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  1. La nostra rivista Liturgia culmen et fons ha trattato di una questione grave e di sempre più urgente considerazione: la disciplina liturgica. Infatti sembra che il dettato conciliare, che nella Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium si esprime con queste precise parole: … Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica (SC 22). sia largamente sconosciuto e quindi disatteso, anzi pare che da alcuni sia ormai ritenuto inadeguato e del tutto superato in nome di una creatività libera, relativa ai mutevolissimi contesti ‘pastorali’ in cui si celebra. Da ciò la confusione liturgica in cui versa una larga parte delle comunità cristiane, ma soprattutto il danno di una mentalità libertaria ormai pervasiva nel tessuto ecclesiale. L’articolo di fondo della suddetta Rivista, corredato dalle successive integrazioni nelle risposte al lettore, richiede alcune considerazioni previe, che qui esponiamo. 1. Per ritus et preces (SC 48) Con la breve locuzione per ritus et preces la Chiesa riconosce la necessità intrinseca della disciplina liturgica per l’identità stessa del culto cattolico, che non può realizzarsi in una libera creatività soggettiva, ma deve sottostare al rigore di preci precise e riti ben definiti. Se ben si pensa l’espressione per ritus et preces non fa che ricondurre ad altre analoghe e ben note locuzioni: gli eventi e le parole che costituiscono la storia della salvezza (DV 2); la materia e la forma dei Sacramenti; le rubriche e i testi dei libri liturgici, ma ancor più in radice il gesto e la parola del linguaggio umano. Come non è possibile prescindere da queste leggi della comunicazione, basate sull’indissolubile legame tra il gesto e la parola, che lo definisce ed interpreta, così non è concesso di poter celebrare un culto liturgico vero e pieno, senza l’apporto congiunto dei riti e delle preci. A questa legge si sottopose il Signore che, mediante l’Incarnazione, assunse il linguaggio umano con gesti e parole intimamente connessi. La liturgia infatti attualizza continuamente quei gesti salvifici e quelle parole di grazia, che il Kyrios, ora nel suo corpo glorificato, pone e pronunzia nell’‘Oggi’ del nostro tempo. 2. Il Soggetto della liturgia Qual è il soggetto agente nelle azioni liturgiche? Dalla risposta a questa domanda dipende la promozione o la dissoluzione dell’intero complesso liturgico. La risposta è inequivocabile: la liturgia ha come Soggetto Cristo Gesù, indissolubilmente unito alla Chiesa, sua sposa. Ogni atto liturgico è perciò un atto di Cristo e della Chiesa. Questo distinto ed inscindibile Soggetto stabilisce i riti e le preci. Nessun altro potrà creare o mutare quei riti e quelle preci che ha stabilito direttamente il Signore o che nel suo nome avrà stabilito la Chiesa. Se si accetta questa verità, si libera la mente da ogni tentazione di voler creare un culto soggettivo conforme alle sensibilità effimere delle persone e delle contingenze. La Chiesa sa che soltanto il culto del Figlio unigenito e della Chiesa sua sposa gode dell’accesso alla maestà divina ed ottiene il balsamo della santificazione. Il fedele ben formato sa che la sua preghiera individuale ha un unico accesso a Dio, quello di fondersi umilmente nell’unico culto valido ed efficace, quello di Cristo e della Chiesa. Qui sta il segreto profondo della actuosa participatio (SC 11) alla liturgia. In tal senso emerge il carattere teocentrico della liturgia e decade la sua mistificazione nell’antropocentrismo imperante. Coloro che hanno compreso questa verità accettano di buon grado la disciplina liturgica, perché sanno che in tal modo ricevono il pensiero di Cristo e offrono un culto autentico in mistica unione con la preghiera del sommo nostro Sacerdote, che officia perennemente sull’altare celeste. 3. La Tradizione liturgica Allo stesso modo che noi veniamo a contatto col depositum fidei, consegnato una volta e per sempre agli Apostoli e trasmesso di generazione in generazione nella perenne Tradizione apostolica, riceviamo pure dalla medesima Tradizione il depositum gratiae, ossia quel culto immacolato che il Signore ha consegnato alla sua Chiesa perché glorifichi la Trinità divina con il medesimo culto, puro e santo, che fu il Suo qui sulla terra ed ora arde perenne sull’altare d’oro del Cielo. La Tradizione è dunque intrinseca alla liturgia cattolica, al punto che, fuori di questa, si esce dal contatto vivo col flusso soprannaturale della Grazia, che pervade unicamente il culto del Figlio di Dio, incarnato e glorificato. Come non è possibile aggiungere alcunché alla divina Rivelazione dopo la sua chiusura con la morte dell’ultimo Apostolo, così non è possibile ricreare o modificare oggi la liturgia su basi umane ed effimere. Il dogma della fede e la sostanza della liturgia sono perenni e si attingono unicamente con la recezione fedele della loro forma nella continuità della Tradizione apostolica. Il rigetto della Tradizione è dunque il rigetto di Cristo, che dalla Tradizione ci è consegnato e nella Tradizione opera nel tempo la sua azione santificante. Lo Spirito Santo stesso interviene soltanto lì dove è annunziato ed opera il Logos ed agisce sempre in conformità a quel depositum fidei et gratiae, che il Signore Gesù Cristo ci ha consegnato una volta e per sempre nella pienezza del tempo della sua vita sulla terra. In tale senso si deve intendere il carattere tradizionale della liturgia. Ogni sviluppo liturgico è legittimo se nella fedeltà al depositum apostolico e ogni apporto nei secoli deve esibire la sua conformità ad esso. Effettivamente grande fu lo sviluppo della liturgia cattolica, ma soltanto nella linea di quella verità più piena e di quella esplicitazione coerente suscitate dallo Spirito Santo nel cammino della Chiesa verso il compimento definitivo. Tali apporti, vagliati dal Magistero autentico della Chiesa, rappresentano tappe imprescindibili nell’organismo vivo della liturgia e, nella loro più intima sostanza (SC 21), non possono regredire, ma solo ricevere una maggior purificazione in vista di una più splendida maturazione. Ed ecco che il monumentum secolare della disciplina liturgica, nella complessità e nell’ordine dei suoi ingredienti, definisce con rigore, conserva con cura e difende con ardore la presenza, il pensiero e il culto del Kyrios, immolato e glorioso. Fatte queste tre considerazioni previe vi invitiamo alla lettura e alla riflessione sul tema della disciplina liturgica, offerto nella rivista Liturgia culmen et fons (n. 3 del 2022 qui in allegato). La disciplina liturgica.docx
  2. Premessa Una approfondita riflessione di p. Cassian Folsom osb: Il Grande Divorzio: una diagnosi delle nostre malattie liturgiche, accompagnata dall' appendice per seguire il discorso tecnico della seconda parte. E' importante soffermarsi sul tema e approfondirlo, al fine di comprendere meglio la questione della partecipazione alla liturgia . Conviene, per esempio, soffermarsi sul punto dell' "adattamento alle esigenze dei tempi moderni", postulato dalla Costituzione Liturgica del Vaticano II: in sostanza, se esso abbia inteso adeguare la sacra liturgia all'uomo, invece di chiedere all'uomo di elevarsi al livello della liturgia, per questo definita sacra. Influsso dell'Illuminismo e del Modernismo? Emblematico in tal senso è stato il fenomeno frequente di spostare l'altare in mezzo ai fedeli e non di favorire il movimento dei fedeli verso l'altare, come invece avveniva alle origini, e in epoca medievale e moderna. In verità, solo con la conversione, l'uomo è capace di "atto liturgico". Pertanto, fondamentale è l'approccio proposto dall'Autore mediante san Tommaso, per sanare il divorzio tra la parte razionale dell'anima e la parte sensibile: come conosciamo e cosa conosciamo; perchè l'uomo conosce la realtà in due modi: con i sensi interni e i sensi esterni. La riforma liturgica ha accentuato la comprensione intellettuale, rispetto a quella sensibile; invece bisogna farle funzionare entrambe. Insomma, alla liturgia serve la filosofia. Infine, p.Cassian chiede di usare il metodo paolino: vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale. E' cosciente dei limiti, perciò chiede di studiare. In tal modo, contribuiremo alla "riforma della riforma" auspicata da Benedetto XVI nel discorso sull'ermeneutica della continuità (22 dicembre 2005). Don Nicola Bux Una sintesi dello studio di P. Cassian a cura del Prof. Nicola Barile La relazione di p. Cassian parte da una constatazione: l’uomo moderno ha difficoltà ad accettare la liturgia così come ci è stata tramandata dall’antichità e dal medioevo. Forse perché l’uomo moderno è diverso? O piuttosto perché si è cambiato il suo modo di assistere all’atto liturgico? Secondo p. Cassian, è quest’ultima la giusta diagnosi dei mali liturgici attuali, ovvero è stato il progressivo spazio dato alla spiegazione intellettuale del rito, dall’illuminismo fino alle riforme più recenti, ad aver soffocato la partecipazione al gesto intuitivo/simbolico caratteristico del rito antico. La soluzione prospettata da p. Cassian è filosofica: egli invita a riscoprire la filosofia di S. Tommaso d’Aquino per comporre il grande divorzio tra la parte razionale e la parte sensibile dell'anima, unendo i due modi di conoscere dell’uomo: solo così si può entrare nel cuore della liturgia, e con tutte le facoltà dell’essere umano, adorare Dio. Di seguito le parti salienti dello studio (Per la relazione completa scaricare i files allegati a piè di pagina): L'uomo moderno ha difficoltà con la liturgia (Guardini). Perché? Perché l'età moderna, influenzata com'è dal pensiero illuminista (Robinson) ha prodotto un uomo moderno la cui capacità di compiere l'atto liturgico si è atrofizzata? O, perché l'uomo moderno è sostanzialmente diverso dall’uomo medievale o dall’uomo dell’età classica ed ha quindi bisogno di una nuova liturgia adattata alle realtà moderne? Vorrei far presente che la prima risposta è molto più appropriata rispetto alla seconda, vale a dire che la capacità dell'uomo moderno di compiere l’atto liturgico è stata in qualche modo troncata. Come? La risposta, a mio avviso, si trova nel campo dell'epistemologia, e cioè, lo studio di come arriviamo alla conoscenza delle cose. La mia intuizione è che questa atrofia nella nostra capacità di compiere il Kultakt, per usare l'espressione di Guardini, sia il risultato di una visione restrittiva dell'uomo e del suo modo di conoscere. La grande intuizione del cristianesimo, infatti, è che riusciamo a conoscere Dio proprio attraverso l’ordine naturale. Infatti, tutto il nostro sistema sacramentale si basa sull'analogia. Nei sacramenti, gli elementi materiali indicano realtà divine. Dovrebbe quindi essere logico che la liturgia sia un posto, per eccellenza, dove si possa incontrare Dio per analogia. Se questo è il caso, come facciamo a conoscere Dio nella liturgia? E cosa sappiamo di Dio nella liturgia? Come conosciamo la persona umana è una, ma il processo di conoscenza è molteplice e complesso. Una stessa persona può capire con la sua mente e intuire con i suoi sensi. (Naturalmente è molto semplificato, ma sarà sufficiente per i nostri scopi). Cosa conosciamo della liturgia Dal punto di vista dell’anima sensibile, gli oggetti della conoscenza nella liturgia sono i segni sacramentali concreti, la gestualità, i simboli. Infatti, i sacramenti sono radicati nei cinque sensi. La musica, l’arte e l’architettura sono tutti, in primo luogo, oggetti della potenza sensibile dell'anima (anche se l’intelletto, poi, può e deve capirne il significato). Negli ultimi cinquant’anni, nonostante ci sia stato un interesse accademico per i segni e i simboli della liturgia, nella pratica, la maggior parte delle celebrazioni eucaristiche sono state prese dalla "messa bassa", dando come risultato una predominanza delle parole. In effetti, questo riduce la liturgia a un esercizio della parte razionale dell'anima, lasciando la parte sensibile dell'anima poco sviluppata. Ma cosa succede se separiamo le potenze sensibili dell'anima dalle potenze razionali e agiamo come se avessero poco o nulla a che fare l’una con l'altra? Cercherò qui di spiegare la mia tesi. Ho il sospetto che alla radice dei nostri mali liturgici vi sia un grande divorzio tra la parte razionale e la parte sensibile dell'anima. La tendenza delle riforme post conciliari è quella di accentuare la comprensione intellettuale. La Forma Straordinaria, d’altra parte, soprattutto nella Messa Cantata o nella Messa Solenne, dà molto più spazio all’immaginazione simbolica. Ma i due modi di conoscere sembrano completamente separati. Questo divorzio non ci rimanda forse all'illuminismo? L'obiettivo a cui aspiriamo, naturalmente, è l'unità di ragione e immaginazione, la sinergia tra le parti razionali e le parti sensibili dell'anima. Quando questo accade (e lo sperimento spesso, come anche voi, ne sono certo), la persona che prega è sollevata da sé e portata - almeno per un periodo di tempo - nella liturgia celeste. Se la mia intuizione è corretta, ovverosia che il Grande Divorzio possa essere fatto risalire al periodo dell'Illuminismo, allora dovremmo essere in grado di trovarne traccia nella storia liturgica del tempo. I manuali di storia liturgica tendono a non trattare affatto quest’argomento, riunendo insieme i secoli dopo il Concilio di Trento e passando dalle riforme liturgiche post tridentine al movimento liturgico del ventesimo secolo. Un’eccezione a questa tendenza è il lavoro di Enrico Cattaneo, contenente un capitolo abbastanza dettagliato dal titolo “La disciplina della Liturgia Pastorale nel 1700” (di cui solo alcune parti sono pertinenti alla nostra questione specifica); un altro lavoro sul tema è la Storia della Liturgia di Burkhard Neunheuser, piuttosto densa, in cui è presente un breve capitolo (con alcune note bibliografiche) dal titolo “L'Illuminismo del XVIII secolo”. Neunheuser distingue quattro gruppi di persone in questo periodo: a) i sostenitori di un radicale scetticismo anticristiano; b) i promotori di un’opposizione tra cristianesimo positivo (con le leggi e le norme imposte dalla Chiesa) e una religione naturale; il loro intento, tuttavia, non era quello di distruggere la fede cristiana; c) i teologi collocabili in una via di mezzo, che pur non toccando il sistema dogmatico della Chiesa in quanto tale, spiegano i dogmi individuali lungo le linee di una cosiddetta religione morale: questi teologi erano numerosi, soprattutto tra i cattolici; d) le persone sincere, teologi e laici, che, avendo compreso i reali difetti dell’epoca, erano pronte per essere aggiornate, ma in senso autenticamente cristiano. Tra i rappresentanti più illustri si annovera il grande vescovo Johannes M. Sailer di Ratisbona. La mia tesi su “Il Grande Divorzio” tra le parti razionali e sensibili dell'anima deve essere vagliata. Qui vi è ampio spazio per la ricerca. Alcune aree di studio ulteriore sono le seguenti: a) il pensiero di Romano Guardini sull'uomo moderno e sulla sua capacità verso l'atto di culto. b) L’epistemologia di San Tommaso applicata alla liturgia. c) L’epistemologia illuminista applicata alla liturgia. d) Gli studi della storia liturgica nel diciottesimo secolo (Francia, Germania, Austria, Italia). e) Gli studi di liturgia medievale, in particolare la nozione di partecipazione dei fedeli per mezzo del simbolo e dell’allegoria. Di seguito gli allegati con la relazione completa e l'appendice C.Folsom-Il Grande Divorzio.docx C.Folsom-Allegato.docx
  3. Le vesti sacre si configurarono in Oriente e Occidente tra il V e il XII secolo. La Chiesa comprese che per il Servizio divino non si potevano usare quelle da lavoro o militari, perché il sacerdote è un ministro che svolge la funzione di mediatore tra il divino e l'umano, continuando l'opera di Gesù Cristo. Lo splendore dei paramenti è a gloria e onore del Signore e non del sacerdote che li riveste, lo insegnano gli Orientali. Irridendo i merletti, si dimostra una doppia ignoranza: teologica ed ecumenica. Inoltre si espone ancora una volta al disprezzo e al ridicolo il ministero petrino .Anche attraverso il corpo, il sacerdote deve trasmettere una cosa: è stato reso degno di stare alla presenza del Signore. Quando siamo davanti ad altri più importanti di noi, non badiamo a come presentarci? Non lo faremo per il Servizio di Dio? Le vesti speciali che il sacerdote indossa significano che egli è una nuova creatura, è chiamato a compiere un'azione sublime e divina, che esige l'insieme di virtù simboleggiate dai singoli paramenti da indossare magari con brevi formule di preghiera, presenti nel Messale romano del 1962. Lo fanno anche gli Ortodossi. La sacra liturgia non è fatta di simboli? Allora, anche i merletti sono un simbolo.
  4. DOMANDA La liturgia in lingua volgare (es. italiano ndr) è accessibile ed aiuta a capire la gente. Come può essere una brutta cosa? RISPOSTA di Peter Kwasniewski È caratteristico del razionalismo del movimento liturgico (basato sui suoi precursori dell'Illuminismo) dare priorità alla comprensione verbale e alla comprensione della mente, (rispetto che al trasporto dell'anima verso il sacro, ndr). L'uso della lingua latina, oltre ad essere semplicemente ciò che la Chiesa occidentale ha fatto per oltre 1.500 anni, ha creato un luogo (nell'anima ndr) di culto e adorazione che incoraggia la meditazione e l'adorazione. Inoltre, la ricerca dell'obiettivo di una facile intelligibilità ha portato i riformisti a sminuire gran parte del contenuto della Messa in modo che non potesse essere "troppo difficile". Novus ordo (la Messa in uso corrente ndr)? Superficialità e noia. È così accessibile che "non riesce ad afferrare", come direbbe P.G. Wodehouse. Questo è il motivo per cui abbiamo un nuovo tipo di auto-aiuto per superare la noia con movimenti fatui come LifeTeen (un movimento nato negli stati uniti sotto il pontificato di S. Giovanni Paolo II) per "animare" il Novus Ordo. Al contrario, la Messa tradizionale in latino è ripida, scoscesa, e sublime; al fedele Essa offre il tipo di sfida che si addice alla sua dignità razionale ed al destino soprannaturale, facendogli beneficiare dell'apertura verso l'infinito, riscoprendolo nuovamente nelle preghiere e gesti secolari. Infine, nessuna persona alfabetizzata è incapace di usare un messale quotidiano, dove tutte le antifone, le preghiere e le letture possono essere trovate in lingua latina con la traduzione frontale in volgare (es. italiano), ma senza alcun tentativo di trovare una traduzione "ufficiale" dagli antichi testi latini, al fine di evitare così le interminabili battaglie su quale "stile" o "registro" del volgare dovrebbe essere usato nella liturgia. Le principali preghiere della Messa sono fisse e ripetute di settimana in settimana, quindi non è difficile seguirle, come è possibile vedere dall'esperienza di ragazzi e ragazze che fanno questo nella tradizionale Messa latina. di Peter Kwasniewski Traduzione da https://onepeterfive.com/twelve-reasons-longenecker/ di #IPC CC
  5. fino al
    Su Radio Maria, martedì 8 Gennaio alle ore 21.00, Don Nicola Bux* condurrà la trasmissione in ambito "Chiesa e Liturgia" in cui verrà trattato il tema "Il significato del Luogo Sacro". Sarà possibile intervenire e porre quesiti. #IPC Redazione - Claudio
  6. La crisi della Fede e il crollo della Liturgia. Incontro con Monsignor Bux Chiesa nella di San Michele Arcangelo, a San Vito dei Normanni, 14 Dicembre 2018. Nella attuale #crisi della Chiesa, si è ricordato, risuona il monito di sant'Ireneo: "tutti allo stesso modo discutono le verità di fede, ma non tutti vi credono allo stesso modo". Non può essere negato che la confusione diffusa tra i fedeli sia grande, al punto da rendere possibile la penetrazione dell'ateismo persino nei vertici ecclesiastici, come ha dichiarato recentemente il card. Gherard Mueller. E' in crisi la fede, intesa come riconoscimento della venuta del Figlio di Dio, Gesù Cristo e della sua presenza nella Sacra Liturgia", ha precisato Mons. Bux. Questa è sacra proprio a motivo della presenza del Signore, vero Dio e vero uomo, proclamatosi Egli stesso Via, Verità e Vita. La bellezza nella liturgia dipende unicamente dalla fede nella Sua presenza. Il decadimento e la crisi della fede è causato dal crollo della liturgia, celebrata come se Dio non esistesse o c'entrasse con essa. Il protagonismo del clero - il clericalismo di cui parla papa Francesco - fa sì che al posto di Dio sia subentrato l'uomo, la sociologia invece della Teologia, il mondo che oscura il Cielo, la prassi o pastorale al posto della Verità. Si ha fastidio della Dottrina o insegnamento, come dice l'Apostolo. Cosa fare? Proclamare sempre la verità cattolica liberi da ogni paura. La liturgia è annuncio e celebrazione della Verità, in quanto solo Dio è il Signore e non l'uomo o il potere. Quando i cristiani si radunano per la liturgia, specialmente la domenica, compiono il più grande atto 'politico', perché affermano la signoria di Dio sulla storia e sul mondo. Questa è la coscienza a cui la Chiesa deve educare in permanenza i suoi fedeli. Questa è la fede che salva dal peccato, dal maligno che costantemente insidia l'umanità. I cristiani devono resistere senza timori e prendere le distanze da quanti seminano confusione e dubbio.
  7. Version 1.0.0

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  8. fino al
    E' previsto per il prossimo venerdì 15 Dicembre 2017 a Bari, ore 17.30, presso la Aula Magna dell'Istituto di Teologia Ecumenica in Piazza Bisanzio e Rainaldo 15 in Bari, adiacente la Cattedrale, Cosa imparare dalla messa degli orientali. Tavola rotonda sul libro di Nicola Bux, "Tra Cielo e Terra, la mistica della liturgia orientale", con prefazione di Mons. Cyril Vasil' sj. Con i professori Antonio Calisi, P. Ciro Capotosto OP, Michele Loconsole.
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