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Valerio

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  1. Il sesto comandamento ci proibisce ogni atto, ogni sguardo, ogni discorso contrario alla castità, e l'infedeltà nel matrimonio.Il nono comandamento proibisce espressamente ogni desiderio contrario alla fedeltà che i coniugi si sono giurata nel contrarre matrimonio; e proibisce pure ogni colpevole pensiero o desiderio di azione vietata dal sesto comandamento.L'impurità è un peccato gravissimo ed abominevole innanzi a Dio ed agli uomini; avvilisce l'uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi, e provoca terribili castighi in questa vita e nell'altra.I pensieri che ci vengono in mente contro la purità, per se stessi non sono peccati, ma piuttosto tentazioni e incentivi al peccato. I pensieri cattivi, anche se inefficaci, sono invece peccati quando colpevolmente diamo loro motivo, o vi acconsentiamo, o ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentirvi.Il sesto comandamento ci ordina di essere casti e modesti negli atti, negli sguardi, nel portamento e nelle parole. Il nono comandamento ci ordina di essere casti e puri anche nell'interno, cioè nella mente e nel cuore.Per ben osservare il sesto e il nono comandamento, dobbiamo pregare spesso e di cuore Iddio, essere divoti di Maria Vergine Madre della purità, ricordarci che Dio ci vede, pensare alla morte, ai divini castighi, alla passione di Gesù Cristo, custodire i nostri sensi, praticare la mortificazione cristiane e frequentare colle dovute disposizioni i sacramenti.Per mantenerci casti conviene fuggire l'ozio, i cattivi compagni, la lettura di libri e giornali cattivi, l'intemperanza, il guardare immagini indecenti, gli spettacoli licenziosi, le conversazioni pericolose, e tutte le altre occasioni di peccato.
  2. Il quinto comandamento proibisce di uccidere, battere, ferire o fare qualunque altro danno al prossimo nel corpo, sia per sé, sia per mezzo d'altri; come pure di offenderlo con parole ingiuriose e di volergli male. In questo comandamento Iddio proibisce anche il suicidio.E' peccato gravissimo uccidere il prossimo, perché chi lo fa usurpa temerariamente il diritto che ha Dio solo sulla vita dell'uomo; perché distrugge la sicurezza della società umana, e perché toglie al prossimo la vita, che è il bene naturale più grande che ha sulla terra.E' lecito uccidere il prossimo solamente: quando si combatte in una guerra giusta, ossia portata in difesa di un popolo da un aggressore; quando si esegue la condanna di morte stabilita dall'Autorità pubblica, in caso di grave necessità, come pena di efferati delitti; quando infine si tratta di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto offensore.Iddio, nel quinto comandamento, proibisce anche di nuocere alla vita spirituale del prossimo con lo scandalo, cioè qualunque detto, fatto o omissione che è occasione ad altri di commettere peccati.Lo scandalo è un peccato grave, perché tende a distruggere la più grande opera di Dio, che è la redenzione, con la perdita delle anime; dà al prossimo la morte dell'anima togliendogli la vita della grazia, che è più preziosa della vita del corpo; è causa di una moltitudine di peccati. Perciò Iddio minaccia agli scandalosi i più severi castighi.Nel quinto comandamento, Dio proibisce il suicidio perché l'uomo non è padrone della sua vita, come non lo è di quella degli altri.Il quinto comandamento proibisce gravemente l'aborto diretto, voluto come fine e come mezzo, nonché la cooperazione ad esso, pena la scomunica, perché è enormemente più grave uccidere un bambino inerme quando ancora si trova nel grembo materno, ancor prima che abbia potuto vedere la luce, privandolo inoltre della possibilità di ricevere la Grazia del Santo Battesimo.E' severamente proibita anche l'eutanasia diretta, che consiste nel metter fine, con un atto o l'omissione di un'azione dovuta, alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte.Costituisce, per di più, grave peccato di scandalo il sostegno diretto, l'approvazione o la semplice accettazione passiva di leggi statali che autorizzino tali pratiche ignominiose.Il quinto comandamento ci ordina di perdonare ai nostri nemici e di voler bene a tutti.Chi ha danneggiato il prossimo non basta che si confessi, ma deve anche riparare al male che ha fatto col risarcire al prossimo i danni arrecati, col ritrattare gli errori insegnati, e col dar buoni esempi.
  3. Il quarto comandamento ci ordina di rispettare il padre e la madre, di obbedire loro in tutto ciò che non è peccato, e di aiutarli nei loro bisogni spirituali e materiali.E' proibito offendere i genitori con le parole, con le opere e in qualsiasi altro modo.Allo stesso modo questo comandamento ci dice di obbedire e portare rispetto anche ai superiori in generale, sia ecclesiastici che secolari.L'autorità per cui i genitori comandano ai figli e l'obbligo di essi all'obbedienza vengono da Dio, che costituì ed ordinò la famiglia, affinché in essa l'uomo trovi i primi mezzi necessari al suo perfezionamento materiale e spirituale.I genitori hanno il dovere di amare, alimentare e mantenere i loro figli, di provvedere alla loro educazione religiosa e civile, di dar loro buon esempio, di allontanarli dalle occasioni di peccato, correggerli dei loro errori, ed aiutarli ad abbracciare lo stato al quale sono chiamati da Dio. La Sacra Famiglia è l'esempio perfetto che Egli ci ha dato, nella quale Gesù Cristo visse soggetto a Maria santissima e a S. Giuseppe fino ai trent'anni, cioè fino a quando incominciò ad esercitare la missione affidatagli dall'Eterno Padre di predicare il Vangelo.E' necessario che le famiglie siano unite nella società civile, perché possano aiutarsi a vicenda per il perfezionamento e la felicità comune.L'autorità che governa la società civile viene anch'essa da Dio, che la vuole costituita a bene comune. Bisogna, pertanto, obbedire a tale autorità, rispettando tutte le leggi che essa impone, purché esse non siano contrarie alla legge di Dio, secondo il comando e l'esempio di nostro Signore Gesù Cristo.Coloro che fanno parte della società civile hanno, inoltre, il dovere di vivere concordi e di adoperarsi ciascuno coi mezzi e con le forze proprie affinché essa sia virtuosa, pacifica, ordinata e prospera a vantaggio comune.
  4. Più tardi il Vangelo, parlando della vita di Gesù fra Maria e Giuseppe a Nazareth, la descriverà con queste sole parole: “Ed era loro sottomesso. E la madre custodiva nel suo cuore tutte queste cose, e Gesù cresceva; in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc 2,51.52). Per quanto breve sia in questo caso il testo sacro, esso scopre tuttavia al nostro sguardo una luminosa visione d’ordine e di pace, nell’autorità, nella sottomissione, nella dipendenza e nei mutui rapporti. La santa casa di Nazareth si offre a noi come il modello perfetto del focolare cristiano. Qui Giuseppe comanda con la calma e con la serenità, perché ha coscienza, agendo in tal modo, di fare la volontà di Dio e di parlare in suo nome. Sa che riguardo alla sua castissima Sposa e al suo divin Figlio egli è molto inferiore, tuttavia la sua umiltà gli fa accettare, senza timore né turbamento, il compito che gli è stato affidato da Dio di essere il capo della sacra Famiglia, e come un buon superiore non pensa a far uso dell’autorità se non per adempiere più perfettamente l’ufficio di servitore, di suddito, di strumento. Maria, come conviene alla donna, rimane modestamente sottomessa a Giuseppe e, a sua volta, adorando Colui cui essa comanda, dà senza esitare gli ordini a Gesù nelle mille occasioni che presenta la vita di famiglia, chiamandolo, chiedendo il suo aiuto, affidandogli questa o quella occupazione, come fa una madre con il figlio. E Gesù accetta umilmente tale soggezione; si mostra sollecito ai minimi desideri dei genitori, docile ai loro minimi ordini. In tutti i particolari della vita ordinaria, egli, più abile, più sapiente, più santo di Maria e di Giuseppe, e benché ogni onore sia dovuto a lui, resta sottomesso a loro, e lo sarà fino ai giorni della sua vita pubblica, perché quelle sono le condizioni della umanità che ha rivestito e quello è il beneplacito del Padre. “Sì – esclama san Bernardo preso dall’entusiasmo davanti a spettacolo così sublime – il Dio al quale sono sottomessi gli Angeli, al quale obbediscono i Principati, le Potestà, era sottomesso a Maria; e non soltanto a Maria, ma anche a Giuseppe a motivo di Maria! Ammirate dunque l’uno e l’altro, e osservate ciò che vi sembra più ammirevole, se la benignissima condiscendenza del Figlio o la gloriosissima dignità della Madre. Motivo di stupore da entrambe le parti; miracolo sublime ancora da entrambe le parti. Un Dio obbedisce a una creatura umana: ecco un’umiltà che non ha riscontro; una creatura umana comanda a un Dio: ecco una sublimità che non ha uguali” (Omelia I sul Missus est). Salutare lezione quella che qui ci è presentata! Dio vuole che si obbedisca e si comandi secondo il compito e le funzioni di ciascuno, non secondo il grado dei meriti e della virtù. A Nazareth, l’ordine dell’autorità e della dipendenza non è lo stesso che quello della perfezione e della santità. Così avviene pure spesso in qualsiasi società umana e nella stessa Chiesa: se il superiore deve talvolta rispettare nell’inferiore una virtù più alta della sua, l’inferiore ha sempre il dovere di rispettare nel superiore un’autorità derivata dall’autorità stessa di Dio. La sacra Famiglia viveva del lavoro delle sue mani. La preghiera in comune, i santi colloqui con i quali Gesù si compiaceva di formare ed elevare in maniera sempre crescente le anime di Maria e di Giuseppe, avevano un proprio tempo, e dovevano cessare davanti alla necessità di provvedere alle esigenze della vita quotidiana. Povertà e lavoro sono mezzi di santificazione troppo importanti perché Dio non li imponesse al piccolo gruppo benedetto di Nazareth. Giuseppe esercitava dunque assiduamente il suo mestiere di falegname, e Gesù, appena sarà in grado di farlo, condividerà il suo lavoro. Nel II secolo, la tradizione conservava ancora il ricordo dei gioghi e degli aratri fabbricati dalle sue mani divine (San Giustino, Dialogo con Trifone, 88). In quelle ore, Maria compiva tutti i suoi doveri di padrona d’una umile casa. Preparava i pasti che Giuseppe e Gesù dovevano trovar pronti dopo il lavoro, attendeva all’ordine e al disbrigo delle faccende,e senea dubbio – secondo l’usanza di quel tempo – provvedeva essa stessa in gran parte ai vestiti suoi e della famiglia, oppure faceva per altri qualche lavoro il cui compenso sarebbe servito ad aumentare il benessere di tutti. Così, con la sua vita oscura ed attiva nella bottega di Giuseppe, Gesù ha elevato e nobilitato il lavoro manuale che è la sorte della maggior parte degli uomini. Assumendo per sé e per i genitori la condizione di semplice artigiano, egli ha meravigliosamente onorato e santificato la condizione delle classi lavoratrici, che possono d’ora in poi venire a cercare, in così augusti esempi, insieme ad un incoraggiamento nella pratica delle più nobili virtù, un motivo costante di soddisfazione e di felicità (Leone XIII, Breve Neminem fugit del 14 giugno 1892). Così ci appare la sacra Famiglia sotto l’umile tetto di Nazareth, vero modello di quella vita domestica con i suoi mutui rapporti di carità e le sue ineffabili bellezze, che è la sfera d’azione di milioni di fedeli in tutto il mondo; dove il marito comanda come faceva Giuseppe, la moglie obbedisce come faceva Maria; dove i genitori sono solleciti dell’educazione dei figli, e dove questi ultimi tengono il posto di Gesù con l’obbedienza, il progresso, la gioia e la luce che diffondono intorno a sé. Secondo l’espressione d’un pio autore che ci piace citare, il focolare cristiano, per le grazie che ogni giorno e ad ogni istante sono riversate dal cielo su di lui, per la moltitudine delle virtù che, mette in azione e infine per la felicità di cui è lo scrigno, è “come il vestibolo del Paradiso” (Coleridge, La vita della nostra vita, ovvero la Storia di Nostro Signor Gesù Cristo, III, c. 16). Cosicché non c’è da stupire se esso forma l’oggetto di continui attacchi dei nemici del genere umano. E se questi riportano talora qualche notevole vittoria sul regno fondato quaggiù da Nostro Signore, ciò avviene quando riescono a contaminare il matrimonio, a distruggere l’autorità dei genitori, a raffreddare gli affetti e i doveri che legano i figli al padre e alla madre. Non v’è invasione di orde barbariche avanzanti attraverso una fiorente regione che mettono a ferro e fuoco, che sia tanto odiosa agli occhi del cielo quanto una legge che sanzioni lo scioglimento del vincolo matrimoniale, o che sottragga i figli alla custodia e alla direzione dei genitori. In tutto il mondo per misericordia di Dio, la famiglia cristiana è stata stabilita e difesa dalla Chiesa come la sua più bella creazione e il suo più .grande beneficio verso la società. Ora la luce, la pace, la purezza- e la felicità del focolare cristiano, è derivato tutto dalla vita trascorsa da Gesù, Maria e Giuseppe nella santa casa di Nazareth. dom Prosper Guéranger
  5. La grande Santa Caterina da Siena, mistica e Dottore della Chiesa, Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa, teologa e maestra di spiritualità, nel "Dialogo della divina Provvidenza", in cui raccoglie gli insegnamenti ricevuti da Gesù stesso, riporta le parole che Egli le disse riguardo al peccato impuro contro natura ed a coloro che lo praticano: «Non solo essi hanno quell’immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il libero arbitrio, faccia star quieta questa ribellione), ma quei miseri non raffrenano quella fragilità: anzi fanno peggio, commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo essa fà schifo a Me, che sono somma ed eterna purità (a cui è tanto abominevole, che per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio divino giudizio, non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma dispiace anche ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori. Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che a loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro natura è angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a veder commettere quell’enorme peccato»
  6. Il terzo comandamento ci ordina di onorare Dio con opere di culto nei giorni di festa, ovvero le domeniche ed altre festività stabilite dalla Chiesa.La domenica è festa da santificare, perché in tal giorno Gesù Cristo nostro signore risuscitò.Per offrire a Dio il culto dovuto, ci viene comandato di assistere devotamente al santo sacrificio della Messa.Un buon cristiano santifica le festività: 1° coll'istruirsi sulla dottrina cristiana, con il prender parte alle prediche ed ai divini uffici; 2° col ricevere spesso, con le dovute disposizioni, i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia; 3° coll'esercitarsi nell'orazione e nelle opere di carità verso il prossimo.Il terzo comandamento ci proibisce, salvo particolare necessità, di svolgere lavori o qualunque attività che ci impedisca il culto di Dio ed il riposo dalle fatiche. In caso contrario si commette peccato mortale. Nelle feste specialmente bisogna schivare il peccato e tutto ciò che può indurci al peccato, come i divertimenti e i ritrovi pericolosi.
  7. Poco tempo dopo la mia prima comunione entrai di nuovo in ritiro per la cresima. Mi ero preparata con molta cura a ricevere la visita dello Spirito Santo, e non potevo concepire come si potesse fare poca attenzione, nel ricevere questo sacramento d'Amore. Di solito si faceva solo un giorno di ritiro per la cresima, ma poiché monsignore non poté venire nel giorno fissato, ebbi la consolazione di avere due giorni di solitudine. Per distrarci, la maestra ci condusse al Monte Cassino, dove colsi a piene mani grandi margherite per la festa del Corpus Domini. Ah, che gioia avevo nell'anima! Come gli Apostoli attendevo con felicità la visita dello Spirito Santo...Gioivo al pensiero di essere presto una perfetta cristiana e, soprattutto, di avere eternamente sulla fronte la croce misteriosa che il vescovo traccia amministrando il sacramento... Giunse infine il felice momento: non avvertii un vento impetuoso durante la discesa dello Spirito Santo, ma piuttosto quella brezza leggera di cui sentì il fruscio il profeta Elia sul monte Oreb... Quel giorno ricevetti la forza di soffrire, perché presto avrebbe dovuto iniziare il martirio della mia anima. Mi fece da madrina la cara Leonia, così commossa da non poter impedire alle lacrime di scendere per tutto il tempo della cerimonia. Ricevette la santa comunione con me, perché ebbi ancora la felicità di unirmi a Gesù in quel bel giorno. Santa Teresina di Lisieux
  8. La Chiesa celebra con speciale solennità la festa di S. Giuseppe, perché egli è, dopo Maria Vergine, di cui fu castissimo sposo, il più grande tra i santi, padre putativo di Gesù Cristo e fu dichiarato Patrono della Chiesa. Egli era comunemente creduto padre di Gesù Cristo, perché adempì verso di Lui gli offici paterni. S. Giuseppe dimorava a Nazareth, piccola città della Galilea, e benché fosse della stirpe reale di David, era povero, e si guadagnava da vivere colla fatica delle sue mani. La povertà della famiglia di Gesù Cristo c'insegna a distaccare il cuore dalle ricchezze, e a soffrire volentieri la povertà, se Dio ci vuole in questo stato. Noi crediamo che Iddio abbia elevato S. Giuseppe ad un'altissima gloria, quanto è stato eminente il suo grado e la sua santità sulla terra. La protezione di S. Giuseppe verso i suoi devoti è potentissima, perché non è credibile che Gesù Cristo voglia negare alcuna grazia ad un Santi a cui in terra ha voluto esser soggetto. La grazia speciale che noi dobbiamo sperare dall'intercessione di S. Giuseppe è quella di una buona morte, perché egli ebbe la sorte di morire tra le braccia di Gesù e di Maria. Per meritarci la protezione di S. Giuseppe noi dobbiamo invocarlo sovente, e imitarlo nelle sue virtù, e soprattutto nella sua umiltà e perfetta rassegnazione alla divina volontà, la quale fu sempre la regola delle sue azioni.
  9. Il secondo comandamento: "Non nominare il nome di Dio invano", ci proibisce: 1. di nominare il nome di Dio senza rispetto; 2. di bestemmiare contro Dio, contro la santissima Vergine e contro i Santi; 3. di fare giuramenti falsi e non necessari, o in qualunque modo illeciti. Nominare il nome di Dio senza rispetto vuol dire pronunziare questo santo nome e tutto ciò che si riferisce in modo speciale a Dio stesso, come il nome di Gesù, di Maria e dei Santi, nella collera, per ischerzo, o in altro modo poco riverente. La bestemmia è un orribile peccato che consiste in parole o atti di disprezzo o di maledizione contro Dio, la Vergine, i Santi, o contro le cose sante. V'è differenza tra la bestemmia e l'imprecazione, perché con la bestemmia si maledice, o si desidera il male a Dio, alla Madonna, ai Santi: mentre con l'imprecazione si maledice o si desidera il male a se stesso, o al prossimo. Il giuramento è il chiamare Dio in testimonio della verità di ciò che si dice o si promette. Non è sempre proibito il giurare, ma è lecito anzi onorevole a Dio quando vi sia necessità e il giuramento sia fatto con verità, con giudizio e con giustizia. Non si giura con verità quando si afferma con giuramento ciò che si sa, o si crede che sia falso, e quando con giuramento si promette di fare ciò che non si ha intenzione di eseguire. Non si giura con giudizio quando si giura senza prudenza e senza matura considerazione, ovvero per cose di poca importanza. Non si giura con giustizia quando si giura di fare una cosa che non sia giusta o lecita, come vendicarsi, rubare ed altre cose simili. Non solo non siamo obbligati a mantenere il giuramento di fare cose ingiuste o illecite, ma peccheremmo facendole, perché proibite dalla legge di Dio, o della Chiesa. Chi giura il falso commette peccato mortale, perché disonora gravemente Dio verità infinita, chiamandolo in testimonio del falso. Il secondo comandamento ci ordina di onorare il santo nome di Dio e di adempiere, oltre i giuramenti, anche i voti. Il voto è una promessa che si fa a Dio di una cosa buona e a noi possibile e migliore della cosa contraria, alla quale ci obblighiamo come se ci fosse comandata. Si può domandare la commutazione o la dispensa al proprio Vescovo, od al Sommo Pontefice, secondo la qualità del voto. Il trasgredire i voti è peccato, e perciò non dobbiamo far voti senza matura riflessione e, ordinariamente, senza il consiglio del confessore, o d'altra persona prudente, per non esporci al pericolo di peccare. I voti si fanno solamente a Dio: si può però promettere a Dio di far qualcosa in onore della Madonna o dei Santi.
  10. In principio dei comandamenti si dice: "Io sono il Signore Iddio tuo", perché conosciamo che Dio, essendo il nostro Creatore e Signore, può comandare quello che vuole, e noi, sue creature, siamo tenuti ad obbedirgli.Con le parole del primo comandamento: "Non avrai altro Dio avanti di me", Iddio ci ordina di riconoscere, di adorare, di amare e servire Lui solo, come nostro supremo Signore. Il primo comandamento si adempie coll'esercizio del culto interno ed esterno.Il culto interno è l'onore che si rende a Dio con le sole facoltà dello spirito, ossia con la mente e con la volontà.Il culto esterno è l'omaggio che si rende a Dio per mezzo di atti esteriori e di oggetti sensibili.Non basta adorar Dio solo col cuore internamente, ma bisogna adorarlo anche esternamente, collo spirito insieme e col corpo, perché Egli è Creatore e Signore assoluto dell'uno e dell'altro.Non può stare in verun modo il culto esterno senza l'interno, perché quello scompagnato da questo rimane privo di vita, di merito e di efficacia, come corpo senz'anima.Il primo comandamento ci proibisce l'idolatria, la superstizione, il sacrilegio, l'eresia ed ogni altro peccato contro la religione. Si chiama idolatria il dare a qualche creatura, per esempio ad una statua, ad un'immagine, ad un uomo, il culto supremo di adorazione dovuto a Dio solo.Nella Sacra Scrittura si trova espressa questa proibizione con le parole: "Tu non ti farai scultura, né rappresentazione alcuna di quel che è lassù nel cielo e quaggiù in terra. E non adorerai tali cose, né ad esse presterai culto".Queste parole proibiscono non tutte le immagini, ma solamente quelle delle false divinità, fatte a scopo di adorazione, come facevano gl'idolatri. Ciò è tanto vero che Iddio stesso comandò a Mosè di farne alcune, come le due statue di cherubini sull'arca, e il serpente di bronzo nel deserto.Si chiama superstizione qualunque devozione contraria alla dottrina e all'uso della Chiesa, come anche l'attribuire ad un'azione o ad una cosa qualunque una virtù soprannaturale che non ha.Il sacrilegio è la profanazione di un luogo, di una persona o di una cosa consacrata a Dio e destinata al suo culto.L'eresia è un errore colpevole dell'intelletto, per cui si nega con pertinacia qualunque verità della fede.Il primo comandamento ci proibisce altresì qualunque commercio col demonio e l'aggregarsi alle sette anticristiane.Chi ricorresse al demonio o lo invocasse commetterebbe un peccato enorme, perché il demonio è il più perverso nemico di Dio e dell'uomo. Tutte le pratiche dello spiritismo sono illecite, perché superstiziose, e spesso non immuni da intervento diabolico, e perciò furono dalla Chiesa giustamente proibite.Non è proibito invocare gli Angeli e i Santi; anzi dobbiamo farlo, perché è cosa buona e utile e dalla Chiesa altamente raccomandata, essendo essi gli amici di Dio e i nostri intercessori presso di Lui.Gesù Cristo è il nostro Mediatore presso Dio, inquantoché, essendo vero Dio e vero Uomo, Egli solo in virtù dei propri meriti ci ha riconciliati con Dio e ce ne ottiene tutte le grazie. La Vergine poi e i Santi in virtù dei meriti di Gesù Cristo e per la carità che li unisce a Dio e a noi, ci aiutano con la loro intercessione a ottenere le grazie che domandiamo. E questo è uno dei grandi beni della comunione dei Santi.Possiamo onorare le sacre immagini di Gesù Cristo e dei Santi, perché l'onore che si rende ad esse si riferisce alle loro stesse persone.Anche le reliquie dei Santi si debbono onorare, perché i loro corpi furono vivi membri di Gesù Cristo, e templi dello Spirito Santo, e debbono risorgere gloriosi alla vita eterna.Tra il culto che rendiamo a Dio e il culto che rendiamo ai Santi vi è questa differenza, che Iddio lo adoriamo per la sua infinita eccellenza, e i Santi invece non li adoriamo, ma li onoriamo e veneriamo come amici di Dio e nostri intercessori presso di Lui.Il culto che si rende a Dio si chiama latria, cioè di adorazione, ed il culto che si rende ai Santi si chiama dulia, cioè di venerazione a' servi di Dio; il culto poi particolare, che prestiamo a Maria santissima, si chiama iperdulia, cioè di specialissima venerazione, come Madre di Dio.
  11. Unica via di salvezza sono la fede nelle verità rivelate da Dio, l'osservanza della legge divina coll'aiuto indispensabile dei mezzi di grazia, senza i quali non è possibile né credere né osservare la legge di Dio per tutta la vita. Chi è fuori della vera Chiesa non ha i mezzi necessari per professare la fede ed osservare la legge divina; non ha la via o guida sicura nella fede e nella pratica cristiana; non ha i mezzi di grazia (sacramenti, preghiera sociale) necessari. E' abbandonato a se stesso ed alle sue passioni e ben presto sarà travolto e sommerso nella marea del peccato, della corruzione e dell'incredulità, per cui si danna. E', pertanto, responsabilità fondamentale di ogni cristiano cattolico, e non solo dei ministri consacrati, fare apostolato ed offrire a tutti la propria testimonianza, dando la possibilità ai non credenti ed a coloro che si trovano all'esterno della Chiesa Cattolica, di conoscere e percorrere l'unica reale, sicura e piena via di salvezza. La Chiesa ha un corpo formato dal Capo e dalle varie membra unite al Capo mediante il carattere battesimale; ha inoltre un'anima, che è lo Spirito Santo, che vivifica le membra con la grazia e la carità. Per salvarsi è necessario morire in grazia di Dio; perciò per entrare in cielo occorre essere uniti almeno all'anima della Chiesa, mediante la grazia. 1) E' unito al corpo e all'anima della Chiesa, e quindi si salva, colui che è battezzato e muore in grazia di Dio; 2) E' unito al corpo e non all'anima della Chiesa, e quindi non si salva, chi è battezzato e muore in peccato mortale senza pentimento; 3) E' unito all'anima e non al corpo della Chiesa, e quindi si può salvare, chi è senza battesimo, ma muore perdonato dei suoi peccati per il dolore perfetto con cui li ha detestati; 4) Non è unito né al corpo né all'anima della Chiesa, e quindi non si salva, chi non è battezzato, vive in peccato e muore senza il dolore perfetto. Non si può salvare chi è fuori della Chiesa per propria colpa, cioè chi sa che soltanto nella Chiesa vi è possibilità di salvezza, trascura di entrarvi o ritornarvi, e muore in peccato senza l'amore di carità o il dolore perfetto. Si salva, invece, colui che è fuori della Chiesa senza propria colpa, o perché non la conosce o, pur conoscendola, non sa che bisogna farne parte, ma vive bene, o almeno, prima di morire, si pente dei suoi peccati col dolore perfetto. E' consolante la certezza che chi è fuori della Chiesa senza propria colpa e vive bene si salva. In Paradiso quante sorprese avremo, incontrandovi pagani, ebrei e tanti che credevamo fuori della Chiesa e irrimediabilmente perduti.
  12. Durante la Quaresima sono di precetto: - Mercoledì delle Ceneri e Venerdì Santo: digiuno e astinenza - I venerdì di Quaresima: astinenza - Questi precetti obbligano gravemente - Si consiglia altresì di osservare la tradizione del digiuno tutti i venerdì della Quaresima e dell’astinenza tutti i venerdì dell’anno. 1°) In che consiste il digiuno ecclesiastico? Consiste nel fare un solo pasto senza carne, a cui è permesso di aggiungere la colazione del mattino e della sera. In generale, la colazione del mattino consiste in una bevanda e un po’ di pane, e quella della sera in circa ¼ di un pasto normale. Secondo la legge della Chiesa sono tenute: - al digiuno: le persone dai 18 anni ai 60 iniziati. - all’astinenza, le persone dai 14 anni compiuti. (però, è vivamente consigliato di abituare i bambini fin da piccoli al rispetto dell’astinenza e ad un minimo di digiuno adatto alla loro età). 2°) In che consiste l’astinenza? Consiste nel non mangiare carne, sughi e estratti di carne, né alimenti conditi con la carne. 3°) Sono esentati dal digiuno e dall’astinenza: - i malati, le donne incinte e gli addetti a lavori pesanti - i viaggiatori (lunghi viaggi) - per altri casi, conviene consultare un sacerdote
  13. Valerio

    DELLA QUARESIMA

    La Quaresima è un tempo di digiuno e di penitenza istituito dalla Chiesa per tradizione apostolica. La Quaresima è istituita: 1. per farci conoscere l'obbligo che abbiamo di far penitenza in tutto il tempo della nostra vita, di cui, secondo i santi Padri, la Quaresima è la figura; 2. per imitare in qualche maniera il rigoroso digiuno di quaranta giorni, che Gesù Cristo fece nel deserto; 3. per prepararci col mezzo della penitenza a celebrare santamente la Pasqua. Il primo giorno di Quaresima si chiama giorno delle Ceneri, perché la Chiesa mette in quel giorno le sacre ceneri sul capo dei fedeli. La Chiesa nel principio della Quaresima usa imporre le sacre ceneri, affinché noi ricordandoci che siamo composti di polvere, e colla morte dobbiamo ridurci in polvere, ci umiliamo e facciamo penitenza de' nostri peccati mentre ne abbiamo il tempo. Dobbiamo ricevere le sacre ceneri con cuor contrito ed umiliato, e con la santa risoluzione di passare la Quaresima nelle opere di penitenza. Per passar bene la Quaresima secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare quattro cose: 1. osservare esattamente il digiuno, e mortificarci non solamente nelle cose illecite e pericolose, ma ancora, per quanto si può, nelle cose lecite, come sarebbe moderarsi nelle ricreazioni; 2. fare preghiere, elemosine, ed altre opere di cristiana carità verso il prossimo più che in ogni altro tempo; 3. ascoltare la parola di Dio non già per pura usanza o curiosità, ma per desiderio di mettere in pratica le verità che si ascoltano; 4. essere solleciti a prepararci alla confessione, per rendere più meritorio il digiuno, e per disporci meglio alla Comunione pasquale. Il digiuno consiste nel fare un solo pasto al giorno, e nell'astenersi dai cibi vietati. Nei giorni di digiuno la Chiesa permette una leggera refezione alla sera, o pure a mezzogiorno quando l'unico pasto viene differito alla sera. Quelli che non sono obbligati al digiuno non sono affatto esenti dalle mortificazioni, perché niuno è dispensato dall'obbligo generale di far penitenza e perciò devono mortificarsi in altre cose secondo le loro forze.
  14. I comandamenti della legge di Dio sono dieci. Io sono il Signore Iddio tuo: 1. Non avrai altro Dio avanti di me. 2. Non nominare il nome di Dio invano. 3. Ricordati di santificare le feste. 4. Onora il padre e la madre. 5. Non ammazzare. 6. Non fornicare. 7. Non rubare. 8. Non dire falsa testimonianza. 9. Non desiderare la donna d'altri. 10. Non desiderare la roba d'altri. I comandamenti di Dio hanno questo nome perché lo stesso Dio li ha impressi nell'anima di ogni uomo, li ha promulgati sul monte Sinai nell'antica legge, scolpiti sopra due tavole di pietra, e Gesù Cristo li ha confermati nella legge nuova. I comandamenti della prima tavola sono i primi tre, che riguardano direttamente Dio, e i doveri che abbiamo verso di Lui. I comandamenti della seconda tavola sono i sette ultimi, che riguardano il prossimo e i doveri che abbiamo verso di esso. Siamo tutti obbligati ad osservare i comandamenti, perché tutti dobbiamo vivere secondo la volontà di Dio che ci ha creati, e basta trasgredirne gravemente uno solo per meritare l'inferno. Noi possiamo senza dubbio osservare i comandamenti di Dio, perché Iddio non ci comanda alcuna cosa impossibile e dà la grazia di osservarli a chi la domanda come si deve. In ciascun comandamento si deve considerare la parte positiva e la parte negativa; cioè quello che ci viene comandato e quello che ci viene proibito.
  15. Sappiamo che S. Francesco d'Assisi non volle diventare Sacerdote perché si riteneva troppo indegno di così eccelsa vocazione. Venerava i Sacerdoti con tale devozione da considerarli suoi "Signori", poiché in essi vedeva solamente "il Figlio di Dio"; in particolare venerava le mani dei Sacerdoti, che egli baciava sempre in ginocchio con grande devozione; e anzi baciava anche i piedi e le stesse orme dove era passato un Sacerdote. Il S. Curato d'Ars diceva: "Si dà un gran valore agli oggetti che sono stati deposti, a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel calice, dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo Corpo, non sono forse più preziose?". "Se io incontrassi - diceva il S. Curato d'Ars - un Sacerdote e un Angelo, saluterei prima il Sacerdote, poi l'Angelo... Se non ci fosse il Sacerdote, a nulla gioverebbe la Passione e la Morte di Gesù... A che servirebbe uno scrigno ricolmo d'oro, quando non vi fosse chi lo apre? Il Sacerdote ha le chiavi dei tesori celesti..." San Francesco di Sales racconta che un pio seminarista vedeva spesso il suo Angelo custode camminare al suo fianco o a un passo avanti. Il giorno dell'ordinazione notò che l'Angelo non gli era più al fianco, ma dietro, alla distanza di qualche passo. Il neo sacerdote si fece indietro per rimettersi al fianco dell'Angelo, ma anche questi indietreggiò. Allora gli domandò: "Mio celeste amico, ti ho forse offeso in qualche cosa?" "No, rispose l'Angelo; fino a oggi io camminavo davanti a te, perché ero più degno. Ma da oggi la tua dignità di sacerdote ti eleva sopra di me. Non ti priverò della mia compagnia, ma non ti precederò più". Quest'altissima dignità del Ministero Sacerdotale comporta anche una responsabilità immensa rispetto ai limiti umani della persona a cui viene affidata, del tutto identici a quelli di ogni altro uomo. "Il Sacerdote - diceva S. Bernardo - per natura è come tutti gli altri uomini, per dignità è superiore a qualsiasi altro uomo della terra, per condotta deve essere emulo degli Angeli". Per questo Padre Pio diceva: "Il Sacerdote o è un santo o è un demonio". O santifica, o rovina. San Giovanni Bosco diceva che "un prete o in paradiso o in inferno non va mai solo: vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero o col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell'adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio". Preghiamo, dunque, molto e costantemente perché il Signore ci doni molti Sacerdoti e li sostenga sempre con la Sua Grazia, perché siano Santi secondo la Sua volontà, a Sua Gloria ed a salvezza delle anime a loro affidate.
  16. E' cosa utilissima pregare i Santi, e deve farsi da ogni cristiano. Dobbiamo pregare particolarmente i nostri Angeli Custodi, S. Giuseppe Patrono della Chiesa, i santi Apostoli, i Santi di cui portiamo il nome, e i Santi Protettori della diocesi e della parrocchia.Tra le preghiere che facciamo a Dio e quelle che facciamo ai Santi passa questa differenza, che Dio lo preghiamo affinché, come autore delle grazie, ci dia i beni e ci liberi dai mali, e i Santi li preghiamo perché, come avvocati presso Dio, intercedano per noi.Quando diciamo che un Santo ha fatto una grazia, intendiamo dire che quel Santo ha ottenuto da Dio quella grazia.
  17. Dopo il Pater, diciamo la salutazione angelica, cioè l'Ave Maria, per mezzo della quale ricorriamo alla santissima Vergine.L'Ave Maria si chiama salutazione angelica perché comincia col saluto che fece a Maria Vergine l'arcangelo Gabriele.Le parole dell'Ave Maria parte sono dell'arcangelo Gabriele, parte di santa Elisabetta e parte della Chiesa.Le parole dell'arcangelo Gabriele sono: "Dio ti salvi, piena di grazia; il Signore è teco"; egli le disse quando andò ad annunciarle da parte di Dio il mistero dell'Incarnazione che in lei doveva operarsi.Nel salutare la santissima Vergine con le parole dell'Arcangelo, noi ci rallegriamo con lei, facendo memoria dei singolari privilegi e doni che Iddio le ha conceduti a preferenza di tutte le altre creature.Le parole di santa Elisabetta sono: "Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno".Santa Elisabetta disse queste parole, ispirata da Dio, quando, tre mesi prima che desse alla luce S. Giovanni Battista, fu visitata dalla santissima Vergine, che già portava nel seno il suo divin Figliuolo.Nel dire le parole di santa Elisabetta ci rallegriamo con Maria santissima della sua eccelsa dignità di Madre di Dio, e benediciamo Dio e lo ringraziamo di averci dato Gesù Cristo per mezzo di Maria.Tutte le altre parole dell'Ave Maria sono state aggiunte dalla Chiesa. Con esse domandiamo la protezione della santissima Vergine nel corso di questa vita, e specialmente nell'ora della nostra morte, nella quale ne avremo maggior bisogno.La santissima Vergine è l'Avvocata più potente appresso Gesù Cristo, epperciò dopo avere detta l'orazione insegnataci da Gesù Cristo, preghiamo la santissima Vergine che ci ottenga le grazie che abbiamo domandate.La santissima Vergine è così potente perché è Madre di Dio, ed è impossibile che non sia da Lui esaudita.Sulla devozione a Maria i Santi c'insegnano che i veri suoi devoti sono da Lei amati e protetti con amore di tenerissima Madre e per mezzo di Lei sono certi di trovare Gesù e di ottenere il paradiso.La devozione che la Chiesa ci raccomanda in modo speciale verso Maria santissima è la recita del santo Rosario.
  18. Quando nel 1933 il Movimento Ecumenico cominciò ad affermarsi, San Massimiliano Maria Kolbe lo identificò, secondo la sua vera deleteria natura, come il nemico della Beata Vergine Maria, un male da combattere e da sconfiggere. Il Santo francescano affidò, infatti, ai suoi Cavalieri dell'Immacolata il compito essenziale di convertire tutto il mondo alla Chiesa Cattolica. Egli diceva:«Soltanto quando tutti gli scismatici e i protestanti professeranno il Credo cattolico con convinzione e quando tutti gli ebrei chiederanno volontariamente il Santo Battesimo, solamente allora l’Immacolata avrà raggiunto i suoi obiettivi…In altre parole -insisteva- non c'è peggior nemico dell'Immacolata e della sua Milizia che l'ecumenismo attuale, contro il quale ogni Cavaliere non solo deve combattere, ma anche fare opera di neutralizzazione attraverso un'azione diametralmente opposta che in ultima battuta lo annienti.Noi dobbiamo realizzare il più rapidamente possibile l'obiettivo della Milizia Immacolata, cioè conquistare all'Immacolata, ed attraverso lei al Sacratissimo Cuore di Gesù, il mondo intero ed ogni singola anima che vive oggi o che vivrà domani, fino alla fine del mondo».Padre Edward Hanahoe, grande teologo degli anni '50, spiegava i frutti gravemente dannosi dell'ecumenismo: «perpetuare lo status di separazione, di tenere le persone fuori dalla Chiesa Cattolica piuttosto che farvele confluire».Questa descrizione corrisponde perfettamente all'ecumenismo attualmente in auge. Quelli che lo promuovono non ricordano mai ai non cattolici la necessità di convertirsi alla Chiesa Cattolica per salvarsi.Il vero principio di conversione dei non-cattolici ora è rimpiazzato col nuovo principio di «convergenza coi non-cattolici». Ne consegue che, come ha messo in guardia padre Hanahoe, il nuovo ecumenismo accetta la continuazione della separazione di coloro che sono fuori dalla Chiesa, anzichè riportarli dentro di essa.Questo è un modello distorto di unità, contrario alla dottrina infallibile e sicuramente definita, per la quale al di fuori della Chiesa Cattolica Apostolica Romana non esistono vie di salvezza.
  19. Chiediamo a Dio che ci liberi dai mali passati, presenti e futuri, e specialmente dal sommo male che è il peccato e dall'eterna dannazione, che ne è la pena.Diciamo: "liberaci dal male" e non "dai mali", perché non dobbiamo desiderare di andare esenti da tutti i mali di questa vita, ma solamente da quelli che non sono espedienti all'anima nostra, e perciò domandiamo la liberazione dal male in genere, cioè da tutto ciò che Dio vede essere per noi male.E' lecito domandare la liberazione da qualche male in particolare, ma sempre rimettendoci alla volontà di Dio, il quale può anche ordinare quella tribolazione a vantaggio dell'anima nostra.Le tribolazioni ci giovano per fare penitenza delle nostre colpe, per esercitare le virtù, e soprattutto per imitare Gesù Cristo nostro capo, al quale è giusto che ci conformiamo nei patimenti, se vogliamo aver parte nella sua gloria.Amen vuol dire: così sia, così desidero, così prego il Signore e così spero.Per ottenere le grazie domandate nel Padre nostro, bisogna recitarlo senza fretta, con attenzione e accompagnarlo col cuore.Il Pater bisogna dirlo ogni giorno, perché abbiamo bisogno ogni giorno dell'aiuto di Dio.
  20. Chiediamo a Dio che ci liberi dalle tentazioni, o non permettendo che siamo tentati, o dandoci grazia di non essere vinti. Le tentazioni sono un incitamento al peccato che ci viene dal demonio, o dai cattivi, o dalle nostre passioni. Non è certamente peccato avere tentazioni, ma è peccato acconsentirvi o esporsi volontariamente al pericolo d'acconsentirvi. Iddio permette che siamo tentati per provare la nostra fedeltà, per far aumentare le nostre virtù e per accrescere i nostri meriti. Per evitare le tentazioni dobbiamo fuggire le occasioni pericolose, custodire i nostri sensi, ricevere spesso i santi sacramenti e far uso della preghiera.
  21. Chiediamo a Dio che ci perdoni i nostri peccati, come noi perdoniamo ai nostri offensori. I nostri peccati si chiamano debiti perché per essi dobbiamo soddisfare alla divina giustizia o in questa vita o nell'altra. Quelli che non perdonano al prossimo non hanno nessuna ragione di sperare che Dio loro perdoni, tanto più che si condannano da se stessi, dicendo a Dio che perdoni loro come essi perdonano al prossimo.
  22. Chiediamo a Dio ciò che ci è necessario in ciascun giorno per l'anima e il corpo. Per l'anima domandiamo a Dio il sostentamento della vita spirituale: cioè preghiamo il Signore che ci doni la sua grazia, di cui abbiamo continuamente bisogno. La vita dell'anima di nutrisce specialmente col cibo della divina parola e col Santissimo Sacramento dell'altare. Per il nostro corpo domandiamo ciò che è necessario al sostentamento della vita temporale. Diciamo "dacci oggi il nostro pane", e non piuttosto "dacci oggi il pane", per escludere ogni desiderio della roba d'altri; perciò preghiamo il Signore che ci aiuti nei guadagni giusti e leciti, affinché ci procuriamo il vitto con le nostre fatiche, senza furti ed inganni. Diciamo "dacci" invece di "dammi", per rammentarci che, siccome le sostanze ci vengono da Dio, così se Egli ce ne dà in abbondanza, lo fa a questo fine che ne dispensiamo il superfluo ai poveri. Aggiungiamo "quotidiano", perché dobbiamo desiderare quello che ci è necessario alla vita, e non l'abbondanza dei cibi e dei beni della terra. La parola "oggi" significa che non dobbiamo essere troppo solleciti dell'avvenire, ma domandare quello che ci è necessario al presente.
  23. Santa Bernadette Soubirous, la beata veggente di Lourdes, lasciò questa vita a soli 35 anni, per un grave e dolorosissimo cancro alle ossa. Verso la fine del suo cammino terreno, trovandosi all'estremo della sua sofferenza, recitava un numero sempre maggiore di Rosari, giorno e notte. In particolare raccomandava, in particolare, ad una sua consorella: "Alla sera, quando andate a dormire, prendete la corona e addormentatevi recitandola. Farete come quei bambini che si addormentano chiamando: mamma! mamma!"
  24. Nella terza domanda chiediamo la grazia di fare ogni cosa secondo la volontà di Dio con ubbidire ai suoi santi comandamenti così prontamente, come gli Angeli e i Santi gli ubbidiscono in cielo.Chiediamo, inoltre, la grazia di corrispondere alle divine ispirazioni e di vivere rassegnati alla volontà di Dio quando Egli ci manda delle tribolazioni.E' necessario eseguire la volontà di Dio quanto è necessario il conseguire l'eterna salute, perché Gesù Cristo ha detto che entrerà nel regno dei cieli soltanto chi avrà fatto la volontà del Padre suo.Noi possiamo conoscere la volontà di Dio specialmente per la Sacra Scrittura, la Tradizione Apostolica, il Magistero della Chiesa Cattolica, il Catechismo. Possiamo anche conoscere questa santissima volontà dalle divine ispirazioni e dalle stesse circostanze nelle quali il Signore ci ha posti.Nelle cose sia prospere che avverse della vita presente dobbiamo sempre riconoscere anche la volontà di Dio, il quale tutto dispone o permette per il nostro bene.
  25. Per REGNO DI DIO intendiamo un triplice regno spirituale; il regno di Dio in noi, ossia il regno della grazia; il regno di Dio in terra, cioè la santa Chiesa Cattolica; e il regno di Dio nei cieli, ovvero il Paradiso. In ordine alla grazia noi chiediamo che Dio regni in noi con la sua grazia santificante per la quale Egli si compiace di risiedere in noi come re nella sua reggia; e di tenerci uniti a Lui con le virtù della fede, della speranza e della carità per le quali regna sul nostro intelletto, sul nostro cuore, e sulla nostra volontà. In ordine alla Chiesa chiediamo che questa sempre più si dilati e si propaghi per tutto il mondo a salvezza degli uomini. In ordine alla gloria noi chiediamo di potere un giorno essere ammessi nel santo paradiso, per il quale fummo creati, dove saremo pienamente felici.
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