pregano Dio Padre e chiedono la intercessione di Maria in una tendenza molto trasversale. Il popolo, parola tanto abusata, ha ben altre esigenze. Bux Un cattolico deve diffidare di queste espressioni fuorvianti, tipo nuovo umanesimo. Il vero Umanesimo è quello cristiano. Se infatti l’umanesimo è quello di Cristo, diciamo all’umanità che è Cristo al centro di tutto. Purtroppo però, assistiamo ad una crisi della fede, che non significa che io non creda ma che vacilla la certezza che con Gesù Cristo sia venuto nel mondo tutto quel che di nuovo potevamo attenderci, ovvero andando con Sant’Ireneo “Gesù portò ogni novità, portando se stesso”. In realtà non è questo il nuovo che si sta cercando, masi sta andando alla ricerca di altro. Valli. Le persone di fronte alla Legge Divina cercano risposte che diano veramente significato e queste le possono trovare nella Tradizione. La richiesta che ne vien fuori magari è molto confusa, ma è molto forte e presente. Negli ultimi tempi la Chiesa ha rivolto apprezzamenti alle istituzioni esclusivamente umane come UNESCO, ONU e quant’altro, spesso in netta antitesi con dottrina e morale cattolica. Proprio oggi, nel momento della difficoltà vera, queste istituzioni umane non hanno nulla da dire, nulla di sensato che possa aiutarci, messaggi generici ma che non sono incidenti sulle nostre vite, sulla profondità del nostro animo. La persona o la famiglia in difficoltà ha invece bisogno di una parola di verità, di fede sincera, espressa anche in maniera semplice e senza elucubrazioni, ma che ci riempia il cuore e che ci dia speranza. Sul blog Duc in Altum una fedele mi scrive che in questo periodo di quarantena la sua famiglia sta vivendo una nuova devozione mariana, altri scrivono che hanno recuperato la recita del Santo Rosario in famiglia. Ecco dove le persone trovano le risposte. Quali maschere cadono? Uno degli ultimi concetti “nuovi” introdotti nella Chiesa è stato quello della Pachamama, un simbolo che rappresenta la natura diventata “madre natura” cui noi dovremmo assoggettarci. Le vicende di questi giorni dimostrano però che la natura può essere matrigna, un virus misterioso, e che anche questo è natura. Trasformarla in idolo come è stato fatto per Pachamama è stato un grosso abbaglio. Il Popolo cattolico si rende ora conto della ferita di Pachamama, anche persone non estremamente preparate teologicamente, anche a chi non dà normalmente peso alle parole della gerarchia. La stessa processione sulla tomba di Pietro della Pachamama, introduzione di un idolo pagano in un luogo sacro, tante persone hanno aperto gli occhi e si sono chieste: perché?. E’ palese quindi che la Provvidenza stia lavorando per noi facendo cadere tante maschere ideologiche e riporti la esigenza di recuperare la nostra bella fede. Mi ha molto colpito la numerosa presenza dei sindaci italiani nelle preghiere di consacrazione ed affidamento ai Santi Patroni delle Città, l’essere insieme ai Pastori con la fascia tricolore, quindi in rappresentanza della cittadinanza. Un messaggio veramente forte. Bux Chissà che veramente una parte dei pastori ponga ora veramente una nuova attenzione a quello che succede. Al di là delle disquisizioni di questi giorni sul fatto che questa epidemia possa o non possa essere un castigo, rimane fermo che “non si muove foglia che Dio non voglia”. Chi crede, infatti, crede che Dio opera e fa come il padre che vede giocare i bambini, ed interviene per mettere le cose a posto quando non si comportano bene. Il Signore si serve di questi eventi per rilanciare le questione fondamentale della Fede e di cosa Essa veramente sia, perché nessuno di noi potrebbe parlare di Fede se non vivesse in presenza di Dio, anche in senso molto spiccio e pratico. La Chiesa nei suoi vertici dovrà rispondere a questo se vuole tener conto di quanto accaduto, del fatto che. Dio è presente ed opera sempre secondo i suoi criteri e tali criteri sono presenti dalla Scrittura, nel Magistero, nella Parola di Dio. Valli. Tante persone mi hanno scritto di essere state prese da un sentimento di profonda tristezza quando è stato evidente che la Santa Messa sia stata messa da parte e trattata come un semplice accessorio e non invece come fonte essenziale, addirittura fonte di rischio e non di salvezza. Non è stato neppure preso in considerazione di permettere di prendere parte alla Messa; per assurdo, in un supermercato è stato possibile andare, mantenendo la distanza, tenendo la mascherina e così via, ma in Chiesa no. Subito è passata la idea di eliminare le Messe con concorso di pubblico. Bux Un Vescovo tedesco proprio in questi giorni si è espresso affermando che non sia necessario “enfatizzare la Eucaristia e che il Concilio afferma che il Signore sia presente anche nelle Scritture”. Ma la Eucaristia è più importante del cibo perché è farmaco della vita eterna, dell’immortalità, un farmaco salvavita! Può un Vescovo tenere i fedeli senza un cibo essenziale? I primi Martiri cristiani che ci tenevano tanto alla eucaristia, cosa staranno pensando? Che sono dei pavidi, che non hanno saputo prendere di petto le autorità! Nelle catechesi che verranno dovremo spiegare se questo farmaco è facoltativo e può essere sospeso o se è vitale; qualcuno dovrà dar ragione di tutto ciò. Si può sospendere un farmaco così importante? Ci sono altri parafarmaci che lo possano sostituire? Valli Quello che ha colpito negativamente è la fretta con cui si è eliminata la presenza delle perone dalle Messe, addirittura in un primo momento portando le Chiese totalmente chiuse, salvo poi ritornare sui propri passi. Non si è neppure provato a trovare una possibilità alternativa di partecipazione. E’ vero che tutti i giorni la messa è garantita in streaming è il momento più bello della giornata. La Comunione spirituale, in mancanza di quella Reale, è già d’aiuto e ci sono aspetti positivi nei risultati cui ha portato la buona volontà di tanti Sacerdoti e fedeli. Ma la ferita della superficialità rimane, insieme alla impressione di essere guidati da funzionari, burocrati della religione. Bux Molti orientali mi hanno contattato stupiti del comportamento dei cattolici; in Georgia, Bulgaria o Serbia gli Ortodossi hanno reagito dicendo: “Non possiamo vivere senza il Signore”. In Grecia sono in subbuglio perché si teme venga seguita la linea UE di chiusura ed i greci stanno discutendo molto su come agire con precauzioni senza arrivare a quello cui siamo arrivati noi. Valli Qualcuno obietta che sarebbe stato difficile garantire la sicurezza, trovare servizi d’ordine per le persone indisciplinate. Non raccolgo queste motivazioni perché, c’è una gerarchia di valori. Se ti sta a cuore veramente un qualcosa, i modi si trovano. Bux E’ vero che un modo si sarebbe potuto trovare. Tant’è che hanno regolato accesso alle mense Caritas; avrebbero potuto farlo per le Sante Messe. Valli Non c’è stata la volontà ed in questo modo hanno mostrato di vedere nella Messa solo una assemblea e nella Chiesa una sala che va riempita eliminando la visione trascendentale, Nostro Signore, eliminando il Tabernacolo. Bux. Dovremmo forse raccomandare, a mo’ di battuta, a Vescovi e Preti di “vivere come se Dio esistesse” parafrasando quanto Papa Benedetto XVI diceva ai laici non credenti. Il problema è tutto lì. Un prete che è prete se non è consapevole che Dio è sempre presente come fa ad essere Sacerdote? Come afferma il Cardinal Sarah, questa è una crisi della Fede ed è una crisi del Sacerdozio. Oggi alcuni pensano di essere un po’ assistenti sociali, a volte distributori di pacchi. Ma il Sacerdote è primariamente mediatore tra uomo e Dio. Abbiamo, in questi anni, tolto Gesù Cristo presente nel Tabernacolo ed abbiamo messo al Suo posto la sedia del celebrante, desiderando poi essere chiamati “Presidenti” e non ministri; ma il sacerdozio ha questa funzione di amministrazione delle cose di Dio! Ecco perché la crisi è una crisi della Fede che trascina con sé la crisi del sacerdozio. Si fanno tanti progetti a prescindere da Cristo, tanto che il Cardinal Biffi diceva che Cristo è spesso una scusa per parlare d’altro. In qualche maniera però, poi il Signore rimescola le carte per far capire ai tanti che il Centro è e rimane Cristo. La Chiesa non può mutare secondo il piacere degli uomini, non può mutare ciò che è divinamente rivelato, come non può mutare la indissolubilità del matrimonio e la consistenza e l’essenza del sacerdozio perché tutto ciò non dipenden da essi.. “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”, così disse Gesù Cristo a Pietro. Il Papa è così il garante dell’ubbidienza alla volontà di Dio e non a quella degli uomini come la storia della Chiesa in larga parte dimostra. L’apostolo Pietro ha ricevuto un primato di giurisdizione di fede autentica, come dommaticamente riporta la Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I. Il fatto che si chiami “Vicario di Cristo”, indica che deve confessare al mondo questa verità: “Cristo è la Via, la Verità e la Vita”. Esso non è un titolo storico, ma dommatico. Ci sono anche titoli minori, come Sommo Pontefice, Primate d’Italia etc., titoli che esprimono la gerarchia , ma non sono solo storici, ma danno maggior comprensione della Chiesa di Roma e del ruolo del Vescovo di Roma. Mi aspetterei che qualcuno dia una spiegazione del fatto che qualcuno abbia relegato la definizione di “Vicario di Cristo” a mero titolo storico, come fatto in questi giorni sull’Annuario Pontificio. Solovyov diceva che il primato petrino non meno delle Scritture e della tradizione ha un solo scopo: l'incontro con Cristo, la bellezza presente e visibile che salva il mondo, e lo diceva da Ortodosso. Alcuni potrebbero obiettare che Giovanni Paolo II in Ut unum sint abbia avanzato disponibilità a rivedere il primato petrino, ma a costoro bisogna rispondere che lo stesso al 95 afferma pure che in alcun modo la Chiesa Cattolica può rinunciare a tutto quello che nel primo millennio ha maturato il primato romano e che essere successore di Pietro implica il diritto divino del primato romano. Pertanto né per ecumenismo o per condiscendenza con altre posizioni religiose il Papa può abdicare a ciò. Coloro che hanno mutato il senso del primato petrino, dovrebbero renderne ragione. Tanti cominciano a porsi domande. Valli: Sarebbe effettivamente un gesto di attenzione verso il popolo aiutarlo a comprendere cosa accade su di un argomento così importante per la propria vita di fede, se non si ritiene che la attenzione al popolo sia solo uno slogan. Un altro aspetto che ha colpito molto i fedeli è la considerazione di Papa Francesco sulla Madonna già fatta il 12 Dicembre scorso in occasione della festa della Madonna di Guadalupe, e che ha riaffermato ancora pochi giorni fa quando ha espresso che Ella sia solo donna, madre e discepola, “una di noi”, quasi a sottolineare che non ci sia alcun titolo di regalità che le appartenga; qualcuno ha voluto parlare di “minimalismo mariano” da parte del Papa. Ma anche il senso comune dei cattolici ha avvertito qualcosa di strano. La domanda che ci si pone è: perché andare contro una sensibilità cattolica che va in senso ben diverso? Bux. La Madonna “una di noi” era una definizione cara anche a Don Tonino Bello. Ma come Madre di Dio, concepita immacolata dal peccato originale, assunta in cielo anima e corpo, non si può assolutamente dire che sia “una tra tante”. Questo concetto rientra tra i punti cardine della Teologia della Liberazione, diffusa in Sudamerica qualche decennio fa, e Papa Francesco a volte attinge da questo retroterra in maniera anche leggera. Se queste affermazioni su Maria sono vere, devono spiegare perché è “una di noi” e perché la Chiesa ha proclamato dei dogmi su Maria, dove i dogmi altro non sono che dei punti imprescindibili da cui non si può tornare indietro. Diversi pontefici, non ultimo Giovanni Paolo II ha affermato che la partecipazione di Maria sotto la Croce è un contributo che non potremmo dare noi e che non hanno dato altri; non è inoltre possibile, in un anno liturgico costellato di grandi feste mariane, ridurre la Madonna ad una di noi. Da creatura quali siamo noi ha fatto un percorso pellegrinaggio della fede fino ad arrivare a vette eccelse, irragiungibili. Cancellarne così il ruolo, significherebbe cancellare l’intero capitolo VIII della Lumen Gentium dedicato alla Madonna, sminuendo di conseguenza la figura di Cristo incarnato perché Maria ha dato il suo sì a che Cristo si incarnasse. Valli La pietà popolare ha trovato tanti modi nel Santo Rosario per dirLe che Le vogliamo tanto bene in modi sempre nuovi, Regina, Madre, Torre; è commovente tanto attaccamento e si potrebbe dire che il Sensum Fidei ha tanto da dire anche da un punto di vista teologico. Ultimo argomento. Tramite il blog spesso gli utenti riportano allarmati i segni di un millenarismo emergente o riemergente, in cui tante persone vedono una sorta di messaggio che il cielo sta rivolgendo all’uomo. Alcuni dicono che siamo all’inizio di una serie di prove. Un insieme vario di sentimenti serpeggia anche se se ne parla poco. Bux Dico: spero di no. Dobbiamo ricordare infatti che se ritorniamo al Signore, nell’alleanza fatta in Cristo Gesù che ha espiato per noi uomini e la nostra salvezza, con le nostre preghiere ed azioni buone possiamo allontanare piaghe e castighi, così come impariamo dalla stessa rivelazione biblica e non dobbiamo mai dimenticarlo, perché ne è il senso profondo. “Eppure egli ha preso su di sé le nostre malattie, si è caricato delle nostre sofferenze, e noi pensavamo che Dio lo avesse castigato, percosso e umiliato. 5Invece egli è stato ferito per le nostre colpe, è stato schiacciato per i nostri peccati. Egli è stato punito, e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso, e noi siamo guariti”, come ha detto Isaia (52). La Rivelazione parla sì spesso di castighi divini come nel Salmo 81 “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito”. Ma, per quanto Gesù si sia fatto carico del peccato, noi abbiamo una parte di sofferenza da compiere, la sofferenza vicaria. Anche gli innocenti che soffrono e muoiono portano il peso del male del mondo. Quando seguivo le cause dei santi, in diversi offrivano sé stessi come vittima di espiazione. Oggi, 16 aprile, è Santa Bernadette; ella era consapevole che la Madonna le aveva chiesto di prender parte dei peccati del mondo e non a caso a Lourdes si è sviluppata una attenzione particolare verso la sofferenza. Se uno come Padre Cantalamessa afferma che “Dio non castigherebbe altrimenti come puoi spiegare che gli innocenti ed i poveri soffrono” si può richiamare la parabola del grano e della zizzania, ove il Signore dice lasciate crescere insieme grano e zizzania, ma poi alla fine la cernita la farò io. Ma si dimentica anche e soprattutto quello che Cristo ha fatto soffrendo lui stesso. Nella storia tantissimi santi e sante hanno partecipato completando ciò che manca alla sofferenza di Cristo. Gli ebrei stessi ne avevano ben chiaro il concetto e questo era riassunto nel capro espiatorio che, senza colpa, sopporta i guai causati da altri o di altri. Un catechismo degno di questo nome dovrebbe poter illustrare chiaramente questi concetti. Valli Tirando le conclusioni, la Fede ha bisogno di essere nutrita e, probabilmente, la società non è così secolarizzata come si dice. C’è una forza che è dentro di noi ma deve essere nutrita con l’essenziale e non con tanti discorsi che prendono e riportano tal quali gli slogan dai discorsi del mondo. Oggi c’è molto bisogno di pensiero cattolico! Di seguito il video.
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Burke: "Dio ci guida in questo tempo di prova"
Claudio C. posted a blog entry in -Attualità cattolica
Cari amici, da un po’ di tempo a questa parte siamo in lotta contro la diffusione del coronavirus, Covid-19. Tutto quello che possiamo dire – e una delle difficoltà di questa lotta è che troppe cose di questa pestilenza sono ancora un mistero -, è che questa lotta andrà avanti ancora per un po’. Il virus in questione è particolarmente insidioso, in quanto ha un periodo di incubazione relativamente lungo – qualcuno dice 14 giorni, altri 20 – ed è altamente contagioso rispetto ad altri virus di cui abbiamo fatto esperienza. Tutta questa situazione certamente ci fa cadere in una profonda tristezza e anche paura. Nessuno vuole contrarre la malattia legata al virus o che ciò succeda a qualcun altro. In modo particolare non vogliamo che i nostri cari anziani o altri già in uno stato di salute precaria siano esposti al pericolo della morte mediante la diffusione di questo virus. Per combattere la paura del virus, siamo tutti in una specie di ritiro spirituale forzato, confinati nei nostri quartieri e incapaci dei soliti gesti di affetto verso famiglia e amici. Per chi è in quarantena, l’isolamento è ancora più duro, non potendo avere contatti con nessuno, nemmeno a distanza. E come se non bastassero le preoccupazioni legate alle malattie da coronavirus, non possiamo ignorare i danni economici causati dalla diffusione del virus, con gravi ripercussioni su individui e famiglie e su quanti ci servono attraverso i modi più disparati nella vita quotidiana. Certamente, i nostri pensieri non sono di grande aiuto, ma contemplano la possibilità di un’ancora più grande devastazione della popolazione nelle nostre terre natie e, quindi, nel mondo intero. Certamente, facciamo bene a imparare e mettere in pratica tutti i metodi più comuni per difenderci dal contagio. È un fondamentale atto di carità usare qualsiasi cautela per evitare il contagio o la diffusione del virus. Considerando quello che ci occorre per vivere, non dobbiamo dimenticare che il nostro primo bisogno è il rapporto con Dio. Per riprendere le parole di Nostro Signore nel Vangelo secondo Giovanni: “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui” (14, 23). Cristo è il Signore della natura e della storia. Egli è vicino e disinteressato a noi e al mondo. Ce lo ha promesso: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Nel combattere il demone del coronavirus, la nostra arma più efficace è, quindi, il nostro rapporto con Cristo attraverso la preghiera e la penitenza, la devozione e il sacro culto. Ci rivolgiamo a Cristo per venire liberati dalla pestilenza e da ogni male, e Lui non manca mai di risponderci con amore puro e gratuito. Questo è il motivo per cui per noi è essenziale, in qualsiasi momento, specialmente in quelli di crisi, poter accedere alle nostre chiese e cappelle, ai Sacramenti, alle devozioni e alla preghiera. Allo stesso modo in cui possiamo comprare cibo e medicinali, con l’accortezza di non diffondere il coronavirus, così dobbiamo poter pregare nelle chiese e nelle cappelle, ricevere i Sacramenti e impegnarci in atti di pubblica preghiera e devozione, così da poter cogliere la vicinanza di Dio a noi e rimanerGli vicini, invocando in modo opportuno il Suo aiuto. Senza l’aiuto di Dio, siamo, quindi, persi. Storicamente, in epoche di pestilenza, i fedeli si radunavano in fervente preghiera e partecipavano alle processioni. Infatti, nel Messale Romano, promulgato da Papa San Giovanni XXIII nel 1962, ci sono dei testi appositi per la Santa Messa da offrire in tempo di pestilenza, la Messa Votiva per la Liberazione dalla Morte in Tempo di Pestilenza (Missae Votivae ad Diversa, n.23). Allo stesso modo, nella tradizionale Litania dei Santi, noi preghiamo così: “Liberaci, o Signore, dalla guerra, dalla carestia e dalla peste”. Spesso, quando ci troviamo in grande sofferenza, affrontando anche la morte, ci chiediamo: “Dov’è Dio?”. Ma la vera domanda è: “Dove siamo noi?”. In altre parole, senza dubbio, Dio è con noi per aiutarci e salvarci, specialmente, nei momenti di dura prova o di morte, ma troppo spesso siamo noi lontani da Lui a causa della nostra incapacità a riconoscere la nostra totale dipendenza da Lui e, quindi, di pregarlo quotidianamente e di offirGli il nostro culto. In questi giorni, ho sentito tanti cristiani devoti profondamente rattristati e scoraggiati e incapace di pregare e rendere culto nelle loro chiese e cappelle. Essi comprendono il bisogno di rispettare la distanza sociale e di seguire le altre precauzioni, e seguono questi pratici accorgimenti, che possono facilmente mettere in pratica nei loro luoghi di culto. Tuttavia, abbastanza spesso, devono passare per la sofferenza profonda del vedere le loro chiese e cappelle chiuse e del non poter accedere alla Confessione e alla Santissima Eucaristia. Alla stessa stregua, un fedele non può considerare l’attuale calamità in cui ci troviamo, senza considerare anche quanto sia distante da Dio la nostra cultura di popolo. Non solo è indifferente alla Sua presenza in mezzo a noi, ma si ribella apertamente a Lui e al buon ordine con cui ci ha creati e ci sostiene nel nostro essere. Ci basti pensare soltanto ai comuni violenti attacchi alla vita umana, maschile e femminile, che Dio creò a Sua immagine e somiglianza (Gn 1, 27), agli attacchi ai bambini non nati, innocenti e indifesi e a chi è il primo responsabile della nostra cura, coloro che devono reggere il pesante fardello di gravi malattie, età avanzate, o bisogni specifici. Siamo quotidianamente testimoni della diffusione della violenza in una cultura incapace di rispettare la vita umana. Allo stesso modo, ci basti pensare anche solo agli attacchi pervasivi all’integrità della sessualità umana, alla nostra identità di uomini e donne, con la pretesa di autodefinirci, spesso con l’impiego di strumenti violenti, un’identità sessuale diversa da quella dataci da Dio. Siamo testimoni, con un coinvolgimento sempre maggiore, dei devastanti effetti, su individui e famiglie, della cosiddetta “teoria del gender”. Siamo altresì testimoni, anche all’interno della Chiesa, di un paganesimo che rende culto alla natura e alla terra. Ci sono quelli, all’interno della Chiesa, che si rivolgono alla terra chiamandola nostra madre, come se noi venissimo dalla terra ed essa fosse la nostra salvezza. Ma noi veniamo dalla mano di Dio, Creatore del Cielo e della Terra. In Dio soltanto è la nostra salvezza. Preghiamo con le parole, di ispirazione divina, del Salmista “Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare” (Ps 62 [61], 6). Constatiamo come la vita della fede stessa sia diventata sempre più secolarizzata e come questo abbia compromesso la Signoria di Cristo, Dio il Figlio Incarnato, Re del Cielo e della Terra. Siamo testimoni di tanti altri mali derivanti dall’idolatria, dal culto di noi stessi e del nostro mondo, sostituitisi al culto di Dio, fonte del nostro essere. Vediamo tristemente dentro di noi la verità delle parole ispirate di San Paolo riguardanti “l’ateismo e la perfidia degli uomini che con questa perfidia uccidono la verità”: “hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli!” (Rom 1, 18. 25). Molti con cui sono in comunicazione, riflettendo sull’attuale crisi sanitaria mondiale con tutti i suoi relativi effetti, mi hanno espresso la speranza che essa ci porterà – come individui e famiglie e come società – a rivedere le nostre vite, a volgerci a Dio, che indubbiamente ci è vicino e che è incommensurabile e incessante nella sua misericordia e nel suo amore per noi. È fuori discussione che grandi mali quali la pestilenza siano effetto del peccato originale e dei nostri attuali peccati. Dio, nella Sua giustizia, deve riparare il caos introdotto dal peccato nelle nostre vite e nel nostro mondo. Lui, infatti, adempie alla domanda di giustizia attraverso la Sua sovrabbondante grazia. Dio non ci ha lasciato nel caos e nella morte, introdotti nel mondo dal peccato, ma ha mandato il Suo Figlio unigenito, Gesù Cristo, affinché soffrisse, morisse, risorgesse da morte e ascendesse nella gloria della Sua destra, per rimanere con noi per sempre, purificandoci dal peccato e infiammandoci con il Suo amore. Nella Sua giustizia, Dio riconosce i nostri peccati e il bisogno della loro riparazione, mentre, nella Sua misericordia ci inonda della sua grazia, affinché ci pentiamo e ripariamo ai nostri peccati. Il profeta Geremia pregava così: “Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, l’iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te”, ma poi prosegue dicendo “Ma per il tuo nome non abbandonarci, non rendere spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi”. (Ger 14, 20-21). Dio non ci volta mai le spalle; non romperà mai il Suo patto di fedele e duraturo amore con noi, malgrado noi siamo così spesso indifferenti, freddi e infedeli. Dal momento che questa attuale sofferenza ci mette davanti agli occhi la nostra così frequente indifferenza, freddezza e infedeltà, siamo chiamati a volgerci a Dio, implorando la Sua grazia. Siamo fiduciosi che Lui ci ascolterà e ci benedirà con i Suoi doni di grazia, perdono e pace. Uniamo le nostre sofferenze alla Passione e Morte di Cristo e così, come dice San Paolo, “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Vivendo in Cristo, scopriamo la verità della nostra preghiera Biblica: “La salvezza dei giusti viene dal Signore, nel tempo dell’angoscia, è loro difesa” (Sal 36 [37], 39). In Cristo, Dio ci ha pienamente rivelato la verità espressa nella preghiera del salmista: “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal 84 [85], 11). Nella nostra cultura totalmente secolarizzata, c’è la tendenza a vedere la preghiera, la devozione e il culto come normali passatempi, come possono esserlo andare al cinema o a una partita di calcio, che non sono essenziali e perciò possono essere cancellati in ragione di tutte le precauzioni atte a scongiurare la diffusione di un contagio mortale. Ma preghiera, devozione e culto, e soprattutto Confessione e Santa Messa, sono vitali per farci rimanere spiritualmente forti e in salute e per cercare l’aiuto di Dio in un tempo di grande pericolo per tutti. Quindi, non possiamo semplicemente accettare decisioni di governi secolari che trattano il culto di Dio allo stregua di una sera al ristorante o di una gara sportiva. Altrimenti, la gente che già soffre le conseguenze della pestilenza sarà privata di quell’incontro oggettivo con Dio, che è in mezzo a noi per riportare la salute e la pace. Noi vescovi e sacerdoti abbiamo bisogno di spiegare pubblicamente la necessità per i cattolici di pregare e rendere culto nelle loro chiese e cappelle e di andare in processione per vie e strade, chiedendo la benedizione di Dio sopra il Suo popolo che soffre così intensamente. Dobbiamo insistere sul fatto che i decreti dello Stato, anche per il bene dello Stato, devono riconosce la singolare importanza dei luoghi di culto, specialmente in un’epoca di crisi nazionale e internazionale. In passato, infatti, i governi hanno compreso, soprattutto, l’importanza della fede, della preghiera e del culto, da parte del popolo, per sconfiggere le pestilenze. Allo stesso modo in cui abbiamo trovato un modo di procurarci cibo e medicinali e altre necessità della vita in periodo di contagio, senza rischiare irresponsabilmente la diffusione del contagio, così, in modo analogo, possiamo trovare il modo di provvedere alle necessità della nostra vita spirituale. Possiamo fornire maggiori opportunità per la Santa Messa e per i riti a cui possa partecipare un numero di fedeli senza andare contro le necessarie precauzioni atte a contrastare il contagio. Molte nostre chiese e cappelle sono molto grandi. Permettono il raduno di un gruppo di fedeli per la preghiera e il culto senza violare i requisiti della “distanza sociale”. I confessionali con la tradizionale grata divisoria, solitamente sono dotati, o possono diventarlo, con un sottile velo, lavabile con un disinfettante, in modo che diventi possibile accedere al Sacramento della Confessione senza grandi difficoltà e senza pericolo di trasmettere il virus. Se una chiesa o una cappella non dispongono di uno staff sufficientemente numeroso a disinfettare regolarmente le panche e le altre superfici, non ho dubbi che il fedele, come gratitudine per i doni della Santa Eucaristia, della Confessione, e della devozione pubblica, sarà felicemente assistito in questo. Anche se, per qualunque ragione, non siamo in grado di recarci nelle nostre chiese e cappelle, non dobbiamo dimenticare che le nostre case sono un prolungamento della nostra parrocchia, una piccola Chiesa in cui portiamo Cristo dopo il nostro incontro con Lui nella Chiesa più grande. Lasciamo che le nostre case, durante il periodo della crisi, riflettano le verità secondo cui Cristo è l’ospite di ogni casa cristiana. Lasciamoci volgere a Lui attraverso la preghiera, specialmente il Rosario, e altre forme di devozione. Se l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, insieme a quella del Cuore Immacolato di Maria, non è già esposta in casa nostra, quale momento migliore di questo per farlo. Il posto per l’immagine del Sacro Cuore di Gesù per noi è un altarino nella nostra casa, attorno a cui raccoglierci, consapevoli che Cristo dimora con noi attraverso l’effusione dello Spirito Santo nei nostri cuori, e mettere i nostri cuori, assai spesso poveri e peccatori, nel Suo glorioso Cuore trafitto – sempre aperto a riceverci, a guarirci dai nostri peccati e a colmarci di divino amore. Se volete esporre l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, vi raccomando il manuale, The Enthronement of the Sacred Heart of Jesus, disponibile attraverso l’ Apostolato della Catechesi Mariana, anche nelle traduzioni in polacco e slovacco. Per coloro a cui non è possibile accedere alla Santa Messa e alla Santa Comunione, raccomando la devota pratica della Comunione Spirituale. Quando siamo rettamente disposti a ricevere la Santa Comunione, ossia, quando siamo in uno stato di grazia, inconsci di qualsiasi peccato mortale che abbiamo commesso e non perdonatoci nel sacramento della Penitenza, e desideriamo ricevere Nostro Signore nella Santa Comunione ma non ne siamo in grado, ci uniamo spiritualmente al Santo Sacrificio della Messa, pregando il Nostro Signore Eucaristico con le parole di Sant’Alfonso de’ Liguori: “Poiché ora non posso riceverTi sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore”. La Comunione Spirituale è una bella espressione di amore per il Nostro Dio nel Santissimo Sacramento. Questo non mancherà di portarci abbondante grazia. Al tempo stesso, quando siamo consapevoli di aver commesso un peccato mortale e non siamo in grado di accedere al Sacramento della Penitenza o Confessione, la Chiesa ci invita a fare un atto di perfetta contrizione, ossia di riprovazione per il peccato, che “proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa”. Un atto di perfetta contrizione “ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale” (Catechismo della Chiesa Cattolica, no. 1452). Un atto di perfetta contrizione dispone la nostra anima alla Comunione Spirituale. Alla fine, fede e ragione, come fanno sempre, operano insieme per fornire la giusta e retta soluzione a una sfida difficile. Dobbiamo usare la ragione, ispirati dalla fede, per trovare il modo giusto per affrontare una pandemia mortale. Tale modo deve dare la priorità alla preghiera, alla devozione e al culto, all’invocazione della grazia di Dio sul Suo popolo che soffre così tanto ed è in pericolo di morte. Fatti a immagine e somiglianza di Dio, godiamo dei beni dell’intelletto e del libero arbitrio. Usando questi doni datici da Dio, in unione con Fede, Speranza e Carità, anch’essi doni di Dio, troveremo la nostra strada in questo tempo di prova a livello mondiale, che è causa di così tanta tristezza e paura.