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  1. Padre Francesco risponde, a cura di P. Francesco Solazzo*. Salve, volevo gentilmente chiederle alcuni Consigli spirituali: – riguardante la Quaresima, ogni anno ho cercato di impegnarmi e convertirmi ma non ci sono riuscito. Quali libri, preghiere e pratiche posso fare in questo periodo? Caro S., La conversione è il cammino che il cristiano deve fare lungo tutta la sua vita per giungere all’incontro con Cristo. Lungo la storia della Cristianità sono stati scritti tantissimi libri per guidare i fedeli sulla via della perfezione: dalla “Imitazione di Cristo” alla “Filotea”, passando per le testimonianza dirette dei Santi, come le “Confessioni” di sant’Agostino o la “Storia di un’anima” di santa Teresina o “Il castello interiore” di santa Teresa; è tutto un fiorire di libri sul cammino di perfezione. Certamente la Quaresima è il periodo maggiormente favorevole dell’anno liturgico, in cui è più forte l’invito alla conversione, ma sicuramente non si esaurisce in questi quaranta giorni di grazia. Convertirsi significa volgere la propria volontà al Signore; significa volerLo amare “con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37); convertirsi significa imitare Gesù che nel giardino del Getsemani disse: «Padre, […] non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Possiamo ben dire che per convertirsi ci vuole una vita intera, poiché convertirsi significa diventare santi. La conversione, in quanto è un atto della libertà umana che richiede una scelta, dipende dalla volontà. La conversione però è anche una meta da raggiungere, poiché il mondo continuamente ci offre distrazioni che tentano di allontanarci da Dio; per questa ragione, la volontà umana da sola non è sufficiente, ma necessita dell’azione di Dio, cioè della Grazia. Non so cosa intende quando dice: “non ci sono riuscito”; ma è certo che non ci riuscirà mai, se intende con questa espressione riferirsi a una precisa scelta di vita. Nessuno mai, infatti, ha potuto farsi santo: tutti i Santi, infatti, SONO STATI FATTI tali dalla Grazia di Cristo. Altrimenti, per quale ragione Gesù Cristo si sarebbe fatto uomo e si sarebbe lasciato crocifiggere? Se fossimo stati in grado di farci santi con le nostre proprie forze, non ci sarebbe stato bisogno del Sacrificio della Croce. Gesù ci ha insegnato a dire: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). Tutto ciò che noi possiamo fare per ottenere la salvezza dell’anima, infatti, è inutile per quel fine. Significa forse che possiamo starcene con le mani in mano, tanto non saremo mai salvi? o al contrario, che lo saremo a prescindere? No. Assolutamente: “inutile” non significa “non necessario”. Significa che il fine che dobbiamo raggiungere, cioè la salvezza, non sarà mai proporzionale a ciò che noi semplici esseri umani possiamo mai fare, poiché infinitamente più grande di noi e delle nostre possibilità. Ecco, dunque, che, per colmare questa infinita sproporzionalità, è intervenuto Gesù Cristo col Sacrificio della Croce. Dunque succede questo: a noi, per raggiungere le salvezza, spetta la parte necessaria, cioè la scelta, l’adesione della nostra volontà a Dio; dall’altra parte, Gesù, con la Croce, ci mette ciò che è utile in vista di questo fine. Se poi con l’espressione “Non ci sono riuscito” intende dire che ha sentito mancare l’aiuto divino al cammino di conversione, allora le proporrò un metodo efficace per avanzare nel cammino di perfezione. Un metodo che non ho inventato io, ma viene dalla scuola dei Santi e, in particolare, dal Fondatore di noi Passionisti, San Paolo della Croce. È la meditazione della Passione di Nostro Signore. Scriveva S. Paolo: «Sempre più si tocca con mano che il mezzo più efficace per convertire le anime è la Passione di Gesù Cristo»; ed ancora: «Il mezzo più efficace per sterminare i vizi e coltivare la vera pietà, è la meditazione delle pene amarissime del nostro Divin Redentore». Alla meditazione della Passione, San Paolo dava una grande importanza per la formazione e il perfezionamento dell’anima e scriveva: «In questa scuola della Passione e Morte del Salvatore s’impara la vera sapienza: qui è dove hanno imparato i Santi». Ma a chi voglia seguire più da vicino Gesù Cristo, si apre anche la realtà della tentazione, che si fa tanto più forte quanto più ci si allontana dalla mentalità del mondo. A causa della debolezza della nostra volontà, infatti, capita che si ceda di fronte alla tentazione e che questo causi scoraggiamento nell’anima; da qui il dire: “Non ci sono riuscito”. Di fronte a ciò, però, non bisogna scoraggiarsi, ma reagire e affidarsi a Colui che ci può liberare: Gesù Cristo. Ai discepoli che porta con sé nell’orto del Getsemani, poco prima di essere arrestato, Gesù dà un ammonimento chiaro: «Pregate, per non entrare in tentazione» (cfr. Mt 26,41; Mc 14,38; Lc 22,40; 22,46). Anche nella preghiera del Padre Nostro, l’ultima petizione riguarda la tentazione: “non ci indurre in tentazione” ha proprio questo significato, cioè chiediamo di “non farci entrare in tentazione”. La tentazione è come una porta che introduce al peccato e alla morte e noi restiamo abbagliati da ciò che vediamo sulla soglia, senza riuscire a comprendere il putridume che questa spelonca racchiude e che, quando vi entriamo, ci tiene prigionieri fino al momento in cui Cristo non ci porta fuori da questa trappola con il Suo perdono. La tentazione serve all’anima affinché essa si leghi sempre più a Dio e si affidi alla sola speranza che è Gesù Cristo; ecco perché Dio permette che la tentazione sia sempre presente nella nostra vita. Diceva a tal proposito San Paolo della Croce che «Quanto alle tentazioni, non è da pigliarsene pena: sono travagli che vengono ad un’anima che vuol essere tutta di Dio»; ed ancora: «Lo scatenarsi delle tentazioni è piuttosto buon segno perché serve a farci diffidare di noi stessi, come capaci d’ogni male, se Dio non ci confortasse». Al colmo delle tentazioni vi è la tentazione contro la fede, cioè quello di abbandonare definitivamente il cammino e di disperare, ma anche questa tentazione ha un suo perché, secondo San Paolo della Croce: «La grave tentazione contro la fede, scrive in una lettera il Santo, è segno che Dio vuol dare all’anima vostra un gran dono di fede viva, che la porterà all’alta unione di carità». Buona meditazione della Passione di Nostro Signore e Buona Quaresima. *P. Francesco Solazzo, classe 1978, passionista originario di Trepuzzi (Lecce), è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 2015 – solennità dei Santi Pietro e Paolo – presso la cattedrale di Lecce dall’arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio.
  2. a cura di P. Francesco Solazzo* Il Catechismo Maggiore di S. Pio X, al n. 830, presenta il Matrimonio cristiano con queste parole: “Il Matrimonio è un sacramento, istituito da nostro Signore Gesù Cristo, che stabilisce una santa ed indissolubile unione tra l’uomo e la donna, e dà loro la grazia di amarsi l’un l’altro santamente e di allevare cristianamente i figliuoli”. E al n. 518 dice che “Con la parola sacramento s’intende un segno sensibile ed efficace della grazia, istituito da Gesù Cristo per santificare le anime nostre”. In poche parole, significa che il Sacramento è direttamente opera di Dio che agisce attraverso i segni e non dipende nella maniera assoluta dalla degnità e indegnità dei ministri che lo celebrano. Ogni Sacramento, inoltre, trova la sua efficacia nel Sacrificio della Croce. Anche il Matrimonio cristiano, dunque, è opera diretta di Dio; è quindi Dio che unisce gli sposi in un vincolo indissolubile e questo vincolo è finalizzata prima di tutto alla loro santificazione e a collaborare all’attività creatrice di Dio attraverso la nascita dei figli educandoli secondo la fede cristiana ricevuta. A questo si riferiva Gesù quando ha detto che «All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Mc 10,6-9). Con la sua precisazione il Divino Maestro restaura la freschezza della Volontà Divina al momento della creazione. I cristiani, che invece di sposarsi davanti a Dio convivono o si sposano solo civilmente (che davanti a Dio è la medesima cosa), sono in contrasto con la Volontà Divina, poiché stanno rifiutando un dono inestimabile di Dio. Convivere è in pratica, un atto di superbia poiché in quel modo la coppia sta dicendo a Dio di non aver bisogno della sua Grazia per vivere insieme e per diventare santi; sta rifiutando cioè il dono del suo Preziosissimo Sangue sparso sulla Croce. Ugualmente, coloro che divorziano stanno considerando le loro difficoltà più grandi della Grazia di Dio che li unisce. Anche nel caso si creino situazioni gravissime per le quali diviene impossibile una pacifica convivenza, gli sposi non sono autorizzati a compromettere il vincolo che Dio ha istituito, poiché in quel vincolo c’è la salvezza delle loro anime, che è il fine per il quale Gesù Cristo è morto sulla Croce. *P. Francesco Solazzo, passionista originario di Trepuzzi (Lecce), è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 2015 – solennità dei Santi Pietro e Paolo – presso la cattedrale di Lecce dall’arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio.
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