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Valerio

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Blog Entries di Valerio

  1. Valerio
    Nella quarta parte della Dottrina cristiana si tratta dei sacramenti.
    Con la parola "sacramento" s'intende un segno sensibile ed efficace della Grazia, istituito da Gesù Cristo per santificare le nostre anime. Tutti i sacramenti si dicono segni sensibili ed efficaci della Grazia, perché tutti significano, per mezzo di cose sensibili, la Grazia divina che essi producono nell'anima nostra.
    Nel Battesimo, il versar l'acqua sul capo della persona, e le parole: io ti battezzo, cioè ti lavo, nel nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, sono un segno sensibile di quello che il Battesimo opera nell'anima; perché siccome l'acqua lava il corpo, cosi la grazia data dal Battesimo monda l'anima dal peccato.
    I sacramenti sono sette, cioè: Battesimo, Cresima, Eucaristia, Penitenza, Estrema Unzione, Ordine Sacro, Matrimonio.
    Per fare un sacramento si richiedono la materia, la forma ed il ministro, il quale abbia l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
    La materia dei sacramenti è la cosa sensibile che si adopera per farlo: come per esempio l'acqua naturale nel Battesimo; l'olio ed il balsamo nella Cresima.
    La forma dei sacramenti sono le parole che si proferiscono per farlo.
    Il ministro dei sacramenti è la persona che fa o conferisce il sacramento.
  2. Valerio
    Per doveri del proprio stato s'intendono quelle particolari obbligazioni che ciascuno ha per causa dello stato, della condizione e dell'officio in cui si trova.
    Dio stesso ha imposto ai vari stati i particolari loro doveri, perché questi derivano da' suoi divini comandamenti.
    Nel quarto comandamento sotto il nome di padre e madre, s'intendono anche tutti i nostri superiori, e perciò da quel comandamento derivano tutti i doveri di obbedienza, di amore e di rispetto degli inferiori verso i loro superiori, e tutti i doveri di vigilanza che hanno i superiori verso i loro inferiori.
    I doveri di fedeltà, di sincerità, di giustizia, di equità, che essi hanno, derivano dal settimo, dall'ottavo e dal decimo comandamento che proibiscono ogni frode, ingiustizia, negligenza e doppiezza.
    I doveri delle persone consacrate a Dio derivano dal secondo comandamento che ordina di adempiere i voti e le promesse fatte a Dio, essendosi tali persone obbligate in tal modo alla osservanza di tutti o di alcuni consigli evangelici.
    I consigli evangelici sono alcuni mezzi suggeriti da Gesù Cristo nel santo Vangelo per giungere alla cristiana perfezione. Sono: la povertà volontaria, la castità perpetua, e l'obbedienza in ogni cosa che non sia peccato.
    Servono a facilitare l'osservanza dei comandamenti e ad assicurar meglio l'eterna salvezza,
    I consigli evangelici facilitano l'osservanza dei comandamenti, perché ci aiutano a distaccare il cuore dall'amor della roba, dei piaceri, e dagli onori, e così ci allontanano dal peccato.
  3. Valerio
    "Siete disperati della situazione nella scuola dei vostri figli o volete contribuire a migliorare la situazione educativa nel nostro paese in generale?
    Non lasciate le mani in tasca; ci sono delle congregazioni di suore legati al rito antico che hanno suore giovani e che potrebbero aprire nuove scuole elementari o un collegio femminile con un profilo chiaramente cattolico anche in Italia.
    Chiedetele l’apertura di nuove scuole.
    Aiutatele nella ricerca di strutture adatte.
    Andate a trovarle e conoscere la loro realtà.
    Mettete i vostri talenti e capacità alla loro disposizione.
    Convincete altre famiglie di lottare senza stancarsi per avere delle scuole che sono cattoliche non soltanto pro forma.
    Ecco gli indirizzi postali per incoraggiare le suore a mettere in piedi nuove scuole in Italia; ogni lettera è preziosa:
    Dominicaines enseignantes du Saint-Nom-de-Jésus
    Saint-Pré
    3100, Route de la Roquebrussanne
    83170 La Celle (Brignoles)
    FRANCIA
    Suore consolatrici del Sacro Cuore di Gesù
    Via Flaminia Vecchia, 20
    05030 Vigne di Narni
    Dominicaines enseignantes du Saint-Nom-de-Jésus
    St-Dominique du Cammazou
    B.P. 10
    11270 Fanjeaux
    FRANCIA"
       
  4. Valerio
    L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati, poiché costituiscono una gravissima offesa a Dio, un orrendo peccato che deturpa profondamente le anime, allontanandole dalla Grazia. 
    Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione intrinsecamente disordinata, costituisce per loro una prova. Devono, dunque, essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Esse sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, non assecondando questa tendenza, e ad unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
    Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
  5. Valerio
    25 –Ecco un brano di una lettera di Mamma che le mostrerà Celina dolce e me cattiva: «La mia Celina è
    proprio disposta alla virtù, è il sentimento intimo del suo essere, ha un’anima candida ed ha orrore del
    male. Quanto al furicchio, non si sa come butterà. E un cosino tanto piccino e tanto stordito! E anche più
    intelligente di Celina, ma meno dolce assai, e soprattutto di un’ostinazione quasi invincibile; quando dice
    no, niente da fare; la metti in cantina tutta una giornata, lei ci dorme piuttosto che dire «sì»
    26 –Però ha un cuore d’oro, ed è tanto carezzevole e molto franca; è curioso vederla quando mi corre
    dietro per farmi le sue confessioni: –Mamma, ho dato una spinta a Celina, una sola, e le ho dato un
    colpetto, ma non lo faccio più. (Così per tutto quel che fa). Giovedì sera andammo a passeggiare verso la
    stazione, in tutti i modi volle entrare nella sala d’aspetto per cercare Paolina, mi correva avanti con una
    gioia che metteva l’allegria anche a me, ma quando vide che bisognava tornarsene a casa senza salire in
    treno per andare a cercare Paolina, pianse per tutta la strada...».
    27 –Queste ultime righe mi ricordano la felicità di quando la vedevo tornare dalla Visitazione: lei,
    Madre, prendeva in braccio me, Maria prendeva Celina; allora io le facevo cento carezze, e mi sporgevo
    dietro per ammirare la sua grande treccia, poi mi dava una tavoletta di cioccolata che aveva conservata
    per tre mesi. Pensi un po’che reliquia era per me! Ricordo anche il viaggio che feci a Le Mans, era la
    prima volta che andavo in treno. Che gioia viaggiar sola con Mamma! Però, mi misi a piangere, non so
    più perché, e la povera Mamma mia non poté presentare alla zia di Le Mans altro che un cosino brutto e
    tutto rosso dalle lacrime versate in viaggio. Non mi è rimasto nessun ricordo del parlatorio, ma soltanto
    del momento in cui la zia mi porse un topino bianco e un panierino di carta bristol pieno di dolcini e sui
    quali troneggiavano due anelli di zucchero, proprio grossi come il mio dito; gridai subito: «Che bellezza!
    C’è un anello anche per Celina». Oh, sciagura! prendo il panierino per il manico, do l’altra mano a
    Mamma, e partiamo; dopo qualche passo, guardo il paniere e vedo che i dolci sono tutti seminati per la
    via, come i Sassetti di Puccettino... Guardo meglio, e vedo che uno dei due anelli ha subito il destino
    tragico dei dolci: non c’è più nulla per Celina! Allora il dolore erompe, chiedo di tornare indietro,
    Mamma non mi dà retta, e questo è troppo, alle lacrime succedono i gridi... non capivo come mai non
    condividesse il mio dolore e per questo soffrivo molto di più!...
    28 –Ritorno alle lettere nelle quali Mamma le parla di Celina e di me, è il miglior modo per farle
    conoscere il mio carattere. Ecco un brano nel quale i miei difetti brillano di vivo splendore: «Celina si
    diverte con la piccina al gioco dei cubi, bisticciano di quando in quando, Celina cede per avere una perla
    alla sua corona. Sono costretta a correggere quella povera piccolina che va in furie paurose; quando le
    cose non vanno secondo le sue idee, si rotola per terra come una disperata credendo tutto perduto, ci sono
    momenti in cui è più forte di lei, ne è come soffocata. E una bambina molto nervosa, eppure è deliziosa e
    intelligentissima, si ricorda di tutto».
    29 –Vede dunque, Madre mia, quant’ero distante dall’essere una bambina senza difetti! E nemmeno
    potevano dire di me che stessi buona quando dormivo, perché la notte era ancor piu movimentata che il
    giorno, buttavo via tutte le coperte, e poi (sempre dormendo) battevo dei colpi contro il legno del mio
    lettino, il dolore mi risvegliava. Allora dicevo: «Mamma, sono «picchiata»». Povera Mamma, era
    costretta ad alzarsi e costatava che davvero avevo dei bernoccoli alla fronte, ero «picchiata»; mi copriva
    bene, poi tornava nel suo letto, ma dopo un minuto io ricominciavo ad essere «picchiata», tanto che
    dovettero legarmi nel lettino. Sera per sera, Celina veniva ad annodare i numerosi cordoni destinati ad
    impedire al furicchio di farsi i bernoccoli e di svegliare Mamma, e questo mezzo riuscì bene, diventai
    saggia dormendo.
    30 –Ma c’era un altro difetto che avevo (da sveglia) e di cui Mamma parla nelle sue lettere, era un grande
    amor proprio. Ne do due esempi soli per non allungare troppo il racconto. Un giorno Mamma mi disse:
    «Teresina, se tu baci la terra, ti do un soldo». Un soldo! Era la ricchezza per me! Per impadronirmene mi
    bastava abbassare la mia altezza, giacché la mia statura minima non frapponeva gran distanza tra me e la
    terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò all’idea di baciar la terra: dritta indomita dissi a Mamma: «Oh
    no, Mammina mia, preferisco fare a meno del soldo».
     
  6. Valerio
    Il quarto precetto si osserva col pagare quelle offerte o prestazioni che sono state stabilite per riconoscere il supremo dominio che Iddio ha sopra tutte le cose, e per provvedere all'onesta sussistenza de' suoi ministri.
    Le decime si devono pagare di quelle cose e in quel modo che porta la consuetudine dei luoghi.
    Nel quinto precetto la Chiesa non vieta la celebrazione del sacramento del Matrimonio, ma soltanto la solennità delle nozze dalla prima domenica dell'Avvento sino all'Epifania, e dal primo giorno di Quaresima sino all'ottava di Pasqua.
    La solennità proibita da questo precetto consiste nella Messa propria degli sposi, nella benedizione nuziale, e nella pompa straordinaria delle nozze.
    Le dimostrazioni di pompa non convengono nell'Avvento e nella Quaresima, perché questi sono tempi specialmente consacrati alla penitenza ed all'orazione.
    La celebrazione del Matrimonio è, invece, proibita in modo assoluto il Venerdì Santo ed il Sabato Santo.
  7. Valerio
    Nel giovedì dopo la festa della Santissima Trinità si celebra la solennità del SS. Sacramento, ossia del Corpus Domini, la cui istituzione è celebrata nel giovedì santo, ma dato che allora è occupata principalmente in funzione di lutto per la passione di Gesù Cristo, la Chiesa ha stimato bene di istituire un'altra festa particolare per onorare questo mistero con piena allegrezza.
    Per farlo anche noi dobbiamo:
    1. accostarci con particolar devozione e fervore alla santissima comunione e ringraziare con tutto l'affetto del cuore il Signore, che ha voluto donarsi a ciascuno di noi in questo sacramento;
    2. assistere in questa solennità agli uffici divini, e particolarmente al santo sacrificio della Messa, e far frequenti visite a Gesù velato sotto le specie sacramentali.
    Nella festa del Corpus Domini si porta solennemente la santissima Eucarestia in processione:
    1. per onorare l'Umanità santissima di nostro Signore nascosta sotto le specie sacramentali;
    2. per ravvivare la fede e accrescere la devozione dei fedeli verso questo mistero;
    3. per celebrare la vittoria che Egli ha dato alla sua Chiesa sopra i nemici del Sacramento;
    4. per riparare in qualche modo le ingiurie che gli vengono fatte dai nemici della nostra religione.
    Alla processione del Corpus Domini bisogna assistere:
    1. con grande raccoglimento e modestia, non guardando qua e là, né parlando ad alcuno senza necessità;
    2. con intenzione di onorare per mezzo delle nostre adorazioni il trionfo di Gesù Cristo;
    3. con domandargli umilmente perdono delle comunioni indegne, e di tutte le altre profanazioni, che si fanno di questo divino sacramento;
    4. con sentimenti di fede, di confidenza, di amore e di riconoscenza verso Gesù Cristo presente nell'ostia consacrata.
  8. Valerio
    Nella solennità di Pentecoste si onora il mistero della venuta dello Spirito Santo.
    Si chiama Pentecoste, vale a dire cinquantesimo giorno, perché la venuta dello Spirito Santo accadde cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù Cristo.
    La Pentecoste era anche una festa solennissima presso gli ebrei, ed era figura di quella che si celebra dai cristiani.
    Quella degli ebrei fu istituita in memoria della legge data loro da Dio sul monte Sinai fra tuoni e lampi, scritta su due tavole di pietra, cinquanta giorni dopo la prima Pasqua, cioè dopo la loro liberazione dalla schiavitù di Faraone.
    Ciò che era figurato nella Pentecoste degli ebrei si é adempiuto in quella dei cristiani, perché lo Spirito Santo discese sopra gli Apostoli e gli altri discepoli di Gesù Cristo, radunati con Maria Vergine in un medesimo luogo, e impresse nei loro cuori la nuova legge per mezzo del suo divino amore.
    Nella discesa dello Spirito Santo venne ad un tratto un suono dal cielo, come di vento gagliardo, ed apparvero delle lingue spartite, come di fuoco, e si posarono sopra ciascuno dei congregati.
    Lo Spirito Santo, discendendo sopra gli Apostoli, li riempì di sapienza, di forza, di carità e dell'abbondanza di tutti i suoi doni.
    Gli Apostoli, dopo che furono ripieni di Spirito Santo, d'ignoranti divennero intelligenti de' più profondi misteri e delle sacre Scritture; di timidi divennero coraggiosi per predicare la Fede di Gesù Cristo; parlarono diversi linguaggi, e operarono grandi miracoli.
    Il primo frutto della predicazione degli Apostoli dopo la discesa dello Spirito Santo fu la conversione di tremila persone nella predica fatta da S. Pietro nel medesimo giorno della Pentecoste, che fu poi seguita da moltissime altre.
    Lo Spirito Santo non è stato mandato ai soli Apostoli, ma anche alla Chiesa ed a tutti i fedeli.
    Lo Spirito Santo vivifica la Chiesa, e con perpetua assistenza la regge; e di qui viene la forza invincibile che ha nelle persecuzioni; la vittoria sui nemici; la purità della dottrina e lo spirito di santità che vi dimora in mezzo alla corruzione del secolo.
    I fedeli ricevono lo Spirito Santo in tutti i sacramenti, e specialmente nella Cresima e nell'Ordine Sacro.
    Nella festa della Pentecoste dobbiamo fare quattro cose:
    1. adorare lo Spirito Santo;
    2. pregarlo a venire in noi e comunicarci i suoi doni;
    3. accostarci degnamente ai santi Sacramenti;
    4. ringraziare il divin Salvatore di aver mandato lo Spirito Santo, secondo le sue promesse, e di avere così compiuto tutti i misteri e la grande opera dello stabilimento della Chiesa.
  9. Valerio
    21 –Ero fierissima delle mie sorelle grandi, ma quella che era il mio ideale di bimba, era Paolina... Quando cominciai a parlare, se Mamma mi domandava: «A che pensi?» la risposta non cambiava mai: «A Paolina». Un'altra volta lasciavo scorrere il ditino sui vetri e dicevo: «Scrivo: Paolina! ...». Spesso udivo dire che Paolina certamente si sarebbe fatta religiosa: allora pensavo, senza sapere bene di che si trattasse: «Sarò religiosa anch'io». Quello è uno dei miei primi ricordi, e da allora non ho cambiato mai
    risoluzione. Fu lei, Madre cara, che Gesù scelse per fidanzarmi con lui; lei a quel tempo non era presso me, ma già un legame si era formato tra le nostre anime: era il mio ideale, volevo somigliare a lei, e fu il suo esempio che dall'età di due anni mi attirò verso lo Sposo delle vergini. Oh, quante dolci riflessioni vorrei confidarle! Ma debbo continuare la storia del fiorellino, la sua storia completa e generale, perché se volessi parlare minutamente delle mie relazioni con Paolina, dovrei tralasciare tutto il resto!
    22 –La mia cara Leonia occupava anche lei un gran posto nel cuore mio. Mi voleva molto bene. La sera era lei che mi custodiva quando tutta la famiglia andava a passeggiare. Mi pare di ascoltare ancora le belle canzoncine che cantava per addormentarmi... in tutte le cose cercava il modo per farmi piacere, cosicché sarei stata ben triste se la’vessi contrariata.
    23 –Ricordo distintamente la sua prima Comunione, soprattutto il momento in cui mi prese in braccio per farmi entrare nel presbiterio; mi pareva meraviglioso di essere portata così da una sorella grande tutta bianca come me! La sera mi misero a letto per tempo, ero troppo piccola per restare al gran pranzo, ma vedo ancora Papà che, dopo il dolce, venne a portarne un pezzetto alla sua reginetta... Il giorno dopo, o pochi giorni dopo, andammo con Mamma dalla piccola compagna di Leonia; mi pare fosse quel giorno che la nostra Mamma tanto cara ci condusse dietro un muro per farci bere un pochino di vino dopo il pranzo (che ci aveva allestito la povera signora Dagoran) perché non voleva mortificare la buona donna, ma anche voleva che non ci mancasse niente. Com'è delicato il cuore di una mamma, e come traluce la sua tenerezza in mille premure alle quali nessuno penserebbe!
    24 –Ora mi resta da parlare di Celina cara, la mia compagnetta d'infanzia, ma ecco i ricordi in tanta folla che non so quale scegliere! Caverò qualche brano dalle lettere che Mamma scriveva alla Visitazione, ma non copierò tutto, sarebbe troppo lungo... ll 10 luglio 1873, anno della mia nascita, diceva: "Giovedì la balia ha portato qui Teresina, la quale non ha fatto che ridere, soprattutto le piaceva Celina, faceva gran risate con lei; si direbbe che abbia già voglia di giocare, e presto lo farà, sta ritta sulle gambette, rigida come un palettino. Credo che camminerà presto e che sarà di buon carattere, pare molto intelligente e ha un visino da predestinata." Ma soprattutto dopo che da balia tornai a casa, rivelai il grande affetto per la mia Celina. C'intendevamo a meraviglia, soltanto io ero assai più vivace e meno ingenua di lei; benché avessi tre anni e mezzo di meno, mi pareva di essere della stessa età."
  10. Valerio
    Nella festa dell'ascensione di celebra il giorno glorioso, in cui Gesù Cristo, in presenza dei suoi discepoli, salì per virtù propria al cielo, quaranta giorni dopo la sua risurrezione.
    Egli è salito al cielo:
    1. per prendere possesso dell'eterno regno conquistato colla sua morte;
    2. per prepararci il nostro luogo, e servirci da mediatore ed avvocato presso il Padre;
    3. per mandare lo Spirito Santo a' suoi Apostoli.
    Nel giorno dell'Ascensione non entrò in cielo Gesù Cristo solo, ma vi entrarono seco le anime degli antichi Padri, che aveva liberate dal limbo.
    Gesù Cristo in cielo siede alla destra di Dio Padre; cioè come Dio è uguale al Padre nella gloria, e come uomo è innalzato sopra gli Angeli e tutti i Santi, e fatto Signore di tutte le cose.
    Per celebrare degnamente la festa dell'Ascensione dobbiamo fare tre cose:
    1. adorare Gesù Cristo nel cielo come nostro mediatore ed avvocato;
    2. distaccare intieramente il nostro cuore da questo mondo, come da un luogo d'esilio, e aspirare unicamente al Paradiso, come alla nostra vera patria;
    3. risolvere d'imitare Gesù Cristo nell'umiltà, nella mortificazione e ne' patimenti, per aver parte alla sua gloria.
    Dalla festa dell'Ascensione sino alla Pentecoste i fedeli devono, ad esempio degli Apostoli, prepararsi a ricevere lo Spirito Santo col ritiro, col raccoglimento interno, e con perseverante e fervorosa orazione.
    Nella festa dell'Ascensione, letto il vangelo della Messa solenne, si estingue e poscia si leva il cero pasquale per rappresentare la dipartita di Cristo dagli Apostoli.
  11. Valerio
    Con le parole del terzo precetto la Chiesa obbliga tutti i cristiani, che sono giunti all'uso di ragione, ad accostarsi almeno una volta l'anno al sacramento della Penitenza.
    Il tempo più opportuno per soddisfare al precetto della Confessione annuale è la Quaresima secondo l'uso introdotto ed approvato da tutta la Chiesa.
    Essa dice "almeno", per farci conoscere il suo desiderio che ci accostiamo più spesso ai santi sacramenti.
    E' cosa utilissima confessarsi spesso, massimamente perché è difficile che si confessi bene e si tenga lontano dal peccato mortale chi si confessa di rado.
    Con le altre parole del terzo precetto la Chiesa obbliga tutti i cristiani che sono arrivati all'età della discrezione, a ricevere ogni anno la santissima Eucarestia durante il tempo pasquale.
    Siamo obbligati a comunicarci anche in pericolo di morte.
    Anche in questo caso la Chiesa dice "almeno", perché desidera vivamente che non solo alla Pasqua di risurrezione, ma il più spesso possibile ci accostiamo alla santa Comunione, che è il divino nutrimento delle nostre anime.
    Chi facesse una confessione e comunione sacrilega non soddisfa al terzo precetto della Chiesa, perché l'intenzione della Chiesa è che si ricevano questi sacramenti pel fine per cui furono istituiti, cioè per la nostra santificazione.
  12. Valerio
    16 –"M'è accaduta un'avventura curiosa ultimamente con la piccina. Ho l'abitudine di andare alla Messa delle cinque e mezzo, nei primi giorni non osavo lasciarla, ma vedendo che non si svegliava mai, ho finito per decidermi. La metto nel letto mio, e accosto la culla in modo che lei non possa cadere. Un giorno dimentico di avvicinare la culla. Ritorno, la piccina non c'è più: nello stesso attimo odo uno strilletto, guardo, la vedo seduta sopra una seggiola accanto al letto, con la testina appoggiata al traversino, e dormiva agitata per la posizione scomoda. Non ho ancora capito come abbia potuto cadere seduta su una seggiola, dal momento che era distesa. Ho ringraziato Iddio che non le sia capitato nulla, è un fatto provvidenziale davvero, avrebbe dovuto ruzzolare per terra, il suo Angelo ha vegliato, e le anime del purgatorio, che invoco per lei tutti i giorni, l'hanno protetta: io lo accomodo così, questo fatto... Voi accomodatelo come vi pare!...".
    17 –Alla fine della lettera, Mamma aggiungeva: «Ecco la piccina, che mi mette le manotte su’viso e mi abbraccia. Povera bimba, non mi vuole lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se non ci vado anch'io, non ci rimane, e piange fino a quando me la riportano». Ecco un altro tratto di un'altra lettera: «L'altro giorno Teresa mi domanda se andrà in Cielo: le dico di si, se è proprio buona; mi risponde: «Sì, ma se non fossi proprio buona buona, andrei all'inferno... ma io lo so cosa farei: scapperei su con te, che saresti in Cielo, come farebbe il buon Dio per prendermi? Tu mi reggeresti forte tra le braccia...». Ho letto nei suoi occhi: è convinta che il buon Dio non le può fare nulla se è tra le braccia della Mamma».
    18 –«Maria ama molto la sorellina, la trova deliziosa e la piccolina ha un gran timore di farle dispiacere. Ieri le volli dare una rosa perché sapevo che lei ne è felice, ma si è messa a supplicarmi di no, diceva: «Maria ha proibito di tagliarle», era rossa per il gran sottosopra, nonostante ciò gliene ho date due, non osava più tornare a casa. Avevo un bel dirle che le rose sono mie, «ma no –diceva lei , sono di Maria».
    19 –È una bambina che si emoziona facilmente. Appena ha fatto un piccolo malestro, bisogna che lo sappiano tutti. Ieri aveva fatto cadere senza volere un pezzetto di tappezzeria, era in uno stato da far pietà, poi bisognava dirlo subito a Papà; lui arrivò quattro’re dopo, nessuno ci pensava più, ma lei corse da Maria: «Svelta, dì a Papà che ho strappato la carta». Rimane lì come un criminale in attesa della sentenza, ma ha nella sua testolina li’dea che le sarà perdonato più facilmente se lei stessa si accusa».
    20 – Amavo tanto la mia Madrina. Senza parere, stavo attentissima a tutto quello che dicevano e facevano intorno a me, mi pare che giudicavo le cose come adesso. Ascoltavo con grande premura ciò che Maria insegnava a Celina, per fare come lei; dopo che uscì dalla Visitazione, ero buona buona e facevo tutto quello che voleva lei, per ottenere la grazia d'essere ammessa nella stanza durante le lezioni che dava a Celina; e lei mi faceva tanti regalini che, pur essendo di poco valore, mi davano gran contentezza.
  13. Valerio
    Il secondo precetto della Chiesa, con le parole: Digiunare i giorni comandati, ci ordina di osservare il digiuno e l'astinenza dalle carni il Mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo, la sola astinenza dalle carni tutti gli altri venerdì dell'anno, in particolare in quelli di Quaresima.
    Il digiuno consiste nel fare un solo pasto al giorno ed un po' di refezione alla sera per chi svolge attività faticose nella giornata. L'obbligo del digiuno, oltre all'astinenza dalle carni, è per chi ha compiuto i 21 anni e non ha ancora superato i 60, naturalmente ne sono esclusi i malati e tutti coloro che ne sono dispensati o scusati da legittimo impedimento.
    Il digiuno serve a meglio disporci all'orazione, a fare penitenza dei peccati commessi e preservarci dal commetterne dei nuovi.
    Quelli che non hanno l'obbligo del digiuno non sono affatto esenti dalla mortificazione, perché siamo tutti obbligati a fare penitenza.
    La Quaresima è stata istituita proprio per imitare in qualche modo il rigoroso digiuno di quaranta giorni che Gesù Cristo fece nel deserto, e per prepararci col mezzo della penitenza a celebrare santamente la Pasqua.
    La Chiesa ha voluto che ci asteniamo dal mangiar carne di venerdì acciocché facciamo penitenza in ogni settimana, in onore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
  14. Valerio
    "Alfonso, re di Leon e di Galizia, desiderando che tutti i suoi familiari ed il popolo onorassero la Madre di Dio per mezzo della recita del santo Rosario, decise di dare per primo l’esempio. Per attirare l’attenzione dei sudditi, volle attaccarsi alla cinta un grosso Rosario in modo che gli pendesse dal fianco e tutti lo potessero vedere, ma la sua devozione alla Mamma del Cielo era solo apparente perché questo re, pur portando con sé tutti i giorni la grande Corona, non recitava il Rosario.
    Il nemico delle anime, il diavolo, era contento che il re sembrasse devoto della Madonna ma senza esserlo davvero perché con questo inganno sperava di portarselo all’inferno.
    Il popolo che non conosceva la negligenza del re, pensava che amasse veramente la Vergine Santa, quindi, obbedendo al suo ordine si obbligò a recitare con fervore quotidiano il santo Rosario.
    Passò molto tempo ed un bel giorno il re si ammalò gravemente … Si sentiva così male che tutti lo credevano morto!
    Mentre era in questo stato, per una straordinaria grazia concessagli da Dio, fu rapito nello spirito e portato al tribunale di Gesù Cristo.
    Vide i diavoli che l’accusavano di tutti i crimini che aveva commesso, e il Giudice divino che era sul punto di condannarlo!
    Il povero re era disperato, perché, con gli occhi dell’anima, vedeva l’inferno aperto e pronto a riceverlo … e non poteva in alcun modo ormai riparare al male che aveva fatto.
    Quando all’improvviso … Oh! Meraviglia! Apparve la Santissima Vergine che, come la più tenera delle madri si rivolgeva a Gesù per intercedere misericordia.
    La Mamma celeste si fece portare dagli Angeli una bilancia. Tutti i peccati del re furono messi su un piatto e Lei, con le Sue mani immacolate, mise sull’altro piatto il grosso Rosario che egli aveva portato in Suo onore, insieme a tutti i Rosari che aveva fatto recitare al popolo.
    E cosa vide allora il re?…
    Con suo grande stupore si rese conto che il peso dei Rosari faceva scendere la bilancia in suo favore! Non credeva ai suoi occhi! Eppure succedeva proprio così!
    La Vergine Santa lo guardava con sguardo di misericordia mentre gli diceva: “Ho ottenuto da mio Figlio, per ricompensa del piccolo servizio che mi hai reso portando il Rosario, il prolungamento della tua vita per qualche anno. Impegna bene il tempo che ti rimane e fai penitenza”.
    Il re, riavutosi da questo rapimento, gridò: “O beato Rosario della Santa Vergine, per mezzo del quale sono stato liberato dalla dannazione eterna!”.
    Appena ebbe ricuperata la salute, si mise a fare penitenza; non lasciò mai più la recita quotidiana del santo Rosario e, giunto ormai alla fine della vita, morì santamente protetto dall’assistenza della Mamma Celeste."
  15. Valerio
    11 –Il fiore che racconta qui la sua storia si rallegra perché farà conoscere le premure tutte gratuite di Gesù; non ha niente lui –e lo sa bene –che possa attrarre lo sguardo di Dio, ed anche sa che la sola misericordia divina ha fatto tutto il buono esistente in lui. L'ha fatto nascere in una terra santa, e quasi permeata da un profumo verginale. L'ha fatto precedere da otto gigli sfolgoranti di candore. Nel suo amore, ha voluto preservare il fiore umile dal soffio velenoso del mondo; stavano appena per aprirsi i petali, e il Salvatore l'ha trapiantato sulla montagna del Carmelo, ove già olezzavano due gigli: proprio quei due che l'avevano avvolto e cullato dolcemente al suo primo germogliare… Sette anni sono trascorsi da quando il fiore si è radicato nel giardino dello Sposo dei vergini, ed ora vicine a lui ondulano tre corolle fragranti; non lontano, un'altra si apre allo sguardo di Gesù, ed i due steli benedetti che le hanno prodotte sono riuniti per sempre nella Patria divina. Là hanno ritrovato i quattro gigli che la terra non ha visti fiorire. Oh, che Gesù voglia non lasciare a lungo sulla riva straniera coloro che sono rimaste nell'esilio: che ben presto tutto il cespo bianco sia completo nel Cielo!
    12 –Madre mia, ho riassunto in poche parole ciò che il Signore ha fatto per me, ora mi addentrerò nella mia vita di bimba; so che là, dove chiunque altro non vedrebbe se non una tiritera noiosa, il suo cuore di mamma troverà un fascino. E poi, i ricordi che evocherò sono anche i suoi, perché l'infanzia mia è trascorsa vicina a lei, ed io ho la fortuna d'appartenere ai genitori ineguagliabili i quali ci hanno avviluppate delle stesse premure e di uguale tenerezza. Benedicano essi la minima delle loro figlie e l'aiutino a cantare le misericordie di Dio!
    13 –Nella storia dell'anima mia fino a quando sono entrata nel Carmelo, distinguo nettamente tre periodi: il primo, nonostante la brevità, non è il meno fecondo di ricordi: dall'iniziale destarsi della mia mente al transito della nostra Mamma amata.
    14 –Per tutta la mia vita è piaciuto a Dio circondarmi da’more, i primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime: ma, se egli mi aveva messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore, creandolo amante e sensibile; così amavo grandemente Papà e Mamma e dimostravo il mio affetto in mille modi, perché ero molto espansiva. Soltanto i mezzi che usavo erano talvolta strani, come lo prova questo passo di una lettera di Mamma: «La piccina è un furicchio impagabile, mi ha carezzata augurandomi la morte: «Oh, come vorrei che tu morissi, povera Mammina mia!...»; la rimbrottano e lei mi fa: «Ma è perché tu possa andare in Cielo, giacché tu dici che bisogna morire per andarci!». E in modo simile augura la morte al Babbo, quand'è nei suoi trasporti da’more».
    15 –Il 25 giugno 1874, avevo appena diciotto mesi, ecco ciò che Mamma diceva di me: «Papà ha installato un'altalena, Celina è felice a più non posso, ma bisogna vedere la piccina quando si dondola: è buffissima, si regge come una bimba grande, non c'è pericolo che lasci la corda, poi quando non va abbastanza forte, grida. L'attacchiamo davanti con un'altra corda e, nonostante questo, non sono tranquilla quando la vedo issata lì sopra.
  16. Valerio
    6 –Ho capito anche un'altra cosa: l'amore di Nostro Signore si rivela altrettanto bene nell'anima più semplice la quale non resista affatto alla grazia, quanto nell'anima più sublime; in realtà, è proprio dell'amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi Dottori, i quali hanno rischiarato la Chiesa
    con i lumi della loro dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza per raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si esprime soltanto con strilletti deboli deboli; ha creato il selvaggio il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge naturale per regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori selvatici che lo rapiscono perché sono tanto semplici.
    7 –Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente grande. Allo stesso modo in cui il sole illumina i grandi cedri ed i fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così Nostro Signore si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la sola ad esistere; e come nella natura le stagioni tutte sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile, così tutto risponde al bene di ciascun'anima.
    8 –Certamente, Madre cara, lei si domanda dove io voglia arrivare, perché finora non ho detto parola che somigli alla storia della mia vita, ma lei mi ha chiesto di scrivere liberamente quello che mi viene al pensiero, perciò io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì i miei pensieri riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse. Mi trovo a un punto della mia esistenza dal quale posso guardare il passato; l'anima mia si è maturata tra prove esterne e interne, ora, come un boccio rafforzato dalla tempesta, mi risollevo, e vedo che in me si verificano le parole del Salmo XXII «il Signore è il mio Pastore, nulla mi può mancare. Mi fa riposare nelle pasture fresche e ricche. Mi guida dolcemente lungo il fiume. Conduce l'anima mia senza stancarla... E quand'anche scenderò nella valle ombrosa della morte, non temerò danno, perché tu sarai con me, Signore!».
    9 –Sempre il Signore è stato pieno di compassione per me, e di dolcezza... Lento a punire e abbondante in misericordie! (Salmo CII, v. 8). Così, Madre mia, sono felice di cantare vicino a lei la misericordia del Signore. Per lei sola scriverò la storia del fiore umile colto da Gesù, e parlerò abbandonandomi, senza preoccuparmi dello stile, o delle tante digressioni che farò. Un cuore di mamma capisce sempre il suo bimbo, anche se questo balbetta soltanto, e perciò sono sicura di essere capita, indovinata da lei: è lei che mi ha formato il cuore, e l'ha offerto a Gesù!
    10 –Mi pare che, se un fiorellino potesse parlare, direbbe, con gran semplicità, ciò che il Signore ha fatto per lui e non cercherebbe di nascondere i benefici divini. Per falsa modestia, non direbbe: «Sono sgraziato, non ho profumo, il sole ha portato via il mio splendore, la bufera ha infranto il mio stelo» quando riconoscesse in sé tutto il contrario.
     
  17. Valerio
    Il primo precetto della Chiesa ci ordina di assistere devotamente alla Santa Messa in tutte le domeniche e nelle altre feste di precetto.
    "Domenica" vuol dire giorno del Signore, cioè giorno specialmente consacrato al divino servizio.
    Nel primo comandamento della Chiesa si fa menzione speciale della domenica, perché essa è la festa principale presso i cristiani come il sabato era festa principale presso gli ebrei, istituita da Dio stesso.
    La Chiesa ha istituito anche le feste di nostro Signore, della santissima Vergine, degli Angeli e dei Santi.
    La Chiesa ha istituito altre feste di nostro Signore in memoria de' suoi divini misteri.
    Le feste della santissima Vergine, degli Angeli e dei Santi, sono state istituite: 1° in memoria delle grazie che Dio loro ha fatte, e per ringraziarne la divina bontà; 2° affinché noi li onoriamo, imitiamo i loro esempi e siamo aiutati dalle loro preghiere.
  18. Valerio
    "Benedetta Bianchi Porro nacque a Dovadola, in provincia di Forlì, l’8 agosto del 1936. La sofferenza l’accompagnò sin dall’inizio: a tre anni fu colpita dalla poliomelite, la gamba destra non cresceva come l’altra. Vane le operazioni al “Rizzoli” di Bologna per cercare di dare alla bambina una camminatura normale. Anzi, ella era costretta a portare un busto ortopedico per sorreggere la spina dorsale. La sofferenza però non le tolse quella tipica gioia che caratterizza un’infanzia serena, trascorsa in vari luoghi (Dovadola, Forlì, Casticciano, Sirmione, Brescia) dove la famiglia si spostava o per fuggire alla guerra o per gli impegni del padre, ingegnere termale.
    Benedetta, a scuola, era sempre tra le prime della classe. Aveva un’intelligenza vivace e una grande tenacia. E fu proprio la tenacia che l’aiutò quando sopraggiunse un altro grave problema di salute: la sordità. Oltre alla scuola, Benedetta si dedicava anche ad altro: amava la musica, suonava il pianoforte, amava lo sport, stava bene con gli amici, tendeva a vestirsi con cura. Nel 1953 s’iscrisse all’università di Milano, alla facoltà di Medicina, anche se era ormai quasi del tutto sorda. Nel Natale del 1956 si manifestarono gravi sintomi alla vista. Nel 1957 fu lei stessa a diagnosticarsi la grave malattia che la colpì: neurofibratosi diffusa (morbo di Reklinghausen). Una malattia devastante che aggredisce il sistema nervoso centrale distruggendone ogni funzione. Benedetta, dopo aver perso l’udito e la vista, perse anche l’uso degli arti, l’olfatto e il gusto. Benedetta visse la sua sofferenza offrendo tutto al Signore, guidata dal suo direttore spirituale, don Elio Mori. Tra il 1962 e il 1963 compì due pellegrinaggi a Lourdes. Morì il 23 gennaio del 1964. La notte del 22 gennaio avvertì l’arrivo della fine. Chiamò l’infermiera e le disse: “Sto male, sto molto male. Ma non svegli la mamma. Lasciamola riposare per domani, perché domani io morirò.” E l’indomani morì: aveva appena ventisette anni. Negli ultimi mesi della sua vita ebbe anche la forza di scrivere molte lettere e dare coraggio a vari sofferenti. Nel 1993, Benedetta fu dichiarata venerabile.
    In una sua lettera Benedetta scrive: “Nel mio calvario non sono disperata. Io so che, in fondo alla vita, Gesù mi aspetta. Prima nella poltrona, ora a letto, che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini… Le mie giornate non sono facili, sono dure ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio". Riflettiamoci su: “Gesù … mi dà luce nel buio.” Benedetta afferma una contraddizione che in realtà non è tale. Lei dice di scoprire, grazie a Gesù, tanta luce nel buio. Certamente nel buio non può trovarsi la luce, perché il buio è annullato dalla luce. Eppure ciò che Benedetta dice non è una contraddizione. Non lo è sul piano della logica della Fede.
    Essere convinti che Dio è amore e che Dio stesso permette tutto ciò che accade (è la fede!), vuol dire che Dio, se permette, è per un suo disegno dando a tutti la grazia sufficiente per vivere la sofferenza (è ancora la fede!). Ma ciò non basta. Tutte queste convinzioni si legano ad un’altra, ovvero che nell’accettazione serena di ciò che Dio permette, vi è la salvezza per sé e per gli altri (ecco la logica della fede!).
    Torniamo alle parole di Benedetta. In questa prospettiva la contraddizione si dissolve: davvero nel buio si può scoprire la luce. Con la sofferenza non viene meno il buio, ma è pur vero che nella sofferenza si può scoprire la luce. E ciò che abbiamo detto prima.
    Qui il Cristianesimo è l’unica risposta vera. Come abbiamo già detto, ci sono tre modi con cui l’uomo si può rapportare alla sofferenza: il primo è di negativizzare la sofferenza rifiutandola totalmente, il secondo è di accettarla credendo che in realtà non è tale, il terzo è quello che unisce la negativizzazione ma anche l’accettazione.
    La prima e la seconda posizione confluiscono nell’illusione; l’illusione di credere che la sofferenza sia eliminabile (la prima posizione) e l’illusione di credere che la sofferenza sia una non-realtà (la seconda posizione). La terza posizione è quella più realista ed umanamente vera. La sofferenza di per sé non può essere amata, ma può esserlo per ciò a cui essa conduce.
    Quando Benedetta dice di scoprire la luce nel buio, non afferma una cosa inammissibile, ma ciò che davvero si può sperimentare nel momento in cui il Cristianesimo diventa vita, cioè quando la Croce di Cristo diviene l’unico significato vero ed imprescindibile dell’esistenza.
    Benedetta Bianchi Porro parla di luce. Invoca la luce, la scopre e la offre –lei che soffre- a tutti i sofferenti.
    Come l’unica felicità non è alternativa alla sofferenza ma alla disperazione, così l’unica luce possibile è nell’esperienza del buio. Ciò vuol dire che l’uomo deve accettare il suo limite, la sua debolezza; deve tendere inevitabilmente verso l’esperienza del bisogno e verso la dimensione dell’umiltà.
    Ma se l’unica luce possibile è nell’esperienza del buio, allora non c’è risposta nella vita se non vivendo l’attesa della Gioia eterna."
  19. Valerio
    1 –A lei, Madre mia cara, a lei che mi è due volte madre confido la storia dell'anima mia... Quando lei mi chiese di farlo, pensai: il cuore si dissiperà, occupandosi di se stesso; ma poi Gesù mi ha fatto sentire che, obbedendo con semplicità, avrei fatto piacere a lui; del resto, faccio una cosa sola: comincio a cantare quello che debbo ripetere eternamente: «Le misericordie del Signore!».
    2 –Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla statua di Maria (quella che ci ha offerto tante prove delle materne premure da parte della Regina del Cielo verso la nostra famiglia), l'ho supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che non piaccia a lei! Poi ho aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su alcune parole: «Gesù salì sopra una montagna, e chiamò a sé quelli che volle: e andarono a lui» (s. Marco, cap. III, v. 13).
    3 –Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole lui, o, come dice san Paolo: «Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di chi corra, bensì di Dio che usa misericordia» (Ep. ai Rom., cap. IX, vv. 1516).
    4 –Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio, muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome di Dio?
    5 –Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere come vuole lui.
  20. Valerio
    Oltre ai comandamenti di Dio noi dobbiamo osservare i precetti della Chiesa, perché Gesù Cristo stesso lo comanda e perché tali precetti aiutano ad osservare i comandamenti di Dio.
    Tale obbligo comincia generalmente dall'uso di ragione.
    Il trasgredire avvertitamente un precetto della Chiesa in materia grave è peccato mortale.
    Da un precetto della Chiesa può dispensare solamente il Papa e chi da lui ne ha ricevute le facoltà.
    I precetti della Chiesa sono cinque:
    1. Udire la Messa tutte le domeniche e le altre feste comandate.
    2. Digiunare nei giorni penitenza e non mangiar carne nei giorni proibiti, secondo le disposizioni della Chiesa.
    3. Confessarsi almeno una volta l'anno e comunicarsi almeno a Pasqua.
    4. Sostenere la Chiesa nelle sue necessità, contribuendo secondo le leggi o le usanze.
    5. Non celebrare le nozze nei tempi proibiti.
  21. Valerio
    Nell'Agosto del 1511, l'esercito imperiale della Lega di Cambrai assediò il Castello di Quero sul Piave, la cui difesa era stata affidata al nobile veneziano messer Girolamo Emiliani, con 300 soldati. Alla fine la fortezza fu espugnata, tutti gli uomini uccisi ed il comandante venne fatto prigioniero e rinchiuso nella Torre.
    Preso dall'afflizione per il suo stato e per le torture a cui era sottoposto, ricordandosi di aver udito parlare della Madonna Grande di Treviso, si rivolse a lei chiedendo umilmente il suo soccorso, promettendole di visitare il suo Santuario in abiti di carcerato e di far celebrare Messe in suo onore.
    Comparve, dunque, davanti ai suoi occhi una Signora luminosa, con in mano delle chiavi, che gli disse: "“Prendi queste chiavi, apri le catene e la torre. Sei libero!".
    Uscito, però, si trovò a dover attraversare l'accampamento nemico, allora invocò nuovamente l'aiuto della Madonna: “Madre delle Grazie, aiutami ad uscire illeso anche da questo pericolo”.
    La Santa Vergine lo prese per mano e lo portò in salvo presso le mura di Treviso, poi disparve, ma non smise di assistere il suo devoto accompagnandolo sul sentiero difficile di un'ardente carità, fino alla santità.
    Ella non gli donò solamente una libertà materiale, ma lo condusse a quella della grazia di Dio, infinitamente più preziosa.
    Oggi san Girolamo Emiliani è venerato come padre e patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata, fondatore dei Padri Somaschi.
  22. Valerio
    Il decimo comandamento ci proibisce il desiderio di privare altri della loro roba e il desiderio di acquistar roba con mezzi ingiusti.
    Dio ci proibisce tali desideri sregolati, perché Egli vuole che noi anche internamente siamo giusti e ci teniamo sempre più lontani dalle opere ingiuste.
    Il decimo comandamento ci ordina di contentarci dello stato in cui Dio ci ha posti e di soffrire con pazienza la povertà, quando Iddio ci voglia in tale stato.
    Il cristiano può essere contento anche nello stato di povertà, considerando che massimo bene è la coscienza pura e tranquilla, che la nostra vera patria è il cielo, e che Gesù Cristo si fece povero per amore nostro e ha promesso un premio speciale a tutti quelli che sopportano con pazienza la povertà.
  23. Valerio
    Nella festa di Pasqua si celebra il mistero della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, ossia il ricongiungersi della sua santissima anima al corpo dal quale era stata separata per la morte, e la nuova sua vita gloriosa e immortale.
    La festa di Pasqua si celebra dalla Chiesa con grande solennità, e si continua per tutta l’Ottava, a motivo dell’eccellenza del Mistero, che fu il compimento della nostra redenzione, ed è il fondamento della nostra religione.
    Gesù Cristo con la sua morte ci liberò dal peccato e riconciliò con Dio; per mezzo poi della sua Resurrezione ci aprì l’entrata all’eterna vita. La Risurrezione di Cristo si dice il fondamento di nostra religione, perché ci venne data da Gesù stesso come prova principale di sua divinità e della verità della nostra fede. Il nome di Pasqua che si dà a questa festa, è derivato da una delle feste più solenni dell’antica legge, istituita in memoria del passaggio dell’angelo sterminatore dei primogeniti degli Egiziani, e della miracolosa liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù del Faraone re dell’Egitto, che era una figura della nostra liberazione dalla schiavitù del demonio; la qual festa celebravano gli Ebrei con molti riti, ma specialmente col sacrificare e mangiare un agnello; e ora noi celebriamo soprattutto col ricevere il vero Agnello sacrificato per i nostri peccati. Pasqua vuol dire “passaggio”, e significa nell’antica legge il passaggio dell’angelo, che per obbligare il Faraone a lasciar andare libero il popolo di Dio, uccise i primogeniti degli Egiziani e trascorse le case degli Ebrei contrassegnate col sangue dell’agnello sacrificato il giorno avanti, lasciandole immuni da tal flagello; nella Nuova legge poi significa che Gesù cristo è passato dalla morte alla vita, e che trionfando del demonio, ci ha trasferiti dalla morte del peccato alla vita della grazia.
    Per celebrare degnamente la festa di Pasqua dobbiamo fare due cose:
    1.   Adorare con santa allegrezza e viva riconoscenza Gesù Cristo Risorto;
    2.   Risuscitar spiritualmente con Lui.
    Risuscitare con Gesù Cristo spiritualmente vuol dire che siccome Gesù Cristo, per mezzo della sua Risurrezione, ha cominciato una vita nuova, immortale e celeste, così noi pure dobbiamo cominciare una nuova vita secondo lo spirito, rinunciando interamente e per sempre al peccato e a tutto ciò che ci porta al peccato; amando Dio solo, e tutto ciò che ci porta a Dio.
    La parola Alleluia vuol dire: “Lodate Iddio”, ed era il grido festivo del popolo ebreo; per questo la Chiesa lo ripete molte volte in tempo di tanta allegrezza. Nel tempo pasquale si prega stando in piedi in segno di allegrezza, e per figurare la Risurrezione del Signore.
  24. Valerio
    La liturgia della notte di Pasqua era anticamente una delle più importanti dell'anno.
    Nel pomeriggio del sabato santo l'assemblea cristiana era convocata a San Giovanni in Laterano per l'ultimo scrutinio dei catecumeni. Poi, la sera, cominciava la Vigilia o Veglia Pasquale che terminava all'alba con i battesimi solenni: immersi e sepolti con Cristo nelle acque battesimali, i neofiti nascevano alla vita della Grazia nel momento stesso in cui il Salvatore uscì trionfante dalla tomba all'aurora del giorno di Pasqua. Seguiva la Messa e tutta la comunità dei fedeli celebrava il Sacrificio della Redenzione nell'azione di grazie e nella gioia della Resurrezione.
    A partire dal XIII secolo, la celebrazione della Vigilia Pasquale fu anticipata al mattino del sabato santo. E' stato necessario attendere fino alla seconda metà del XX secolo per vederla di nuovo al suo vero posto.
    Essa si celebra in modo che la Messa cominci, regolarmente, a mezzanotte: ma i vescovi tenendo conto delle esigenze pastorali, possono autorizzare l'anticipazione, se lo credono necessario, al crepuscolo o al tramonto del sole. L'assenza di ogni altra funzione liturgica al mattino, sottolinea il carattere aliturgico di questo giorno dedicato interamente al lutto in memoria di Cristo sepolto. Soltanto nel cuore della notte, nell'ora in cui il Salvatore ha vinto la morte, la gioia dei fedeli prorompe: essi tengono in mano una candela accesa alla fiamma del Cero Pasquale, simbolo di Colui che è la luce del mondo; allora anch'essi, rinnovando le promesse del loro battesimo, rinascono a una vita nuova insieme al Divino resuscitato. La loro comunione pasquale li unirà più intimamente ancora a Lui, "Primogenito tra i morti", che li porterà con sé verso il Padre in questo "passaggio" di cui festeggiamo ora il sacro anniversario.
    Il rito con cui si svolge la santa veglia pasquale si compone di tre parti:
    1. il messaggio di Pasqua: benedizione del nuovo fuoco e benedizione del Cero Pasquale, processione solenne d'ingresso in chiesa, annunzio pasquale;
    2. la rigenerazione battesimale: letture bibliche per l'iniziazione cristiana, litanie e benedizione dell'acqua battesimale, battesimo e rinnovazione della promesse battesimali;
    3. la Veglia Pasquale ci prepara alla celebrazione eucaristica: la Messa della Resurrezione.
  25. Valerio
    Il venerdì santo è un giorno di dolore, del più grande di tutti i dolori. Cristo muore. Il dominio della morte sull'uomo, conseguenza del peccato, non risparmia il capo dell'umanità, il Figlio di Dio fatto uomo. Ma, come tutti i cristiani sanno, la morte che Gesù ha diviso con noi e che fu per Lui così atroce, rispondeva ai disegni di Dio per la salvezza del mondo. Imposta dal Padre al Figlio suo, fu da questi accettata per la nostra redenzione. La Croce di Cristo diventa in quel momento la gloria dei cristiani. Ieri già lo cantavamo: "Noi dobbiamo gloriarci della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo"; oggi la Chiesa lo ripete e presenta la Croce stessa alla nostra adorazione: "Ecco il legno della Croce, al quale fu sospesa la salvezza del mondo". Per questo il venerdì santo, pur restando un giorno di lutto, è anche il giorno che ha ridonato la speranza agli uomini; esso porta alla gioia della resurrezione. In questo anniversario della morte del Salvatore, la Chiesa conferisce ai suoi templi un aspetto di completa desolazione. L'azione liturgica con la quale la Chiesa celebra la redenzione del mondo, nel pomeriggio, all'ora stessa in cui il Salvatore spirò, dovrebbe essere seguita con amore da tutti i cristiani. In questo grande giorno, il canto solenne della Passione, le solenni orazioni con le quali la Chiesa prega per la salvezza di tutti gli uomini, l'adorazione della Croce e il canto degli improperi, sono qualche cosa di più che non semplici riti commoventi; è la preghiera e l'azione di grazie dei redenti che, uniti, prendono coscienza davanti a Dio di tutto ciò che il mistero della Croce rappresenta per essi. Il rito si compone di quattro parti: una catechesi di letture dell'Antico Testamento e il canto della Passione secondo S. Giovanni; un insieme di preghiere, le "Orazioni solenni"; l'adorazione della Croce, trofeo della nostra redenzione; la Comunione del Clero e dei fedeli.
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